giovedì 31 dicembre 2009

ACCAM, il “brusadanè” (bruciasoldi)

di Giuseppe Marazzini
24.12.2009


In attesa della risposta scritta alla mia interrogazione, presentata in Consiglio Comunale il 30.11.2009, con la quale chiedevo quanto verrebbe a costare (pro quota) al comune di Legnano l’adeguamento dell’inceneritore ACCAM, ritengo opportuno tornare sull’argomento dopo quanto emerso dall’ultima seduta dei 27 comuni facenti parte della società ACCAM, tenutasi a Gallarate a porte chiuse una decina di giorni fa.

Il presidente della società ed alcuni rappresentanti dei comuni hanno dichiarato che la situazione tecnico-gestionale della società ACCAM è quasi allo sfacelo: 900 mila euro di perdita nel 2009 e una perdita, se non si aumentano le tariffe (dal 3% al 30% in base al tipo di rifiuto trattato), di 3 milioni di euro per il 2010.

Verranno anche a mancare i “CIP6”, il contributo elargito dallo Stato per bruciare rifiuti (loro le chiamano energie rinnovabili e “assimilate”): qualcosa come 5 milioni di euro (che i cittadini pagano tramite le loro bollette). Se i comuni non accettano l’aumento delle tariffe e non scuciono i soldi per l’adeguamento dell’impianto si chiude: questo l’allarme lanciato dal presidente della società.

Come volevasi dimostrare senza tariffe più esose e senza “CIP6” questi impianti non riescono a stare in piedi, quindi ben venga la fine di questi catorci. Dopo che per anni hanno riempito i polmoni di migliaia di cittadini di polveri sottili e di diossina, lesinando sulla migliore tecnologia disponibile, ora i signori dell’ACCAM pretendono di “bruciare” altri 40 milioni di euro per continuare ad inquinare.

Il 13 febbraio prossimo i comuni si incontreranno di nuovo per decidere cosa fare. Mi auguro che molti di loro chiedano la fuori uscita dall’incenerimento per entrare in una fase che preveda lo smaltimento dei rifiuti con tecnologie dolci e una politica amministrativa tesa a promuovere la diminuzione dei rifiuti alla fonte.

Il fuoco sacro dell’ACCAM. La giunta di Legnano da che parte sta?

di Giuseppe Marazzini
08.12.2009


L’inceneritore ACCAM di Busto Arsizio è un impianto vetusto, talmente vetusto che considerarlo un catorcio è usare un eufemismo. Per i danni che ha già causato alla salute umana - in particolare ai borsanesi - e all’ambiente, andrebbe fermato subito.

Stando a precisi impegni presi dalle istituzioni locali questo inceneritore dovrebbe smettere di funzionare prima del 2019, entro tale data, infatti, gli impianti dovrebbero risultare smantellati, l’area insediativa bonificata e portata allo stato originario.

Ma lo smaltimento dei rifiuti è sinonimo di grandi affari. I Comuni dell’ex consorzio ACCAM (Legnano inclusa), per la verità non proprio tutti, stanno per tradire le aspettative di migliaia di cittadini perché vogliono puntare sul potenziamento dell’inceneritore, con un costo preventivato di quasi 40 milioni di euro. Soldi spesi anche per la salute della gente “le emissioni saranno inferiori al consentito” dichiarano furbescamente gli amministratori della Società. (ISDE – comunicato stampa).

Nelle previsioni il nuovo impianto dovrebbe bruciare 400 tonnellate di rifiuti al giorno (ora sono circa 200 le tonnellate bruciate) con una quantità gigantesca di materiali tossici di residuo tra cui, 2.000 tonnellate all’anno di ferro, 6.000 tonnellate all’anno di ceneri da collocare in discariche speciali e una quantità enorme di scorie tossiche che potrebbe arrivare fino a 25mila tonnellate all’anno, quest’ultime si ipotizza che vengano immesse nella lavorazione del cemento.

I dirigenti dell’ACCAM, con il consenso di buona parte dei politici e di qualche ecologista bustocco favorevole all’incenerimento, sostengono che il “gioco vale la candela” perché una parte dell’investimento verrà ripagato fornendo alla comunità un servizio di teleriscaldamento e producendo energia elettrica che verrà rimborsata usufruendo dei cosiddetti certificati verdi (si tratta di milioni di euro che tutti i cittadini pagheranno tramite le bollette dell’energia elettrica).

Si tace invece sul fatto che aumenteranno le tariffe e che per alimentare l’inceneritore bisognerà produrre più rifiuti a scapito della raccolta differenziata. Perché i Comuni puntano all’incenerimento dei rifiuti anziché incentivarne una raccolta differenziata che preveda una riciclo spinto?

La risposta è molto semplice. Gli investimenti per organizzare una raccolta differenziata spinta hanno un ritorno economico inferiore a quello dell’incenerimento dei rifiuti in quanto non sono supportati da incentivi statali del tipo, appunto, dei certificati verdi.

È palese che la maggior parte dei nostri amministratori locali stia affrontando la questione dello smaltimento dei rifiuti sotto il profilo esclusivamente del profitto economico -quanto possiamo guadagnare con l’incenerimento dei rifiuti?- e non sotto il profilo della tutela della salute dei cittadini. Se così non fosse non si comprende perché non accettano di valutare procedimenti di raccolta e di riciclo più rispettosi della salubrità ambientale.

È giunto il momento di cambiare strada perché viviamo in una delle aree in cui la concentrazione di polveri sottili è spaventosa e di per sé già causa di migliaia di morti ogni anno. Come è noto i dati scientifici dimostrano che usare i rifiuti solidi urbani come combustibile è pura follia perché dai camini escono schifezze che fanno male alla salute. E’ il momento di dire basta a scelte nefaste.

Ai cittadini legnanesi va detto che è inutile che facciano finta di niente perché i fumi dell’inceneritore non colpiscono solo gli abitanti di Borsano ma arrivano anche qui da noi e il nuovo impianto di trattamento dell’umido (compostaggio), previsto in via Novara, farà nascere “l’asse dei rifiuti” dell’alto milanese.

A dimostrazione di quanto l’interesse economico per il trattamento dei rifiuti sia superiore alla tutela della salute dei cittadini lo si evince anche dal fatto che nessuno dei nostri amministratori ha sollevato obiezioni di merito a proposito del nuovo ospedale di Legnano, che è costruito sotto il camino dell’inceneritore ACCAM e vicinissimo al previsto impianto di compostaggio. Guardare la mappa qui sotto.
cliccare sull'immagine per ingrandirla

Cl e Pd: chiamala Megacoop

di Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano.
31 dicembre 2009


Niguarda per i milanesi vuol dire ospedale. L’Azienda ospedaliera Niguarda - Ca’ Granda è uno dei più grandi centri clinici del nord.
Ed è, naturalmente, controllato dagli uomini di Cl. Sono legati al gruppo ecclesiale di cui fa parte anche il presidente della Regione Roberto Formigoni, primari, medici, dirigenti.
Il direttore generale è Pasquale Cannatelli, che in ufficio tiene ben in vista una sua foto con don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione.
Cannatelli guida la sua struttura in perfetta sintonia con la grande orchestra di Cl che si è impossessata della sanità lombarda. Lo si vede nelle scelte grandi e in quelle piccole.
Non c’è assunzione, gara, appalto che sfugga alla regola: gli amici innanzitutto. Niguarda entro il 2013 sarà interamente ristrutturato, diventerà un nuovo grande polo ospedaliero, con un megainvestimento da 1 milione di euro.
Dopo gare e procedure contestate perfino dagli ispettori del ministro delle Finanze Giulio Tremonti, un primo appalto da 262 milioni di euro è stato vinto da un’associazione temporanea di imprese guidata da Cmb, potente cooperativa di Carpi. Stupiti? Ma no, è da tempo che si è creato un asse di ferro tra Cl e coop rosse, garantito da un leader dell’ex Pci gran frequentatore del ciellino Meeting di Rimini: quel Pier Luigi Bersani oggi arrivato al vertice del Pd. Gli amici sono
amici. Così se i lavori per il nuovo ospedale di Legnano sono affidati al colosso Techint (area Cl), a Niguarda la spuntano le coop rosse.
Grazie a un’ideona: il project financing. Ovvero: solo una parte dei soldi è pubblica, il resto lo mette il privato, cioè la Cmb, che poi recupera gestendo per 27anni alcuni servizi dentro l’ospedale. Ma siccome a pagare la sanità è sempre la mano pubblica, questo project financing assomiglia tanto a un trucco in cui, nella sostanza, i privati guadagnano e il pubblico paga.
Ma Dio, si sa, sta nei particolari. Dunque anche i dettagli non sfuggono alle ferree regole del potere ciellino. Così ora anche un piccolo appalto – 280 mila euro per tre anni per la fornitura dei flaconi per le trasfusioni – è finito davanti al Consiglio di Stato.
Niguarda ha infatti stilato un bando in cui stabilisce che i flaconi non devono più essere, come fino a oggi, di vetro, ma di plastica.
Così si sa già chi vincerà la gara: l’unica azienda oggi in grado di fornire i prodotti così come sono stati delineati nel bando, ovvero la multinazionale tedesca BBraun.
Al massimo potrà forse cercare di contrastarla un’altra multinazionale, la Fresenius.
Sono insorte, con ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato, le aziende del vetro. Finora le aziende farmaceutiche producevano le soluzioni per le trasfusioni che poi imbottigliavano nei flaconi di vetro. Con la plastica non è possibile: chi imbottiglia deve avere dentro il proprio ciclo produttivo anche l’impianto di fabbricazione dei contenitori.
Un investimento di almeno 20 milioni di euro difficilmente ammortizzabile da tante aziende piccole o medie che operano nel solo mercato italiano. La plastica è più costosa del vetro.
È più inquinante. Obbliga a costi aggiuntivi di smaltimento valutabili attorno agli 80 mila euro l’anno. Ma niente da fare: al Niguarda i manager di Cl hanno scelto la plastica.

