domenica 28 ottobre 2012

Fischi e contestazioni. Così si ricorda Mauro Venegoni

Busto Arsizio - VareseNews
28.10.2012 - di Marco Corso

Era il 31 ottobre 1944 quando veniva ucciso Mauro Venegoni. Era stato catturato dai fascisti, lo avevano torturato, mutilato e poi gettato in un campo a Cassano Magnago. Ed è proprio dove il suo cadavere è stato ritrovato che, oggi come per i precedenti 68 anni, partigiani, antifascisti, membri delle istituzioni e tanta gente comune si è data appuntamento per per commemorare il sacrificio del partigiano. La banda musicale, i gonfaloni dei comuni della zona, il corteo fino al cippo commemorativo e il discorso dal palco. Un rito che si ripete da anni ma che quest’anno si arricchisce di un nuovo elemento: le contestazioni.

E’ stato -inconsapevolmente- il presidente dell’Anpi di Legnano, Luigi Botta, ad innescare le polemiche ricordando come «chi ha versato il suo sangue lo ha fatto sognando un’Italia più libera e giusta» mentre oggi si assiste alla «proliferazione di partiti e movimenti che si rifanno al nazifascismo, mentre noi gridiamo a queste forme il nostro Alt». Botta non si nasconde dietro l’istituzionalità del momento e cita «l’odierno raduno di Cittiglio per commemorare la marcia su Roma» e la ben più inquietante «festa di compleanno di Hitler» celebrata nel marzo 2007 a Buguggiate per la quale 22 imputati dovranno presentarsi a processo a gennaio. E tra questi indagati c’è anche il consigliere comunale bustocco Checco Lattuada.

Proprio questa circostanza non è stata digerita da alcuni dei presenti che hanno duramente contestato il sindaco Gigi Farioli quando ha preso la parola arrivando al punto di mostrargli le spalle. «Qualcuno può pure celebrare Hitler -ha esordito il primo cittadino di Busto- ma noi oggi siamo qui con idee di libertà che vanno sempre unitariamente difese». Unità che, però, non sembrava aleggiare tra i manifestanti che coglievano ogni pausa di Farioli per “invitarlo” a cacciare il consigliere indagato. Il sindaco contrattacca e in un crescendo di toni rivolge il suo invito a «imparare a leggere la storia e ad essere umili» perchè la divisione dell’Altomilanese è stata dovuta tra le altre cose «all’ansia di libertà che si vedeva nei nostri popoli» ed è proprio per questo motivo che «i nostri gonfaloni sono così pieni di medaglie».

L’unico che, però, è riuscito ad unire i manifestanti in questa fredda mattinata è stato Massimo Silvi, sindaco del Consiglio Comunale dei Ragazzi di Cassano. «Le urla di Mauro Venegoni ci devono insegnare che anche noi abbiamo voce» ha scandito il giovane sindaco assicurando che «quando quelle dei nostri genitori si affievoliranno, ci saranno le nostre per gridare quanto avvenuto in quegli anni».

Busto Arsizio – VareseNews 28 10 2012

venerdì 26 ottobre 2012

Milano, nasce l’associazione ‘Casa delle donne’: “Uno spazio di condivisione”

Il Fatto Quotidiano

Dopo una serie di incontri cominciati nel 2011 e la costituzione di tre tavoli su spazio, lavoro e salute, l’idea di uno spazio pubblico rivolto al genere femminile sta per diventare realtà. Presentazione il 23 ottobre a Palazzo Marinoalla presenza del sindaco Giuliano Pisapia. Presidente sarà Nicoletta Gandu

di Stefania Prandi | 22 ottobre 2012

Milano avrà presto una Casa delle donne. Dopo una serie di incontri cominciati lo scorso anno e la costituzione di tre tavoli (sui temi degli spazi, del lavoro e della salute), l’idea di uno spazio pubblico per le donne sta per diventare realtà. Si è infatti appena costituita l’associazione Casa delle donne di Milano che verrà presentata il 23 ottobre a Palazzo Marino, alla presenza del sindaco Giuliano Pisapia. Il progetto prevede la realizzazione di un luogo che vuole essere prima di tutto inclusivo: le presidenti dell’associazione sono Nicoletta Gandus, ex magistrato, Stella Okungbowa, mediatrice culturale di origine nigeriana e Camilla Notarbartolo, giovane freelance.

