mercoledì 25 maggio 2016

LA QUALITÀ DELL’ARIA A MILANO È FINITA NEL CONO D’OMBRA

Giuseppe Marazzini
25.05.2016

LA QUALITÀ DELL’ARIA A MILANO È FINITA NEL CONO D’OMBRA
Non se ne parla quasi più nemmeno in campagna elettorale

di Antonella Nappi
ArcipelagoMilano - Anno VIII n°19 – 25 maggio 2016

L’aria respirabile è la prima necessità che abbiamo a Milano, l’Organizzazione mondiale della salute (OMS) raccomanda di non superare i 20 µg/m3. Le misure strutturali, fino a oggi, hanno permesso che l’inquinamento atmosferico arrivasse a superamenti della soglia di allarme: 50 µg/m3 delle polveri sottili anche per mesi e giungesse a punte altissime che superano e di molto i 100 µg/m3. Nei recenti mesi di Novembre, Dicembre e Gennaio abbiamo sopportato tutto l’inquinamento esistente sperando che giungesse la pioggia, invece la gestione delle emergenze è cruciale per la salvaguardia della salute dall’inquinamento atmosferico.

Un terzo dei cittadini di Milano ha solo l’aria della città tutto l’anno, non può scappare il fine settimana o l’estate come fanno i benestanti. Anche l’Ozono è nocivo: secca gli alveoli polmonari alle soglie che abbiamo in estate, è un inquinante secondario delle emissioni del traffico che si produce con luce e calore, può perdurare anche un mese a città semivuota. Molte persone soffrono per disturbi e malattie e anche chi non sembra risentirne rischia nel tempo gravi ricadute. Se ci pensiamo è inaccettabile l’indifferenza delle istituzioni e dei politici: nessuno osa fermare il traffico in tempo utile, e cioè al superamento della soglia di allarme dei 50 µg/m3 e per il tempo necessario, eppure a Milano questo è la causa prevalente.

L’opinione dominante sembra essere che il grosso dell’inquinamento provenga dalle caldaie mentre altre attribuiscono per un 70% la responsabilità al traffico automobilistico. Negli anni ’90 la percentuale pubblicizzata era ancora più alta. Il pericolo sono sempre state le polveri totali, dagli anni ’80 era nota la tendenza a che divenissero sempre più sottili perché macinate dalle ruote delle automobili e risollevate in continuazione, arricchite inoltre dalla consunzione dei pneumatici, un altro erano gli aromatici delle benzene. Certo è che sulla questione delle misurazioni, da quando sono divenute obbligatoriamente pubbliche, c’è un ‘aspra battaglia: da un lato la difesa della salute è un fatto politicamente molto rilevante e dall’altro la potenza individuale donata a ciascuno dall’automobile (e dalle motociclette) sembra irrinunciabile per i più e dunque per chi tutela il consenso alla classe dirigente.

C’è un’incompatibilità di lunga data tra la protezione della salute dagli inquinanti e lo sviluppo che ha avuto il trasporto privato a motore. Fino agli anni ’90 la nocività prodotta dalla società industriale era nascosta ai cittadini per legge, solo sotto la spinta dell’Europa i dati territoriali sono divenuti pubblici e così quelli dell’inquinamento atmosferico nelle città. Le centraline di misurazione dovevano tutelare la salute di chi abitava nei contesti più inquinati ma negli anni la tendenza è stata quella di pubblicizzare le medie e di renderle tollerabili con norme locali.

Eppure si potrebbe promuovere una mobilità d’emergenza al superamento della soglia di 50 µg/m3 e preparare i cittadini ai blocchi del traffico e alla condivisione degli spostamenti a motore con chi abita in zona o lungo il percorso di una traiettoria abituale, riempiendo una sola automobile e il secondo posto in motocicletta, specie dove i mezzi pubblici siano assenti o troppo lenti.

É possibile ottenere che molte persone pratichino queste relazioni utilizzando a turno i loro mezzi se l’informazione sull’inquinamento smettesse di essere reticente o censurata e le ricadute sulla salute non venissero minimizzate. Serve una volontà politica sensibile al vivente, invece che arroccata negli stereotipi della maschilità: potenza e individualismo.

Possiamo ideare una pressione permanente per la qualità dell’aria con un garante pubblico che quotidianamente informi la città, coinvolgendo medici, pediatri e giornali? Possiamo fornire un sistema computerizzato per cui le domande di trasporto per ogni micro-zona metropolitana si incontrino a questo scopo?

Ne parliamo il 31 maggio con Paolo Crosignani, che ha diretto il Registro Tumori ed Epidemiologia ambientale dell’Istituto Nazionale per la cura Tumori di Milano, che terrà una relazione in via Vida 7 (presso Legambiente) alle 17,30-20,30 dal titolo: Cause e ricadute sulla salute dell’inquinamento atmosferico.