Legnano. Immagini di lotte operaie negli anni 1980/90


Per ingrandire le immagini e attivare l'avanzamento
manuale, cliccare sulle stesse.

venerdì 11 dicembre 2009

Non dimenticare Piazza Fontana

di Giuseppe Marazzini
11.12.2009


Una strage senza colpevoli: a quarant’anni da quel 12 dicembre 1969, quando una mano fascista fece esplodere una bomba all’interno della Banca nazionale dell’Agricoltura in pieno centro a Milano, provocando la morte di 17 persone e 88 feriti. (filmato telegiornale dell’epoca)

Si volle spargere del sangue innocente per colpire operai e studenti in lotta per migliorare le loro condizioni di lavoro e di vita e per il rispetto della loro dignità. Allora come oggi c’è chi li vorrebbe silenziosi ed ubbidienti.

La strage vide lo Stato, attraverso i propri servizi segreti, coinvolto nel depistare le indagini, forse complice della strage stessa e propugnatore di quella “strategia della tensione” che cominciò a mietere vittime subito qualche giorno dopo lo scoppio della bomba di Piazza Fontana.

La prima vittima di tale strategia fu il povero Giuseppe Pinelli accusato ingiustamente di essere l’esecutore della strage.

domenica 22 novembre 2009

“QUANDO IL LAVORO UCCIDE”

“QUANDO IL LAVORO UCCIDE”
(scheda preparata da Giuseppe Marazzini di Medicina Democratica)

OMICIDI “BIANCHI” O OMICIDI DEL LAVORO. SOLO QUESTIONE DI TERMINI?
All’interno del movimento operaio a partire dagli anni ‘60 si è diffuso il termine omicidi del lavoro per indicare con nettezza la responsabilità diretta dei sistemi di produzione. Negli ultimi anni sulla stampa e in generale il linguaggio dei media, linguaggio assimilato anche all’interno del movimento operaio e sindacale, per definire il fenomeno sono stati utilizzati i termini morti bianche e omicidi bianchi dove l’uso dell’aggettivo “bianco” allude all’assenza di una mano direttamente responsabile degli eventi infortunistici in particolare quelli mortali. Il modus operandi della nostra società è quello di veicolare nell’opinione pubblica che gli eventi mortali sui luoghi di lavoro avvengono per fatalità o per un destino infame, nella stragrande maggioranza dei casi, invece, si è riusciti a dimostrare una diretta responsabilità aziendale.

……”UNA LUNGA E INTERMINABILE SCIA DI MORTI ”…...Alle 20.00 di oggi 13 novembre 2009 gli omicidi del lavoro sono 912.

MORTI SUL LAVORO NEGLI ANNI PRECEDENTI.
1997 (1392, in itinere 104, con una percentuale del 7,5%)
1998 (1442, in itinere 104, con una percentuale del 7,2%)
1999 (1393, in itinere 102, con una percentuale del 7,3%)
2000 (1401, in itinere 53, con una percentuale del 3,8%)
2001 (1546, in itinere 296, con una percentuale del 19.1%)
2002 (1478, in itinere 396, con una percentuale del 26,8%)
2003 (1445, in itinere 358, con una percentuale del 24,8%)
2004 (1328, in itinere 305, con una percentuale del 23%)
2005 (1280, in itinere 279, con una percentuale del 21,8%)
2006 (1341, in itinere 266, con una percentuale del 19,8%)
2007 (1207, in itinere 304, con una percentuale del 24,8%)
2008 (1120, in itinere 276, con una percentuale del 24,6%)
(dati elaborati su fonte INAIL, da questo calcolo sono escluse le morti da imputare al lavoro sommerso e/o in “nero”.
Nel 2006 l’INAIL ha stimato circa 175 mila infortuni “invisibili”)

PRINCIPALI LEGGI E NORME IN VIGORE NEL PERIODO PRESO IN CONSIDERAZIONE:
Costituzione della Repubblica. Artt. 32, 1° comma (tutela della salute, come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività); 41 (l’attività economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza); 42, 2° comma (funzione sociale della produzione); 46 (elevazione economica e sociale del lavoro).
D.P.R. del 27.4.1955 n.547; D.P.R. del 19.3.1956 n.303.

Statuto dei Lavoratori (legge 20.5.1970 n.300). Art. 9 “I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.

Decreto legislativo 626/1994, la cosidetta “626”.

Decreto legislativo del 9 aprile 2008 n.81 (governo Prodi), integrato e corretto con decreto legislativo n.106 del 3.8.2009 (governo Berlusconi).

In merito alle modifiche apportate al decreto n.81 dal governo Berlusconi, si riporta un sintetica valutazione del senatore del PD Casson (già Pubblico Ministero nel processo Eni-Montedison per la morte di decine di operai esposti al CLORURO DI VINILE presso gli impianti di Porto Marghera. Nel processo Medicina Democratica si era costituita parte civile): “È aberrante lo svuotamento, o meglio l’azzeramento, delle responsabilità del datore di lavoro anche in presenza di una sua condotta omissiva. Ciò significa il venir meno per i datori di lavoro del ruolo di garanti della vita e della incolumità fisica dei lavoratori, nonché l’obbligo di controllo e del dovere di vigilanza fino a questo momento mai messi in discussione”.

Nella storia del movimento operaio italiano ed internazionale si riscontrano decine e decine di eventi infortunistici che hanno causato la morte di molti operai, eccone alcuni:
- Traforo del Freyus, 1857-1871 (200 morti)
- Disastro minerario di Monongah (USA), 6.12.1907 (350 morti di cui 171 italiani)
- Traforo del Sempione, 1879-1906 (106 morti)
- Disastro minerario di Dawson (USA), 21.10.1913 (263 morti di cui 141 italiani)
- Sempre a Dawson, 8.12.1923 (123 morti di cui 20 italiani)
- Disastro minerario di Marcinelle (Belgio), 8.8.1951 (262 morti di cui 136 italiani)
- Disastro minerario di Ribolla (Italia-Toscana), 4.5.1954 (43 morti)
- Traforo del S.Gottardo, 1970-1980 (19 morti fra italiani, turchi e austriaci)
- Cantieri navali di Ravenna, 13.3.1987 (13 morti)
- Caivano (Napoli), 13.4.2003 scoppio di un serbatoio di azoto (4 morti)
- Campello sul Clitunno (Perugia), 25.11.2006 scoppio di un serbatoi (4 morti)
- Fossano (Cuneo), 16.7.2007 scoppio di un silos (5 morti)
- Torino, 5.12.2007 incendio alla ThyssenKrupp (7 morti)
- Molfetta (Bari), 4.3.2008 esalazioni tossiche da autocisterna (5 morti)

Chi lavora in fabbrica, nei cantieri navali, nei cantieri edili, nell’agricoltura, nei laboratori, nei trasporti, nella sanità od impegnato in altre attività lavorative subordinate o artigianali, non muore esclusivamente per eventi infortunistici violenti; molti lavoratrici e lavoratori muoiono a causa delle malattie professionali.

