domenica 28 settembre 2014

E POI DICONO CHE GLI OPERAI NON ESISTONO PIU’ …

Giuseppe Marazzini
28.09.2014

Anmil Onlus
27/09/2014
Ennesima tragedia sul lavoro: crolla un silos nel Cremonese e muoiono due operai
Due operai sono morti nel crollo di un silos a Bonemerse, nel Cremonese nella tarda serata di ieri, venerdì 26 settembre. Il silos conteneva 700 tonnellate di mais e secondo quanto ricostruito dai carabinieri di Casalmaggiore, i due operai di 48 e 54 anni erano all’interno dell’azienda Ferraroni Mangimi di Bonemerse quando il silos verticale è crollato, seppellendoli. Ennesima strage prevedibile ed evitabile che nello scoprire le cause nulla aggiungerà al commento che sono stragi in cui tutti ci rimettono, chi più chi meno, in un’economia fallimentare nel rispetto dei diritti umani.


TRAGEDIA DI ADRIA: ANCORA MORTI SUL LAVORO IN “AMBIENTI CONFINATI”
di Franco D’Amico – Coordinatore dei servizi statistico-informativi ANMIL
 
La tragica morte di quattro operai nell'incidente sul lavoro in una azienda che si occupa del trattamento dei rifiuti in provincia di Rovigo, riporta in primo piano il problema della tutela dei lavoratori che operano nei cosiddetti “ambienti confinati”, che con drammatica periodicità mietono vittime innocenti in varie parti del Paese.
Con il termine “ambiente confinato” s'intende un luogo circoscritto, totalmente o parzialmente chiuso, che non è stato progettato e costruito per essere occupato da persone, ma che - all’occasione - può essere impegnato per l’esecuzione d'interventi lavorativi (quali l'ispezione, la manutenzione o la riparazione, la pulizia) in cui il pericolo di morte o di infortunio grave è molto elevato, a causa della presenza di sostanze e/o condizioni di pericolo.
Gli spazi confinati (serbatoi, cisterne, vasche di raccolta acque piovane o liquami, silos, stive di imbarcazioni, recipienti, reti fognarie, server farmi, ecc.) sono spesso teatro di incidenti mortali e infortuni gravi, a volte ulteriormente aggravati da un soccorso inadeguato e improvvisato. È normale infatti immaginare che ci sia uno spontaneo moto d’intervento quando si vede un collega in difficoltà, ma la catena di solidarietà umana porta spesso a compiere gesti estremi che, di fatto, non fanno altro che incrementare il numero delle vittime.
Nelle statistiche internazionali, oltre il 50% delle vittime è rappresentato, infatti, dai soccorritori. E questa percentuale è sostanzialmente confermata anche dalla dinamica degli incidenti che si verifica periodicamente nel nostro Paese, compreso quello di Adria.
In merito agli aspetti quantitativi del fenomeno, va detto, che non esistono statistiche ufficiali di dati aggregati su “infortuni in ambienti confinati”, in quanto, secondo la classificazione adottata dall’INAIL, tali infortuni vanno riferiti ai singoli settori di appartenenza, che posso essere tra i più svariati in relazione all’ambiente confinato interessato (agricoltura, cave e miniere, costruzioni, impianti chimici, industriali ecc.).
Esistono tuttavia studi specifici effettuati “ad hoc” sulle varie tragiche vicende che si sono susseguite in questi ultimi anni nel nostro Paese. Tra le più interessanti, una indagine effettuata da alcuni esperti INAIL relativamente agli anni 2005-2010 che, anche se non recentissima, fornisce comunque informazioni utili sulle dimensioni e sulle circostanze determinanti del fenomeno.
Complessivamente, nel periodo 2005-2010 si sono verificati 29 incidenti mortali in ambienti confinati, che hanno causato la morte di 43 lavoratori: ogni episodio ha portato in media alla morte di 1,5 persone.
Si tratta per lo più di incidenti che avvengono all’interno di cisterne, serbatoi o vasche di deposito, dove si sprigionano a volte gas venefici. 
La causa del decesso, infatti, è dovuta in prevalenza alla presenza di gas asfissianti nell’ambiente confinato teatro dell’evento: il 53,5% delle morti avviene per questo motivo; mentre 1/4 dei decessi avviene per caduta traumatica della vittima.
Basandoci su queste statistiche ed anche sui più recenti eventi avvenuti nel Paese, si può affermare che mediamente ogni anno si verificano 5 eventi  che causano la morte di oltre 7 lavoratori.




























