domenica 30 gennaio 2011

La mozione a “pezz”

di Giuseppe Marazzini
30.01.2011



Nulla di fatto, nel prossimo Consiglio Comunale di Legnano che si terrà il prossimo 3 febbraio, la mozione per la revoca della nomina di Pezzano a direttore generale della ASL n° 1 Provincia di Milano non è all'ordine del giorno. L'intesa tra le forze di opposizione Pd, IdV e Sinistra Legnanese era che giovedì 25 gennaio entro le ore 12, termine ultimo di presentazione, si sarebbe protocollata alla segreteria comunale la mozione “Pezzano”, ma un'ora prima della scadenza del termine arriva lo stop da parte del coordinatore cittadino del Partito Democratico che comunica il ritiro della mozione per ragioni di opportunità politica. A questo punto mi si sono posti due problemi: presentare la mozione come sinistra legnanese oppure tentare in extremis una soluzione alternativa condivisa tra le forze dell'opposizione.

Di fatto l'iniziativa di presentare in ogni Comune della Provincia una mozione contro la nomina di Pezzano era partita dai vertici del Pd regionale con tanto di tam tam mediatico. La rinuncia arrivata all'ultimo minuto mi faceva anche capire che non avrei avuto il sostegno fattivo nel dibattito che ne sarebbe seguito in aula consiliare con il rischio di trasmettere all'opinione pubblica la sensazione che sulla questione Pezzano esiste una forte divisione fra le forze di opposizione. In seguito apprendo dagli organi di stampa locale che il Pd legnanese non intende presentare la mozione neppure più avanti.

Gli sviluppi mi inducono a pensare che lo stop sia stato un atto conseguenziale ad un “inciucio” sanitario con Formigoni, visto che in queste ultime ore sono state ratificate le nomine dei Direttori sanitari ed amministrativi delle Aziende ospedaliere e delle Asl e alcuni di questi vengono accreditati in area Pd. Sono del parere che il ritiro della mozione nel secondo comune più popoloso della Provincia non sia stata una buona mossa politica perchè mette in difficoltà quelle figure istituzionali, come il sindaco di Vanzago, Roberto Nava che si sono esposte sulla vicenda fino a dimettersi per protesta dalla conferenza dei sindaci.

E' vero anche che la magistratura farà il suo corso ma nel frattempo alla Sinistra seria e coerente spetta reagire.

Riprendiamo il filo dei ragionamenti sulla legalità, cerchiamo il modo di spiegare ai cittadini come reagire alla lottizzazione della sanità come di altri importanti settori di rilevanza pubblica (scuola, trasporti, energia), come reagire al malcostume politico e alla presenza della criminalità organizzata.

La mozione va quindi presentata dopo un serrato confronto con la società civile, laica e religiosa, e credo che questa modalità possa trovare d'accordo molte persone compresi quei militanti dei partiti che hanno a cuore gli interessi dei cittadini e non quello della
partitocrazia.


IL TESTO DELLA MOZIONE NON PRESENTATA

MOZIONE PER RICHIEDERE A REGIONE LOMBARDIA LA REVOCA DEL PROVVEDIMENTO DI NOMINA DEL DIRETTORE DELLA ASL MILANO 1

Il CONSIGLIO COMUNALE

PREMESSO CHE
con delibera n. 1095 del 23/12/2010 la Giunta Regionale ha provveduto a nominare Pietrogino Pezzano direttore dell’ASL Milano 1 nella quale è inserito il Comune di ;

CONSIDERATO CHE
· la maxi inchiesta Infinito della Procura di Milano ha fatto emergere la ramificata presenza della ‘ndrangheta in Lombardia, operante attraverso strutture territoriali dette “locali”, una delle quali attiva nel territorio del Legnanese

· l’arresto del Direttore Generale della Asl di Pavia, Chiriaco Carlo Antonio, evidenzia come la Sanità costituisca un settore di interesse per le attività della ‘ndrangheta;

RILEVATO CHE
· il nome di Pezzano è comparso nelle carte della maxi inchiesta Infinito come soggetto nominato in alcune intercettazioni dei boss della ‘ndrangheta pavese Pino Neri ed inoltre risulta essere stato fotografato in compagnia dei boss della ‘ndrangheta Saverio Moscato e Candeloro Polimeni;