Nel mese di ottobre 2009, in occasione del suo 60esimo anniversario l’INAS-CISL - secondo una sua stima – ha denunciato che i morti sul lavoro in Italia sarebbero 10.000 ogni anno. “I dati ufficiali sono sotto stimati perché non si considerano gli effetti delle malattie professionali”. Sempre secondo l’INAS , sono “oltre 300 mila i lavoratori a rischio cancro in molte produzioni, soprattutto nelle costruzioni…” secondo il patronato della CISL , “ai 1200 morti denunciati quest’anno nel rapporto INAIL se ne aggiungono altri 8800 circa non evidenziati. Queste cifre sono difficilmente contestabili” e rappresentano “una stima abbastanza generosa”, ha affermato il presidente dell’INAS-CISL, Antonio Sorgi.

IL DISASTRO AMIANTO E’ LA NOSTRA BHOPAL (Il disastro di Bhopal avviene nel 1984, è stato, finora, il più grave incidente chimico-industriale della storia, fu causato dalla fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile (MIC), prodotto dalla Union Carbide, azienda multinazionale americana produttrice di pesticidi localizzata nel cuore della città di Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh. Il rilascio di isocianato di metile, iniziato poco dopo la mezzanotte del 2 dicembre 1984, ha ucciso, secondo le autorità locali 1754 persone, ma fonti non governative hanno calcolato più di 10.000 morti. Da 150.000 a 600.000 le persone avvelenate).
Oltre 3 mila morti all’anno solo in Italia (120 mila nel mondo, di cui 44 mila per mesotelioma pleurico e gli altri per tumore polmonare), 32 milioni di tonnellate di materiale tossico sparso sul territorio nazionale, patologie che continueranno a colpire e provocheranno vittime almeno sino al 2020-2025, considerando che la malattie legate all’amianto hanno un periodo di latenza anche di trenta e più anni e che, quindi, gli esposti continueranno ad ammalarsi e le morti ad aumentare.

Ad aprile di quest’anno, a Torino, si è aperto il processo contro la Eternit, la multinazionale è accusata di disastro colposo. I lavoratori uccisi dall’amianto negli stabilimenti italiani della Eternit, dal 1983 ad oggi, sono 2.889.
L’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 uno dei maggiori Paesi produttori e importatori di amianto. Dal secondo dopoguerra alla messa al bando del 1992 sono state utilizzate più di 20 milioni di tonnellate del materiale, soprattutto nelle attività di coibentazione e della produzione di manufatti in cemento-amianto.

Intanto si scoprono altre realtà colpite dall’amianto-killer. Recentemente a Crotone otto dirigenti della Montecatini Edison sono stati incriminati dalla Procura per omicidio colposo di 7 operai, con l’aggravante della colpa cosciente.
Sono morti di tumore non solo gli operai che lavoravano in fabbrica, ma anche le mogli che lavavano le loro tute blu, intrise di polveri d’amianto.

45 MILIARDI DI EURO I COSTI DOVUTI PER LA MANCATA PREVENZIONE
In occasione del suo 72° congresso che si terrà a Firenze il 25-28 novembre 2009, la Società italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale ( SIMLII) ha emesso il seguente comunicato stampa:
“Nel nostro Paese, gli infortuni rappresentano certamente il problema più eclatante e drammatico, ma l’attività lavorativa può comportare anche altri pericoli per la salute.
Si tratta di malattie professionali, che magari rimangono nascoste per anni, per le quali è difficile risalire alla vera causa, oppure che sono classificate secondo criteri diversi. Il lavoro stesso si trasforma continuamente, cambiano gli ambienti e l’organizzazione, le materie prime e i materiali usati e, di conseguenza, i rischi e le malattie professionali.
Sempre di più, patologie tradizionali coesistono con patologie emergenti.
Pensiamo alle patologie da movimentazione manuale dei carichi, oppure da vibrazioni o da movimenti ripetitivi dall’arto superiore, ai tumori professionali, al rapporto tra qualità dell’aria interna nei luoghi di lavoro e salute, allo stress correlato al lavoro, probabilmente destinato ad aumentare con la globalizzazione dell’economia che sta modificando profondamente l’organizzazione del lavoro e richiede una flessibilità maggiore.”………………
“La situazione è critica per un Paese industrializzato come il nostro – afferma il presidente della SIMLII Giuseppe Abbritti, Professore Ordinario, Direttore della scuola di specializzazione di Medicina del Lavoro dell’Università di Perugia – le cifre ufficiali degli infortuni e malattie professionali, se pur molto preoccupanti, potrebbero addirittura peccare per difetto, perché il lavoro illegale è da noi purtroppo ancora molto diffuso. Si stima che la mancata prevenzione di tutte le patologie causate dal lavoro costi ogni anno circa 45 miliardi di euro
”.

sabato 14 novembre 2009

Se la memoria storica se ne va


di Giuseppe Marazzini
14.11.2009


E la memoria se ne va.
Legnano.
Qualche giorno fa’, in pompa magna, è stata inaugurata la “nuova” sede del PdL (Popolo delle Libertà), e fin qui nulla da eccepire, la questione nasce per averla intitolata a Carlo Borsani e su questa intitolazione qualcosa da eccepire c’è, almeno per chi conosce un po’ di storia del fascismo, della resistenza e della nascita della Repubblica Italiana.
Nella retorica militare monarchica e fascista Carlo Borsani è considerato un eroe della guerra greco-albanese (1941). Diventato cieco in seguito alle ferite riportate, il re gli assegnò la medaglia d’oro al valor militare.
Esponente di spicco della Repubblica di Salò, stretto collaboratore di Mussolini, era il presidente dell’Associazione nazionale mutilati.
Venne fucilato dai partigiani il 29 aprile 1945 a Milano in piazzale Susa, non fu una bella morte come non fu una bella morte quella di molti giovani partigiani.
Legnano ha già avuto un “caso” Borsani, siamo nel 1995 in occasione del 25 aprile di quell’anno, 50° anniversario della liberazione dal nazifascismo, il sindaco Marco Turri pensò bene di dedicargli la piazzetta davanti al Liceo in via Gorizia.
La decisione suscitò molte proteste da parte delle forze politiche di opposizione in Consiglio comunale, di diverse associazioni culturali e dell’ANPI legnanese, tanto che l’iniziativa ebbe risonanza nazionale con interventi autorevoli. Riporto per tutti quello di Leo Valiani: “Borsani merita rispetto perché fu ferito in guerra e per la sua tragica morte, ma io faccio distinzione tra l’uomo e le idee: e le idee di cui Borsani fu, fino all’ultimo, un sostenitore, furono la dittatura e l’alleanza con i nazisti. Se fosse stato per me, non gli avrei dedicato una piazza”.
L’intitolazione a Carlo Borsani della nuova sede del partito di maggioranza relativa della città di Legnano va ben oltre il ricordo di uomini di parte, è una provocazione inquietante di carattere storico e culturale.
Borsani fu fascista coerente fino alla fine della sua vita tanto da ricevere apprezzamenti per la sua “onestà” e il “coraggio” da parte dell’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.
Borsani richiama una matrice politica inequivocabilmente fascista che molti italiani, con la resistenza antifascista, l’hanno combattuta e sono morti per estirparla.
Perché contrapporre un alto dirigente della Repubblica di Salò ad una città che è stata insignita di medaglia di bronzo al valor militare per attività partigiana, dove opera una sezione dell’ANPI intitolata a Mauro Venegoni, medaglia d’oro al valor militare per attività partigiana, dove tutti gli anni si ricordano i partigiani combattenti di Mazzafame, dell’Olmina e i deportati nei campi di sterminio nazisti?
Non vorrei che l’intitolazione a Carlo Borsani della sede del PdL diventi l’occasione per commemorare ogni anno un passato condannato dalla storia.
Si vuole richiamare in auge un nostalgico passato?

martedì 3 novembre 2009

VIAGGIO TRA I MALI DELLE FERROVIE ITALIANE


A proposito di ferrovie.
Nel riportare l'articolo del Corriere della Sera che annuncia l'uscita del libro-inchiesta di Claudio Gatti "Fuori orario", voglio ribadire quanto già scritto nei mie precedenti interventi sul potenziamento della tratta ferroviaria Rho-Gallarate e cioè che tale opera potrebbe rivelarsi un gigantesco spreco di risorse economiche per tutta la comunità; lascerà irrisolte le deficienze dei servizi ferroviari; provocherà soltando gravi disagi ai cittadini direttamente colpiti dagli espropri e nella propria salute.


Giuseppe Marazzini
03.11.2009


Esce “Fuori orario”, il libro-inchiesta di Claudio Gatti
Appalti senza gara, malagestione, ritardi, costi maggiorati. E perfino carri scomparsi

MILANO – Un viaggio ad alta velocità tra i mali delle ferrovie italiane. Che altro non sono che lo specchio dei mali dell’Italia. Un viaggio da pendolari di seconda classe attraverso documenti riservati che offrono uno spaccato talvolta inquietante sulle «prove del disastro FS». E’ il viaggio di Claudio Gatti, giornalista de il Sole 24 ore nonché collaboratore del New York Times, da oltre trent’anni residente in America.