Come vogliamo gestire il superamento della soglia di allarme di 50 µg/m3? Lo chiederemo nello stesso giorno ai candidati Basilio Rizzo e Gian Luca Corrado, Stefano D’Onofrio e Anna Scavuzzo, Pierfrancesco Majorino e alle associazioni Genitori antismog (Elena Sisti), Cittadini per l’aria (Anna Gerometta) e Legambiente (Gian Mario Ubbiali).

Antonella Nappi
Gruppo donne “Difendiamo la salute”



lunedì 16 maggio 2016

PER LA MORTE DEL COMPAGNO LUIGI MARA

Giuseppe Marazzini
16.05.2016

Orazione funebre letta da un compagno lavoratore della ex Montedison, alle esequie di Luigi Mara sabato 14 maggio 2016 a Castellanza.

Prendo la parola in questo tristissimo momento a nome delle lavoratrici e dei lavoratori della ex Montedison di Castellanza. Le nostre più sentite condoglianze vanno alla moglie ai figli ed ai parenti tutti.

La notizia della tua morte, caro Luigi, ci lascia storditi ed angosciati perché sentiamo che con te scompare una parte di ciascuno di noi, quella sulla quale abbiamo costruito molte nostre certezze non solo in fabbrica ma anche nella vita quotidiana. Vogliamo esprimerti tutta la nostra gratitudine per quanto hai fatto per noi e con noi, sia come individui che come collettività lavorativa e lo facciamo anche per coloro che ci hanno già lasciato. 

Ci sei stato anzitutto amico, compagno e guida ferma ed illuminata nello scontro che ci opponeva al padrone, alla sua organizzazione del lavoro e della società e per la soluzione di tutti i problemi che ne derivavano. Questo grande debito di riconoscenza per essere, almeno in parte, ripagato chiede la nostra testimonianza oggi qui sui fatti e sulle circostanze che ti hanno visto motore primo, ispiratore ed esecutore. 

Per testimoniare dobbiamo ricordare e tra i mille ricordi che ci affiorano nella memoria siamo costretti a scegliere senza per questo sminuire il valore di quelli che non menzioniamo. Riandiamo ai tuoi primi anni di lavoro in Montecatini ed alla tua esperienza con i vecchi compagni operai che avevano fatto la Resistenza dai quali hai imparato la storia dei partigiani, quella non narrata sui libri. Gli anni 60 erano tempi di feroce discriminazione politica e di profonde divisioni sindacali in fabbrica dove l’esser crumiri veniva monetizzato all’istante dal padrone prima ancora che scattasse lo sciopero. Hai vissuto quella stagione di lotte dei lavoratori CGIL spesso contro il crumiraggio organizzato da CISL e UIL maturando la consapevolezza che solo il superamento di quelle divisioni e contrapposizioni avrebbe aperto prospettive reali di avanzamento per tutti. La tua esperienza maturò attraverso la Commissione interna ed il Comitato paritetico in materia di sicurezza ed igiene ambientale. 

Poi la tua vita fu sconvolta dall’esplosione in laboratorio di un prodotto chimico che stavi manipolando. Chi doveva sapere tacque, per ignoranza o criminale pressapochismo, lasciandoti così in balia del disastro. Ne uscisti segnato nel fisico ma ancor più determinato nel tuo impegno sindacale e politico. I tempi stavano però cambiando ed in fabbrica e nel centro ricerche  entravano a decine lavoratori giovani, sia operai che tecnici, per far fronte a nuove richieste derivanti dal potenziamento degli impianti e dallo sviluppo di nuovi filoni di ricerca. Eravamo nel 68-69 ed anche tra i vecchi operai e tecnici andava maturando la consapevolezza di poter raggiungere nuovi traguardi salariali e normativi con la lotta unitaria.

Si videro i picchetti operai unitari davanti ai cancelli con la Polizia schierata in attesa della provocazione del crumiro di turno. I vecchi compagni, e tu pur giovane eri tra loro, insegnavano ai giovani come fare per tener fuori il crumiro senza mettergli le mani addosso, vanificando così lo schieramento poliziesco. La lotta pagava e vennero importanti modifiche contrattuali, anche legislative (lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori). La spinta unitaria dal basso faceva piazza pulita dei vecchi strumenti di contrattazione di fabbrica aprendo la via ai Consigli di Fabbrica.

