mercoledì 19 agosto 2015

VIA CARLO PORTA

di Giuseppe Marazzini
19.08.2015 

Leggo sulla stampa locale l’ennesimo voltafaccia di ALER, ma non poteva che essere così. Con imprese fallite o scomparse per pagamenti ritardati o mancati, i lavori in via Carlo Porta difficilmente riprenderanno. Oltre a ciò c’è il problema dei costi preventivati che sono abbondantemente lievitati. Le imprese serie girano alla larga da ALER.

ALER è un ente inaffidabile e il Sindaco dovrebbe saperlo. Aspettarsi il rispetto di qualunque tipologia di accordi è pia illusione. Purtroppo l’incapacità gestionale di questo ente, la possono raccontare per filo e per segno gli inquilini dei palazzi di via dei Salici a Mazzafame.

È paradossale chiedere ad ALER di mettere in sicurezza uno stabile, quando si sa che non ha soldi neanche per sostituire le lampadine … Quello che bisogna fare, e subito, non è sprecare soldi per tappare dei pertugi, ma completare la costruzione degli alloggi, questa è la vera sicurezza.

ALER è un ente scoppiato, è un ente inutile, non ce la fa più quindi ben venga la cessione gratuita del suo patrimonio ai Comuni, con i relativi contributi che la Regione stanzia per questo carrozzone. Il Comune di Legnano cominci a fare i propri passi.























Corriere della Sera – 9 dicembre 1999 – pag.49 

Stenta a decollare il piano di recupero mentre i sindacati sollecitano interventi di manutenzione

LEGNANO RISANA LE CASE POPOLARI

Stanziati 20 miliardi, ma gli inquilini denunciano i ritardi dell'Aler

Stenta a decollare il piano di recupero mentre i sindacati sollecitano interventi di manutenzione Legnano risana le case popolari. Stanziati 20 miliardi, ma gli inquilini denunciano i ritardi dell'Aler

Di Sanfilippo Francesco

LEGNANO - Buone notizie per le famiglie di Legnano che abitano negli appartamenti ex Iacp. L' Aler (Azienda lombarda di edilizia residenziale), che, a Legnano, è proprietaria complessivamente di oltre 1600 appartamenti, annuncia un piano di spesa di oltre 20 miliardi. La scaletta dei lavori che riguardano gli alloggi di proprietà dell'ente di viale Romagna è la risposta dell'Aler alle proteste degli inquilini degli stabili di via Carlo Porta e di via Torino. Qui, come denunciano gli stessi residenti insieme ai sindacati e alle forze politiche, «sono assolutamente necessari interventi di manutenzione per mettere fine al degrado di questi alloggi costruiti nel 1935. In alcuni appartamenti -- dicono gli abitanti - piove dentro e c' è un'umidità incredibile».

L'Aler risponde elencando cifre e tempi di un intervento globale che supera i 20 miliardi: «Alcuni sono già stati stanziati, altri lo saranno entro la prossima primavera - assicurano dagli uffici di viale Romagna -. Innanzitutto 7 miliardi e mezzo, che serviranno a metter mano al quartiere di via Torino (4 miliardi) e al risanamento degli alloggi nelle vie Milano, Verri, Bissolati e Gorizia (3 miliardi e mezzo)». Questi soldi sono stati stanziati un anno fa ma i lavori non sono mai iniziati, sottolineano i sindacati: «Colpa dei tempi burocratici, che sono lunghi - dicono all'Aler -. Comunque il progetto di massima esiste già, stiamo elaborando quello definitivo ed è vicino l'affidamento dell'appalto. In primavera apriremo i cantieri». Altri 7 miliardi arriveranno dalla Regione se verrà approvato il piano di recupero urbano presentato dal Comune di Legnano: decisione che il Pirellone prenderà nei prossimi giorni. In caso di risposta positiva, questi finanziamenti verranno impiegati per i quartieri delle vie Torino e Porta. «Quartieri per i quali vi sarà un'altra tranche di finanziamento - dicono all'Aler - pari a 6 miliardi: soldi che verranno stanziati non più tardi della fine della primavera del 2000 e che serviranno per completare i lavori nei palazzi "storici" che Aler possiede a Legnano».

