di Fulvio Aurora
Milano, 18 aprile 2011
Quei nomi ce li ricordiamo, ma vale la pena di ripeterli ancora una volta: Giuseppe De Masi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rudinò, Rocco Marzo, Bruno Santino, Rocco Schiavone. Sono i setti operai che sono morti al seguito dell’incendio che si è sviluppato il 6 dicembre del 2007 nella fabbrica della ThyssenKrupp di Torino. Li ricordiamo anche per tutti quegli altri lavoratori che sono morti per un infortunio sul lavoro e che se morti “da soli” difficilmente vengono nominati sui media nazionali. Restano, salvo forse per i giornali locali, e non sempre, degli sconosciuti. Ad esempio il 15 aprile, nel giorno della sentenza di cui ci occupiamo è morto un operaio, Michele Zoccarato, di 49 anni, per un infortunio occorso nello stabilimento dell’Acqua Vera (gruppo San Pellegrino) a San Giorgio di Bosco (PD). Morto senza che nessuno se ne accorgesse.
Veniamo alla vicenda giudiziaria: la Procura della Repubblica di Torino ha avviato subito dopo l’”incidente” l’indagine, sequestrando lo stabilimento, inviando i gli UPG e altri esperti a verificare quanto era successo. Ha formulato successivamente per l’amministratore delegato (AD) Harold Espenhan l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale e per altri responsabili (Gerard Priegnitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno, Cosimo Cafueri) l’accusa di omicidio colposo.
Per la prima volta nei confronti dell’ AD è stata contestata l’accusa di omicidio volontario “con dolo eventuale”, a significare che nelle condizioni date era altamente probabile che si potesse verificare una condizione che poteva portare al verificarsi di un grave incidente. La coscienza di ciò per i responsabili scaturiva dal non avere adottato tutte le misure per evitarlo. Del resto la fabbrica era in dismissione, i suoi impianti dovevano essere trasportati nello stabilimento di Terni. A Torino non erano state adottate le misure che invece erano state prese nello stabilimento di Krefeld, della medesima società, in Germania, al seguito proprio di un incendio che in quella fabbrica era scoppiato. Non ultimo l’incendio, lo scoppio del 6 dicembre, ha provocato 7 morti. Ovviamente anche un solo morto avrebbe dovuto essere evitato, ma 7 operai che muoiono sono un fatto di una moltiplicata gravità.
Il Processo, dopo due anni di istruttoria è iniziato velocemente. Era dovuto, così è stato affermato dal Procuratore della Repubblica Raffaele Guariniello, per rendere giustizia alle vittime, per dare un segno concreto di interesse da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti dei famigliari, degli amici, di tutti coloro che, a qualunque titolo, erano interessati. E fra questi tutti coloro c’eravamo anche noi: Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute.
Un processo “breve” perché dopo 4 anni si è concluso in primo grado con una sentenza, in questo caso una sentenza di condanna. Dunque è possibile . E’ possibile occuparsi delle morti sul lavoro siano esse per infortunio che per malattia professionale. E’ possibile farlo senza rinunciare ad un approfondimento dei fatti. La Procura di Torino in primis e il Tribunale successivamente hanno agito pur nelle difficoltà con le quali le altre Procure e gli altri Tribunali si dibattono. In altre situazioni vi saranno maggiori difficoltà di carattere strutturale (carenze di personale, di mezzi a disposizione e quant’altro), ma constatiamo anche che vi è minore coscienza di rispondere in termini di giustizia di fronte a persone: lavoratrici e lavoratori che hanno perso la vita o che sono stati colpiti da gravi patologie. Vogliamo credere che in quest’ultimo periodo la situazione è migliorata e ci aspettiamo che la sentenza Thyssen dia un’ulteriore svolta, generalizzi il dato che si è verificato a Torino.
Costituendo un Procura Nazionale del Lavoro? Definendo un pool sul tema in ogni Procura importante? Di questo si dovrebbe discutere e decidere, piuttosto che di processo breve, che sappiamo significare la fine di alcuni processi prima che arrivino a sentenza.