Fonte: indagine INAIL anno 2013


26/09/2014
Tragedia a Ravenna. Avevano 35 e 36 anni gli operai morti ieri sera per il crollo del tetto di un capannone
Prima il rumore: il ferro, lo schianto, la polvere dei calcinacci. Poi il silenzio, il dolore, i colleghi che, sotto shock, non hanno potuto fare altro che chiamare i soccorsi. Sotto il tetto che stavano montando su una nuova ala dello stabilimento Madel a Cotignola, nel ravennate, erano rimasti schiacciati i corpi di due operai. Uno, morto sul colpo. L'altro, poco dopo, senza che potesse arrivare all'ospedale. I due uomini, 35 e 36 anni, stavano lavorando su una piattaforma aerea che è stata distrutta dalla caduta del grande oggetto di acciaio e di pannelli prefabbricati che stavano assemblando. Un crollo violento, un volo di 15-20 metri, che avrebbe provocato anche lo sfondamento del solaio. In un clima di disperazione, mentre i Vigili del Fuoco si accertavano che sotto quelle macerie non ci fossero altri corpi, sul posto 118, Carabinieri e medicina del lavoro. Gli operai non erano dipendenti della Madel - importante azienda che produce detersivi - ma della Gattelli di Russi (Ravenna) ed erano appunto impegnati nella costruzione della nuova ala, parte di un importante ampliamento. Il 36enne, Matteo Buscherini, risiedeva con la moglie e due figli piccoli a San Pancrazio, frazione di Russi, comune del Ravennate a qualche chilometro dal luogo della tragedia. Il 35enne, Davide Bellini, anche lui era di San Pancrazio. Il referto di morte parla di caduta e schiacciamento.
Il cantiere è stato sequestrato, mentre le indagini dei carabinieri sono coordinate dal sostituto procuratore di Ravenna, Isabella Cavallari. "Due operai sono morti sul lavoro a Cotignola - ha detto Simonetta Saliera, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna - Si tratta di un fatto profondamente ingiusto, che colpisce non solo le loro famiglie, ma tutta la nostra comunità. E che riapre drammaticamente il tema degli incidenti sul lavoro, una lunga scia di drammi che offendono la nostra democrazia e la nostra società. Alle famiglie e ai cari di questi lavoratori - ha aggiunto - a tutti coloro che ogni giorno rischiano la vita lavorando va tutta la mia personale, istituzionale e politica vicinanza e solidarietà".




sabato 20 settembre 2014

NE AZZECCASSERO UNA!!!

Giuseppe Marazzini
20.09.2014

Per sei mesi di vigilanza al Parco Alto Milanese 20.000 euro di spesa (40.000 annui). 
La Protezione Civile ne chiedeva 12.000 annui …



Tutto per il palio e nulla per le novità  culturali - attrattive …

IL GIORNO LEGNANO - sabato 20 settembre 2014
VIA PONCHIELLI, ADDIO SCUOLA CIRCENSE. I CLOWN SI TRASFERISCONO A MONZA
«Il Comune chiede l’impossibile, e noi ce ne andiamo»
di PAOLO GIROTTI

— LEGNANO —
MA QUALE circo? Assaggiata la realtà legnanese, l’associazione «Scuola di circo Clap» lascia la città a gambe levate e va a piantare il suo tendone a Monza dove, invece che chiedere impegni e investimenti oltre l’immaginabile, hanno fatto di tutto per facilitarne l’insediamento. Si conclude così, senza alcun esito, il goffo tentativo dell’Amministrazione comunale di rimediare alla situazione dell’area di via Ponchielli, spazio pubblico ormai da tempo abbandonato al suo destino: un tentativo maldestro, portato avanti pensando di poter scaricare sull’associazione di turno tutti i costi dell’operazione, per poi magari appropriarsi dei meriti e condividere la gloria. Circo Clap, che inizialmente aveva aderito alla proposta del Comune, oltre un mese fa ha inviato una lettera con cui ha rinunciato all’impresa: troppo alti i costi da sostenere a fronte di un impegno del Comune, promesso ma non mantenuto, che è diventato quasi nullo strada facendo.

