domenica 22 novembre 2009

“QUANDO IL LAVORO UCCIDE”

“QUANDO IL LAVORO UCCIDE”
(scheda preparata da Giuseppe Marazzini di Medicina Democratica)

OMICIDI “BIANCHI” O OMICIDI DEL LAVORO. SOLO QUESTIONE DI TERMINI?
All’interno del movimento operaio a partire dagli anni ‘60 si è diffuso il termine omicidi del lavoro per indicare con nettezza la responsabilità diretta dei sistemi di produzione. Negli ultimi anni sulla stampa e in generale il linguaggio dei media, linguaggio assimilato anche all’interno del movimento operaio e sindacale, per definire il fenomeno sono stati utilizzati i termini morti bianche e omicidi bianchi dove l’uso dell’aggettivo “bianco” allude all’assenza di una mano direttamente responsabile degli eventi infortunistici in particolare quelli mortali. Il modus operandi della nostra società è quello di veicolare nell’opinione pubblica che gli eventi mortali sui luoghi di lavoro avvengono per fatalità o per un destino infame, nella stragrande maggioranza dei casi, invece, si è riusciti a dimostrare una diretta responsabilità aziendale.

……”UNA LUNGA E INTERMINABILE SCIA DI MORTI ”…...Alle 20.00 di oggi 13 novembre 2009 gli omicidi del lavoro sono 912.

MORTI SUL LAVORO NEGLI ANNI PRECEDENTI.
1997 (1392, in itinere 104, con una percentuale del 7,5%)
1998 (1442, in itinere 104, con una percentuale del 7,2%)
1999 (1393, in itinere 102, con una percentuale del 7,3%)
2000 (1401, in itinere 53, con una percentuale del 3,8%)
2001 (1546, in itinere 296, con una percentuale del 19.1%)
2002 (1478, in itinere 396, con una percentuale del 26,8%)
2003 (1445, in itinere 358, con una percentuale del 24,8%)
2004 (1328, in itinere 305, con una percentuale del 23%)
2005 (1280, in itinere 279, con una percentuale del 21,8%)
2006 (1341, in itinere 266, con una percentuale del 19,8%)
2007 (1207, in itinere 304, con una percentuale del 24,8%)
2008 (1120, in itinere 276, con una percentuale del 24,6%)
(dati elaborati su fonte INAIL, da questo calcolo sono escluse le morti da imputare al lavoro sommerso e/o in “nero”.
Nel 2006 l’INAIL ha stimato circa 175 mila infortuni “invisibili”)

PRINCIPALI LEGGI E NORME IN VIGORE NEL PERIODO PRESO IN CONSIDERAZIONE:
Costituzione della Repubblica. Artt. 32, 1° comma (tutela della salute, come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività); 41 (l’attività economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza); 42, 2° comma (funzione sociale della produzione); 46 (elevazione economica e sociale del lavoro).
D.P.R. del 27.4.1955 n.547; D.P.R. del 19.3.1956 n.303.

Statuto dei Lavoratori (legge 20.5.1970 n.300). Art. 9 “I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.

Decreto legislativo 626/1994, la cosidetta “626”.

Decreto legislativo del 9 aprile 2008 n.81 (governo Prodi), integrato e corretto con decreto legislativo n.106 del 3.8.2009 (governo Berlusconi).

In merito alle modifiche apportate al decreto n.81 dal governo Berlusconi, si riporta un sintetica valutazione del senatore del PD Casson (già Pubblico Ministero nel processo Eni-Montedison per la morte di decine di operai esposti al CLORURO DI VINILE presso gli impianti di Porto Marghera. Nel processo Medicina Democratica si era costituita parte civile): “È aberrante lo svuotamento, o meglio l’azzeramento, delle responsabilità del datore di lavoro anche in presenza di una sua condotta omissiva. Ciò significa il venir meno per i datori di lavoro del ruolo di garanti della vita e della incolumità fisica dei lavoratori, nonché l’obbligo di controllo e del dovere di vigilanza fino a questo momento mai messi in discussione”.

Nella storia del movimento operaio italiano ed internazionale si riscontrano decine e decine di eventi infortunistici che hanno causato la morte di molti operai, eccone alcuni:
- Traforo del Freyus, 1857-1871 (200 morti)
- Disastro minerario di Monongah (USA), 6.12.1907 (350 morti di cui 171 italiani)
- Traforo del Sempione, 1879-1906 (106 morti)
- Disastro minerario di Dawson (USA), 21.10.1913 (263 morti di cui 141 italiani)
- Sempre a Dawson, 8.12.1923 (123 morti di cui 20 italiani)
- Disastro minerario di Marcinelle (Belgio), 8.8.1951 (262 morti di cui 136 italiani)
- Disastro minerario di Ribolla (Italia-Toscana), 4.5.1954 (43 morti)
- Traforo del S.Gottardo, 1970-1980 (19 morti fra italiani, turchi e austriaci)
- Cantieri navali di Ravenna, 13.3.1987 (13 morti)
- Caivano (Napoli), 13.4.2003 scoppio di un serbatoio di azoto (4 morti)
- Campello sul Clitunno (Perugia), 25.11.2006 scoppio di un serbatoi (4 morti)
- Fossano (Cuneo), 16.7.2007 scoppio di un silos (5 morti)
- Torino, 5.12.2007 incendio alla ThyssenKrupp (7 morti)
- Molfetta (Bari), 4.3.2008 esalazioni tossiche da autocisterna (5 morti)

Chi lavora in fabbrica, nei cantieri navali, nei cantieri edili, nell’agricoltura, nei laboratori, nei trasporti, nella sanità od impegnato in altre attività lavorative subordinate o artigianali, non muore esclusivamente per eventi infortunistici violenti; molti lavoratrici e lavoratori muoiono a causa delle malattie professionali.