“Credo che sia importante per Milano, così come accade in altre città italiane ed europee, avere una sede dove le donne si possano incontrare per dialogare, fare rete e progetti, studiare e divertirsi, fare cultura e darsi reciproco riconoscimento e sostegno – spiega Gandus – . Un luogo ‘civico’ di cui sia riconosciuto il ruolo, l’autorevolezza e l’importanza simbolica sia da parte delle donne sia da parte delle istituzioni”. Se la parola d’ordine del progetto è inclusione, la presenza di una donna di origine straniera è fondamentale. “Quando noi straniere arriviamo a Milano – dice Okungbowa – ci colpiscono i palazzi, così chiusi. Chi ci abita? Ci chiediamo. E come faremo a conoscerci noi che veniamo da paesi dove siamo abituate a scambiarci di continuo parole e calore umano? Ecco, queste barriere che non riusciamo a superare rischiano di dividerci le une dalle altre. L’apertura della Casa delle donne potrà essere un simbolo di apertura dei palazzi e un invito alle donne straniere affinché escano dal chiuso delle loro case”.

Anche la presenza di una giovane donna freelance è importante per una struttura che vuole dare voce e spazio a tutte le donne. “Noi giovani i lavori non è che non li troviamo, anzi ne abbiamo troppi, spesso mal pagati, e poco o niente tutelati: in pratica siamo delle acrobate – dice Notarbartolo. – Quelle di noi che hanno pure dei figli sono doppiamente acrobate. Vorremmo che la Casa fosse un luogo dove incontrarci, stabilire nuove relazioni con altre donne, valorizzare le nostre intelligenze. I figli? In questa casa potremo portarli con noi”.

Lavoro, integrazione, condivisione sono alcune delle parole chiave che sono emerse nel corso di un anno di intenso confronto e accesi dibattiti nella saletta Ester Angiolini (in via Marino 7) messa a disposizione dalla commissione Pari opportunità del Comune di Milano. “A mio avviso – aggiunge Gandus – l’esperienza vissuta ai diversi tavoli può essere considerata un esempio di democrazia partecipativa: per noi significa un nuovo dialogo fra soggetti diversi della polis. Un dialogo aperto da alcune esponenti dell’amministrazione cittadina e in particolare dalla presidente della commissione Pari opportunità, Anita Sonego. Il nostro obiettivo è quello di trovare la strada per dotare finalmente questa città di una Casa delle donne, ossia di una risorsa che risponda al concetto di bene comune”.

L'OdG presentato a luglio 2012 dal Consigliere Marazzini del Gruppo Sinistra Legnanese
riguardo l'istituzione anche a Legnano di una "Casa delle donne" 



Il Fatto Quotidiano 22 ottobre 2012

lunedì 22 ottobre 2012

I Direttori Generali delle Aziende Sanitarie fanno scudo intorno a Formigoni


USB Pubblico Impiego Lombardia
Aderente alla Unione Sindacale di Base
Via Mossotti, 1 20159 MILANO - tel. 02.6072576 fax 02.6883011

Comunicato stampa
Milano 22 ottobre 2012

I Direttori Generali delle Aziende Sanitarie  
fanno scudo intorno a Formigoni.

Lo sciopero del comparto Sanità del giorno 24 ottobre, proclamato dalla USB, sta già creando enormi difficoltà alle Aziende Ospedaliere lombarde. ”L'obbligo delle aziende, di informare entro 5 giorni dello sciopero e predisporre i contingenti minimi di personale esonerato, non è stato rispettato” - dichiara Riccardo Germani del coordinamento regionale della USB Sanità – “malgrado ciò, sono moltissimi i lavoratori che stanno chiedendo di essere sostituiti dalla precettazione entro le 48 ore previste dalla normativa.