A fronte di tante promesse da parte di Aler e Regione, a Legnano ci si aspetta che, finalmente, qualcosa venga realmente fatto. Per smuovere le acque nei giorni scorsi il consigliere comunale di maggioranza, Domenico Godano (Ccd) ha inviato all'Aler una petizione corredata da 130 firme per «sollecitare gli interventi e i lavori di ristrutturazione degli stabili Aler di via Porta: interventi necessari e urgenti per poter avere almeno un alloggio dignitoso, vivibile e igienico». Copia della richiesta di intervento è stata recapitata anche al sindaco di Legnano, Maurizio Cozzi, e all'assessore regionale al Territorio ed edilizia residenziale, Alessandro Moneta. Sul problema degli alloggi ex Iacp si è mossa anche la Cgil: Maurizio Crippa del Sunia, il sindacato inquilini che fa capo alla Cgil, chiede l'avvio di un «tavolo istituzionale» tra Aler, Regione Lombardia, Comune di Legnano e sindacati degli inquilini.

«L'assessore Moneta - aggiunge Crippa - deve dare il via libera al Piano di recupero urbano di Legnano e sbloccare, finalmente, i finanziamenti» sottolineando inoltre che, per fare una completa manutenzione degli stabili Aler di Legnano «di miliardi ne servono almeno 30». Sulla stessa linea si muove il segretario generale della Cgil «Ticino-Olona», Nino Baseotto, il quale ritiene urgente e prioritaria la risoluzione dell'«incresciosa situazione in cui si trovano gli inquilini delle case Aler di via Carlo Porta. La città - prosegue Baseotto - non può tollerare oltre uno stato di simile degrado in cui sono costrette numerose famiglie».
 

domenica 16 agosto 2015

LA SALUTE NON SI VENDE.

di Giuseppe Marazzini
16.08.2015


Bisogna fermare il partito trasversale degli inceneritoristi costituito dalle grandi aggregazioni dell'energia quali, ad esempio, Iren o A2A, dai loro sostenitori politici e da una pletora di consulenti e tecnici che favoleggiano sull'incenerimento dei rifiuti. L'obiettivo di questo partito è quello di far saltare la diminuzione della produzione di rifiuti, la raccolta differenziata e il recupero dei materiali, il loro riutilizzo o riciclo. Nel frattempo cercano di ostacolare il modello dell'economia circolare, un modello che pone al centro la sostenibilità del sistema della produzione delle merci e che prevede una partecipazione diretta delle popolazioni.

















Parbleau!, non mi ero accorto di aver vissuto per 67 anni sotto un modello "sovietico", così ce la racconta il nuovo direttore del nuovo quotidiano l'Unità, Erasmo D'Angelis (ex Manifesto). Capisco che bisogna essere servili a Palazzo Chigi, ma qui si sta esagerando un po'. Buona lettura e buon divertimento!

L’Unità – lunedì 20 luglio 2015 – pag.9
Municipalizzate, fine del modello "sovietico" che resiste dal 1903
Oltre settemila enti, caso unico nell'Unione europea. Consegnato al premier l'elenco di quelli da tagliare. La strada è: dimensionare. L'operazione porterà risorse utili per far i diminuire le tasse.

di Erasmo D'Angelis

Ci siamo. Sta per crollare l'ultimo Paese sovietico d'Europa, l'unico del Continente con un numero abnorme di enti inutili e municipalizzate che negli anni sono cresciuti, si sono moltiplicati all'infinito, ma moltissimi ormai agonizzano nell'inefficienza e con conti in rosso che nessuno riesce più a ripianare e stabilizzare. Accade nel cuore dello Stato ma soprattutto verso Sud, e proprio nelle Regioni con i servizi pubblici locali peggiori. A questa storia, che si trascina da decenni, il Governo ha deciso di mettere la parola fine. Il Ministro Marianna Madia ha appena consegnato al premier il quadro desolante della «rilevazione degli enti vigilati o finanziati» che fanno riferimento a Ministeri e alla Presidenza del Consiglio, che dovranno essere tagliati. E negli uffici del primo piano si valutano in queste ore anche i dossier sulle municipalizzate, un altro settore che crea debito pubblico e sprechi. Dalla razionalizzazione il governo conta di recuperare un bel pacchetto di miliardi per tagliare le tasse. Si volta pagina con una spending review definita anche con l’Anci, fondata su diversi ottimi motivi: garantire a tutti gli italiani la qualità dei servizi fondamentali, fare ovunque un salto nell'efficienza, realizzare politiche industriali e non più clientelari, fare gli investimenti che servono potendo accedere a prestiti strutturati, risparmiare sui costi di gestione, permettere economie di scala, mettere in cima trasparenza e legalità, sforbiciare una pletora di consiglieri di amministrazione e revisori dei conti il cui numero a volte è superiore a quello dei dipendenti e il loro numero calerà di circa 20 mila poltrone.