· risultano esserci altre intercettazioni che confermano i contatti del Direttore Generale Pezzano con i malavitosi Candeloro Polimeni e Giuseppe Sgrò, fratello di Eduardo Sgrò arrestato ex art. 416 bis c.p.;

CONSIDERATO INOLTRE CHE
· nel territorio afferente alla Asl Milano 1, in questi giorni, si sono svolte manifestazioni, raccolte di firme promosse da amministratori, forze politiche e cittadini che denunciano ciò che è stato evidenziato e richiedono la rimozione del nuovo direttore generale;

· lo stesso Consiglio Regionale ha esaminato in data 18 gennaio 2011 una mozione in merito che, pur non approvata, ha raccolto il consenso di ben 31 consiglieri su 63 votanti, indice di una diffusa preoccupazione ;

RITENUTO CHE
è indispensabile contrastare fermamente qualsiasi tipo di infiltrazione della criminalità organizzata soprattutto all’interno delle istituzioni e degli enti pubblici e ribadire la necessità che non vi siano ombre relativamente ai soggetti chiamati a dirigere enti di particolare importanza quali le Aziende sanitarie in Lombardia;

con voti ___ favorevoli, ___ contrari e ____ astenuti su ___ consiglieri presenti e votanti

DELIBERA

per i motivi indicati in premessa che si intendono integralmente richiamati

· di invitare il Presidente della Giunta della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, nonché la Giunta Regionale Lombarda affinché, alla luce della situazione e dei fatti sopra descritti, provvedano a revocare il provvedimento di nomina di Pietrogino Pezzano a direttore generale della ASL Milano 1 anche in base a quanto previsto dalla delibera della Giunta Regionale n. 304 del 21 luglio 2010 che prevede la possibilità di revoca dell’incarico di direttore generale in caso in cui si manifestino gravi incompatibilità e/o conflittualità tra le istituzioni locali e il direttore generale;

· di dare mandato al Sindaco affinché inoltri la presente mozione al Presidente della Regione Lombardia, ai componenti della Giunta Regionale e a tutti i gruppi consiliari.


Il prefetto toglie la scorta a Cavalli, il marito lavora per l'amico dei boss
di Nicola Biondo - L'Unità 28 gennaio 2011

Il manager della sanità nomina direttore sanitario il marito del prefetto. Detta così non è una notizia. Ma se quel manager risulta in stretti rapporti con boss della 'ndrangheta e il prefetto è lo stesso che voleva togliere la scorta al principale accusatore del manager, la vicenda assume ben altro peso. È quello che sta accadendo in queste ore a Milano, uno scandalo pronto a scoppiare. Il primo protagonista è PietroGino Pezzano, potente ras della sanità lombarda, nominato nel dicembre scorso direttore dell'Asl Milano 1 dal governatore Roberto Formigoni.

Nomina inopportuna perché Pezzano era finito in una brutta storia per le sue frequentazioni con alcuni boss della 'ndrangheta. A chiedere per primo la revoca dell'incarico a Pezzano è stato il consigliere IDV Giulio Cavalli - secondo protagonista - che da anni vive sotto scorta per le numerose minacce ricevute dai clan calabresi. Tutela che Cavalli si è visto revocare la scorsa settimana dal prefetto di Lodi - dove vive - Peg Strano. Una decisione che però il Viminale, dopo una serie di segnalazioni, ha deciso di non accogliere. E arriviamo ad oggi: il marito del Prefetto Strano, Giovanni Materia, è stato nominato proprio da quel Gino Pezzano, frequentatore di boss come denunciato da Cavalli, direttore sanitario della Asl Milano 1. Una nomina di garanzia - secondo l'entourage del governatore Formigoni - uno scandalo secondo altri. Tant'è che sono state annunciate sul caso due interrogazioni parlamentari urgenti dal Pd e da Antonio Di Pietro.