Solamente oggi le Aziende stanno ottemperando ai loro obblighi, con un vergognoso ritardo ed in
  palese violazione della normativa di legge che regolamenta il diritto di sciopero nel comparto del Servizio Sanitario Nazionale. E' evidente che i Direttori Generale Lombardi  stanno facendo scudo intorno al "celeste" - continua Germani – “quegli stessi che sono stati nominati a dirigere le Aziende sanitarie lombarde non per competenza, ma per appartenenza politica nella spartizione dei Direttori Generali tra PDL e Lega.

”Prendiamo atto che il Governo regionale sta cercando in tutti i modi di impedire la riuscita dello sciopero Generale contro le scellerate politiche Sanitarie della Regione Lombardia,   attraverso operazioni Bizantine, trincerandosi dietro a ritardi di carattere burocratico” - continua il Dirigente sindacale – “ stanno difendendo gli interessi di chi, in tutti questi anni ha utilizzato la Sanità lombarda come il Bancomat di Comunione e Liberazione, con  scandali, arresti e continuo malaffare.


Alla manifestazione del 24 parteciperanno anche i lavoratori del San Raffaele in sciopero, dopo gli scandali che hanno portato alla bancarotta il più importante Istituto di Sanità privata; oggi la nuova proprietà vuole licenziare 450 lavoratori; dimenticando che, con tutti i soldi dati dalla Regione Lombardia al San Raffaele,
  in realtà, si poteva acquistare tre volte il San Raffaele e farlo diventare Pubblico”

USB, oltre a confermare lo Sciopero Regionale e la manifestazione del 24 ottobre con partenza alle ore 09.30 da Piazza Duca d’Aosta, ricorda a tutti che la vertenza Sanità, che ci vede protagonisti in Lombardia, ben si colloca nella più ampia iniziativa di lotta a difesa della Sanità pubblica e di qualità che ci vedrà in piazza a Roma il prossimo 27 ottobre, in occasione del NO MONTI DAY.


USB P.I.

martedì 16 ottobre 2012

L’urlo dei pacifisti: “Non vendete quegli aerei ad Israele”

Giuseppe Marazzini
16.10.2012

Varese News 13 ottobre 2012

In 2 mila si sono ritrovati davanti alla sede di Alenia Aermacchi per protestare contro la vendita di 30 aerei militari ad Israele e propongono: “riconvertitevi in una produzione socialmente utile”.

 Chiedono una cosa molto semplice gli oltre 2mila manifestanti che si sono ritrovati a Venegono, davanti alla sede di Alenia Aermacchi: «Non vendete gli M346 ad Israele». Un messaggio urlato con un lungo corteo attorno alla grande fabbrica varesina. «La nostra è una Provincia di morte -dicono gli organizzatori- perchè abbiamo l’Agusta a Verghera, la Nato a Solbiate e l’Aermacchi qui, ma tutto deve e può cambiare». Quello che chiedono i manifestanti non è solo lo stop alla vendita dei 30 aerei -sulla carta mezzi di addestramento ma che sono armabili- ma la «riconversione dell’industria bellica». I manifestanti ribadiscono più volte il fatto che «noi non siamo contro i lavoratori, siamo contro l’industria della morte» ma allo stesso tempo «non si può giustificare lo spargimento di tanto sangue con la sola difesa dei posti di lavoro». E non c’è solo il pacifismo nelle motivazioni di chi ha sfilato per molte ore sotto un cielo minaccioso di pioggia. «Vendere armi ad Israele è doppiamente sbagliato» perchè «saranno usate contro il popolo Palestinese», come l’operazione Piombo Fuso ricorda in modo raccapricciante. «In Italia abbiamo una legge che proibisce la vendita di armi a paesi i guerra o che non rispettano i diritti umani -spiega Marco Tamborini, ex dipendente dell’Aermacchi- e chi “meglio” di Israele è in questa condizione?». Lui, che ha lavorato in quell’azienda per una vita, ricorda quando «per vendere aerei al Sud Africa sotto embargo si passava dalla Svizzera» e quanto sta succedendo oggi ricorda quegli anni con la differenza che «questa volta Israele non pagherà con denaro ma con altra tecnologia militare, cose di cui non abbiamo bisogno».
 
