Giuseppe Marazzini
28.03.2013Nel luglio del 2009 a Varese un violento acquazzone provocò l’esondazione del fiume Olona, parecchie attività imprenditoriali (oltre ad abitazioni private) rimasero coinvolte, subendo danni per milioni di euro. Da allora la lotta per la messa in sicurezza del corso d’acqua, ancor prima di quella per ottenere i risarcimenti, è diventata una questione di principio per Alexandra Bacchetta, titolare del Relais Cá dei Santi, tra le attività più colpite da quell’evento. Lo scorso anno, per protestare contro i ritardi nello sblocco dei fondi necessari alla messa in sicurezza dell’argine e di quelli destinati al risarcimento dei danni, fece un lungo sciopero della fame affiancandolo ad un presidio davanti alla prefettura di Varese. Ottenne promesse e una somma a titolo di acconto sul risarcimento danni, ma la situazione da allora non ha avuto altri sviluppi. Oggi, assieme all’avvocato Marina Curzio, Alexandra ha deciso di continuare la lotta chiamando in causa Comune, Regione e Aipo (l’ex magistrato del Po), perché, spiega lei: “Quello che ci è successo nel 2009 non sarebbe dovuto accadere nemmeno in presenza di un evento alluvionale”. Dal giorno dell’alluvione l’unico atto amministrativo concreto messo in campo per la sicurezza del corso d’acqua è stata la posa di 300 sacchi di sabbia da parte della protezione civile. Sacchi ormai logori e decisamente poco efficaci qualora dovesse nuovamente piovere come accadde quattro anni fa. Il 13 maggio al tribunale delle acque di Milano si terrà un’udienza che Alexandra Bacchetta spera possa essere decisiva nell’accoglimento dell’istanza d’urgenza “affinché la mia attività imprenditoriale possa continuare a vivere”, ma no solo: “Una battaglia di legalità contro l’indifferenza delle istituzioni inadempienti a beneficio anche di tutti quelli che fino ad oggi allo Stato hanno dovuto dare senza ricevere neppure quando ne avevano bisogno e, soprattutto, diritto”
di Alessandro Madron
27 marzo 2013 - Il Fatto Quotidiano