A Castellanza sorse, per tua iniziativa, il Gruppo di Prevenzione ed Igiene ambientale che diventò rapidamente lo strumento in mano operaia per cambiare alla radice le condizioni di lavoro sugli impianti e nei laboratori a partire dalle bonifiche ambientali.  In una fabbrica chimica quale era la Montecatini, diventata nel frattempo Montedison, inserita in un contesto urbano densamente popolato come Castellanza, essenziale per la sopravvivenza era il controllo e l’eliminazione dei fattori di rischio. Essi non erano attribuibili a prodotti qualsiasi ma a sostanze potenzialmente cancerogene mutagene e taratogene o già come tali conclamate quali ad es. il clorometiletere, il bisclometiletere, la formaldeide, l’acrilonitrile, le soluzioni arseniacali e così via, tutte presenti nei cicli produttivi o manipolate nei laboratori del centro ricerche.

Al centro dell’azione sindacale furono poste queste tematiche grazie alla tua spinta ed alle tue elaborazioni teoriche e pratiche. Furono anche realizzate in fabbrica iniziative di screening di massa cardiologiche e pneumologiche con il Consorzio Antitubercolare di Milano (il dott. Sachero ed altri medici) e tutti toccarono con mano che era possibile un’altra pratica medica finalizzata alla prevenzione. Di pari passo il CdF promuoveva anche assemblee esterne sulle tematiche della salute quale ad esempio, nel novembre 1977, il Convegno sulla tossicità dei cicli produttivi con Acrilonitrile o Clorometiletere, tenutosi  a Castegnate nei locali antistanti l’attuale ingresso LIUC, locali allora ai limiti dell’inagibilità e resi agibili (e riscaldati) dal lavoro volontario degli operai che vi piazzarono anche le stufe!

Vennero fatte Assemblee Aperte in fabbrica sulle diverse tematiche concernenti le lotte e la democrazia. Ricordiamo in particolare quella cui partecipò il comandante partigiano CIRO, commissario politico delle Brigate Garibaldine dell’Ossola di CINO MOSCATELLI, Assemblea dalla quale uscì la decisione di dare vita alla sezione di fabbrica dell’ANPI intitolata, su tua proposta, a Maurizio Macciantelli, giovane partigiano ammazzato dai nazifascisti sulla strada che   collega Busto Arsizio a Magnago.

Oppure, nel 1978, l’altra Assemblea Aperta con la partecipazione dell’allora Presidente della Camera dei Deputati PIETRO INGRAO organizzata a sostegno della lotta contro il licenziamento  di cinque delegati del CdF cui veniva contestato di essere intervenuti abusivamente sugli impianti  a tutela della sicurezza e dell’incolumità psicofisica degli operai delle imprese appaltatrici che vi lavoravano Era il tempo dell’assalto delle Brigate Rosse al cuore dello Stato con il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro e della sua scorta. Nessuna tolleranza o comprensione venne mai espressa dalle lavoratrici dai lavoratori e dal Cdf della Montedison di Castellanza nei confronti di queste come di altre azioni terroristiche e fasciste che anzi furono sempre condannate e denunciate per quello che erano cioè azioni dirette contro le lotte operaie. I cinque delegati furono reintegrati nei rispettivi posti di lavoro e la vertenza per i lavoratori delle imprese appaltatrici sfociò in accordi che garantivano anche a loro diritti prima negati (dal mantenimento del posto di lavoro in caso di subentro di una nuova impresa, alla possibilità di usufruire della mensa aziendale, alla sicurezza e salubrità delle condizioni di lavoro).

Abbiamo fatto tutti gli anni '70 ad andare avanti e indietro a Roma per coordinamenti e trattative sindacali. Per ogni giorno speso a Roma, i delegati degli altri consigli di fabbrica usufruivano tre giorni di permessi sindacali. Noi, spinti del tuo esempio e rigore partivamo di notte, arrivavamo presto nella Capitale, spendevamo mattino e pomeriggio in incontri e trattative, sempre molto faticose, e ripartivamo la sera per essere l'indomani mattina di nuovo in fabbrica.

Molti di noi erano esausti. Tu eri fresco come una rosa. L'unico momento non politico che ci concedevamo era una veloce cena in un'osteria vicino alla Stazione Termini , che tu avevi scovato, diventando amico dell'oste, prima di caricarci sul treno cuccetta e tornare a Castellanza.  In quel decennio la gente vide concretamente realizzarsi il miglioramento delle proprie condizioni di lavoro e di vita così come tutti noi imparammo da te come si conduce una trattativa sindacale, sperimentando sino in fondo le possibilità e le aperture del padrone ma mantenendo sempre ben saldo il timone della tua barca per raggiungere le mete prefissate. I  tempi stavano però  cambiando ancora e dopo la vicenda dei licenziamenti di massa alla FIAT del 1980,  la direzione Montedison attuò una riorganizzazione strutturale creando  nuove società operative cui furono assegnati impianti dei diversi stabilimenti  ma soprattutto aprendo le procedure per la messa in Cassa integrazione straordinaria di migliaia di lavoratrici e lavoratori.