Il corteo, colorato e animato da buona musica, ha visto sfilare bambini accanto ad anziani, ex lavoratori dell’azienda e molta gente comune, tutti accomunati dalla volontà di esprimere la propria contrarietà al piano industriale di una azienda del gruppo Finmeccanica, quindi statale. E tra tutti questi manifestanti ce n’era anche uno molto particolare, Padre Alex Zanotelli.
«Oggi è molto importante essere qui -afferma il padre comboniano, celebre per le sue battaglie contro la guerra- dal momento che ieri l’Unione Europea ha vinto il Nobel per la pace». Una decisione che non esita a definire «incredibile» e che viene contrastata anche da accordi di questo tipo. Il religioso ricorda come la costruzione di mezzi militari e la vendita di armi «nel 2011 ha mosso 1740 miliardi di dollari» il che equivale a «3 milioni al minuto». Padre Alex denuncia quindi non solo l’assordante silenzio dell’Italia «che ha speso in un anno 26 miliardi per le spese militari» ma sopratutto quello della chiesa. «Sto male davanti al silenzio della mia chiesa» ha spiegato tra gli applausi, rilanciando la proposta di «dire che la bomba atomica è peccato e di far scegliere: o il battesimo o l’esercito».
 
Padre Alex, che ha tenuto il suo discorso davanti all’ingresso di una Aermacchi eccessivamente blindata, spiega poi che «noi non dobbiamo prenderci in giro» e riconoscere che le armi ad una cosa servono: «difendere il nostro posto privilegiato nel mondo». Ma proprio per questo è necessario «darsi da fare per avere un mondo in cui gli uomini siano accolti con pari dignità alla stessa tavola». Padre Alex Zanotelli, prima di concludere il suo intervento rivela uno dei suoi sogni più importanti. «Vorrei che le numerose forse del pacifismo si mettessero insieme proprio come nella campagna dell’acqua pubblica» per iniziare una battaglia contro la guerra. E vedere 2000 persone nella sperduta Venegono, in una giornata fredda e minacciosa di pioggia, non può essere che di buon auspicio.

13/10/2012 
Marco Corso - redazione@varesenews.it

venerdì 12 ottobre 2012

Zamb(p)etti quì, Zamb(p)etti là, se sei della ‘ndrangheta la casa te la dà

di Giuseppe Marazzini
12.10.2012

Secondo gli inquirenti, Zambetti si sarebbe sostanzialmente messo nelle mani degli esponenti della ‘ndrangheta in Lombardia, promettendo in cambio dei voti appalti, assegnazione di appartamenti Aler e altri favori di vario genere. Non solo. L’assessore regionale alla casa Zambetti avrebbe fatto assumere dall’Aler la figlia del boss, e poi si sarebbe speso per farle ottenere un trasferimento nella sede centrale con una mansione più prestigiosa. (Il Giorno 10 ottobre 2012)

Nel marzo dell’anno scorso Zambetti, insieme a Loris Zaffra presidente dell’Aler regionale, iniziò un tour presso i cantieri Aler della regione partendo da Mazzafame. Ebbe la faccia tosta di dichiarare: “Da parte delle istituzioni è necessario dimostrare un’attenzione reale non soltanto alle case ma anche alle persone. La nostra visita è quindi il segno della nostra vicinanza ai cittadini che vivono nelle case Aler dei Comuni”.

