sabato 30 giugno 2012

Salviamo ciò che rimane della storica Franco Tosi

di Giuseppe Marazzini
30.06.2012


Sta per concludersi la gloriosa storia della Franco Tosi? Pare di sì. Il rilancio industriale promesso dalla Gammon, la società indiana proprietaria della storica azienda legnanese, non c’è stato e probabilmente non ci sarà. Sono a rischio 450 posti di lavoro. Nel 2008 quando la Gammon acquistò la Franco Tosi molti, nell’ambiente sindacale e politico, accolsero con soddisfazione l’operazione affermando necessaria l’internazionalizzazione dell’azienda legnanese, ora dovranno ricredersi, dopo anni di ricorso alla cassa integrazione e con il rischio ora che salti tutto. E tutto ciò cade in un contesto in cui Confindustria annuncia: “anche se non siamo in guerra i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto, e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia” - il 2013 si chiuderà con un milione e 482 mila posti di lavoro in meno dal 2008 - . Previsioni nerissime, quindi bisogna darsi da fare per cambiarle.

Quello che rimane della Franco Tosi può essere salvato attraverso una profonda riconversione produttiva e con un nuovo corso (New Deal) di politica economica territoriale. Sono necessari investimenti a trazione pubblica nel settore energetico quali i piani energetici sovra comunali, dal teleriscaldamento al solare, alla geotermia, e piani territoriali di smaltimento dei rifiuti con tecnologia alternativa agli inceneritori. Penso sia anche necessario ricominciare a fare conferenze di produzione territoriali.


La Prealpina – Legnano pag11  mercoledì 27 giugno 2012

Doccia fredda sulla Franco Tosi

I sindacati: «A rischio la stessa tenuta industriale»

LEGNANO - Doccia fredda per i dipendenti di Franco Tosi Meccanica, l'azienda simbolo di Legnano che oggi conta poco più di 450 dipendenti. Nonostante il piano industriale di crescita varato meno di un anno fa e il recentissimo accordo su un nuovo ricorso alla cassa integrazione, nei giorni scorsi l'azienda ha lanciato alla Rsu un messaggio allarmante, che ieri i sindacati hanno riassunto in un comunicato diramato in fabbrica: «Da un'attenta analisi dei costi, dei carichi di lavoro e della situazione finanziaria - si legge nel documento -, emerge un marcato peggioramento, tale da alimentare forti preoccupazioni sulla stessa tenuta industriale della Franco Tosi».

Che l'azienda fosse diciamo in un periodo di transizione era noto da tempo, ma il piano industriale che nel luglio scorso era stato presentato dall'allora neo nominato amministratore delegato Shiva Duggirala era stato definito «un piano di crescita, non di conservazione»: se il 2011 si era aperto con un portafoglio ordini di 320 milioni di euro, il 2012 prometteva di portarne altri 184 (154 di progetti e 30 di service) e il 2013, 230 (200 più 30).

Questo avrebbe permesso ai carichi di lavoro di passare dalle 164 mila ore del 2011 alle 276 mila del 2013, per poi assestarsi a 271 mila nel 2013. Nei fatti, le cose sono andate un po' diversamente. Oggi nei reparti Tosi sono in lavorazione solo quattro turbine (tre commesse acquisite in Brasile e una in India), l'indice di saturazione degli impianti (250 mila ore) è ben lontano. A complicare la situazione anche gli sviluppi di un vecchio contenzioso con Ansaldo, da qui la necessità di fare chiarezza a) presto.

«Le dichiarazioni dell'azienda - affermano i sindacati - smentiscono le precedenti dichiarazioni, sono gravissime e non possono essere sottaciute». Quindi già ieri è partita una richiesta di incontro urgente all'azienda e una lettera al Sindaco di Legnano per informarlo della situazione. «La proprietà deve chiarire fino in fondo la reale situazione in cui versa la società - affermano le Rsu In seguito sarà convocata un'assemblea dei lavoratori per decidere eventuali iniziative a difesa della fabbrica e dei posti di lavoro».
Luigi Crespi

giovedì 28 giugno 2012

SOTTOMESSO STORICO

di RAL & GM
28.06.2012

Foto rielaborata dalla prima pagina de IL MANIFESTO 
del 27.06.2012


lunedì 25 giugno 2012

Don Lorenzo Milani, non dimentichiamolo.

di Giuseppe Marazzini
25.06.2012

45 anni fa, il 26 giugno 1967 moriva Don Milani. Alcune sue intuizioni, per lo più inattuate, e molte denuncie, inascoltate, conservano intatta la loro dirompenza. Storia di un “agitatore di anime e di coscienze”

LETTERA A UNA PROFESSORESSA (1969)

Nati diversi?