I rapporti di Pezzano con esponenti mafiosi è emerso nelle carte dell'inchiesta Infinito, conclusa lo scorso dicembre con 175 decreti di giudizio immediato. Il manager 63enne, originario di Palizzi, in provincia di Reggio Calabria, è stato fotografato dai carabinieri mentre era in compagnia di due affiliati della cosca di Desio, Candeloro Polimeno e Saverio Moscato. Di lui parla, in un'intercettazione, anche l'avvocato tributarista Pino Neri, considerato il reggente della 'ndrangheta in Lombardia. In questi termini: «Tu lo conosci a Gino Pezzano? È un pezzo grosso della Brianza, della Sanità. Fa favori a tutti». Oppure: «Uno che si muove bene, con Abelli [ex-assessore alla Sanità] sono grandi amici, l'ho presentato io a Gino».

Ufficialmente Pezzano non risulta oggi indagato. Ma sulla sua nomina la maggioranza Lega-Pdl al Pirellone è andata in pezzi lo scorso 18 gennaio quando una mozione promossa dall'opposizione e votata da settori leghisti per sollevare Pezzano dall'incarico non è passata per un solo voto. Ma se fino a quel momento la vicenda Pezzano era una questione di opportunità politica, oggi assume ben altro significato. Ne è conscio proprio Cavalli, l'altro protagonista, suo malgrado, di questa storia: "Il contesto della lotta politica alle mafie al nord è sempre più avvelenato. La tutela non sono solo uomini armati ma riguarda anche la vivibilità politica e oggi mi sembra che questa sia sempre più minacciata".

28 gennaio 2011


01 febbraio 2011
La bacheca del post – Salvatore Forte, Coordinatore del Circolo legnanese del PD


Caro Marazzini, permettimi poche doverose precisazioni sulla questione Pezzano. E' vero che lo stop alla presentazione della mozione è arrivato da me ma non per "opportunità politica", solo per difficoltà organizzative interne al circolo che avrebbero potuto causare qualche disagio non certo opportuno. Se poi ho dato l'impressione che le ragioni erano politiche me ne scuso ma ribadisco che politiche non erano e non sono. Sei libero di sospettare e scrivere che dietro ci possa essere un "inciucio sanitario" con Formigoni: così per fortuna non è, né da parte del circolo né da parte del partito a livello provinciale e/o regionale. Del resto se così fosse non si spiegherebbe il ruolo di primo piano che invece il partito sta tenendo in questa iniziativa.
Infine la non presentazione non può essere paragonata ad un ritiro. Non è stata una buona mossa politica? E' possibile ma l'azione politica e il coinvolgimento del circolo non mancherà.
Grazie dell'ospitalità
Salvatore Forte




Qualunquemente (Onda Calabra) - Cetto La Qualunque

giovedì 27 gennaio 2011

Cantieri italiani sull'orrore di Auschwitz

Quaranta imprese firmarono nel ' 42 un contratto con la tedesca «Ig Farben» per posare binari e costruire docce. Quasi 1200 operai lavorarono vicino al Lager. Molti non tornarono Un caso significativo dopo le rivelazioni sulla collaborazione fra Germania nazista e Ibm

ARCHIVI Quaranta imprese firmarono nel ' 42 un contratto con la tedesca «Ig Farben» per posare binari e costruire docce Cantieri italiani sull' orrore di Auschwitz Quasi 1200 operai lavorarono vicino al Lager. Molti non tornarono Ci sono diversi tipi di orrore. Quello burocratico, ad esempio: la collaborazione tra la multinazionale americana Ibm e Hitler. È accaduto che alcuni rispettabili scienziati, inappuntabili esperti di computer, ponderati imprenditori, esperti conoscitori di mercati internazionali, abbiano accettato di gestire la contabilità dell' Olocausto. Certo, senza comprendere sino in fondo di essersi messi in affari con il diavolo... Ma esiste un altro genere di orrore: nasce dal cinismo e dall' indifferenza di chi accetta il male senza discuterlo, lo incontra ma non lo vede, si mette al suo servizio. Nel marzo del 1942, a Roma, i dirigenti tedeschi della «Ig Farben», una delle ditte maggiormente compromesse con il regime nazista, oltre che principale polo chimico del Terzo Reich, firmano un accordo con il Gruppo italiano, un consorzio di quaranta imprese del nostro Paese.