Zambetti e Zaffra sono talmente vicini ai cittadini che vivono nelle case Aler, che con la prepotenza che contraddistingue il potere corrotto, non hanno risposto ad una recente richiesta di incontro formulata dagli inquilini degli stabili Aler di Mazzafame. Richiesta  inerente al disastroso funzionamento dell’impianto di teleriscaldamento, disastro che risulta esteso anche in altri stabili Aler della Lombardia.

Zambetti è stato arrestato, ora la magistratura scoperchi anche il malaffare presente nei piani alti di Aler.


sabato 6 ottobre 2012

In silenzio sta passando la privatizzazione dell’istruzione


Pubblico giornale – 6 ottobre 2012
di Marina Boscaino


Chi sono, nella scuola, i “portatori d’interesse”, totem linguistico di modernità? Studenti, insegnanti, famiglie, collettività. Ebbene, come possono i membri dell’attuale maggioranza di governo (Pd compreso) pensare che la proposta di legge 953, che di fatto abroga i decreti delegati del ’74, a favore di nuovi organi, possa essere trattata dalla VII Commissione Cultura in sede legislativa? Cioè, sottratta alla discussione in Aula e sottoposta alla procedura delle norme prive di speciale rilevanza di ordine generale o che rivestono particolare urgenza? È l’autogoverno della scuola “pura questione tecnica”? Non può essere. Tanto più che il testo proviene (come l’attuale Assessore all’Istruzione della Regione di Formigoni e Minetti, Valentina Aprea, rivendica continuamente) dall’ex ddl Aprea, emendato della chiamata diretta degli insegnanti. Un ddl che il Pd osteggiò con veemenza ai tempi dell’Onda, nel 2008, quando il problema era far fuori il prima possibile Berlusconi e i suoi. Ora tutto è cambiato, tranne l’impianto di quella proposta, che la Santa Alleanza Pd-Pdl ha imbalsamato in un contenuto blindato (gli aggiustamenti fatti dopo audizioni e emendamenti sono mero restyling), con ritocchi che non ne depotenziano i pericoli.

Perché la democrazia nel governo della scuola è comunque in discussione. Proprio quella che – a pochi giorni da quando la Commissione Cultura della Camera licenzierà il testo e lo invierà alla stessa Commissione del Senato, per l’approvazione definitiva – l’on. Coscia ha evocato: «Abbiamo sconfitto la linea aziendalista che avrebbe voluto il centrodestra e affermato la linea del Pd per la scuola democratica, partecipata e aperta». Tutt’altro. I vigenti decreti delegati concretizzano una condizione di «equiordinazione» tra organi della scuola: il suo governo democratico, infatti, implica una partecipazione strutturata per linee orizzontali ed è in conflitto con ogni visione gerarchizzata e gerarchizzante, incompatibile anche con la libertà di insegnamento. Consiglio di Istituto e Collegio Docenti hanno compiti e prerogative molto estesi: l’uno funzioni di indirizzo politico-amministrativo (obiettivi e programmi da attuare e verifica della ri- spondenza dei risultati di attività ammini- strativa e gestione agli indirizzi impartiti); l’altro competenza esclusiva per aspetti pedagogici e didattici.

Tale configurazione e tutte le competenze dei due organi hanno bilanciato anche il maggior potere conferito ai presidi nel passaggio alla dirigenza scolastica. La pdl 953 li sostituisce con Consiglio dell’Autonomia e Consiglio dei Docenti, con prerogative limitate. Il Consiglio dell’Autonomia elaborerà uno “Statuto autonomo”, diverso da scuola a scuola, relativo alla gestione dell’istituto, all’organizzazione degli organi interni e al rapporto tra le componenti che ne fanno parte.