Voi dite d’aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. È più facile  che i dispettosi siate voi.

Alla Costituente chi sostenne la teoria delle differenze di nascita fu un fascista: “L’on. Mastroianni riferendosi alla parola obbligatorio osserva che ci sono alunni che dimostrano una insufficienza di carattere organico a frequentare le scuole”.

Anche un preside di scuola media ha scritto: “La Costituzione purtroppo non può garantire a tutti i ragazzi eguale sviluppo mentale, eguale attitudine allo studio”. Ma del suo figliolo non lo direbbe mai. Non gli farà finire le medie? Lo manderà a zappare? Mi hanno detto che queste cose succedono nella Cina di Mao. Ma sarà vero? Anche i signori hanno i loro ragazzi difficili. Ma li mandano avanti.

Solo i figlioli degli altri qualche volta paiono cretini. I nostri no. Standogli accanto ci si accorge che non sono. E neppure svogliati. O per lo meno sentiamo che sarà un momento, che gli passerà, che ci deve essere un rimedio. Allora è più onesto dire che tutti i ragazzi nascono eguali e se in seguito non lo sono più, è colpa nostra e dobbiamo rimediare.

sabato 23 giugno 2012

Il PD si allea con il PDL e insieme approvano 100mila mq di cemento nel parco Sud Milano


SALVIAMO IL PAESAGGIO Difendiamo i Territori
by redazione7 on giu 21, 2012 • 21:29










Erano presenti solo 32 dei 61 sindaci dei Comuni del Parco. E grazie a 23 di loro -la maggioranza di questi appartengono al PD- un’area di territorio pregiato del Parco sarà cementificata.

Sarà cementficata per consentire a Sogemar, azienda logistica, di estendere la sua attività nel Parco Agricolo, pur avendo la possibilità di utilizzare strutture logistiche a pochi km di distanza, nel comune di Segrate, dove vi è un mega interporto cronicamente sottoutilizzato. Altri 7 Comuni, tra cui Binasco, Noviglio e Rho (PD) hanno avuto la coscienza di votare No e altri 2 (Zibido San Giacomo e Vernate) si sono astenuti.

Le solite manfrine
La foglia di fico per coprire le loro vergogne è stato un documento elaborato dai sindaci del PD e condiviso da Guido Podestà, presidente dell’Ente Parco, e dai sindaci del centro destra, in cui si giura nuovamente (dopo averlo già fatto a gennaio per un analogo stralcio a Rosate) che non ci saranno “mai più ulteriori stralci parziali”, almeno fino a quando non sarà approvata la variante generale del Piano territoriale di coordinamento del Parco (quello fin qui anticipato è tutto da brivido: delle 100 richieste che sappiamo essere pervenute all’Ente Parco la maggior parte sono di cancellazione di aree).

Tra i sindaci che si sono esposti maggiormente per perorare lo stralcio dei 100mila mq vi sono stati, in prima fila Massimo D’Avolio, sindaco di Rozzano, Claudio Mazzola di Paullo, Severino Carlo Preli di Locate, Luigi Acerbi di Lacchiarella, Daniele Del Ben di Rosate. Incomprensibile e contraddittorio, ma ovviamente in linea con il PD, il comportamento di Natale Comotti, delegato di Giuliano Pisapia, sindaco di Milano: nell’Assemblea del Parco, alla prima variante di gennaio, di dimensioni minori, si era astenuto, sottolineando che quello di Rosate sarebbe stato un caso unico. Ma ieri, di fronte a un altro ben maggiore stralcio, ha votato a favore.

Come può Milano difendere i propri territori nel parco e votare a favore di stralci in altri comuni del Parco? La giunta Pisapia deve chiarire la sua politica del territorio ai propri cittadini e a quelli del Parco.

Non meno importante risulta la posizione delle associazioni degli agricoltori, che a livello di principio in documenti vari enunciano la loro opposizione alla devastazione del Parco. Ma poi sono totalmente assenti nella fase decisiva. Eppure questo parco è nato proprio per salvaguardare l’agricoltura. Va sottolineato, come detto, che un numero non esiguo di sindaci ha avuto il coraggio di votare contro lo stralcio: i 7 comuni che hanno manifestato coraggiosamente il dissenso alla politica di distruzione del territorio del PD sono amministrati da giunte di liste civiche e da SEL, ma anche da sindaci con la tessera del PD.