Medicina Democratica per la prima volta, a riguardo di un infortuno sul lavoro, si è costituita parte civile. Non è stato facile perché le informazioni sull’inizio del procedimento davanti al GUP( giudice dell’udienza preliminare) si sono sapute in ritardo. Fondamentale è stata la scheda di identità di MD già preparata per altri processi a partire da quello contro ex Montedison ed ex Enichem di Marghera. Per scheda di identità si intende un grosso dossier, un paio di contenitori capienti, che raccolgono una serie di documenti fondamentali a partire dallo Statuto di MD dal quale e dai quali si evince l’interesse che MD ha per il diritto alla salute e in specifico per quello dei lavoratori colpiti. MD per un infortunio o per una malattia professionale subita da un lavoratore (a maggior ragione da tanti lavoratori) subisce un danno di immagine e un danno materiale. Perché quanto definito nello Statuto non si è potuto realizzare, perché materialmente deve operare ancora di più per raggiungere l’obiettivo; non ultimo perché deve seguire il processo, nominare un avvocato, dei consulenti, spendere non poco tempo (e denaro).
Alla scheda di identità nazionale si è aggiunto per Torino l’impegno proprio in quella città e in quel territorio. Md è presente fin dalle origini in quella città e in Piemonte; MD presente e operante sul tema di salute e ambiente di lavoro, di inquinamento ambientale, di organizzazione sanitaria. Determinanti (si è visto dalle ordinanze del GUP e del Tribunale) sono stati i numeri del supplemento torinese “Lavoro e Salute” della rivista nazionale, esistente da 25 anni e diretto da Franco Cilenti, ora operatore sanitario, ma agli inizi della sua presenza a Torino, operaio della Thyssen.
E’ stato difficile trovare un avvocato, causa il breve tempo a disposizione prima dell’inizio del processo. Si chiedeva un’accettazione veloce e un lavoro stringente da fare subito. Finalmente all’ultimo l’avv. Stefania Agagliate ha accettato l’incarico e ha dovuto lavorare giorno e notte per potere presentare la richiesta di costituzione di parte civile. Le difficoltà non erano con ciò finite perché, all’inizio del procedimento, le controparti (ovvero gli avvocati della difesa) hanno sollevato ogni sorta di obiezioni sul piano formale e del merito, allo scopo di escludere la costituzione di MD. L’avvocato ha dovuto controbattere e resistere. Alla fine la richiesta è stata accolta.
Ed è iniziata una seconda fase, quella dibattimento con tutto ciò che ha voluto dire in termine di ascolto dei testimoni , di esame e contro esame dei consulenti (esperti) di entrambe le parti. Quanto ai testimoni, si è visto a un certo punto del percorso processuale, come alcuni testimoni, chiamati dall’azienda, abbiano dichiarato il falso. Davvero inquietante. Del resto oggi “si comprano” anche i deputati pur di salvare il sultano.
Il lavoro dei consulenti esperti è stato determinante. In particolare lo è stato quello dei consulenti di Medicina Democratica. Fotografare la fabbrica, ricostruire il ciclo produttivo, determinare la serie di inadeguatezze dal degrado, in particolare della linea 5 (dove è avvenuto l ‘incidente-crimine) denunciare e dimostrare mancanza di prevenzione primaria e quella secondaria. Spiegare le cause, sulla base della letteratura e delle osservazioni, che hanno portato all’incendio. Le decisioni di continuare la produzione senza le condizioni di sicurezza. Le norme di sicurezza permanentemente violate, fino alle mancate valutazioni dei rischi di incendio e di esplosione. Non ultimo la mancata informazione e formazione dei lavoratori. Così Luigi Mara, Bruno Thieme, Franco Colombo, Roberto Carrara, Angelo Cova e qualcun altro nelle retrovie hanno lavorato in questa direzione. Hanno esposto alla Corte d’Assise le loro rilevazioni, hanno fornito all’avvocato di parte civile, ma anche ai Pubblici Ministeri e alle altri parti civili, gli elementi utili e determinanti per chiedere la condanna. Certo non sono stati gli unici, ma si può dire che sono stati i più puntuali. E lo si è visto dalla sentenza.