Tali materie sono oggi regolate da leggi dello Stato, che hanno garantito opportunità e criteri identici sul territorio nazionale. L’adozione di statuti autonomi marcherà, viceversa, differenze anche sensibili tra scuola e scuola, minando principi che so- vrintendono all’unitarietà del sistema scolastico nazionale: pericolosa deroga alla tutela da parte dello Stato dell’esercizio del diritto allo studio e all’apprendimento da parte di tutti gli studenti; nonché a quello, costituzionalmente sancito, della libertà di insegnamento. Le scuole, insomma, possono persino darsi regole statutarie. Ma tale autonomia comporterà la dismissione da parte dello Stato della propria funzione istituzionale, l’istruzione uguale per tutti: scuole di serie A e serie B, gestite con lungimiranza e rispetto o assediate dall’arbitrio, sponsorizzate o abbandonate a se stesse.

Cosa sarà del principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione?
L’organizzazione delle singole scuole assume poi una forte caratterizzazione aziendale, con partecipazione al Consiglio dell’Autonomia di esterni (che – soprattutto se erogatori di fondi – possono condizionare, in particolari zone, situazioni, contesti, la gestione e mettere in discussione principi di democrazia) e il rafforzamento – a fronte dell’indebolimento degli organi scolastici – del potere del dirigente.

L’art. 8, poi, subordina le scuole-aziende autonome (affrancate dallo Stato), a indirizzi e controlli valutativi ministeriali : l’Invalsi dipende direttamente dal Ministero, caso raro in Europa. Non è poi previsto un organismo, che – sul modello del Consiglio Superiore della Magistratura – garantirebbe reale autonomia e indipendenza delle scuole, tartassate e condizionate dal ministro di turno e sottoposte a tanti cambiamenti quanti sono stati i governi. Il previsto Consiglio delle Autonomie è invece – come l’attuale Cnpi – privo di potere reale e subalterno al ministro, che lo presiede.

Il pdl 953 è inemendabile. Dispiace condurre una battaglia nei confronti di un partito – il Pd – che dovrebbe accogliere la migliore tradizione della democrazia scolastica. Prende posizione il sindacato. «La Flc Cgil chiede alle forze politiche e al Parlamento di aprire un reale confronto sulla riforma degli organi collegiali con le scuole, le forze sociali, gli studenti e le istituzioni locali – ha detto Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc Cgil – Non si può approvare una legge fondamentale per garantire la partecipazione democratica e il funzionamento degli organi di governo dell’autonomia scolasti- ca, nel chiuso delle stanze delle commissioni parlamentari. ll 12 ottobre faremo lo sciopero e staremo nelle piazze per rivendicare maggiore democrazia e una netta opposizione a qualsiasi disegno di privatizzazione della scuola pubblica. Per queste ragioni la riforma degli organi collegiali deve essere ulteriormente migliorata con un largo consenso».

Pubblico giornale – 6 ottobre 2012 - In silenzio sta passando la privatizzazione dell’istruzione

PostLibri - Rosso è il colore dell'amore. Intorno alle canzoni di Pierangelo Bertoli

a cura di GM
06.10.2012

Per ricordare il cantautore Pierangelo Bertoli, scomparso dieci anni fa, la casa editrice Stampa Alternativa ha pubblicato un libro con DVD dal titolo "Rosso è il colore dell’amore. Intorno alle canzoni di Pierangelo Bertoli". Autore del libro è lo scrittore e giornalista specializzato in canzone d’autore Mario Bonanno. Il titolo del libro ricorda quello di una delle prime canzoni di Bertoli (Rosso colore dell’amore), racchiusa nel disco d’esordio omonimo del cantautore emiliano.