Dalla foglia di fico alla ciliegina
“Si può pensare il futuro del territorio partendo anche dalle aree verdi e della qualità ambientale? Nel milanese, soprattutto, le aree libere e i campi sono stati concepiti come aree di espansione sempre possibile dell’urbanizzato, cioè come aree libere provvisoriamente, in attesa di essere costruite o asfaltate. E’ stata la cultura vincente fino ad oggi. Una strada non più percorribile, e non tanto perché siamo arrivati al limite, ma anche perché stanno crescendo una cultura diffusa diversa e un senso comune più consapevole”. Questo si chiede il consigliere provinciale del PD Calaminici, sabato 16 giugno, al convegno dal titolo “I parchi ai cittadini”.

Sono parole chiare che, insieme alle dichiarazioni nette dei sindaci che hanno votato contro lo stralcio di Vignate, indicano uno strappo evidente nel centro sinistra tra chi è determinato a portare avanti una visione lungimirante di tutela del territorio e chi, seguendo una logica di sviluppo ad ogni costo, sacrifica il territorio a favore di interessi privati.

La nostra associazione e le altre realtà che hanno presidiato la Provincia non assisteranno inerti a questo scontro, che non interessa solo uno schieramento politico, ma tutta la cittadinanza: Milano e la sua provincia sono tra le aree più inquinate di tutta Europa e il Parco Sud, con la sua campagna agricola, contribuisce a mitigare questo inquinamento.


giovedì 21 giugno 2012

Fiat, discriminazione a Pomigliano "Dovrà assumere 145 operai Fiom"


COMUNICATO FIOM
Roma, 21 giugno 2012

Il Tribunale di Roma ha condannato la Fiat per discriminazioni contro la Fiom a Pomigliano: 145 iscritti alla Fiom dovranno essere assunti nella fabbrica e 19 iscritti al nostro sindacato avranno anche diritto a 3.000 euro ciascuno per danni.

Fiat. Landini (Fiom): “Fondamentale la sentenza del Tribunale di Roma che condanna per discriminazione Fabbrica Italia Pomigliano e obbliga la Fiat ad assumere immediatamente 145 iscritti alla Fiom”

Il Segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione.

“Il Tribunale di Roma ha riconosciuto un comportamento discriminatorio collettivo della Fiat nello stabilimento di Pomigliano, teso ad escludere dalle assunzioni gli iscritti alla Fiom-Cgil.” “Infatti ad oggi su oltre 2.000 assunzioni effettuate dalla FIP (Fabbrica Italia Pomigliano) sui 5.000 dipendenti già occupati per lo stabilimento Gian Battista Vico della Fiat nessuno di questi è iscritto alla Fiom.” “Pertanto il giudice del Tribunale di Roma ha ordinato a FIP di cessare il comportamento discriminatorio e di rimuoverne gli effetti attraverso l’assunzione di 145 lavoratori e lavoratrici iscritti alla Fiom-Cgil e di mantenere nel prosieguo delle operazioni di riassunzione del personale a Pomigliano la non discriminazione nei confronti degli iscritti Fiom.”  

“E’ l’ennesima conferma che la Fiat nel nostro Paese si sta muovendo al di fuori di qualsiasi regola di legalità e di rispetto dei principi della nostra Costituzione.” “E’ necessario che il Governo, il Parlamento, le forze politiche intervengano immediatamente per ripristinare in tutti gli stabilimenti del Gruppo Fiat l’esercizio delle libertà sindacali e dei diritti delle persone che lavorano e per rendere certo il futuro industriale, produttivo ed occupazionale del Gruppo Fiat in Italia.” 

“La Fiom considera di fondamentale importanza democratica la sentenza del Tribunale di Roma, che riafferma il principio di eguaglianza e di non discriminazione.” “Ringraziamo tutte le iscritte e gli iscritti alla Fiom-Cgil che negli stabilimenti Fiat, nonostante le pressioni e le discriminazioni che stanno subendo, con la loro tenacia e la loro dignità difendono i principi costituzionali e l’idea fondamentale di un lavoro con diritti.”

Fiom-Cgil/Ufficio Stampa

martedì 19 giugno 2012

CENTINAIO SOTTO TIRO

di Giuseppe Marazzini
19.06.2012


La prima di Centinaio non è andata bene; è ben noto l'incidente di percorso durante l'elezione del Presidente del Consiglio. La nuova Giunta presentata lo stesso giorno del consiglio di insediamento (e quasi al limite dei termini di legge), non soddisfa per niente il palato politico di molti cittadini, perché di composizione opaca, sicuramente non giovane e con una sola donna, ma più che altro per le scelte delle persone fatte nella stretta cerchia della "famiglia" politica di Centinaio. Ma da ciò trarre le conclusioni e ipotizzare, come fa il "Giorno" della scorsa domenica, che il Sindaco sta per essere "azzoppato" da una fronda nata all'interno del gruppo consiliare del PD mi sembra una situazione abbastanza improbabile, ma se succederà penso che il percorso politico di Centinaio sarà molto complicato. Perchè il "Giorno" ipotizza una fronda all'interno del PD, se nel direttivo del PD legnanese le persone provenienti da Polis, da Insieme per Legnano e da Ri-Legnano sono predominanti rispetto alle componenti storiche? E’ tutta una montatura, una bufala o solo provocazione mediatica?