Il fatto è che la cifra complessiva delle municipalizzate ha già raggiunto la cifra record di 7.170, di cui oltre 2.700 strumentali, ma una quota di Comuni e di Regioni non ha ancora completato il trasferimento del data base a Palazzo Chigi. Il loro funzionamento è fuori da ogni logica di mercato in senso positivo (efficienza di gestione, gare ad evidenza pubblica, regolazione e controlli), garantito dall'anomalia che vede lo stesso 'padrone' (il Comune) nello stesso tempo gestore in house del servizio e controllore di sé stesso. E' una cosa di buonsenso, e anche molto di sinistra, superare questo magma unico al mondo con una politica industriale nazionale nel settore delle aziende pubbliche, avviata dal Governo con norme e leggi che incentivano aggregazioni, fusioni, sinergie, cancellando un mare di aziende comunali in default da decenni, tecnicamente fallite, che stanno però pompando debito pubblico e drenano risorse dai bilanci comunali solo per ripianare i loro deficit aumentando la sofferenza finanziaria delle amministrazioni locali. Non di rado, il sistema fuori controllo mette anche in mostra il peggio di sé, con tangentopoline locali o grandi scandali impressionanti come l'inverosimile biglietteria parallela dell'Atac di Roma, l'azienda comunale che trascina anno dopo anno un bilancio da profondo rosso da record pari a 1.6 miliardi, che nessuno sa come ripianare.

Questa parcellizzazione è unica in Europa. E' lontano anni luce il 1903, l'anno in cui il Parlamento dichiarò per legge la municipalizzazione di tutti i servizi pubblici: dai lavatoi al gas, dalle farmacie ai bagni pubblici, dalle tramvie agli acquedotti. Quello era un Paese con povertà dilagante, industrialmente all'anno zero. La civiltà e il progresso si misurava dalla gratuità e dalla universalità dei servizi. Oggi i Giolitti, Zanardelli, Turati, Costa, Sturzo e Montemartini sforbicerebbero immediatamente centinaia di Cda, creando pochi e grandi player pubblici in settori chiave per la qualità della nostra vita e dell'ambiente, per gestire come si deve lo smaltimento dei rifiuti, il ciclo dell'acqua, servizi a rete come energia, gas, elettricità, la mobilità. Non difenderebbero lo status quo perché ormai non difende né il lavoro, né i lavoratori né gli interessi pubblici. La stessa parola "municipalizzata", nel vocabolario corrente, è purtroppo diventata emblema di caste, clientelismi, sprechi, appalti pilotati, poltronifici. E chiunque abbia finora provato a toccare questo sistema, ha fatto scattare il riflesso della "liquidazione del bene comune", ultimo alibi fornito a troppi politici furboni che hanno continuato a gestire le proprie clientele con il corredo di bilanci dissestati, affidamenti oscuri e servizi a singhiozzo alle comunità locali. La strada imboccata dal Governo è: dimensionare. Accadrà con politiche differenziate in vari settori. E' in arrivo il disegno di legge di Graziano Delrio che riformerà il trasporto pubblico locale (metà delle circa 500 aziende possono portare i libri in tribunale) aumentando l'investimento in nuovi bus e le prime norme le vedremo nella prossima legge di stabilità che imporrà gare a livello di ambito e incentiverà le fusioni. Così nel settore dei rifiuti, delle farmacie comunali, del servizio idrico.

C'è una Italia migliore che fa la differenza e indica la soluzione: migliaia di Comuni nel centro-nord, dagli anni novanta, hanno saputo aggregare le loro aziende creando multiutlity di successo di cui sono azionisti, quotandole in borsa e oggi sono partecipate da migliaia di cittadini investitori. I servizi regolati da Autority pubbliche e indipendenti funzionano, e garantiscono occupazione anticiclica. Nel solo settore idrico, la differenza degli investimenti è abissale: le 2.400 piccole aziende comunali riescono a malapena ogni anno a investire una media di 10 (dieci!) euro ad abitante, il nulla. Le aziende dimensionate realizzano opere e interventi in difesa dell'acqua bene comune investendo ogni anno dai 50 agli 80 euro ad abitante, con tariffe ampiamente sotto le medie europee. I Sindaci controllano decisamente bene le grandi società come Acea, Iren, Hera, A2A. Non sono aziende 'private' ma saldamente in mano pubblica sia quando i sindaci 'padroni' cambiano management sia un minuto dopo averlo fatto ' quando decidono piani di sviluppo e dividono gli utili utilizzati per il welfare o per riparare le buche. I soci industriali privati sono minoranza. Dove resiste, invece, il nostro storico "socialismo municipale", i servizi agonizzano. E' questa la fotografia dissestata, scattata anche da Utilitalia, la nuova federazione di grandi aziende pubbliche appena nata. Le alternative, in fondo, non esistono più. Dall'aprile 2011, nessun ente locale può indebitarsi e il fiscal compact rende impossibile coprire i deficit delle aziende comunali.