CANONE OCCULTO - Nonostante viva da tanto tempo all’estero, Gatti non ha perso la capacità di indignarsi per quelle realtà che molti italiani invece si sono rassegnati a vivere quotidianamente. Nasce anche da queste premesse «Fuori orario – Da testimonianze e documenti riservati le prove del disastro Fs» (edizione Chiarelettere, euro 15), l’ultimo libro-inchiesta sulle ferrovie italiane. Un lavoro reso possibile grazie a racconti di prima mano, rapporti riservati, email di dirigenti ed ex dirigenti, consulenti, imprenditori e fornitori. Una ricerca minuziosa di documenti e testimonianze che in 240 pagine conferma alcuni stereotipi e apre squarci sconosciuti. Fino a fare i conti in tasca a chi paga il biglietto anche se non viaggia. «Negli ultimi cinque anni lo Stato ha finanziato le Fs a una media di circa 6 miliardi di euro all’anno. Il che vuol dire che, senza saperlo, 22 milioni di famiglie italiane stanno di fatto pagando una sorta di ‘canone Fs’ di ben 273 euro all’anno. Oltre il doppio di quello della Rai» scrive l’autore. E pensare che il piano industriale delle Fs «rivela che le ferrovie trasportano appena il 5% dei passeggeri e il 12% delle merci in circolazione in Italia».

MALAGESTIONE E CORRUZIONE - Il viaggio inizia dalla realtà delle eccellenze come l’Alta Velocità che tanto costa ed è costata in termini economici e ambientali (e di cui «si pagheranno le scelte sbagliate come la mancanza di nuovi treni con cui competere contro la Ntv, la nuova compagnia ferroviaria di Montezemolo e Della Valle che dal 2011 inizierà a far concorrenza alle Fs sulle uniche tratte redditizie italiane, ossia quelle dell’Alta Velocità») per passare alla triste realtà quotidianamente sotto gli occhi di centinaia di migliaia di pendolari, ovvero l’«inesorabile decadimento del trasporto regionale e lo stato irrimediabilmente disastrato del servizi merci». I mali principali delle Ferrovie per Gatti sono tre: «La mala gestione di alcuni manager, il disinteresse (o peggio) dei politici che devono governarli e la corruzione diffusa».

PUNTUALITA' E PULIZIA - Gatti prosegue nel suo libro-viaggio fatto di testimonianze e cifre. Anche sulla puntualità dei treni si è messo a fare i conti: «Fino al 1999, quando i dati erano inseriti manualmente, era tutto taroccato. Adesso non è più così. Ma in assenza di controlli esterni, lo spazio per l’abuso permane. Nel 2008 ben 1.754 Eurostar sono arrivati in ritardo ma registrati come puntuali… perché dalla puntualità dipendono le carriere dei dirigenti, i bonus di fine anno e le penali alle regioni». Accanto al problema generale delle pulizia nei treni (e in particolare «delle lenzuola sporche fatte passare per pulite da una lavanderia industriale di Pisa»), problema figlio di anni di malagestione clientelare, ricatti e boicottaggi da parte delle aziende addette alla pulizia in guerra tra loro a cui ora finalmente si è iniziato a porre un freno (anche se è vero che «nessuno tratta male i treni come gli italiani» ammette Gatti), l’altro male endemico delle ferrovie nazionali «è la manutenzione dei treni e dei carri merci». Un altro numero per far capire meglio: «Nel Mystery Client n.59 del 6 ottobre 2006 risulta che nell’agosto 2006 solo il 62 per cento degli Eurostar aveva "almeno il 90 per cento delle porte automatiche funzionanti" e solo il 36 per cento tutte le toilette agibili».

IL RISANAMENTO - Numeri che fanno riflettere. Come quelli sul risanamento. E’ indubbio che la cura Moretti (attuale ad di Fs dal 2006: da quell’anno dalle Ferrovie sono uscite 7.500 persone e 200 manager) abbia dato e stia dando i sui frutti. La Corte dei Conti nel luglio 2009 ha scritto che «la situazione di grave deficit strutturale del gruppo registrata alla fine dell’esercizio 2006… è stata pressoché totalmente risanata sotto il profilo gestionale». Anche se i magistrati contabili aggiungono poi che «il risanamento deve essere consolidato… per fornire servizi adeguati alla clientela». Perché oggi si sta correndo il rischio di un «progressivo declino dell’impresa ex monopolista nazionale, relegata nella gestione di servizi assistiti di bassa qualità». Lo dice lo stesso Mauro Moretti nel suo piano industriale.

IL RITOCCO DELLE TARIFFE - Uno dei problemi delle Fs è appunto quello di rischiare di avere costi alti per bassa qualità dei servizi e perdere così la fiducia dei clienti. E’ vero – come dicono da Fs – che in Italia il costo dei biglietti è inferiore a molte altre nazioni europee ma è altrettanto vero che anche il servizio lo è. «Il governo ha concesso a Cimoli (ex ad di Fs dal 1996 al 2004, ndr) l’aumento delle tariffe solo una volta nel 2001. E poi mai più. A Elio Catania (ad Fs dal 2004 al 2006 neppure uno. Mentre a Moretti ne sono stati accordati subito due». E un terzo è presumibilmente in arrivo dopo il 13 dicembre prossimo quando sarà completata l’ultima tratta dell’AV.

I COSTI DELL'ALTA VELOCITA' - Un’ attrazione fatale, quella per l’Alta Velocità – prosegue Gatti – che partita con certe intenzioni ha raggiunto conclusioni inimmaginabili. Intanto «i treni arrivarono troppo in anticipo rispetto alle disponibilità delle linee per le quali erano stati pensati». Con la conseguenza che oggi chi «va a grattare sotto i Frecciarossa trova "un materiale rotabile" progettato negli anni ’80 e che ha iniziato a circolare circa 15 anni fa. E cioè il vecchio Etr500». Senza poi trascurare il fatto, non proprio secondario, che in Italia si è speso per l’AV molto di più che altrove. Tanti i motivi. L’ex ministro dei Trasporti, Pietro Lunardi, il 19 novembre 2008 durante una puntata di Exit, il programma di Ilaria D’Amico su La7, ne ne indicò uno non marginale: «In Francia e in Spagna hanno mangiato molto meno». Dalla “Indagine sugli interventi gestiti da Tav Spa” dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici è risultato che «la Roma-Napoli è passata dagli iniziali 2.095 milioni a 4.463, e la Bologna-Firenze dal costo di un miliardo a 4,2 miliardi». «Nel corso degli anni, sul malaffare Tav – scrive Gatti – hanno indagato 5 procure, due commissioni di verifica e la Commissione parlamentare antimafia… l’impennata di prezzi e tempi non è imputabile solo ai costruttori o agli appalti mal congegnati. Hanno inciso molto anche le modifiche del tracciato e le compensazioni chieste dagli enti locali delle aree attraversate dai binari. E in ultimo la trasformazione del progetto: da Av solo per passeggeri a Alta capacità anche per le merci» («ovvero un enorme e costosissimo bluff» afferma Gatti).

LA SENTENZA DI FIRENZE - Emblematica la sentenza pronunciata il 3 marzo 2009 dal giudice Alessandro Nencini del tribunale di Firenze sui danni ambientali creati dal Consorzio Alta velocità Emilia-Romagna (Cavet) che ha eseguito l’opera di sottoattraversamento dell’Appennino tra Bologna e Firenze che apre ai viaggiatori il 13 dicembre prossimo: 27 condanne con pene fino a 5 anni di reclusione e un risarcimento danni di oltre 150 milioni di euro (solo per il reato di smaltimento abusivo dei terreni di scavo; la perizia della difesa ha parlato di 900 milioni invece per i danni al sistema idrico del Mugello). «Il dato più straordinario emerso dal processo di Firenze – scrive Gatti – è che per una delle più costose e pubblicizzate opere della storia della Repubblica, non risulta che qualcuno abbia mai concesso il benestare ambientale, formale e definitivo». Illuminanti le parole del pm per concludere la requisitoria: «Le cose sono state fatte male e i tempi sono infiniti. Quindi danni e opera non finita. A prezzi raddoppiati».