A favore dell'articolista comunque, a quanto pare molto informato sulle vicende interne al PD, rimane il fatto che finora non sono arrivate smentite ufficiali, ne dal Sindaco ne dal PD. Se qualcosa di serio ci sarà lo si potrà verificare alla presentazione del bilancio di previsione, che avverrà per la fine del mese di giugno, e in quel frangente si capirà se tutti i “mal di pancia” saranno stati curati a dovere o meno. Sì perché ci sono anche i “mal di pancia” degli sherpa del PD, cioè di coloro che hanno fatto il lavoro di facchinaggio per Centinaio. Questi non vanno per il sottile e parlano senza peli sulla lingua: “………abbiamo preparato la tavola, abbiamo preparato il cibo e poi Centinaio invita chi vuole lui, questa cosa non ci piace…e chi l’ha detto che aveva carta bianca!....”. Sì dirà; sono le solite doglianze post elettorali, fra qualche settimana tornerà la pace, me lo auguro, se no come potrò fare opposizione!


Il Giorno Legnano - domenica 17 giugno 2012

CENTINAIO SOTTO TIRO
di IVAN ALBARELLI

Nomi pressoché sconosciuti alla stragrande maggioranza dei legnanesi, una sola donna alla quale, come succedeva in passato, è stata data la delega alla "Cultura" (perché le donne, si sa, o si occupano di cultura, o di scuole o di pari opportunità...), non un assessore sotto i 35 anni. Se la nuova Giunta di Centinaio era già stata una doccia fredda per la maggior parte delle persone, rischia ora di trasformarsi in un boomerang per lo stesso sindaco. Che potrebbe (il condizionale è d'obbligo, come si dice in questi casi) essere costretto a rivedere volti e nomi a pochi giorni dalla loro nomina per non dovere incorrere nella "fronda" nata all'interno del gruppo consiliare del PD. Almeno quattro gli esponenti che non hanno digerito metodo, scelte e infine la composizione complessiva decisa da Centinaio proprio perché concepita in senso nettamente opposto rispetto a quel desiderio di novità che la sua vittoria aveva creato.

Ma il malumore serpeggia anche nelle altre due componenti della coalizione, Insieme per Legnano e Ri-Legnano. Cosa accadrebbe allora a Centinaio? SE I QUATTRO, o più, rivoltosi dovessero mantenere le loro posizioni, Centinaio finirebbe in minoranza. Azzoppato ancor prima di cominciare a camminare. Una situazione delicata di cui i vertici del PD a Milano sono già stati messi al corrente, al punto che una "visita pastorale" a Legnano è già in agenda. Il percorso quasi obbligato? Rifare da cima a fondo la Giunta. Fatto più unico che raro appena un mese dopo le elezioni. E addosso a Centinaio mille occhi a osservarlo stupiti. Il centrodestra intanto si gode lo spettacolo.

Siamo rimasti in tre

lunedì 18 giugno 2012

La “ditta”, Penati e la questione morale

La Repubblica, 13 giugno 2012 
Autore: Lerner, Gad 

 Quos vult perdere Jupiter dementat.
Così usava chiamarla ironicamente Bersani: dalla militanza comunista ai Ds fino al Partito democratico. Il segretario del Pd delegò Penati come suo emissario nel Nord Italia, prima di sceglierlo come braccio destro a Roma. Per un decennio gli sono state affidate relazioni delicate con ambienti imprenditoriali, soprattutto nel settore delle infrastrutture. È impensabile che Penati le abbia coltivate prescindendo da una visione condivisa. Per questo gli atti resi pubblici dalla magistratura di Monza con la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti, esigono un chiarimento politico per il quale non serve attendere gli esiti giudiziari della vicenda. Cavarsela ricordando che Penati si è autosospeso dal partito, tanto più ora che Bersani avanza la propria candidatura al governo del paese, apparirebbe come una reticenza inspiegabile.