LAURA CANTU’
Nonostante non si sia mai arrivati a una soluzione, dal Palazzo ci hanno telefonato una volta, ma per chiederci di tagliare l’erba del prato

«SIAMO profondamente delusi dal comportamento dell’Amministrazione perché avevamo immaginato un esito diverso a questa vicenda — spiegano Gianluca Ferrari e Laura Cantù, due dei tre referenti dell’associazione di Arona —. I patti erano chiari. Il Comune non aveva soldi da spendere e per noi era la stessa cosa. Siamo una scuola di circo, non un’industria. Saremmo partiti con quello che avevamo: il nostro lavoro e le, comunque consistenti, strutture di base da realizzare a nostre spese». Letto quel bando, appariva impossibile trovare qualcuno disposto a gestire l’area: «Il nostro errore è stato proprio fidarci, dopo un colloquio con sindaco e amministratori — spiegano i due —. Ci era stato assicurato che si sarebbero trovate altre forme di collaborazione per superare quelli che, è vero, erano ostacoli insuperabili (dall’allacciamento degli impianti oggi completamente inesistente, alle utenze, alla realizzazione dei bagni, alla manutenzione complessiva per arrivare fino alla Tosap su tutta l’area, per oltre 7mila euro). Da un certo momento in poi, invece, a valere è stata solo la rigidità del bando. Avranno cambiato idea...». Quindi, a fronte di un bando che a detta dell’Amministrazione non poteva essere strutturato in altro modo, la mediazione non è poi arrivata: bisogna ricordare che a «chiedere aiuto» è stato proprio il Comune, proprio per risolvere il problema dell’area di via Ponchielli sollevato dall’allora consigliere Daniele Berti. Due pesi e due misure, perché in altre zone della città, e un esempio può essere il rione Mazzafame, i patti con le associazioni chiamate ad «animare» il quartiere sono stati ben diversi, così come le condizioni applicate.

«L’ULTIMA riunione, presenti gli assessori Raimondi e Silvestri, l’abbiamo avuta a fine giugno — continua Laura — e in quell’occasione abbiamo spiegato che a Monza, oltre a un contributo sostanzioso per dare il via all’attività, ci offriranno uno spazio gratuitamente, senza Tosap. Sempre Monza ci hanno spiegato che l’applicazione della Tosap è una scelta, non un obbligo così come Legnano ritiene. A Legnano si è invece cominciato a parlare di contributi — questi in forse — e di investimenti da fare, questi invece sicuri. Non ci siamo più fidati». Eppure Circo Clap, oltre a continue chiamate per richiesta di informazioni, avrebbe già una quarantina di potenziali iscritti legnanesi alle attività.

UNO DEI SOCI NON SI DÀ PER VINTO
«Qualcuno ci offre uno spazio? Torniamo»
— LEGNANO —
«SE UN PRIVATO ci mette a disposizione un terreno di 500 metri quadrati, noi ci proviamo lo stesso»: Gianluca, uno dei tre soci del Circo Clap, non si dà per vinto e sfumata l’ipotesi del recupero dell’area di via Ponchielli e della collaborazione con l’amministrazione, con condizioni diverse e meno penalizzanti andrebbe avanti nel suo percorso. L’idea iniziale dell’associazione era quella di organizzare corsi trimestrali dedicati a un po’ a tutte le fasce d’età: dai bambini di tre anni, con i primi esercizi più vicini alla motricità, per arrivare fino agli adulti e ai corsi più complessi.
Tra i corsi normalmente svolti da Circo Clap figurano giocoleria, acrobatica, equilibrismo, clownerie e teatro, discipline aeree, per arrivare fino al Parkour, la disciplina metropolitana che consiste nel superare qualsiasi genere di ostacolo adattando il proprio corpo all’ambiente circostante. Resterà comunque da sciogliere il nodo dell’area di via Ponchielli, che abbandonata era e abbandonata continuerà ad essere se non si troverà una strada da seguire diversa.
P. G.