Sei di quelle ditte si assicurarono l' appalto per la costruzione di una fabbrica di gomma sintetica. Tutto sembra perfetto, segno confortante delle capacità imprenditoriali nazionali. Salvo un particolare, che al momento passa inosservato. In fondo al contratto, là dove si specifica il luogo in cui dovrà sorgere la fabbrica, è indicato un nome: Auschwitz. Possibile che qualcuno, sia pure allettato dal guadagno, abbia accettato di costruire una fabbrica sul fondo dell'inferno? Possibilissimo. Scorrere oggi l' elenco delle imprese che si consorziarono nel marzo del 1942 nel «Gruppo italiano» dà uno strano senso di «orrore da normalità»: ci sono tre ingegneri romani, Rodolfo Stoelcker, Ugo Martini e Romualdo Palermo; c' è il signor Giovanni Beotti, di Piacenza; c'è l'Impresa anonima edile stradale della capitale.

Nulla di veramente nuovo sotto il cielo, dal momento che fra il 1938 e il ' 43, in seguito a una serie di accordi stipulati fra Roma e Berlino, si calcola che non meno di 500 mila italiani si siano trasferiti per lavoro nel Reich. In genere, però, si trattava di braccianti, operai industriali, minatori, edili. Mai prima, come avvenne invece per Auschwitz, erano state coinvolte direttamente aziende italiane. Tutto risulta chiaro, appena sfogliamo l'opuscolo ufficiale della Federazione nazionale fascista costruttori edili, cui ha attinto a sua volta lo storico Brunello Mantelli. Professore di storia contemporanea all' università di Torino, allievo di Nicola Tranfaglia ed Enzo Collotti, Mantelli è autore di un libro fondamentale sull' argomento, Camerati del lavoro (pubblicato una decina d' anni fa dalla Nuova Italia).

Il contratto di subappalto, racconta, dopo alcuni colloqui preliminari a Berlino venne firmato a Roma il 14 marzo del '42; le parti contraenti erano per la Germania l' «Ig Farben» e un società chimica controllata dal maresciallo del Reich Hermann Göring, per l' Italia l' ingegner Aurelio Aureli, presidente del pool italiano che si era costituito appositamente per gestire l' affare. L' intesa riguardava vari lavori di costruzione, dalla pavimentazione delle strade alla posa dei binari, dalle gettate di calcestruzzo all' edificazione di solai, dalla preparazione degli intonaci all' installazione di grondaie e docce...

A dire il vero, l'accordo non parlava soltanto di Auschwitz, e riguardava 1196 operai, per la maggior parte qualificati. Durata del contratto rinnovabile per tutti: otto mesi. Compensi: dalle 228 alle 304 lire la settimana oltre alle indennità (parecchio di più delle normali paghe italiane). Unico problema, il moltiplicarsi delle fughe: molti si dileguavano e non venivano più ritrovati, oppure varcavano le Alpi e tornavano a casa. Perché scappavano? Naturalmente, per lo choc provocato da quell' «orrore della normalità». Ma non dovrebbe stupirci il contrario: che ci fosse qualcuno, cioè, capace di resistere? Chi non tornò a casa doveva avere nervi d' acciaio e cuore di pietra: un funzionario tedesco riferì infatti che «gli operai edili italiani erano alloggiati in una baraccopoli costruita su una piccola collina con vista panoramica su tutto il gigantesco quartiere e, dall' altra parte, sul campo di sterminio che, avvolto nella foschia e nel fumo della sua sinistra ciminiera, sembrava l' inferno stesso...».

E non si trattava soltanto di vaghe impressioni, ma di testimonianze dirette, dal momento che, a fianco degli operai regolari, venivano utilizzati anche gruppi di deportati prelevati dai Konzentrationslager, e con i quali sarebbe stato possibile, almeno in teoria, scambiare informazioni e opinioni. Che cosa furono, dunque, alcune fughe di fronte all' enormità della collaborazione ad Auschwitz? C' è da essere orgogliosi, o non piuttosto da scandalizzarsi, se i dirigenti della «Ig Farben» non diedero mai giudizi negativi sul rendimento degli operai italiani, e alla scadenza del contratto vennero immediatamente riaperte le trattative per prorogarlo? E che dire della «Buna», il grande cantiere aperto presso Monowitz, sottocampo di Auschwitz, descritto con accenti danteschi da Primo Levi in Se questo è un uomo? Quando rileggiamo quell' opera, forse dovremmo ricordarci che una parte del cantiere «grande come una città» era opera di quegli operai italiani, infastiditi dal fumo delle ciminiere ma, dopo tutto, solerti nell' attendere ai loro doveri.