«APPALTI SENZA GARA» - Il lungo e minuzioso viaggio di Gatti non trascura di fermarsi sulla questione delle dismissioni dell’immenso patrimonio delle Ferrovie, come sulla storia della Sita di Vinella, fino a raccontare dei «troppi appalti senza gara», contesi tra politici influenti, funzionari degli acquisti e «i potentissimi tecnici di Firenze». Cercando di documentare la logica della «spartizione tra fornitori» e degli acquisti «in nome dell’urgenza», fino a raccontare l’«appalto senza gara per 300 carrozze» e riportare le dichiarazioni di alcuni imprenditori, come Giampiero Galigani: «Mi dissero che avevo vinto la gara. Ma poi una persona dell’Ufficio acquisti di Bologna mi ha sconsigliato. Ho capito che non era il caso di andare a dar noia a qualcun altro, che, forse, doveva fare quell’ attività. Dissi: "Va bene, rinuncio"». Fino a raccontare del licenziamento in tronco di chi, «come il manager Vincenzo Armanna, aveva provato a contrastare questo fenomeno di quasi monopolio o comunque di oligopolio dei fornitori». Un panorama che Gatti riassume con poche parole: «Gare d’appalto che non si fanno, imprenditori che denunciano favoritismi, tecnici che manipolano le procedure, rappresentanti che mediano, funzionari onesti che vengono mandati via».

I CARRI SCOMPARSI - Il viaggio dentro le Fs prosegue attraverso il mondo sconosciuto ai più dei «rappresentanti e uffici tecnici» e sui «modi con cui vincere una gara» fino a lavoro dell’Audit, il principale «strumento che hanno le Fs per smascherare piccoli e grandi abusi» e che «sotto la guida di Francesco Richard si è distinto per rigore e indipendenza» in varie occasioni. Tra le due più meritevoli di approfondimento - secondo Gatti – l’acquisto delle biglietterie self service e il caso dei carri scomparsi. Su quest’ultimo caso la relazione finale di Audit Fs - nata dal ritrovamento di due carri con il numero di matricola cancellato e la punzonatura abrasa a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta - parla di «441 carri (che) risultavano in viaggio da mesi, talvolta anni o presenti in un impianto diverso rispetto alle risultanze Sir (il sistema informativo interno, ndr)». «Di altri 55 – prosegue Audit – non si aveva certezza della destinazione» e si pensava fossero stati «oggetto di demolizione con asportazione del materiale demolito senza pagare alcuna somma…». Alla fine, si legge, «risultarono 237 carri ‘andati perduti’». Una notizia – secondo Gatti – che assume un’altra rilevanza anche alla luce della strage di Viareggio del 30 giugno 2009 quando l’incidente al carro della Gatx che trasportava il gas liquido responsabile dell’esplosione era da attribuire a un cedimento dell’asse «arrugginito». «Dietro ai carri scomparsi – scrive l’autore di “Fuori Orario” – si nasconde il business della cannibalizzazione dei materiali rotabili e del mercato nero della componentistica. Per cui un singolo carrello, anche solo apparentemente funzionante, può essere venduto e reimmesso nel circuito ferroviario italiano. Oppure può essere esportato e piazzato su un mercato estero».

Iacopo Gori
03.11.2009 Corriere della sera

domenica 1 novembre 2009

Panem et circenses: un conto salato per Legnano


di Giuseppe Marazzini
01.11.2009


Sono anni che il sottoscritto, in qualità di consigliere comunale, chiede trasparenza e parsimonia nelle spese per il Palio, ma a ben vedere cavalieri e castellane costano sempre di più.

Per le manifestazioni paliesche del 2008 il Comune è andato in rosso di 166 mila euro, ci dicono che parte di questo deficit verrà coperto da un contributo governativo pari a 56 mila euro riducendo così il disavanzo a circa 110 mila euro. Sempre di una bella somma si tratta.

L’assessore competente ci informa che “In media, ogni anno il Comune è in deficit di circa 110 o 120 mila euro. È una costante”. Faccio osservare che la somma del deficit è più alta di quella accantonata per le famiglie e i piccoli artigiani rimasti senza reddito, che ammonta a 100 mila euro.

Il Palio pesa sul bilancio comunale per quasi 500 mila euro, in parte coperti da contributi provenienti da altri enti istituzionali quali Provincia, Regione e Governo, in parte da enti privati (Fondazione Ticino-Olona, Banca di Legnano, etc), e in parte da altri sponsor minori e cittadini paganti.
Per le casse comunali le spese per festeggiare la sconfitta del “Barbarossa” stanno diventando un fardello sempre più pesante visto l’incerto andamento delle entrate comunali.

Il sindaco Cozzi prima, il sindaco Vitali dopo, del rispetto del patto di stabilità, e del fatto che Legnano è un Comune virtuoso, ne hanno sempre fatto una questione di orgoglio amministrativo, bene! Ora la giunta applichi lo stesso orgoglio amministrativo con il Palio. Mai più un bilancio in rosso.
Non per essere corrosivo, ma l’oligarchia che gestisce il Palio dalla parte dei contradaioli deve sapere che se applicassimo le regole del liberismo, che tanto piacciono alla maggioranza degli italiani, il Palio dovrebbe chiudere perché non è in grado di autofinanziarsi.

E visto che siamo in argomento, non sarebbe male far sapere ai cittadini legnanesi quanto le contrade spendono per il Palio, dato che piaccia o non piaccia, i cittadini tutti contribuiscono alla spese del Palio e delle contrade con risorse messe a disposizione dal Comune. Io propongo di cominciare con la buona pratica della rendicontazione della spesa.

Si chiedono i compensi dei manager, non si comprende perché non si devono conoscere i compensi dei fantini o di altre attività collegate.
Così come non si può continuare con l’offerta culturale “paliocentrica” che oltre a drenare parecchie risorse per altre iniziative più attinenti alle conoscenze culturali della città, riduce di molto la possibilità di sostenere altre associazioni impegnate seriamente su altri versanti culturali (scuole di musica, teatro, animazione, cinema).

Credo sia giunto il momento in cui l’Amministrazione locale prenda l’iniziativa; quindi, Sindaco ed assessori unitamente al Consiglio Comunale inizino una seria riflessione per verificare dove stanno gli errori, come correggerli e come ridisegnare un modello di Palio all’insegna della popolarità e della genuinità.
Che il Comune diventi il protagonista vero del Palio.

martedì 20 ottobre 2009

... la strada dell’unità


di Giuseppe Marazzini
19.10.2009


“Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo
Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza
Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”

(A.Gramsci)

Ho scelto “il manifesto”, quotidiano che leggo dalla sua fondazione, per segnalare come il nostro Paese, che non è più “Bel” da un pezzo, sia sull’orlo del precipizio.

7.10. ….la Lega presenta la legge anti-burqa: carcere fino a due anni e multa. Il testo prevede una modifica della legge Reale sull’ordine pubblico. Cota (capo gruppo alla Camera della Lega, ndr) ..”Ma non abbiamo nulla contro i musulmani”.

8.10. Genova. Ecco le motivazioni dell’assoluzione di quattro agenti per i pestaggi dei pacifisti della Rete Lilliput a piazza Manin.
I non violenti picchiati al G8 perché “ostacolavano le operazioni di polizia”.

9.10. Violenze omofobiche. Aumentano le violenze, domani corteo a Roma. ….le violenze e aggressioni…nei primi mesi del 2009 hanno raggiunto quota 52, mentre nel 2008 si erano fermate a 45.

15.10. Omofobia, l’ONU attacca: “In Italia passo indietro” il blocco in Parlamento della legge contro l’omofobia. Critiche anche su respingimenti e libertà di stampa.

16.10. Questo nostro fascismo postmoderno.
“Un paese che ha decretato,attraverso leggi e pratiche sociali, che migranti, rom e omosessuali sono, di diritto e di fatto, fuori dal consesso dei paesi civili, nonché dagli standard e delle convenzioni internazionali. Un paese in cui, senza discriminazione alcuna, ogni giorno si sprangano “stranieri” come gay, senza che si manifesti una reazione proporzionata alla gravità dell’escalation è un paese sull’orlo dell’abisso”.

17.10. Il video sull’autore della sentenza Fininvest-Cir acquisito dalla magistratura. Mediaset contrattacca: “Niente bacchettate”.
Il giudice Mesiano spiato da canale 5, il Garante della privacy interviene.

Poi ci sono le manganellate mediatiche tirate dal Presidente del Consiglio dopo la bocciatura del lodo Alfano, e la spiata fatta ai danni del giudice Mesiano, azioni tese a scatenare i più bassi istinti reazionari contro chi difende l’integrità della nostra Costituzione.

