venerdì 27 ottobre 2017

DICIAMO NO ALLA COMMERCIALIZZAZIONE DELLA SALUTE

di Giuseppe Marazzini
27.10.2017

La riforma lombarda della sanità è un frullato di vecchie idee, norme e tecnicismi tali da renderla incomprensibile. E' un altro colpo per depotenziare la sanità pubblica a favore di quella privata. 

La presa in carico del malato cronico da un "gestore" è una idea assurda che, oltre a favorire un lucroso business per i privati, introduce elementi discriminanti fra le persone sofferenti. Infatti Regione Lombardia darà a tutti i malati cronici uno standard minimo di cure, oltre il quale i malati dovranno arrangiarsi e nell'arrangiarsi sicuramente succederà di tutto e di più. 

Per fortuna ci sono associazioni e medici che non ci stanno.


venerdì 20 ottobre 2017

UNA DELLE RESPONSABILITÀ DEI SINDACI: IL CONTROLLO ANALOGO

di Giuseppe Marazzini
20.10.2017

Su Amga pare si sia abbattuto un uragano.
Nelle ultime settimane la stampa, vedi la Prealpina e il Giorno, ha dedicato non poco spazio nel raccontare le “disattenzioni” di Amga; articoli graffianti, richiami ad “assunzioni pilotate”, “consulenze d’oro”, “selezione imbarazzante”, e via dicendo.

Mi sono chiesto ma sarà vero oppure è una pasquinata?! eppure i giornali hanno scritto che il dossier ricevuto dal Sindaco, sia pur anonimo, contiene segnalazioni ben circostanziate per fatti avvenuti prima della attuale amministrazione comunale.

C’è comunque da rimanere sconcertati, dopo che tutti, o quasi tutti (e qui mi riferisco al passato consiglio comunale), avevano dato il loro plauso al nuovo corso moralizzatore, visti gli esiti di fine mandato con ex responsabili Amga davanti a giudici.

E via si parte con il controllo analogo, lo strumento con cui i soci sindaci di una società partecipata possono controllare ogni cosa come se fosse la cucina del proprio ristorante e volendo, anche quella di limitare i compiti dello chef di turno. Eppure, se allo chef gli si affida tutta la gestione, il risultato è scontato, sarà lui il vero padrone del ristorante.

Nel caso in questione il nuovo Sindaco di Legnano, socio maggioritario della società Amga, ha convocato il Comitato di Controllo e ha sotto posto alla dirigenza della società il dossier ricevuto con richiesta di ottenere delucidazioni in merito. Il sindaco non poteva esimersi dal fare altrimenti.

Il controllo analogo è uno strumento utilissimo ed efficace se usato con scrupolosità ed oggettività, ma se il suo utilizzo diventa uno strumento di asservimento politico per esaltare un modello gestionale a scapito di un altro, allora sono disastri.

Il controllo analogo venne introdotto in Amga, come in altre società partecipate, cinque anni fa dai moralizzatori, scelta che non venne ostacolata al contrario, fu letta come esercizio di alta vigilanza sulla Società.

E in effetti il punto più alto venne raggiunto con la modifica dello statuto della Società introducendo con l’art. 24 i criteri di incompatibilità delle cariche societarie, articolo ritenuto troppo vincolante tanto che alcuni Comuni soci hanno già deciso la sua cancellazione. Ci provò anche il comune di Legnano prima delle elezioni amministrative, ma con l’opposizione di M5S e Sinistra Legnanese si bloccò tutto.

Ma torniamo al dossier. E’ logico supporre che se le segnalazioni dovessero trovare riscontro, anche solo in parte, starebbero a significare che chi ha esercitato il controllo analogo negli ultimi cinque anni ha solo preso atto di report e quant’altro senza verificare se nelle celle frigorifere e nella dispensa del proprio ristorante tutto era realmente a posto.

È risaputo che ogni spreco di denaro pubblico, oltre ad essere punito dalla legge, ha ricadute impositive sui cittadini, quindi chi ha la responsabilità del controllo analogo deve avere a mio avviso il massimo scrupolo di accertare e verificare lo spreco anche se si trattasse di un solo caffè o una tartina.


Approfondimenti:

giovedì 19 ottobre 2017

REFERENDUM: UN INCIAMPO?

Giuseppe Marazzini
19.10.2017

REFERENDUM: IL SELFIE DI MARONI 
Una brutta inutile pagina di politica autoreferenziale
 

Come dice Michele Serra nella sua Amaca di sabato scorso a proposito delle prossime elezioni politiche, anch’io, ma per il Referendum regionale, non so come votare. Sopratutto perché le ragioni del NO non ci sono né sulla scheda né in qualche altro documento politico che non sia della sinistra-sinistra che mi è simpatica ma che non riesce a trovare un linguaggio comune per pesare realmente. Dopo che alcuni esponenti del Pd, Sala e Gori in prima fila, si sono schierati a favore del SÌ il mio disorientamento è totale. Tutti d’accordo allora? Politica a geometria variabile? L’unica cosa che sento continuamente dire è che spendere 53 milioni per il selfie di Maroni, di questo si tratta alla fine, è pura follia. Il vero quesito, se fosse possibile rifare subito dopo un nuovo referendum sarebbe questo: “Volete voi spendere 53 milioni per confermare una richiesta al Governo sulla quale siete già tutti d’accordo?” 