E al centro della «Buna», la terribile «Torre del Carburo» descritta da Levi era stata costruita in parte dagli stessi italiani. Molti però scontarono la loro colpa morale: chi si trovava nel Reich dopo l' armistizio dell' 8 settembre del ' 43, e fu coinvolto nello sfacelo, alla fine non tornò a casa. Dario Fertilio

Fertilio Dario

Pagina 29 (18 marzo 2001) - Corriere della Sera



Kinderjohren yiddish song from Cracow

domenica 23 gennaio 2011

BOSCO DEI RONCHI IN PERICOLO

di Giuseppe Marazzini
23.01.2011



In attesa che il signor Sindaco risponda al mio esposto protocollato il 21.12.2010, sullo scempio compiuto nel Bosco dei Ronchi, l’Amministrazione deve marcare strettamente ogni movimento che riguarda questa area, perché non è detto che gli autori dello scempio possano riservare altre sorprese prima dell’entrata in vigore del PGT.
Ancora non si sa chi ha aperto quella brutta ferita nel bosco e se sono state rispettate le procedure di autorizzazione.
Gli uffici comunali, dopo l’esposto, si sono attivati per capire come sia potuto accadere un fatto del genere a loro insaputa, ed è emerso quanto segue.
Trattandosi di un bosco e non di un giardino di pertinenza alle abitazioni, la competenza è in capo alla Provincia di Milano, che tramite il Corpo Forestale dovrebbe controllare quanto avviene in queste aree.
Il proprietario con una semplice richiesta notifica agli uffici provinciali la necessità di un taglio, dopo di che, con una procedura simile al silenzio-assenso, entra in azione.
Nel caso il proprietario non avesse inoltrato nessuna notifica, se la caverebbe con una semplice sanzione pecuniaria.
L’assurdo di tutta questa vicenda è che le Istituzioni, nell’epoca delle grandi comunicazioni, non solo non si parlano ma dimostrano di non essere in grado di controllare il proprio territorio, salvo sgomberare dai campi i poveri cristi.
La dinamica è un po’ questa, il proprietario notifica alla Provincia la necessità di un taglio ma senza l’obbligo di informare per conoscenza il proprio Comune, la Provincia prende atto della richiesta, ma a sua volta non informa il Comune interessato dell’intervento richiesto e così ognuno fa quello che meglio gli pare …
Dall’esame della documentazione storica inerente all’istituzione del Bosco dei Ronchi questa area doveva essere di proprietà pubblica almeno da 10 anni, invece si è continuato a “fare melina” con la proprietà. Forse è il caso, questo il mio suggerimento all’Amministrazione, di agire diversamente e cominciare a pensare che la risposta più adeguata a questo caso è l’esproprio.

I principali atti di istituzione del Bosco dei Ronchi

l’Assessore all’ambiente del Comune di Legnano, Luigi Casero, in data 13.06. 1990 con un atto specifico, comunica al Sindaco che concorda con la richiesta del “Gruppo Sociale Canazza” di riservare al “Parco Ronchi” una tutela particolare. Ritenendo, inoltre, che dopo i necessari interventi, il “Parco” diventi uno spazio verde realmente usufruibile dai cittadini.

Il Consiglio Comunale di Legnano nel 1992, con Delibera n° 62 ha approvato all’unanimità l’istituzione del “Parco Bosco dei Ronchi”.

La Provincia di Milano in data 15.7.1977, con apposito Decreto del Presidente n° 16677/252/97 rilascia il nulla-osta, unitamente a quello della Regione Lombardia, che autorizza il Comune di Legnano ad applicare un regolamento tipo, che prevede i divieti di cui all’art. 23 delle Prescrizioni di massima e di Polizia Forestale.

Il Consiglio Comunale di Legnano, con Delibera n° 153 del 14.12.1998 ha approvato il Regolamento di utilizzo del Bosco dei Ronchi.

IL BOSCO DEI RONCHI NON DEVE FARE LA FINE DELL’EX CAMPO GIANAZZA!



