12.06.2013
La Regione è chiamata a esprimersi sul progetto presentato
dalla società israeliana Elcon, che intende trattare rifiuti farmaceutici e
industriali "con un metodo innovativo", adeguando un impianto già
esistente a Castellanza (Varese). Si mobilitano comitati di cittadini:
"Non ci sono garanzie sulle emissioni, il fatto che l'area sia già
inquinata non significa che si debba infierire". I Comuni della zona si
oppongono, ma i partiti di centrodestra, che guidano la città e il Pirellone,
restano freddi e non lo escludono.
di Simone Ceriotti e Alessandro Madron | 8 giugno 2013 - Il Fatto Ambiente & Veleni
Interno area ex Montedison - Castellanza (VA)
E’ a meno di venti chilometri dalla sede di Expo 2015,
dove si discuterà di alimentazione sana, acqua potabile, prevenzione di
malattie e stili di vita sostenibili. Eppure per Castellanza,
cittadina al confine tra le province di Varese e Milano, il futuro si gioca
molto prima. Entro un mese Regione Lombardia dovrà
decidere se dare il definitivo via libera all’insediamento di un polo
industriale pensato per smaltire reflui chimici e farmaceutici. Un’industria
che accoglierà ogni anno 175mila tonnellate di rifiuti
classificati come “pericolosi” prodotti nel nord Italia (ma il collegamento
ferroviario già esistente con un interporto potrebbe allargare gli orizzonti)
“restituendo all’ambiente circostante - secondo chi si oppone al progetto
– liquidi, fanghi, fumi derivanti dal processo di lavorazione”. In una zona,
quella dell’altomilanese, già provata dalla presenza di inceneritori,
discariche, concentrazioni di pm10 tra le più alte del paese. E pure un
aeroporto internazionale (Malpensa) che crea non pochi
problemi ecologici all’area del Ticino.
A proporre il progetto è Elcon Italy Srl, emanazione della Elcon Recycling, una società israeliana fondata ad Haifa nel 2003, che ha sviluppato una tecnologia per il trattamento e lo smaltimento chimico e fisico dei rifiuti liquidi (pericolosi e non), principalmente scarti di aziende chimiche e farmaceutiche. Attualmente l’unico impianto esistente è stato realizzato proprio ad Haifa, è funzionante dal 2004. Ma da allora, in tutto il mondo, la tecnologia proposta (che utilizza enormi volumi di acqua per i processi di raffreddamento) non ha trovato altre applicazioni. L’area scelta per realizzare l’impianto è quella dell’ex Montedison, già utilizzata negli ultimi vent’anni da altre aziende chimiche. Elcon propone di utilizzare circa 10mila metri quadrati dei circa 130mila dell’intera area. All’epoca in cui Montedison si insediò in questa zona gli impianti non si trovavano al centro dell’abitato. Negli anni l’espansione urbanistica ha finito per inglobare il polo chimico in un grande agglomerato di nove comuni (comprese le città di Busto Arsizio e Legnano) che conta 300mila abitanti (una zona classificata “A1″, cioé agglomerato ad alta densità abitativa). A opporsi sono diversi comitati di cittadini che hanno fatto campagne di informazione e raccolto migliaia di firme, convincendo i consigli comunali dei comuni limitrofi a dare parere contrario al progetto: “La valutazione negativa si impone ancor più se si considera che l’impianto si inserisce a ridosso, anzi all’interno, di un centro abitato. Ne è una dimostrazione il fatto che a poche decine di metri si trovano due scuole, due cliniche, una casa di riposo, un cimitero”, si legge nelle osservazioni che il comitato civico “Valle Olona respira” ha presentato in Regione come “controcanto” a quelle di Elcon. Documenti, obiezioni e manifestazioni, come quella indetta poche settimane fa dall’altro comitato, “Assemblea popolare No Elcon“:
QUALI TIPI DI RIFIUTI – Ma quali rifiuti entrerebbero nell’impianto di Castellanza per essere trattati e smaltiti? Nello studio di impatto ambientale curato da Bp Sec per Elcon e presentato a Regione e comuni interessati, viene spiegato il processo industriale dei reflui chimici: “L’impianto previsto ha come capacità massima annuale di trattamento dei rifiuti 175.000 tonnellate l’anno equivalenti a circa 500 al giorno. L’impianto riceverà rifiuti liquidi e solidi portati all’impianto con mezzi pesanti (prevalentemente autobotti). Le acque reflue in entrata possono essere di diversi tipi e derivanti da differenti tipologie di aziende, tipo: acque reflue farmaceutiche, acque reflue chimiche, acque reflue di industrie cosmetiche e di detergenti, acque reflue di industrie chimiche/veterinarie, acidi, basi e acque di lavaggio per la rifinitura e lavorazione di metalli, fanghi”. Alla fine del documento, in cui Elcon cita l’inquadramento ufficiale dell’area di intervento come A1 (agglomerato urbano) e precisa che si tratta di un’area esente dal vincolo ambientale del d.lgs 42/04 in cui è prevista la tutela dei fiumi, Bp Sec aggiunge un dettaglio che fa capire come il progetto, osteggiato da molti cittadini, non sia così malvisto dalle istituzioni: “Sono già in programma accordi con università del territorio, Liuc di Castellanza, per lo sviluppo di un Centro Ricerche in materia di gestione rifiuti presso l’impianto”.