Per uscire da questo immondezzaio la sinistra deve ritrovare la strada dell’unità; unità delle forze in campo, unità con i sinceri democratici, unità con tutti i lavoratori.

venerdì 9 ottobre 2009

Per i Comuni…. binario morto?

di Giuseppe Marazzini
09.10.2009


Giovedì 8 ottobre si è aperta la Conferenza dei Servizi riguardante il potenziamento della tratta ferroviaria Rho-Gallarate, e dalle prime battute si comprende che per i Comuni sarà dura far cambiare posizione al Governo e alla Regione Lombardia.
Se nel 1176 i Comuni hanno sconfitto a Legnano il “Barbarossa”, nel 2009 dovranno piegare la testa alla volontà di un potere centrale regionale, più che governativo, che sempre più toglie ossigeno ai Comuni.
Ai Comuni non è stata data la possibilità di analizzare a fondo le scelte di politica economica fatte da Regione e Governo, che stanno a monte del progetto tecnico di Italferr. Forse non ne hanno sentito la necessità, resta comunque il fatto che nessuno delle autorità competenti spiega, consci del disastro che ne sta uscendo, perché questa insistenza di voler fare il 4° e 3° binario sul tracciato esistente già di per sé saturo, e non fare invece una nuova ferrovia in un’area meno urbanizzata.
Risultato che ogni Comune si è presentato alla Conferenza con le proprie proposte e richieste: che dire, ancora una volta ha vinto il localismo e il particolarismo.
E in questa atmosfera di rassegnazione generale non ci si può neanche consolare con le lotte, promesse, dei Comitati sorti per far cambiare il progetto a Italferr.
Sperando di fare cosa utile per chi ci legge, riportiamo in modo molto stringato le posizioni dei Comuni riprese dai rispettivi siti comunali.
Per Legnano, invece, vedere integralmente il dossier preparato dai tecnici comunali che hanno fatto del loro meglio per rappresentare le esigenze della nostra comunità.

Comune di Rho, amm.ne centro-destra: nessuna osservazione di merito al progetto.

Comune di Pregnana Milanese, amm.ne centro-sinistra: no al 4° binario, in subordine opere di compensazione (2 pagine di osservazioni).

Comune di Pogliano Milanese, amm.ne lista civica centro-destra: chiede lo spostamento del tracciato per evitare l'abbattimento di case, e opere di compensazione (21 pagine di osservazioni).

Comune di Vanzago, amm.ne centro-sinistra: no al 4° binario ed interramento da Vanzago a Legnano, in subordine opere di compensazione (44 pagine di osservazioni).

Comune di Nerviano, amm.ne centro-sinistra: nessuna osservazione di merito al progetto, si chiede parcheggio scambio gomma-ferro per la nuova stazione.

Comune di Parabiago, amm.ne lista civica centro-destra: nessuna osservazione di merito al progetto, si chiedono opere di compensazione e soldi per indennizzi.

Comune di Canegrate, amm.ne centro-sinistra: nessuna osservazione di merito al progetto si chiedono opere di compensazione (3 pagine di osservazioni).

Comune di Legnano, amm.ne centro-destra: vedi dossier allegato (12 pagine di osservazioni).

Comune di Busto Arsizio, amm.ne centro-destra: nessuna osservazione di merito al progetto.

Comune di Gallarate, amm.ne centro-destra: nessuna osservazione di merito al progetto.

lunedì 5 ottobre 2009

Legnano ha bisogno di trasparenza, molta trasparenza

di Giuseppe Marazzini
05.10.2009


Consiglio comunale del 29 settembre 2009.
….”toglieremo i nomi delle imprese dagli atti amministrativi…, basta con questa solfa sulla trasparenza, è ora di finirla con questa storia…” , più o meno sono queste le parole del Sindaco, palesemente irritato, rispondendo alla interrogazione sul caso dei 48 alloggi ad edilizia convenzionata da realizzarsi in via delle Palme a Legnano, presentata dal sottoscritto a nome del Gruppo Sinistra ed Ecologisti Legnanesi.
Il vice sindaco della Lega, invece, definiva la mia interrogazione “maliziosa” e non “propositiva” perché le imprese per poter partecipare ai bandi pubblici devono comprovare di essere in possesso di tutti i requisiti di legge, sottolineando con enfasi il fatidico certificato “antimafia” sventolato quale antidoto a qualsiasi intrusione illecita (sic!).
Nella interrogazione si chiedeva se era intenzione della pubblica amministrazione di intervenire presso la Guardia di Finanza per valutare l’affidabilità dell’impresa Vinco srl, perché alcuni giorni prima sul quotidiano “Libero” era apparso un primo elenco di “furboni” titolari di presunti fondi illeciti all’estero e che tra questi apparivano diversi nomi che potrebbero essere messi in relazione con l’impresa Vinco srl.
La Vinco srl risulta essere l’unica partecipante al bando regionale riguardante la realizzazione dei 48 alloggi ad edilizia convenzionata previsti per Legnano, si tratta di un piano regionale finanziato per 22 milioni di euro.
È evidente che la nostra amministrazione comunale confonde, in buona fede o in mala fede, non lo so, la correttezza degli atti amministrativi con la trasparenza dell’essere di una impresa e dei suoi titolari.
Da quando la logica privatistica ha preso il soppravvento nelle decisioni più importanti nelle pubbliche amministrazioni la trasparenza, intesa come pratica di coerenza tra le procedure di legge e l’eticità del committente, è fortemente compromessa.
Il recupero della ex Cantoni ne è un esempio.
L’iter procedurale è stato complesso, lungo e laborioso: tavoli istituzionali di concertazione, verifiche tecniche, valutazioni ambientali, conferenze dei servizi, delibere regionali e comunali, varianti in corso d’opera e tanto altro; un lavoro immenso durato anni che la pubblica amministrazione ha condotto seguendo le regole procedurali e conformi alla legge.
Però se arrivano segnali che, dopo tutto questo lavoro improntato alla correttezza procedurale quanto realizzato viene asservito ad un mercato immobiliare distorto e speculativo, non viene il sospetto o quasi la certezza che le istituzioni sono state utilizzate per fini non nobili?
Qualcuno dirà che è sempre stato così, ma questo non giustifica che si debba continuare nello stesso modo.
È mia convinzione che la pubblica amministrazione debba articolare una forte vigilanza istituzionale sulle opere realizzate con la prassi della concertazione fra pubblico e privato. Fare ciò, io credo, farà bene all’economia.

mercoledì 23 settembre 2009

Vitali! Bye, bye

di Giuseppe Marazzini
23.9.2009


Vitali! Bye, bye. Il feeling, se mai c’è stato, fra la maggioranza dei legnanesi e il Sindaco si sta logorando e i segnali sono sempre più marcati.
I cittadini del centro città sono inviperiti per le nuove regole di utilizzo dei parcheggi; in pochi giorni sono state raccolte oltre 600 firme con la richiesta di modifiche sostanziali al piano parcheggi. Qualche concessione è arrivata, ma niente di che… .
Altri cittadini sono furiosi perché hanno saputo, al rientro delle ferie, che la loro casa o il loro giardino verranno espropriati per la posa del terzo binario FFSS.
È da diversi anni che si discute del terzo binario ma l’Amministrazione non ha mai esercitato una vera azione di controllo nei confronti degli enti competenti e non ha mai dato informazioni sulla vicenda. Ora si cerca di correre ai ripari ma è troppo tardi e i cittadini, sperando in un miracolo, si sentono traditi dal Sindaco di Oltrestazione.
Se a questo aggiungiamo altri flop che il Sindaco sta collezionando, la situazione politica è quanto mai precaria:

*** La cartolarizzazione dei beni comunali. Un errore madornale, non sta dando i frutti sperati dalla giunta Vitali-Fratus e la cessione del terreno adiacente alla chiesetta di Ponzella l’opinione pubblica non l’ha digerita.
*** Il pasticcio del bocciodromo di via Lodi. Dopo le gare di appalto andate a vuoto si chiede aiuto ad Amga, poi riappare di nuovo il privato e quindi vai a capire cosa sta succedendo, ma si comprende l’imbarazzo di Amga.
*** La sistemazione di viale Sabotino. In cambio di migliaia di metri cubi a destinazione commerciale e residenziale, è destinata al rinvio sine die, infatti il privato impegnato in tale opera è evaporato nel nulla. Ora chi si farà carico della sistemazione di viale Sabotino? il Comune o si aspetterà un’altro privato?
*** Il Contratto di Quartiere a Mazzafame. Uno dei fiori all’occhiello dell’amministrazione sta proseguendo a singhiozzo.
*** Siamo vicini all’apertura del nuovo ospedale (primavera 2010) ma opere stradali per una viabilità scorrevole e sicura non se ne vedono.
*** Le manovre attorno al vecchio ospedale sono sempre in corso. Il Sindaco dice di non sapere nulla ma dopo la vicenda del terzo binario gli si può credere?
*** Permane la questione morale. Un noto e chiacchierato costruttore legnanese figura tra i presunti “furboni” con fondi illeciti all’estero pubblicati dal quotidiano “Libero” il 13 settembre.