Nel mese di ottobre 2009, in occasione del suo 60esimo anniversario l’INAS-CISL - secondo una sua stima – ha denunciato che i morti sul lavoro in Italia sarebbero 10.000 ogni anno. “I dati ufficiali sono sotto stimati perché non si considerano gli effetti delle malattie professionali”. Sempre secondo l’INAS , sono “oltre 300 mila i lavoratori a rischio cancro in molte produzioni, soprattutto nelle costruzioni…” secondo il patronato della CISL , “ai 1200 morti denunciati quest’anno nel rapporto INAIL se ne aggiungono altri 8800 circa non evidenziati. Queste cifre sono difficilmente contestabili” e rappresentano “una stima abbastanza generosa”, ha affermato il presidente dell’INAS-CISL, Antonio Sorgi.

IL DISASTRO AMIANTO E’ LA NOSTRA BHOPAL (Il disastro di Bhopal avviene nel 1984, è stato, finora, il più grave incidente chimico-industriale della storia, fu causato dalla fuga di 40 tonnellate di isocianato di metile (MIC), prodotto dalla Union Carbide, azienda multinazionale americana produttrice di pesticidi localizzata nel cuore della città di Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh. Il rilascio di isocianato di metile, iniziato poco dopo la mezzanotte del 2 dicembre 1984, ha ucciso, secondo le autorità locali 1754 persone, ma fonti non governative hanno calcolato più di 10.000 morti. Da 150.000 a 600.000 le persone avvelenate).
Oltre 3 mila morti all’anno solo in Italia (120 mila nel mondo, di cui 44 mila per mesotelioma pleurico e gli altri per tumore polmonare), 32 milioni di tonnellate di materiale tossico sparso sul territorio nazionale, patologie che continueranno a colpire e provocheranno vittime almeno sino al 2020-2025, considerando che la malattie legate all’amianto hanno un periodo di latenza anche di trenta e più anni e che, quindi, gli esposti continueranno ad ammalarsi e le morti ad aumentare.

Ad aprile di quest’anno, a Torino, si è aperto il processo contro la Eternit, la multinazionale è accusata di disastro colposo. I lavoratori uccisi dall’amianto negli stabilimenti italiani della Eternit, dal 1983 ad oggi, sono 2.889.
L’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 uno dei maggiori Paesi produttori e importatori di amianto. Dal secondo dopoguerra alla messa al bando del 1992 sono state utilizzate più di 20 milioni di tonnellate del materiale, soprattutto nelle attività di coibentazione e della produzione di manufatti in cemento-amianto.

Intanto si scoprono altre realtà colpite dall’amianto-killer. Recentemente a Crotone otto dirigenti della Montecatini Edison sono stati incriminati dalla Procura per omicidio colposo di 7 operai, con l’aggravante della colpa cosciente.
Sono morti di tumore non solo gli operai che lavoravano in fabbrica, ma anche le mogli che lavavano le loro tute blu, intrise di polveri d’amianto.

45 MILIARDI DI EURO I COSTI DOVUTI PER LA MANCATA PREVENZIONE
In occasione del suo 72° congresso che si terrà a Firenze il 25-28 novembre 2009, la Società italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale ( SIMLII) ha emesso il seguente comunicato stampa:
“Nel nostro Paese, gli infortuni rappresentano certamente il problema più eclatante e drammatico, ma l’attività lavorativa può comportare anche altri pericoli per la salute.
Si tratta di malattie professionali, che magari rimangono nascoste per anni, per le quali è difficile risalire alla vera causa, oppure che sono classificate secondo criteri diversi. Il lavoro stesso si trasforma continuamente, cambiano gli ambienti e l’organizzazione, le materie prime e i materiali usati e, di conseguenza, i rischi e le malattie professionali.
Sempre di più, patologie tradizionali coesistono con patologie emergenti.
Pensiamo alle patologie da movimentazione manuale dei carichi, oppure da vibrazioni o da movimenti ripetitivi dall’arto superiore, ai tumori professionali, al rapporto tra qualità dell’aria interna nei luoghi di lavoro e salute, allo stress correlato al lavoro, probabilmente destinato ad aumentare con la globalizzazione dell’economia che sta modificando profondamente l’organizzazione del lavoro e richiede una flessibilità maggiore.”………………
“La situazione è critica per un Paese industrializzato come il nostro – afferma il presidente della SIMLII Giuseppe Abbritti, Professore Ordinario, Direttore della scuola di specializzazione di Medicina del Lavoro dell’Università di Perugia – le cifre ufficiali degli infortuni e malattie professionali, se pur molto preoccupanti, potrebbero addirittura peccare per difetto, perché il lavoro illegale è da noi purtroppo ancora molto diffuso. Si stima che la mancata prevenzione di tutte le patologie causate dal lavoro costi ogni anno circa 45 miliardi di euro
”.

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