sabato 16 marzo 2013

CON IKEA ALTOMILANESE COLONIZZATO

di Giuseppe Marazzini
16.03.2013

Nei momenti difficili bisogna allargare e potenziare la rete della solidarietà sociale, politica ed economica. Questo deve essere il compito prioritario dei Sindaci. In questo momento tirare in ballo la retorica sulla responsabilità o dello spirito di sacrificio non ha senso. Per uscire dal pantano in cui siamo precipitati, ci vuole una visione  del futuro chiara, coerente  e percorribile. La domanda da porsi, quindi, è se l’ipotetico insediamento Ikea sul territorio di Cerro Maggiore e Rescaldina costituisce la soluzione dei problemi dell’Altomilanese, oppure se, viceversa, condanna l’Altomilanese ad un territorio colonizzato dai grandi centri commerciali: il cosiddetto terziario globalizzato, deprofessionalizzato e sotto pagato.

Gli analisti economici dicono che l’Altomilanese è ancora prevalentemente a vocazione industriale manifatturiera: se è così, allora si batta un colpo, si rilanci questa vocazione, e i Sindaci, gli industriali e le forze sociali e politiche si impegnino a fare ciò. Che il confronto cominci subito perché il tempo stringe. È ragionevole consumare 300mila metri quadrati di suolo, attualmente agricolo, che potrebbe essere maggiormente valorizzato (produzione agricola biologica e dinamica di vicinato), per metterci uno scatolone di cemento armato circondato da nuove strade e da migliaia e migliaia di auto? Non è più ragionevole risollevare le sorti della Franco Tosi rinnovando le produzioni e facendo ripartire la ricerca sulle fonti rinnovabili? Oppure, non è più ragionevole  predisporre un piano energetico sovra-comunale mettendo a capofila le aziende del “cluster” territoriale?

Sul nostro territorio si costruiscono impianti per produrre e distribuire energia elettrica, orologi atomici e pannelli solari, che fanno funzionare satelliti e sonde spaziali, allora un’alternativa ad Ikea è possibile. Basta volerlo! Sappiamo che gli attori non recitano tutti nello stesso modo. A mio parere, solo una minoranza di imprenditori fa il suo mestiere, investendo e innovando; solo una minoranza di politici  combatte contro il declino industriale; solo una minoranza della società civile reagisce alla feroce austerità economica imposta, ma ciò non preclude che si possa lo stesso girare il film di un concreto rilancio territoriale. L’Altomilanese ha bisogno di posti di lavoro qualificati, professionalizzati e certi.

Non bisogna piegare la testa alle allettanti offerte Ikea, perché il suo modello, apparentemente moderno, non è che un’altra faccia della mercificazione della qualità della vita, così come non è accettabile la cementificazione di una grande area agricola per soddisfare l’ampliamento del proprio impero commerciale. Non voglio negare il diritto di impresa ad Ikea, ma questo diritto lo deve esercitare senza fare violenza al nostro territorio. Se vuole primeggiare come impresa rispettosa dell’ambiente e della qualità della vita, come spiega nella sua brochure, allora rispetti la regola del “suolo come bene comune” e, quindi, trasferisca il suo scatolone su un’area industriale o commerciale dismessa o in disuso.

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