LE RAGIONI DEL “NO” – La tecnologia utilizzata da Elcon, secondo la relazione redatta dai comitati, “non garantirebbe l’abbattimento degli inquinanti e delle sostanze nocive immesse in atmosfera e in acqua”. Il volume di reflui che verranno trattati dalla Elcon Italy, secondo quanto dichiarato dalla stessa azienda, sarà di 175 mila tonnellate annue. Di questi gran parte è costituito da acqua (che dovrà a sua volta essere trattata da un depuratore prima di essere immessa nel fiume Olona), il 10% da residui organici, il rimanente 10% da residui inorganici che si traducono in 30 tonnellate al giorno di fanghi e sali nocivi da avviare allo smaltimento. “L’incompatibilità con il territorio è evidente”, spiega Stefano Catalano di Valle Olona Respira, che ricorda anche i problemi e i rischi legati alla viabilità: in una zona già congestionata circolerebbero 500 tonnellate al giorno di rifiuti pericolosi su una trentina di mezzi pesanti (secondo quanto dichiarato da Elcon. Almeno il doppio secondo gli ambientalisti) che dovrebbero raggiungere l’area industriale in pieno centro abitato.
LA PARTITA POLITICA: LEGA “ALLA FINESTRA” – L’attesa è tutta per il pronunciamento di Regione Lombardia, che completerà la fase istruttoria l’11 luglio (doveva essere l’11 maggio, ma i tecnici si sono presi altri 90 giorni). Solo allora si saprà se il progetto è approvato, sospeso o bocciato. Intanto la politica si muove. Sì, perché se a livello locale i comuni interessati si sono schierati contro (anche se proprio nella città destinata a ospitare l’impianto, Castellanza, l’amministrazione si è schierata contro il progetto solo pochi mesi fa e il sindaco Fabrizio Farisoglio, contattato dal Fatto, preferisce non parlare), non è ben chiara la linea dei partiti. E chi si aspetta una Lega Nord sulle barricate come avvenne quando si trattava di ospitare l’immondizia del Sud negli inceneritori lombardi, in questo caso resterà deluso. Il centrodestra si tiene lontano dalle proteste. Per questo il consigliere regionale Alessandro Alfieri (Pd) ha presentato una mozione con l’intento dichiarato di stanare eventuali posizioni a favore del nuovo insediamento: “Durante la campagna elettorale per le regionali tutte le forze politiche hanno espresso la loro posizione contraria al progetto. Vogliamo vedere chi veramente è contro e chi invece è a favore. Chiaramente il dubbio che la Lega stia facendo un altro gioco c’è perché non si è ancora interrotto l’Iter in regione”. Nella mozione, che verrà discussa martedì 11 giugno, Alfieri mira a impegnare direttamente la Giunta regionale “ad esprimere parere negativo nei confronti della richiesta di autorizzazione avanzata da Elcon”. Ilfattoquotidiano.it ha raggiunto anche il capogruppo della Lega Nord in Regione Lombardia, Massimiliano Romeo, chiedendogli di rispondere in anticipo alla mozione del Pd, sebbene sia indirizzata alla giunta e non al consiglio. Romeo risponde così: “Sul caso Elcon siamo allineati con la posizione dell’amministrazione comunale di Castellanza, che è sostenuta anche dalla Lega”. Il vicesindaco leghista di Castellanza Luca Galli, il 21 marzo 2012, parlava di “investimento che potrebbe portare grandi vantaggi” (video). Romeo non si sbilancia invece sulle voci che attribuiscono al suo partito o ad alcuni suoi esponenti, la volontà di portare in porto il progetto a tutti i costi: “Queste sono solo voci, ci sono strutture tecniche preposte che stabiliscono se un progetto è o non è ammissibile”. Le “controdeduzioni” del comitato civico, invece, ruotano attorno al rischio ambientale di un’area provata e compromessa: “La giustificazione che l’impianto verrà insediato in una zona già industriale non convince. La semplice equazione che un’area già inquinata debba essere, necessariamente, il luogo maggiormente idoneo all’insediamento di nuove e più pericolose attività contrasta con il diritto dell’uomo a vivere in un ambiente salubre”. Solo dopo l’11 luglio si saprà se a essere considerate attendibili e documentate da Regione Lombardia saranno state le ragioni dei cittadini o quelle dell’aspirante investitore.
Il Fatto Quotidiano.it
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