Ma se la popolarità del Sindaco non gode di una buona salute anche la Lega cittadina è sotto tiro; la corsa di Fratus dal ministro Castelli non è solo per motivi tecnici ma è il tentativo di recuperare le figuracce fatte con i cittadini di via Volturno.
La Lega si sta rendendo conto che il rapporto con il proprio elettorato si sta sfilacciando, ma se non si sgancia da Vitali le andrà sempre peggio.
A che serve avere un grande consenso se poi si è incapaci di governare e risolvere i problemi dei cittadini e della città!

sabato 5 settembre 2009

Terzo binario, quando si fa demagogia

di Giuseppe Marazzini
5.9.2009


Ho letto su “Legnanonews” la presa di posizione di Italia dei Valori e di Insieme per Legnano in merito alla nota questione del terzo binario e devo dire che non mi sono piaciute affatto.
Primo perché fanno delle affermazioni fuorvianti mentre, invece, sarebbe il caso che le persone che rappresentano queste forze dicano cosa farebbero loro al posto dei cittadini che di punto in bianco si trovano con la casa in procinto di essere demolita.
Secondo perché pur essendo d’accordo sul terzo binario sparano controproposte che non hanno nessun presupposto tecnico-scientifico ma hanno il sapore di pura propaganda elettorale, come se interrare alcuni chilometri di ferrovia, ammesso che lo si faccia, non precluda il fatto che possano essere demoliti degli immobili per ragioni di stabilità.
Il terzo binario è stato chiesto a gran voce dalle forze politiche di destra e di centro sinistra, insieme a Confindustria, quindi chi ha ideato questo intervento, che temo possa diventare un’altra opera inefficace, deve spiegare ai cittadini quali saranno i benefici, se ce ne saranno, che riceveranno
Cosa significa affermare che il terzo binario darà sviluppo infrastrutturale del nostro territorio se non è in grado di rispondere a queste domande: quanti posti di lavoro porterà il terzo binario a Legnano? gli industriali legnanesi useranno la ferrovia per i loro scambi commerciali? I pendolari riceveranno benefici reali? I viaggiatori avranno treni più decenti?
Ai cittadini che stanno difendendo, a ragione, la loro casa bisogna dire la verità e cioè che per difendere le loro causa bisogna mettere in discussione non solo il progetto dal punto di vista tecnico ma la filosofia dominante che porta a questi mega interventi in aree fortemente urbanizzate, e questa volontà da parte della stragrande maggioranza delle forze politiche non c’è.
Se proprio c’è bisogno di far circolare meglio e in modo più razionale le merci sul nostro territorio, nella nostra regione, allora si abbia il coraggio di fare delle ferrovie commerciali nelle zone meno urbanizzate possibile e si lasci perdere il terzo binario.
E poi siamo seri, siamo in Lombardia la regione che compete con le regioni del centro Europa, non si può arrivare con un progetto che prevede l’abbattimento di edifici abitati e ai cittadini penalizzati raccontare che verranno risarciti a prezzi di mercato, si abbia almeno la decenza di presentarsi già con proposte concrete e tangibili che, secondo me, devono essere di molto superiori ai valori di mercato.

martedì 1 settembre 2009

Terzo binario…..a Legnano

di Giuseppe Marazzini
1.9.2009

Arriva il terzo binario. da Rho a Gallarate le istituzioni, pur con qualche leggero mal di pancia, sono entusiasti: finalmente una grande opera che rilancerà la nostra economia e migliorerà le condizioni di viaggio dei pendolari, questo è quello che si sente dire negli ambienti dei gestori del potere politico. Per la verità l’entusiasmo è bipartisan.
Io, e non per fare il solito bastian contrario, ho qualche perplessità che tutto fili liscio, il disastro Malpensa insegna.
Per ora il terzo binario sta portando scompiglio fra gli abitanti di via Volturno, sì perché trovarsi fra capo e collo la casa espropriata al rientro delle vacanze non è per niente simpatico.
L’amministrazione farà anche del suo meglio per spiegare la complessità dell’intervento, ma come convincere i cittadini che la via Volturno non sarà più una strada normale, ma una specie di trincea militare con una barriera artificiale alta parecchi metri che toglierà aria e luce?
I cittadini, a ragione, lamentano i ritardi delle istituzioni preposte, infatti del terzo binario se ne parla da anni, si sono fatte diverse ipotesi, ma nessuno ha agito preventivamente coinvolgendo i cittadini interessati per individuare le soluzioni più opportune.
È magra soddisfazione, se non un amara presa in giro, sapere che si possono presentare entro la fine di settembre eventuali osservazioni all’Italferr, dopo che il mese di agosto è stato mangiato dall’inefficienza amministrativa da parte di Governo, Regione e Comune.
Io penso che il cittadino non debba essere penalizzato da questo intervento, non solo deve essere risarcito usando come metro di misura i valori di mercato, ma deve ottenere un congruo risarcimento sia per quanto attiene i disagi che dovrà affrontare (ricerca nuova abitazione e/o attività commerciali), sia in rapporto al suo vivere quotidiano (relazioni sociali e servizi) e sia per quanto attiene alla sua attività lavorativa.
È troppo comodo dire: verrà trasferito in un’altra parte della città e lì potrà riaprire il suo negozio.Il buon senso vuole che i cittadini si organizzino per tentare di far modificare il tracciato previsto dalla Italferr e nel caso, di ottenere il riconoscimento di un risarcimento che tenga conto anche di tutti gli indicatori della qualità della vita.

giovedì 27 agosto 2009

Legnano allo specchio - Pgt, traffico, servizi sociali: i nodi da affrontare per una Legnano vivibile

Cantiere area Cantoni, anno 2007 - copyright fotoPiErre


Crespi, Forte e Marazzini, esponenti delle minoranze consiliari, sottolineano gli aspetti problematici dell’amministrazione locale. Dopo le vacanze il dibattito politico potrebbe concentrarsi su alcuni nodi prioritari, dall’urbanistica alla qualità della vita.

Tempo di vacanze, tempo di bilanci. Cosa funziona e cosa non va in città? Quali sono le priorità amministrative da af­frontare subito dopo la pau­sa estiva? Polis Legnano ha voluto fare “un giro di con­sultazioni” tra alcuni espo­nenti delle minoranze consi­liari; nel prossimo numero la parola spetterà alla maggio­ranza. Ecco il parere di Sal­vatore Forte (Pd), Franco Crespi (Insieme per Legna­no) e Giuseppe Marazzini (Sinistra ed ecologisti legna­nesi). Emergono talune questioni ricorrenti da affron­tare: Pgt e urbanistica; i costi sempre più elevati del vivere in città (rette, tariffe, par­cheggi); i servizi sociali; la scarsa partecipazione.

La Legnano che verrà. L’elaborazione del Pgt do­vrebbe rappresentare un ter­reno di dibattito, che si an­nuncia aspro, nel prossimo autunno/inverno. Salvatore Forte precisa: «Da esso di­penderà cosa sarà Legnano nei prossimi 20 anni; da es­so dipenderà la viabilità (stiamo cercando di capire cosa succede al traffico in centro dopo la rivoluzione di Corso Italia, l’apertura della Galleria Cantoni e il nuovo regolamento della sosta); da esso dipenderà l’uso o l’abuso della zona del vec­chio ospedale; da esso di­penderà lo stop alla cementi­ficazione eccessiva (penso al prossimo intervento sull’area Bernocchi)».

Anche Insieme per Legnano punta la sua attenzione sul tema urbanistico. Franco Crespi conferma: «Per i prossimi mesi gli argomenti che l’amministrazione co­munale dovrà affrontare so­no soprattutto due: il Pgt e la destinazione del vecchio o­spedale. Su questi argomen­ti ricordiamo prima di tutto che stiamo parlando di que­stioni strettamente legate fra di loro, che rappresentano due grandi occasioni per il futuro di Legnano. Col Pgt proponiamo che si provveda a limitare la costruzione di nuove case, a mettere a di­sposizione dell’housing so­ciale quelle invendute con accordi con i proprietari, a rilanciare le attività produtti­ve, a elaborare un piano dei servizi e quello della viabili­tà». Tutto ciò «per rimediare ai difetti di una città troppo abitata, con troppo traffico e un inquinamento troppo ele­vato. Una città che è anche carente di servizi».

Sull’area del vecchio ospedale Crespi afferma: «Proponiamo che si colga l’occasione per venire incontro alle esigenze di as­sistenza alla cronicità sem­pre più evidente sul nostro territorio, dare una nuova sede all’AsI, attivare servizi poliambulatoriali e socio-as­sistenziali complementari al­la degenza, realizzare strut­ture formative nell’area sanitaria e sociale e servizi ai parenti dei degenti, come ri­storazione e albergo».