Dalla lettura degli atti istruttori emergono domande squisitamente politiche: è opportuno che un dirigente di partito rivesta una funzione reticolare di intermediazione con aziende private e cooperative, finalizzata alla spartizione di appalti e licenze? E ancora: è accettabile che gliene derivino finanziamenti trasversali per l’attività politica di partito e sua personale? Infine: che lezione intende trarre il Partito Democratico sui rapporti fra politica e affari evidenziati dalle inchieste sull’Autostrada Milano Serravalle e sulle aree industriali dismesse di Sesto San Giovanni? Il ricorso a professionisti di fiducia e l’inserimento nei cda di funzionari legati al partito, deve essere considerata una prassi necessaria? La consuetudine palesata da Penati, ad esempio, con l’impresa della famiglia Gavio, da sempre bene introdotta nei più diversi ambienti politici, merita una riflessione. Nel settore delle infrastrutture finanziate con fondi pubblici non è stata svolta un’azione regolatoria a tutela della libera concorrenza e nell’interesse della collettività, ma piuttosto riscontriamo l’opposto: il mercanteggiamento delle concessioni con reciproco vantaggio, all’insegna del “ce n’è per tutti”.

Un clima equivoco in cui perfino un banchiere come Massimo Ponzellini riteneva conveniente staccare assegni per la “Fondazione Metropoli” di Penati. Non è purtroppo un caso se esplodono in parallelo gli scandali lombardi del sistema dominante Formigoni e del sistema Penati, subalterno ma a quanto pare non così marginale. Colui che il Pd aveva candidato a ribaltare l’egemonia del centrodestra in crisi, ha rivelato una concezione accomodante dell’opposizione, preoccupato di non restare tagliato fuori dalla spartizione della torta. E difatti, prima ancora dell’intervento della magistratura, è stata l’economia della regione nel suo insieme a non reggere più, dentro la crisi, questi metodi consociativi e affaristici. Lo conferma anche il fatto che gli accusatori di Penati siano imprenditori dal comportamento equivoco, sodali fin che gli conveniva e divenuti ostili nella disgrazia. Tanto più vero ciò appare nell’epicentro del sistema Penati: a Sesto San Giovanni. Dove sono entrati in azione, per acquisire il controllo redditizio delle aree industriali dismesse, protagonisti più vicini politicamente alla corrente di Penati: le cooperative rosse e due imprenditori pugliesi considerati dalemiani come Roberto De Santis e Enrico Intini. 

Mi auguro che Bersani rifugga dalla tentazione di liquidare gli interrogativi posti dall’inchiesta sul “sistema Sesto” come un attacco dei poteri forti ai settori economici più vicini al suo mondo di provenienza. Questa tentazione è riemersa di recente, quando la Corte d’Appello di Milano ha assolto i manager dell’Unipol, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, insieme all’ex governatore Antonio Fazio, dall’accusa di avere concertato nell’estate 2005 la scalata alla Bnl. Si è parlato di un vero e proprio complotto contro la finanza rossa, ad opera della stampa asservita ai salotti buoni del capitalismo italiano. Come se la ristabilita verità giudiziaria, di cui è doveroso prendere atto, cancellasse anche i rapporti intrattenuti con i Fiorani, Gnutti, Ricucci e furbetti del quartierino vari, in una logica di schieramento cui non si sottrassero i dirigenti Ds. Con la medesima apprensione di accesa tifoseria, del resto, certi ambienti di sinistra stanno seguendo l’intricata acquisizione di ciò che resta del gruppo Ligresti da parte dell’Unipol. Quasi che una preordinata ostilità politica tentasse di impedire alla finanza rossa di consolidarsi sulla piazza di Milano. La vicenda Penati necessita di una considerazione serena ma severa, rifuggendo tali pregiudizi. Anche perché le sue ripercussioni nel Pd lombardo e milanese continuano a manifestarsi pesanti.

C’è un vuoto di leadership. Ci sono dirigenti che vedono ancora in lui il proprio riferimento naturale. C’è disorientamento fra i militanti. Ne risente l’efficacia dell’opposizione alla pericolante giunta Formigoni. Viene quindi da chiedersi, di fronte al quadro gravissimo delle attività di Penati delineato dalla pubblica accusa, se non avverta egli lo scrupolo di dimettersi dal Consiglio Regionale, essendo palesemente compromesso il rapporto di fiducia con un elettorato del quale non può essere più il rappresentante. Ma intanto un discorso di verità da parte di Pier Luigi Bersani aiuterebbe la sinistra del Nord a delineare la svolta necessaria nel rapporto fra politica e affari. Tema ineludibile nella sfida per risanare l’economia e governare il paese.