Questo libro non è una biografia, e nemmeno l'apologia di un uomo - prima ancora che artista - esemplare; è il racconto per frammenti (recensioni, testimonianze, interviste) dei suoi pensieri. Uscito di scena quasi in silenzio ormai dieci anni fa: con dignità estrema, così come aveva vissuto. Invece di sfruttare il facile pietismo, puntare al cuore e alla lacrima in punta di ciglio, strizzare l'occhio a chierici e perpetue con l'ansia di samaritanesimo (poverino, però che bella voce). Un marxista che non ha mai abiurato. Nemmeno quando conveniva farlo. Un cantautore in trincea. Un cantautore politico. Ma Pierangelo Bertoli è stato anche un musicista autentico. Amava il blues. Veniva dal blues. Credeva che il contenuto di una canzone non dovesse passare per forza dalle ballate in minore. Una sorta di dovere nei confronti di chi ascolta. Per cui spazio alla bossanova, alle chitarre elettriche, alla batteria, al rock. Possibile cantare cose serie senza piangersi addosso: solidarietà di classe, emigrazione, sfruttamento, e farlo attraverso strofe e incisi che restassero appiccicati addosso. Pierangelo Bertoli passava per duro. In realtà era solo sincero. Diretto. Colloquiale. Votato al giusto e al vero, come le canzoni che scriveva e che cantava. Il DVD allegato raccoglie il meglio del suo repertorio live, filmato nel corso dell'Italia d'oro tour (1992), e una lunga intervista inedita in cui vengono ripercorsi i momenti salienti della carriera.


MolteniM ha commentato il 07/10/2012
Condivido tutto. Aggiungo solamente che Bertoli va ricordato per quella che è stata la prima canzone esplicitamente ambientalista e sicuramente la più famosa "Eppure soffia". A dimostrazione che non solo era una persona onesta e coerente ma anche un uomo e un cantautore con lo sguardo "dritto e aperto nel futuro".

martedì 2 ottobre 2012

COME FINISCONO I PARTITI

Giuseppe Marazzini
02.10.2012

Come finiscono i partiti 
di Furio Colombo

In questa tribù, quando sentono venire la fine, i partiti si uccidono da soli. Lo fanno in modo complicato e grottesco con modalità che non lasciano scampo neppure per un decoroso ricordo. Si salvano a volte, e saltano nella presunta “nuova epoca” persone singole con l’espediente di aggrapparsi a una istituzione che, si suppone, dura più a lungo. Le procedure di distruzione sono strane e non prive di senso dello spettacolo, come farsi trovare nell’atto di impossessarsi di grandi somme di fondi pubblici esattamente nel momento in cui si sa che tutti stanno guardando. Ognuna delle due parti ha i suoi colpi esclusivi, in modo da essere malvisto nel proprio ambito naturale. Per esempio, il Pd fa sapere che considera sbagliato partecipare a una manifestazione in difesa del lavoro, perché si tratta di iniziative non adatte a un partito di governo. In tal modo si allontana da ogni effettiva possibilità di governo per un partito che dovrebbe cercare nel lavoro gran parte dei voti. 

Per esempio, il Pdl vuole tornare a non si sa quali origini, coltivando l’idea dell’ex Forza Italia di espellere l’ex An, e il proposito dell’ex An di prendere le distanze da ciò che fu e che resta di Forza Italia. Quanto alla Lega Nord per l’indipendenza della Padania, quel partito, dopo avere sottratto risorse pubbliche praticamente sotto gli occhi di tutti, ha espulso se stessa (ovvero il fondatore) e si è dichiarata “nuova”, cioè inesistente. Quanto al centro, dove molti promettenti leader si erano fatti trovare, anche abbandonando buone postazioni altrove, pronti ad assumere la guida di un mega partito di centro (o del Paese), non si è presentato nessuno. A tutto ciò, già abbastanza disorientante per cittadini di normale equilibrio psichico, si aggiungono due tipi di feste, di gusto e livello molto diverso, ma entrambe inspiegabili. Una è la serie di “Toga parties” (uso il nome che gli studenti peggiori delle università americane usano per le loro feste peggiori) lanciata da persone, gruppi e partiti di destra, evidentemente per celebrare vantaggi e guadagni, con un curioso esibizionismo di ciò che ai tempi di Mani Pulite si tentava di fare in segreto. Il carattere speciale di queste feste, con odalische, maiali e gladiatori, non sta nell’estremo cattivo gusto di quegli eventi, costumi, linguaggi e circostanze. Piuttosto, nell’esibizione e nel carattere pubblico di eventi ovviamente poco graditi e poco apprezzati dall’opinione pubblica, destra inclusa. In una curiosa simmetria troviamo le cosiddette elezioni primarie del Partito democratico. Non l’iniziativa, ma le modalità. Un primo carattere destinato a disorientare, irritare e allontanare gli elettori consiste nella confusione di regole, di tempi, di persone, con la forte impressione che ciascuno partecipi con motivi diversi e sempre personali .