Chi comanda in città. Parte da una notizia «apparente­mente poco rilevante» Giuseppe Marazzini. «In vista delle “passeggiate nei quar­tieri” che sono state promos­se dalla Giunta per toccare con mano la realtà legnane­se prima delle decisioni ri­guardanti il Piano territoriale, le contrade saranno le prime a “visitare” la città assieme alle parti politiche e alle con­sulte territoriali». Ovvero «esse sono state elevate a ruolo di conoscitori del territorio, stando alle premesse dell’assessore all’Urbanistica. È chiaro che le contrade possono partecipare a mo­menti come questi, pur non avendo specifiche creden­ziali in merito. Ma devono partecipare anche comitati di quartiere, associazioni di vo­lontariato, soggetti portatori di interessi fra quelli che da anni hanno reale attenzione al territorio. Questi invece saranno (forse) sentiti in un secondo momento e ciò la­scia perplessi sulla oggettivi­tà del documento di piano e sulle modalità di procedere della Giunta».

Al di là delle questioni meto­dologiche, secondo Maraz­zini la preparazione del do­cumento di piano «non farà che rappresentare lo stato di fatto dell’urbanizzazione di Legnano». A suo avviso, es­sendo il territorio già «pe­santemente segnato da quanto realizzato sinora» e dovendo “piegare il capo” a piani integrati o accordi di programma «quali ad esem­pio l’iper nell’Oltrestazione e l’area del vecchio ospedale» ci sarà poco margine di ma­novra. «Ciò lascia pensare a una programmazione depo­tenziata e con pochi spazi per la partecipazione che abbia la possibilità di incide­re sui cambiamenti futuri del­la città».

Il Pgt è «condizio­nato dalla volontà degli ope­ratori economici. Facciamo ancora l’esempio dell’iper: se il piano integrato di inter­vento che oggi riguarda via Liguria si realizza, allora si valorizzerà, come da accor­di, viale Sabotino, si faranno la tangenziale di collega­mento via Novara—Sp12 e altre opere collaterali; altri­menti tali opere non potran­no essere realizzate. Questa è la dimostrazione di come si sono ribaltati i ruoli: non è più il Comune che ha “il pal­lino in mano”, ma tutto è demandato alla volontà e all’iniziativa dell’operatore economico o commerciale».

Marazzini sottolinea che il sindaco Vitali e l’assessore all’Urbanistica Fratus «ave­vano affermato in un incon­tro pubblico nel quartiere San Paolo di essere contrari al progetto-lper, ma nello stesso tempo si infilano in una strada senza uscita».
Le mani nelle tasche. Af­ferma Salvatore Forte: «Nell’ultimo Consiglio comu­nale la maggioranza ha ap­provato la nuova disciplina della sosta aumentando le tariffe orarie fino al 50 per cento in più e allungando il tempo a pagamento fino alle 24 ore al giorno. Andare al cinema costerà più caro, do­vendo aggiungere al prezzo del biglietto quello della so­sta, così come costerà di più un gelato consumato di sera, o anche andare alle messe domenicali nelle chiese del centro.

Questa nuova tassa­zione si aggiunge al fatto che quest’anno le famiglie che mandano i bambini ai centri estivi stanno pagando molto di più di quello che pagavano negli scorsi anni e che gli ambulanti si sono vi­sti raddoppiare la tassa di occupazione del suolo pub­blico. Potrei continuare su questa strada... Il nostro è un dissenso totale a una po­litica che da una parte, a mo’ di spot, dice che non mette le mani nelle tasche dei le­gnanesi, ma che dall’altra invece le mette eccome, colpendo al solito le fasce meno abbienti». Ma il dis­senso basta? «Tutt’altro — replica l’esponente del Parti­to democratico —. Il dissenso non è sufficiente, lo sforzo nostro deve essere quello di incidere nei meccanismi de­cisionali per far sì che anche le ragioni di una minoranza ancora abbastanza ampia possano trovare tempo e modi di espressione».

Il problema della mobilità. Sul tema della mobilità torna Giuseppe Marazzini, richia­mando la necessità di pro­grammare. Si sofferma sul problema del traffico entro e fuori i confini cittadini: «Per i collegamenti tra i comuni occorre una programmazio­ne di area vasta, che com­prenda Legnano, i paesi cir­convicini, il basso Varesotto, agendo sia sul versante del­le infrastrutture, della rete stradale ma più ancora sui collegamenti mediante mez­zi pubblici. Bus efficienti e metro leggero possono es­sere realizzati solo grazie a un accordo ampio, che miri a rendere più snello il traffico e più vivibile la nostra e le città vicine».

La riflessione sui mezzi pubblici vale anche per la mobilità interna alla città, che si complicherà alla ripresa delle scuole e alla riapertura di fabbriche e uffi­ci, vista la concentrazione di esercizi e centri commerciali e nuove residenze nel centro della città.
Nodi al pettine. «Noi siamo convinti — riprende Forte — che una delle molte azioni immediatamente da intra­prendere per migliorare Le­gnano sia quella di attivare un serio lavoro di coinvolgi­mento della città per riabi­tuarla alla partecipazione at­tiva, al confronto al di là del­le proprie convinzioni, all’ascolto dell’altro e allo sfor­zo per trovare, ove possibile, una sintesi che non sia di parte ma sia della città inte­ra».

L’esponente del Pd e­numera una serie di azioni svolte per dar voce ai citta­dini, fra cui il questionario (800 risposte) sul Pgt e la sua presentazione con dibat­tito, l’incontro sul welfare, quelli sull’assistenza agli an­ziani e sui servizi sociali, quello sulla scuola.
Anche Franco Crespi auspi­ca maggiore partecipazione alla vita democratica e chie­de «la massima disponibilità da parte della Giunta ad a­prirsi all’ascolto di tutte le forze politiche, anche quelle non presenti in Consiglio, e a tutte le forze sociali più rappresentative della città».

GIANNI BORSA - Polis Legnano luglio - agosto 2009

Un po' di storia personale ...

Sono nato a Parabiago il 6 gennaio 1948, i miei genitori erano calzolai e gestivano, insieme ad altri tre soci, un piccolo laboratorio artigianale per la produzione di scarpe per donna.
Lavoravano molto, in condizioni disagiate, per guadagni scarsi ed incerti.

I primi diciotto anni li ho trascorsi nella stesso luogo, una casa a ringhiera con cortile sita in via 4 Novembre al numero civico 120, vicinissimo alla ferrovia ed al principale passaggio livello del paese.

Sulla via 4 Novembre non mancava nulla: c’era la scuola elementare A. Manzoni, ancora funzionante, il circolo Umberto I° detto il "circolino", alcuni negozi di generi alimentari, la latteria, il bar S. Anna, il giornalaio, la cappella di S. Anna, la filatura dell’Unione Manifatture di Parabiago e la caserma dei carabinieri.

Da piccolo e poi da ragazzo ho trascorso il mio tempo libero fra le colonie marine, l’oratorio, i giochi sulla ferrovia, i bagni nel canale Villoresi, facendo judo ed infine il servizio militare.
Dopo un periodo fra Cislago e Castellanza, nel 1978 sono venuto ad abitare a Legnano nel rione Canazza, dove tutt’ora risiedo.

Al termine della ferma militare ho ripreso gli studi e mi sono diplomato geometra all’Istituto Carlo Dell’Acqua facendo lo studente lavoratore.
Negli anni successivi ho frequentato l’università seguendo un piano di studi di indirizzo storico-politico, sostenendo 16 prove d’esame sui 23 allora richiesti.

La mia formazione politica non è avvenuta nelle scuole di partito ma in fabbrica ed è iniziata nel momento in cui si dava corso all’applicazione dello Statuto dei Lavoratori (maggio 1970), infatti proprio in quel frangente fui eletto delegato del primo consiglio di fabbrica della Montedison di Castellanza, ero uno dei più giovani delegati eletti in Italia.

L’esperienza e la conoscenza acquisita in fabbrica mi ha permesso di maturare un’ampia formazione in materia di tutela e prevenzione della salute sui luoghi di lavoro e sul territorio, non che in materia di diritti sindacali.

A ciò va aggiunto l’impegno e l’interesse per la ricerca storica e sociale delle classi subalterne che mi ha dato l’occasione non solo di conoscere molte realtà in lotta per l’affermazione della giustizia sociale ma di raccogliere una nutrita documentazione a testimonianza delle loro lotte.
Sono in pensione dal 2001 dopo quasi 38 anni di lavoro dipendente, di cui 5 alla Pensotti Mario di via XXIX Maggio e più di 30 alla Montedison di Castellanza.