Una riflessione sulla ricostruzione del ciclo produttivo. Nel metodo di MD è il primo atto che si compie. Descrivere nella produzione dove si parte e dove si arriva, definire le varie fasi di lavorazione. Spiegare tutte le incongruenze, gli errori tecnici, le omissioni, affermare ciò che si sarebbe dovuto fare. In altri termini che cosa significa la prevenzione. Questa dovrebbe essere insita nel ciclo produttivo, imprescindibile dalla stessa produzione. La storia della Thyssen, ma di gran parte delle aziende di tutti i tipi, in generale, ci dice che imprescindibile è solo il profitto. Pertanto, possiamo affermare con tranquillità, che, se non ci sono incidenti, grandi o piccoli, a volte, è solo casuale.
Il metodo (della ricostruzione del ciclo produttivo), riferito a tutti i luoghi di lavoro, siano essi una fabbrica piccola o grande, un ospedale, un ufficio o un grande centro commerciale, è stato “dimenticato”. Non viene più praticato dai sindacati, non solo quelli confederali. Gli RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), non lo possiedono nella gran parte dei casi. Rilevare la soggettività dei lavoratori dopo avere scomposto le fasi di lavorazione (possibile, anche se non esiste più l’organizzazione del lavoro fordista) sia per quanto riguarda i rischi, che per quanto riguarda i danni e se, del caso, confermarla con rilevazioni oggettive, appartiene alla storia e non alla quotidianità.
La sentenza della ThyssenKrupp e il lavoro che è stato fatto ha mostrato tutta questa necessità. Per cui bisogna riprenderlo. Bisogna riprenderlo da parte delle grandi organizzazioni e degli RLS, ma bisogna ritrovarlo o acquisirlo anche da parte di quelle piccole come le associazioni che si sono formate anche al seguito del crimine alla Thyssen. Anche le sezioni di MD presenti in Italia che devono attrezzarsi con Sportelli salute nei luoghi di lavoro, così come l’AIEA (associazione italiana esposti amianto) e le altre associazioni delle vittime dell’amianto) che peraltro simili sportelli hanno già aperto o fatto aprire in alcuni comuni.
Fare questo lavoro e organizzare lotte conseguenti, in una società dominata dalla paura e dalle liberalizzazioni, porterà a delle ritorsioni? E’ facile, e lo abbiamo già visto. Il padrone, dopo avere tentato di assoggettare tutto alle sue esigenze, minaccia di andarsene, in luoghi liberi dalle leggi, prive di controlli dal basso, con il perenne ricatto della mancata o della perdita di occupazione.
Non lasciamoci intimidire poniamo piuttosto il problema della società e del sistema. Dovremo per sempre convivere con il profitto?
Un’ultima annotazione. E’ stato definito per MD dalla sentenza contro gli imputati della ThyssenKrupp e dalla ThyssenKrupp quale responsabile civile, un congruo risarcimento, per la stessa MD onlus, per i consulenti, per l’avvocato. Non per questo Md si arricchisce. Il denaro dovrà essere depositato anche se il Tribunale, a differenza di molti altri risarcimenti definiti, ha stabilito per MD l’immediata esecutività del provvedimento e dovrà essere “congelato”. Non sappiamo infatti cosa potrà succedere nei successivi gradi di giudizio. Quanto ottenuto da MD e da tutte le altri parti civili è stato il frutto di un lavoro, compiuto dal PM, dagli avvocato, dai consulenti e da tutti coloro che hanno partecipato e seguito il processo, ma il padrone esiste ancora e non mancherà di farsi sentire.
Nessun commento:
Posta un commento