Prima di fare quattro chiacchiere sulle mie perplessità, cerco di ricordare quando l’atteggiamento di alcuni uomini del Pd, prima fortemente ostile al referendum, abbia fatto ufficialmente una conversione a U. Probabilmente quando si sono accorti che la loro opposizione non sarebbe stata capace di fermare la macchina da guerra di Maroni che ha approfittato, come tutti, di un vuoto normativo della legge dello Stato e di quella regionale che andrebbe colmato pressappoco così: ”i quesiti referendari devono contenere oltre le ragioni dei proponenti anche le ragioni degli eventuali dissidenti”. Ho detto la stessa cosa a proposito del referendum sui Navigli. Oggi si possono fare referendum a esito certo, inutili e soprattutto costosi, perché non esiste un’autorità che ne limiti l’uso, ragionevolmente, soprattutto a fronte di spese ingenti. 

Tornando al Pd, il Partito senza il quale in Italia non si fa nulla come dicono i suoi dirigenti, sul referendum lombardo e più in genere sul tema delle autonomie ha perso la palla e adesso arranca. 

Perplessità personali? Alcune. In fondo sono d’accordo con chi vuole più risorse per la Lombardia, chi non lo sarebbe? Non sono però d’accordo su come la Lombardia utilizzi le risorse che ha già. Per esempio ritengo che un maggior impegno sulla sanità, ossia meno manica larga sui convenzionamenti con i privati, meno manica larga su alcuni finanziamenti tipicamente clientelari, meno corruzione e magari invece più risorse all’edilizia residenziale pubblica, son cose che andrebbero fatte. Ma questo voto a quei fini non serve. Votare NO sperando per quella via di limitare le risorse sprecate è un gioco che non val la candela. 

Allora votare SI seguendo la logica di Gori e Sala, dei socialisti milanesi e di alcuni ex arancioni? Annacquare così il referendum in modo che la Lega di Maroni non possa cantare troppo vittoria perché non potrà distinguere i voti suoi da quelli del Pd. Illusione. 

Mi viene in mente una frase dell’abate Amaury, uno degli artefici della lotta contro i Catari, che durante il massacro dei cittadini di Besier nel 1209, a un soldato che gli chiedeva come distinguere i Catari dagli altri disse “Uccideteli tutti, Dio sceglierà i suoi”. Detto per inciso e tanto per capirci, i Catari non piacevano alla chiesa cattolica, stavano sulle croste a una parte dei nobili e soprattutto alla corona perché una norma locale consentiva di donare alla chiesa catara ingenti beni che venivano sottratti all’erario della corona e dei signori locali e alla chiesa cattolica. Soldi, sempre di soldi alla fine si tratta. 

Ma qui gli dei che dovrebbero riconoscere i “loro” sono almeno due e vedremo le contorsioni degli analisti del voto da entrambe le parti ma la verità non la sapremo mai. 

Restano le altre due possibilità: votare scheda bianca o non andare a votare. Scheda bianca vuol dire: esercito il mio diritto ma non approvo il quesito. Posizione nobile ma solo se le bianche fossero molte vi sarebbe un certo effetto. Purtroppo l’esperienza di tutte le chiamate al voto ci dice che le schede bianche son sempre pochissime. 

Non andare al voto. La mia opzione. Abbassare la percentuale dei votanti per dimostrare che non ci piace essere chiamati a caro prezzo a riti inutili e far sì che il seguito della Lega sia modesto e far capire che questo costosissimo selfie di Maroni è stato una leggerezza “alla romana”, quella Roma che il vecchio Bossi chiamava ladrona. 

Questo referendum comunque ha un rischio di “viralità”. Perché la Città Metropolitana non dovrebbe poter rivendicare con un referendum maggiori entrate dalla Regione e maggior autonomia di competenze ad esempio in materia urbanistica? Perché la stessa cosa non potrebbe farla il Comune di Milano nei confronti dello Stato che per esempio si succhia tutta l’IMU degli edifici di categoria D? (supermercati, grandi magazzini, centri commerciali, negozi di grande superficie). Il Comune la incassa ma la gira per intero allo Stato. Si tratta di milioni di euro. Facciamo un bel referendum dall’esito sicuro? 

Insomma, per finire, queste forme di democrazia diretta stanno imboccando la strada delle cialtronate che sfasciano lo Stato e irridono la democrazia, quella vera. Stupore per il distacco tra eletti ed elettori? 

Luca Beltrami Gadola