Suoni dal Bosco dei Ronchi (fine 2010)

lunedì 17 gennaio 2011

CANAZZA SVEGLIATI! CASE DI LUSSO E “FAVELAS” QUESTO IL FUTURO DEL RIONE, ALTRO CHE DIFESA DEL TERRITORIO

di Giuseppe Marazzini
17.01.2011


Non vorrei che nella testa della gente si formasse l’idea che il mini grattacielo che costruiranno in Canazza, sia una questione meramente estetica, come insiste la redazione di Legnanonews. Il palazzotto proposto, di categoria di lusso, è una bruttura ma la vera questione non è questa. La vera questione è l’abuso che si fa del territorio comunale, trincerandosi dietro ai diritti edificatori che le lobby dei costruttori cercano di far durare per tutta una vita. I diritti dei mangiatori di suolo non sono mai messi in discussione, mentre i diritti dei cittadini di vivere in una città confortevole, rispettosa dell’ambiente, con servizi efficienti e solidale, vengono continuamente messi in forse.

In un mercato immobiliare che definire libero è un eufemismo, i potenti la fanno proprio da padrone. ERIF, si dice, fa il suo mestiere ma Erif poteva essere fermata. Chi ha concesso un indice edificatorio (0,7 metri quadrati per metro quadro) da permettere la costruzione di un edificio alto 40 metri in una zona dove gli edifici esistenti sono alti meno di 20 metri? Certamente tale indice è il risultato di un accordo fra l’amministrazione e l’operatore.

Insistere come fa l’amministrazione comunale, dicendo che ERIF ha rispettato i parametri posti dalla scheda di riferimento del PRG, ci mancherebbe, è un esercizio inutile. Quella che è mancata è stata la valutazione politica sulla necessità di questa opera, se no cosa ci sta a fare il Sindaco e l’assessore all’urbanistica, se bevono tutto quello che gli viene sottoposto dalla commissione edilizia!

Il senso di potenza in ERIF doveva essere alle stelle se il giorno dopo l’approvazione in Consiglio comunale, da parte della maggioranza, del suo piano attuativo, si è permessa in modo impertinente di dichiarare alla stampa che “in realtà volevamo un edificio alto 80 metri…..volevamo un monolite che fosse visibile sia da Malpensa che dalla Fiera per ribadire la centralità di Legnano. E forse si è persa una occasione”, aggiungendo con lo stesso tono che “è previsto un parco di tremila metri quadrati”, sì, un fazzoletto di prato lo chiamano parco, parcheggi e una strada (inutile) di collegamento tra via Cosimo del Fante e viale Cadorna. Il via libera al piano ERIF darà più forza ai businessman del mattone, i quali diventeranno ancora più insaziabili e saranno i veri protagonisti del PGT, perché sanno benissimo che l’attuale compagine politica al potere in città, forte nei numeri ma debole nelle azioni, sta con loro.

Il palazzotto ERIF sarà di lusso, ci saranno piscine, aree relax e aree per bambini, sarà insomma una torre d’avorio da tenere isolata dai palazzi popolari dell’Aler e delle case comunali, che per avere degli ascensori o la riparazione dei cortili condominiali dovranno aspettare il quarto millennio. Palazzi di lusso e “favelas” come nelle migliori tradizioni sud americane o africane, questo è il modello urbanistico che ci si paventa davanti nei prossimi decenni. Altro che difesa del territorio come furbescamente la Lega Nord vuole far credere, si mobilitano solo quando vedono in pericolo gli interessi dei loro protettorati locali, mentre la gente comune subisce.

Gli abitanti della Canazza alta traditi due volte.
Per anni hanno cercato di entrare in “possesso” di quel pezzettino di terra per farne un giardino pubblico, alla fine sfiduciati dalle tante promesse non mantenute dalle precedenti amministrazioni, hanno dato il loro consenso alle forze politiche del centro destra, in particolare alla Lega Nord, come dire dalla padella alla brace …
Il mattone è servito.



Urbamistic (fine anni '70 del secolo scorso)

sabato 8 gennaio 2011

Non si ferma il consumo di suolo naturale

di Giuseppe Marazzini
08.01.2011


Risalgono a quasi 40 anni fa le primi iniziative di quartiere tese a salvaguardare il “campo Gianazza”. Sono trascorsi 40 anni in cui nessuna amministrazione, a partire da quelle con a capo sindaci democristiani, socialisti ed infine berlusconiani, ha avuto il coraggio di espropriare una decina di migliaia di metri quadrati di suolo naturale per il bene pubblico. Ha vinto di nuovo il business del mattone!