Enzo Jannacci - Faceva il palo nella banda dell'Ortica ... Sesto San Giovanni o giù di lì ...

martedì 12 giugno 2012

Steccata alla prima di Centinaio

di Giuseppe Marazzini
12.06.2012

Doveva essere una festa invece il “fuoco amico” l’ha rovinata.  
Il Sindaco, sollecitato da un intervento dell’opposizione, è stato costretto ad intervenire per rassicurare i propri sostenitori, molto numerosi in aula, che la sua maggioranza è salda. Durante l’elezione di Michele Ferrazzano (PD) alla carica di Presidente del Consiglio, la coalizione di maggioranza ha dato dimostrazione di non essere troppo compatta ed unita tant’è che tre “franchi tiratori” sono quasi riusciti ad impallinare il candidato Presidente. L’ipotesi più credibile è che gli impallinatori di Ferrazzano siano compagni dello stesso partito e i volti scuri ed irritati di alcuni dirigenti del PD presenti un aula sembrano avvallare questa ipotesi. 

Alla fine, alla terza votazione, Ferrazzano è stato eletto con 13 voti, il minimo richiesto, su 16 a disposizione della maggioranza. I tre dissenzienti probabilmente più che colpire Ferrazzano hanno voluto prendere le distanze dalle scelte fatte dal Sindaco nella formazione della nuova giunta comunale. Certo è che non si può “steccare” alla prima così platealmente, ma le prove sono state fatte?

sabato 9 giugno 2012

CONTENIAMO I COSTI DELLA POLITICA

di Giuseppe Marazzini
09.06.2012


Con determina dirigenziale n. 23 del 17.06.2010, furono stabilite le indennità di funzione spettanti al Sindaco, al Vicesindaco, agli Assessori e ai Consiglieri comunali. Al Sindaco 4.214,29 €, al Vicesindaco 3.160,72 €, agli Assessori in aspettativa 2.528,58 €, agli Assessori senza aspettativa 1.264,29 €, e al Presidente del Consiglio comunale 2.528,58 € di indennità lorde mensili. Ai Consiglieri comunali fu stabilito un gettone di presenza, per le sedute consiliari e le relative commissioni, di 36,88 € lordi. In attesa di conoscere se il nuovo Sindaco proporrà di ridurre la sua indennità di funzione e quella dei suoi Assessori, vorrei mettere in evidenza la spropositata indennità di funzione del Presidente del Consiglio comunale. 

Le competenze del Presidente del Consiglio comunale, previste dall'art.11 dello Statuto Comunale di Legnano (convocazione e direzione dei lavori delle sedute consiliari), non comportano un impegno e delle responsabilità tali da giustificare l'attribuzione di una indennità di funzione pari a quella spettante a chi svolge funzioni di Assessore, ovvero 2.528,58 € lordi mensili, per un totale annuo di 30.342,96 €. 

Ritengo sia il caso che tale indennità di carica spettante al Presidente del Consiglio comunale venga ridotta all'importo mensile lordo pari ad 1/5 (505,71 €) della indennità attuale. I risparmi ottenuti andranno versati nel fondo sociale destinato all'aiuto delle famiglie colpite dalla crisi economica. 

mercoledì 6 giugno 2012

Busto sì, Legnano no?

di Giuseppe Marazzini
06.06.2012


Dai commercianti di Busto Arsizio arriva una buona idea: mezzi elettrici in centro città per consegnare le merci ai negozi. "L'idea è quella di rivolgersi eventualmente a finanziamenti della comunità europea, dalla quale le iniziative dai contenuti fortemente ecologici sono sempre molto apprezzate", spiega il vicepresidente del distretto urbano, Rudy Collini. Nel concreto la proposta che i commercianti di Busto Arsizio fanno è molto precisa: individuare una zona in cui far arrivare i mezzi commerciali con motori alimentati con combustibile tradizionale e trasferire le merci su mezzi alimentati elettricamente per rifornire i negozi del centro cittadino, in questo modo si otterranno benefici ambientali e di sicurezza significativi; meno rumore, meno polveri sottili e più sicurezza per i pedoni. Una richiesta identica a quella proposta dai commercianti di Busto Arsizio era stata presentata, con un ordine del giorno collegato alla discussione sul piano di governo del territorio (maggio 2011), dal consigliere Giuseppe Marazzini.

L'ordine del giorno rilevava che gli esercizi commerciali operanti nella zona centro città erano 282 e che nella fascia centrale erano 101 (dati rilevati al 31 luglio 2010 dai documenti preparatori al PGT) e per tanto si chiedeva che questi esercizi venissero riforniti, creando un "logistic city center" (luogo di trasferimento merci) da mezzi ecologici ad impatto zero. L'ordine del giorno fu bocciato dalla maggioranza di centro destra ritenendolo un "vezzo" ambientalista.