Per fare questo stipulò il 19 febbraio 1981 un apposito accordo con le organizzazioni CGIL CIL UIL nazionali e di categoria.  La delegazione del CdF di Castellanza votò contro questo accordo, praticamente sola in tutta la penisola. Per Castellanza l’applicazione dell’accordo significò la sospensione in Cigs dal 2 marzo di centinaia di lavoratrici e lavoratori e di praticamente quasi tutti i delegati sindacali di reparto.  Quando poi con la lotta e con un’intelligente strategia giudiziaria riuscimmo ad ottenere il reintegro sul posto di lavoro dei sospesi, la Montedison fece firmare alle stesse organizzazioni sindacali del 19 febbraio un ulteriore accordo (il 25 novembre 1981) in cui si sosteneva che chi non accettava la precedente sospensione in Cigs veniva definitivamente licenziato.

Per darvi attuazione ciascun lavoratore o lavoratrice sospeso (reintegrato o meno che fosse dalle sentenze della magistratura) veniva convocato dalla direzione aziendale per sottoscrivere la lettera di rinuncia al suo diritto di continuare a lavorare a Castellanza contestualmente alla revoca  del mandato agli avvocati per  perseguire Montedison in giudizio. Furono messi in campo dal padrone e dai suoi scherani di fabbrica e sindacali pressioni e ricatti individuali e collettivi di ogni tipo ma la maggioranza dei sospesi non cedette e si trovò quindi licenziata. Il ricatto fu esercitato anche nei confronti di chi non era stato sospeso prospettando la chiusura di tutta la fabbrica nel caso di vittoria del fronte anti accordi.  Si introdusse così una spaccatura  nella forza lavoro mai più risanata. Il centro ricerche fu praticamente svuotato mentre la fabbrica veniva divisa in settori, ciascuno dei quali isolato dall’altro con muri di cemento o divieti tassativi di entrata per i non addetti diretti.

Quell’inverno  di fine 81 inizio 82  fu terribile per te  come per tutti noi. Senza salario, senza posto di lavoro, martellati dalla propaganda filo padronale   a livello sindacale e politico molti di noi si sentivano persi e prossimi alla resa. Ancora una volta fu la tua azione intelligente e risolutiva ad infondere coraggio e riaprire prospettive. Prima fra tutte la solidarietà ed il sostegno pubblicamente rivendicati dal Comitato di scienziati  ed accademici in larghissima maggioranza messi assieme dalle tue iniziative. Poi la battaglia giudiziaria, da te gestita sempre in prima persona, per ottenere l’annullamento dei licenziamenti ed un nuovo reintegro nel posto di lavoro. Battaglia lunga complicata ed a fasi alterne che si avvalse dell’opera della fine mente giuridica dell’avvocato Leopoldo Leon, disegnando una strategia vincente su tutta la linea che rimane insuperata negli annali giudiziari italiani.

Chi non aveva abbandonato fu reintegrato nel suo posto di lavoro e rifuso anche del salario che non era stato corrisposto. Sulla spinta del Comitato di scienziati già citato e grazie alle proposte di ricerca elaborate da noi, anche il Centro ricerche venne riaperto. Eventi tutti questi straordinari che non hanno precedenti nella storia del Movimento Operaio non solo italiano ma che furono e che sono anche oggi  tenuti rigorosamente sotto silenzio. Ben diverso è stato invece l’insegnamento che da queste vicende hanno tratto il padronato e più in generale il fronte sindacale e politico moderato. Esse si sono tradotte in modifiche normative della Cigs prima e poi più in generale nell’introduzione di forme di lavoro precario e parcellizzato sino ad arrivare all’odierno stravolgimento dello Statuto dei Lavoratori per mano del governo Renzi.

Nell’odierna contingenza sociale e politica molti soloni esperti delle loro chiacchere sostengono che siano oramai superate le contrapposizioni tra destra e sinistra, come quelle tra capitale e lavoro e che gli operai siano una specie praticamente estinta come i papaveri, cancellati nei campi di grano dai trattamenti diserbanti e ridotti  a pochi esemplari sui bordi dei sentieri dove  il killer chimico non li ha potuti raggiungere. Tu sai e noi sappiamo che non è così. Lo sfruttamento la malattia e la morte colpiscono il lavoro forse più di prima e sono ancora più spietati verso le fasce deboli e meno tutelate hanno cioè il segno antico della discriminazione di classe. A loro ed alle loro lotte mancheranno la tua saggezza e la tua  lucida capacità di denuncia  di analisi e di proposta come mancheranno a tutti noi.

Non tutto però finisce qui.
Ogni giorno, nei pensieri, nei discorsi, nei comportamenti di quelli che ti hanno conosciuto ci sarà un'eco del tuo insegnamento. Caro Mara, incontrarti e conoscerti è stato un onore.

Grazie LUIGI MARA
Ciao LUIGI

Castellanza 14 maggio 2016