“Campo Gianazza finalmente a VERDE” così titolava un volantino del Gruppo sociale Canazza datato 14 aprile 1982.
Nel spiegare il motivo della propria soddisfazione il Gruppo sociale Canazza scriveva: “Martedì 6 aprile 1982 il Consiglio Comunale ha approvato il nuovo Piano regolatore Generale di Legnano.
Una importante notizia per gli abitanti della Canazza è la destinazione a VERDE PUBBLICO di gran parte del “Campo Gianazza”. Su questa area, che resta da espropriare ed attrezzare, non si costruiranno più edifici. Anche l’inutile e pericolosa strada, che avrebbe dovuto dividere in due il campo e collegare la via P. Secchi con il viale Cadorna, è stata soppressa. Dopo vari tentennamenti gli Amministratori hanno finito col rispettare la volontà popolare manifestata con chiarezza ed insistenza.
Non sono state inutili le nostre richieste che più volte abbiamo avanzato dal lontano 1974”.



Legnano - Non si ferma il consumo di suolo naturale
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Il dibattito in commissione consiliare
La commissione consiliare territorio e ambiente-opere pubbliche, convocata in forma congiunta il 21.12.2010, ha bocciato il piano attuativo n. 02 C/M presentato da ERIF (viale Cadorna-via Cosimo del Fante).

Il mio intervento in quella sede è stato molto chiaro e netto: ho chiesto a Gianbattista Fratus, nella sua veste di vice Sindaco ed assessore al territorio, di intervenire per riequilibrare il rapporto fra il diritto dell’operatore privato e i diritti della città. Se l’operatore ha acquisito la possibilità di edificare fino a 40 metri di altezza questo non significa che non si possa, pur nel rispetto dei diritti edificatori previsti, sviluppare un progetto meno impattante sul territorio, quindi ho richiesto l’apertura di una verifica di merito e una trattativa con l’operatore per rivedere la proposta di progetto iniziale.

Gli interventi di rilievo degli altri consiglieri
Due consiglieri della maggioranza pur votando sì hanno espresso una valutazione critica al piano: uno manifestando insoddisfazione per l’aspetto estetico dell’immobile proposto, l’altro dichiarando di essere d’accordo con le mie osservazioni.
Gli altri due consiglieri della minoranza presenti in commissione (PD e IdV) si sono espressi nel modo seguente: il consigliere del PD aderendo alla mia richiesta; il consigliere dell’IdV ricordando invece le vecchie polemiche inerenti alle varianti del PRG e all’area “Gianazza”, suscitando ovviamente le proteste della maggioranza.

Tutti in Consiglio
Giovedì 13 gennaio alle ore 20,30 in Consiglio Comunale si tornerà a discutere del piano ERIF e bisognerà che la minoranza ce la metta tutta per convincere parte della maggioranza a non votarlo perché l’approvazione di tale piano determinerà una reazione a catena da parte di altri operatori che cercheranno di sovvertire anche quello che c’è di buono nel futuro Piano del Governo del Territorio (la guerra sui diritti edificatori).



Adriano Celentano – Ragazzo della via Gluck (1966)

lunedì 3 gennaio 2011

“Decollo ed atterraggio” 3a puntata

di Giuseppe Marazzini
03.01.2011


Riprendiamo il filo dei ragionamenti sul PGT legnanese con alcuni appunti di carattere generale su cui riflettere per poi costruire proposte alternative.
In Italia per ogni nato si costruiscono 47 vani,
il rapporto più alto in Europa

(argomento trattato dall’ex rettore della Normale di Pisa Salvatore Settis, ospite da Fabio Fazio sabato 18.12.2010).

Il patrimonio edilizio italiano, costruito negli anni ‘50, ‘60, ‘70 e ‘80 è in condizioni pessime e non solo dal punto di vista energetico. Legnano non sfugge a questa realtà.

Nella bozza del PGT del comune di Legnano non è previsto un piano che preannuncia un percorso di autosufficienza energetica della città, non è prevista una mappatura del fabbisogno energetico della città, ma si prevedono solo interventi di risparmio energetico.