Io non confonderei l’innegabile successo del tour di Renzi inteso come spettacolo dall’evento che riguarda il Partito democratico. Infatti, lo spettacolo ha successo, ma il Partito democratico perde prestigio, credibilità e punti nelle intenzioni di voto. Infatti Renzi dimostra che in quella casa (il Pd) non comanda nessuno, che ci scorrazzi dentro quando vuoi e come vuoi, che spingi via facilmente chi ci è seduto dentro (o almeno lo spintoni senza pagare i danni). Dimostri che, con un po’ di energia, invadenza e vitalità te ne puoi impossessare. Ma di che cosa? Della cosa non c’era definizione da chi era già seduto in casa. E non c’è alcun tentativo di descrizione (prima ancora che di definizione) dell’oggetto conteso mentre qualcuno lo sta conquistando. In realtà Renzi vuole un partito, non quel partito, ha bisogno di uno spazio per parcheggiare, non per abitare. La casa d’altri non gli interessa e tutti i suoi spettacoli parlano d’altro. Parla d’altro anche la disinvoltura con cui Renzi sta partecipando a primarie che non ci sono, seguendo regole che si è dato da solo.

E viene accolto dagli aggrediti con deboli sorrisi e deboli dinieghi che ci segnalano che lo spazio partitico (ormai un ex spazio partitico) si può occupare in modo facile e lieto. Interessante il progetto con cui gestire il nuovo dominio. È di rottamazione. Ma non, come ci viene detto, di poche persone attempate o troppo radicate nei ruoli. Infatti Renzi ha avuto la lucidità e il coraggio di capire e far capire che intende buttare all’aria la casa e togliere, finalmente, l’ultima tappezzeria della sinistra, qualunque cosa essa sia nelle varie storie e significati. I “ragazzi” vengono, col naturale impeto dell’età, a svuotare la casa dei vecchi mobili perché, essi sanno, col Muro di Berlino è crollato ben altro che i regimi dell’Est. È crollata anche la più mite socialdemocrazia, il più moderato mutuo soccorso. Renzi guida le sue truppe a occupare gli spazi vecchi di un nuovo gioco. Tutto il gioco si gioca a destra, e questa non è una accusa a Renzi di essere un infiltrato di destra. Invece interpreta con la consapevolezza dei tempi un nuovo ruolo,un ruolo che si svolge solo in questo nuovo grande contenitore di una destra mondiale che ha i suoi buoni e i suoi cattivi, i suoi estremismi e le sue moderazioni.

Racconta Concita De Gregorio su Repubblica (26 settembre): “Finalmente uno che non parla il linguaggio della Fiom”. Diciamo che nessuno lo parlava da un pezzo (salvo, a volte, Fassina) dentro il Pd. Ma qui il progetto è chiaro, rottamare. Muoiono i partiti, viva i partiti. Un cosa sappiamo: è tutta destra. Eppure questa non è un’accusa politica. È una constatazione. Controprova: “Se il Pd volesse davvero scongiurare un Monti bis dovrebbe paradossalmente fare proprio il programma di Monti, proporsi esso stesso come il bis. E infatti c’è un’ala consistente di quel partito che lo chiede. Nel Pd si fanno invece le primarie. Ma dietro la gara tra Bersani e Renzi si intravede il convitato di pietra. È su Mario Monti e sulla sua eredità che il Pd è chiamato a decidere” (Antonio Polito Corriere della Sera 29 settembre). Ovvero, l’alternativa è di non esistere.

Il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2012