Il Presidente della associazione commercianti di Legnano che intervenne per motivare il suo no alla proposta, perse un'ottima occasione per dimostrare acume ed intelligenza della sua categoria che pure c'è.  Il tema fu poi ripreso nel programma elettorale "buone idee in comune" preparato dalla "Bottega di Giuseppe" per la recente campagna per le amministrative. Saprà la nuova maggioranza recuperare questa buona idea?


La Prealpina – Busto Arsizio 30/05/2012  pag.27
Netta svolta ecologista al Distretto del commercio

«Avremo una Ztl più vivibile e attraente. Puntiamo a finanziamenti europei», dice Rudy Collini. Dopo l'outlet in cui vendere i capi d'abbigliamento scontati dei negozi del centro, si fa largo il progetto della piazzola ecosostenibile per la distribuzione delle merci dentro la zona a traffico limitato, attraverso l'utilizzo di mezzi elettrici.

Ecco il secondo progetto innovativo sul quale il Distretto del commercio sta lavorando alacremente, avendo preso molto seriamente l'opportunità di sfruttare bandi e progetti regionali (ma non solo) per monetizzare i nuovi Contratti di Rete, vale a dire le iniziative stimolate da Confcommercio e Uniascom per sviluppare sinergie anche in un settore nel quale l'accorpamento delle competenze non è così automatico come in ambito produttivo-industriale. Ebbene, se l'idea di trovare uno spazio in cui tutte le boutiques del salotto buono possano radunare i loro resti di magazzino per proporli in saldo perenne alla clientela (evitando di restituirli ai grossisti per pochi soldi) prosegue a ritmo spedito, sta inoltre nascendo un'altra idea. Non sarà programmata entro luglio come nell'altro caso, ma di sicuro sarà oggetto di studi approfonditi e poi di proposte abbastanza imminenti.

«L'idea è quella di rivolgersi eventualmente a finanziamenti della comunità europea, dalla quale le iniziative dai contenuti fortemente ecologici sono sempre molto apprezzate», spiega il vicepresidente del Distretto urbano, Rudy Collini. Nel concreto l'obiettivo è quello di individuare una zona accanto all'area pedonale dove i camioncini a motore che quotidianamente fanno le consegne si possano fermare, per trasferire il loro carico su altri mezzi a impatto zero, oltretutto più silenziosi e sicuri per i pedoni, per raggiungere la destinazione finale. D'altronde il sovraffollamento di furgoni e inquinamento rappresenta una nota dolente del centro, ma finora la cosa è stata inevitabile, al massimo regolamentata negli orari.

Ora l'ipotesi è dunque quella di unire le forze - e sfruttare le risorse pubbliche - per rendere la zona attorno alla basilica più vivibile, evitando altresì rotture del pavimento o dispersioni d'olio che spesso si registrano. «Togliere questa presenza dalle nostre aree dedicate al passeggio avrebbe effetti importantissimi - riprende Collini - Certamente si tratta di un'operazione dagli effetti meno immediati rispetto all'outlet nelle tasche dei commercianti, ma a lungo andare avremo una Ztl più vivibile e quindi attraente, con ricadute molto positive sugli affari». Insomma, in tal caso non si correrà, ma il percorso è già stato disegnato. E durante l'estate si stenderanno le prime bozze per poter realizzare la svolta nel corso del 2013.
Marco Linari

martedì 5 giugno 2012

Obiettori all'aborto? C'è chi dice no «Sabotatori di diritti per legge»

Il Manifesto 03/06/2012 - Eleonora Martini 

Obiettori all'aborto? C'è chi dice no «Sabotatori di diritti per legge» Intervista a Chiara Lalli

 Il 70 per cento del personale sanitario negli ospedali pubblici italiani si dichiara obiettore. E la legge del '78 diventa inapplicabile