Legnano arriverà a crescere fino a 3800 abitanti a kmq. contro i 2500 di Busto Arsizio e i 2269 di Rho.
L’ulteriore concentrazione di insediamenti comporterà notevoli problemi se non vi è un accurato studio della viabilità e dei servizi (il 30,8% degli spostamenti motorizzati avviene su tragitti inferiori a due chilometri).

Nel comune di Legnano le abitazioni non occupate sono circa 2.000 (dato stimato nel 2010 raccolto presso le agenzie di vendita). Nell’anno 2001 le abitazioni non occupate, secondo i dati disponibili, erano 1.618 (1° Rapporto Ambiente Comune di Legnano - 2006).
Significativa la voce “vendita o affitto” (dal 44% al 38%) ed altri “motivi” che resta stabile al 48% (anno dei censimenti 1991 e 2001).

Il territorio adibito a servizi a Legnano ha una incidenza sempre inferiore a quella media provinciale, ed in due casi anche a quella legnanese: le aree ad impianti e servizi pubblici e privati (ospedali, strutture scolastiche, uffici e strutture pubbliche, impianti tecnologi, cimiteri, ecc.) hanno una quota del 1% mentre si registra un 1,5% nel legnanese ed un 3,3% provinciale; le aree a verde urbano (parchi e giardini, verde incolto interno all’urbanizzato) in Legnano sono pari al 5,9%, valore superiore a quello del legnanese con 3,8% ma inferiore alla media provinciale che registra un 7,2%; le aree sportive e ricreative in Legnano coprono una quota del 1,8% sull’urbanizzato complessivo mentre nel legnanese si registra un 2,3% e la media provinciale è pari al 4,2% (1° Rapporto Ambiente Comune di Legnano - 2006).

Legnano ha medie strutture di vendita alimentare pari a 215 mq. per abitante (il dato provinciale è di 99 mq. per abitante), sono troppe e mal distribuite nella città. Le medie strutture non alimentari sono pari a 638 mq. per abitante (il dato provinciale è di 358 mq. per abitante).
A Legnano è concentrata una offerta doppia rispetto alla domanda, è inutile e controproducente programmare tante altre strutture di vendita di medie e grandi dimensioni.
La programmazione di insediamento di eventuali strutture di vendita deve essere strettamente collegata al bisogno reale della popolazione; uno sviluppo incontrollato contribuirebbe a mettere in crisi il piccolo commercio e la mobilità legnanese.

La destinazione di suolo naturale da destinare ad insediamenti industriali deve essere contenuta il più possibile e deve essere finalizzata a progetti credibili ed essenzialmente per tre scopi:
1. permettere alle aziende legnanesi che hanno manifestato l’esigenza di espandere la loro attività;
2. permette a nuove attività produttive di insediarsi nel territorio e di creare nuovi posti di lavoro.
3. permettere ad attività insediate nel centro cittadino, magari in aree non più adatte ad attività industriali, di delocalizzarsi in periferia.
Bisogna in seguito valutare attentamente tutti i progetti, evitando gli interventi speculativi in cui vengono costruiti capannoni che poi rimarranno vuoti.

Le aree industriali senza infrastrutture efficienti difficilmente hanno successo, quindi legare lo sviluppo industriale legnanese verso Dairago senza la presenza di una efficiente rete viaria (la realizzazione del Sempione bis per ora è un terno al lotto), difficilmente il nuovo polo industriale risulterà competitivo.
Per questa ragione è opportuno proporre di ridurre il consumo di suolo naturale previsto per questa area da 280mila mq. a 200mila mq.

Infine un esempio di partecipazione concreta: in Germania a 3 km da Friburgo, a Vauban, è nato il quartiere car free più grande d’Europa, 6.000 abitanti e 2.000 edifici. Piste ciclabili, spazio limitato per i posti auto, bus e ferrovia leggera efficienti.
Uno schema che a Vauban è partito dal basso, ovvero dall’associazione “Forum Vauban” che ha partecipato a tutti i progetti di edificazione del quartiere.


Legnano - Gli anni delle scuole e dei servizi per i cittadini
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Equipe 84 – Tutta mia la città (1969)