E’ l'obiezione di coscienza - come ci ricorda il geniale «don Pizzarro» di Corrado Guzzanti - l'arma della politica vaticana per sabotare il diritto delle donne a una maternità consapevole e alla pianificazione familiare (e in prospettiva anche il diritto dei cittadini a scegliere liberamente come morire). «Con la facoltà di sottrarsi a un dovere professionale sancita attraverso la legge 194 c'è stato uno slittamento semantico del concetto di obiezione di coscienza». Di questo parla l'ultimo libro di Chiara Lalli, autrice di saggi di bioetica e filosofia morale, edito da Il Saggiatore, dal titolo «C'è chi dice no. Dalla leva all'aborto. Come cambia l'obiezione di coscienza» (pp. 240, 19 euro). In principio era un concetto quasi rivoluzionario. E ora? Come è stato manipolato II significato dl obiezione dl coscienza? Si è passati da un'azione di libertà individuale e contraria ad una legge dello Stato, a un'imposizione autoritaria di gerarchia tra le coscienze. 11 ragazzo che si rifiutava di fare il servizio militare obbligatorio pagava un prezzo molto alto andando in galera. Una scelta dolorosa, complicata da prendere. Negli anni poi, entrando nelle leggi, l'obiezione è diventata un diritto positivo. E’ successo prima con la 772/1972 sulla leva, una legge con una storia abbastanza lunga e travagliata perché nella sua prima stesura contemplava iniquamente un servizio civile molto più lungo di quello militare. Poi nel 1978 arrivò la legge 194 di cui ancora discutiamo, che introdusse l'obiezione di coscienza all'aborto. E qui la questione si fa problematica, perché da un lato la legge regolamenta il servizio perla donna e contemporaneamente permette agli operatori di sottrarsi al servizio. E una legge intrinsecamente conflittuale, che ha reso l'obiezione una scelta di comodo, un'estensione privilegiata.

Qual è la situazione oggi? Ci sono realtà spaventose: in alcuni reparti o ospedali pubblici il servizio è stato di fatto annullato. Secondo l'ultima relazione annuale sulla legge 194, quella del 2010, la media nazionale di obiettori è del 70% ma in alcuni ospedali si arriva fino al 90%. Il Lazio è una delle realtà più drammatiche, con lunghissime file d'attesa che costringono le donne ad andare fuori regione per abortire. In Lombardia, nel biennio 2009/2010, sono risultati obiettori il 64% dei ginecologi-ostetrici, il 42% degli anestesisti e il 43% del personale sanitario, e a Como, per esempio, ci sono 23 ginecologi obiettori su 26. Negli ultimi anni poi il dato è in crescita perché i medici non obiettori sono stanchi di essere penalizzati addossandosi tutto il lavoro meno qualificante che altri scaricano. E una situazione che la legge non prevedeva: pensata per tutelare le donne, oggi le penalizza. Insomma, in questo momento in Italia le garanzie della 194 sono fortemente legate alle differenze specifiche locali e alla fortuna.

Ed è tornato l'aborto clandestino... Pare di si. Ovviamente è difficile da monitorare, ma ci sono segnali preoccupanti: le donne che vanno ad abortire all'estero e molti casi registrati negli ospedali di abuso di Cytotec, un farmaco anti ulcera che ha come effetto collaterale l'aborto spontaneo. L'anno scorso a Roma una donna è morta con questo metodo. Un'altra possibile spia degli aborti clandestini potrebbe forse essere l'aumento di quelli spontanei. Secondo i dati Istat sono passati da circa 55.000 mila del 1988 agli oltre 77.000 del 2007.

Eppure giusto mercoledì scorso alla Camera sono state presentate e votate sette mozioni contrapposte sull'obiezione dl coscienza all'aborto. Alcune, come quella firmata da Floroni, Roccella, Buttigllone, Rivetti, ecc., impegnano II governo a tutelare da qualsiasi “discriminazione o penalizzazione” gli obiettori. Questo è il colmo: chi fa il medico o il sanitario lo ha scelto e la discriminazione non è certo nei loro confronti ma nei confronti delle donne che non hanno scelta e se vogliono accedere al servizio previsto dalla legge 194 sono costrette ad "emigrare"; la discriminazione semmai è contro i medici e il personale sanitario su cui si riversa tutto il peso di un lavoro difficile, poco qualificante, e sempre più svolto in solitudine.

Il paradosso, insomma, è che gli obiettori sono diventati sabotatori, ma protetti dalla legge stessa? Esattamente. Se non spostiamo il discorso del rapporto tra operatori sanitari e pazienti, non usciamo dal pantano delle coscienze personali. Perché la tua coscienza è più importante della mia? Qualunque professione implica dei doveri: l'avvocato d'ufficio, per esempio, non può invocare la propria coscienza per rifiutarsi di difendere uno stupratore. La professione che ha scelto lo tiene ancorato alle proprie responsabilità. E d'altra parte, da quando il servizio militare è una libera scelta non esiste più l'obiezione di coscienza alla leva. E allora sarà il caso di ridiscutere almeno le conseguenze di una scelta che, mettendo in campo la propria coscienza, limita l'applicazione delle leggi dello Stato.

Vedi anche: "Quando tutti i medici sono obiettori di coscienza " di Adriano Sofri - La Repubblica 24/05/2012