Giuseppe Marazzini
27.10.2016
ARCIPELAGO MILANO - Settimanale
milanese di politica e cultura
N. 35 - ANNO VIII - 26 ottobre
2016
Il pensiero generativo del
Consiglio comunale
di Luca Beltrami Gadola
Quali dovrebbero essere i saperi
di un Consigliere comunale per tenere appresso alla Milano che cambia? Milano è
cambiata e cambierà ancora. Il “Rinascimento” milanese tante volte evocato da
Letizia Moratti e mai realmente decollato – meglio comunque lei
dell’amministratore di condominio Gabriele Albertini – sta prendendo corpo in
un’atmosfera forse di ansia ma certo di grande attenzione.
Di questa attenzione sono tante
le testimonianze, le ultime in ordine di tempo un trafiletto di Giangiacomo
Schiavi sul Corriere della Sera Milano centrato sul decoro urbano e un
intervento di Marco Vitale a una manifestazione conviviale di APE,
l’Associazione per il Progresso Economico, una vecchia istituzione milanese.
Prendo spunto da lì.
Nel suo intervento Marco Vitale –
economista di impresa e a suo tempo assessore al bilancio del Comune di Milano
e conoscitore della città – ha collegato le difficoltà degli ultimi anni al
continuo decadere del ruolo del Consiglio comunale, accelerato certamente dalle
ultime leggi di riforma in materia di amministrazione locale: tutto il potere
in capo al Sindaco eletto direttamente e alla Giunta da lui nominata.
Quest’assetto rispecchia una
visione delle istituzioni tipica di una parte della sinistra, incarnata nello
specifico da Franco Bassanini e dalle sue riforme, un politico prima PSI poi
PCI, PDS e per finire DS, una visione molto vicina alla odierna di Matteo
Renzi: un esecutivo molto sciolto rispetto agli organismi elettivi. I risultati
non sono stati dei migliori e le ragioni le sottolinea Vitale nel suo
intervento: ”A Milano, fortunatamente, sono molti i luoghi nei quali si
produce nuovo pensiero. Ma sono sempre e comunque luoghi dove si agisce per
categorie, per “arti e mestieri”, per gruppi separati. Qual è il luogo dove il
pensiero prodotto dalla città può diventare progetto comune, progetto per e
della Città? Nel Consiglio Comunale, una delle poche istanze democratiche del
nostro ordinamento, che forse sopravvivrà allo smantellamento in atto di tutte
le strutture e istanze democratiche.”.
Il discorso di Marco Vitale è
anche venato da una sorta di nostalgia per quello che lui definirebbe forse il
periodo “pericleo” di Milano: ”Era nel Consiglio che si ritrovavano molti
dei cittadini migliori”. Furono consiglieri e talvolta assessori Giovan
Battita Pirelli, l’ingegner Giuseppe Colombo – fondatore del Politecnico -, il
conte Prinetti ma anche Turati. Grossa borghesia imprenditoriale, delle
professioni, un po’ di nobiltà, politici di grande cultura e passione civile,
comunque all’altezza del ruolo pubblico ricoperto perché forti di un bagaglio
di saperi sufficiente.
Oggi le cose sono totalmente
cambiate e dunque i “saperi” non sono solo altri e diversi e in particolare
assai più vasti ma nessuno favoleggia più di possederli tutti almeno a partire
dai primi dell’Ottocento e dopo la scomparsa di Thomas Young, fisico,
matematico ed egittologo che si mormorava “sapesse tutto”. Oggi i saperi sono
specialistici e, come dice Gavin Schmidt (1) in un suo recente saggio, il mondo
del sapere soffre di un effetto centrifugo. Ogni sapere specialistico va per la
sua strada generando altri sottosaperi specialistici in cascata e si pone il problema
dunque di generare anche un movimento centripeto mirato alla soluzione di uno
specifico problema in maniera interdisciplinare.
Ma non è ovviamente tutto, in
particolare per chi voglia ricoprire il ruolo di Consigliere in Comune o ancor
più il ruolo di Assessore e per finire Sindaco. O ci si limita a svolgere
un ruolo riduttivo della politica, governare con l’obiettivo di conquistare
consenso elettorale in funzione del potere, un consenso da “comizio”, e allora
i saperi contano poco ma vale soprattutto la capacità affabulatoria, o si vuole
realmente governare e allora i saperi sono indispensabili.
Quali? Quanti? Troppi per
ciascuno, tali e tanti sono i problemi di una città, del suo presente e del suo
futuro ma una soluzione nel passato era d’uso: i consulenti. Allora però il
problema si sposta sulla scelta del consulente. Come sceglierlo? Amico? Un po’
poco. Me lo manda il Partito? Peggio che andar di notte. C’è bisogno di criteri
di scelta: avere un’idea sul problema, le sue implicazioni, le soluzioni
adottate da altri, le possibili future.
Che fare? Se ci fosse una
burocrazia come Dio comanda ci sarebbe anche una sorta di ufficio studi
dedicato a raccogliere, selezionare i dati disponibili e le informazioni sui
temi in discussione e di metterli a disposizione del Consiglio per far sì che
il lavoro dei consiglieri sia frutto di “saperi” non solo personali,
presumibilmente e legittimamente insufficienti ma arricchiti di quel che serve
per far bene il proprio lavoro, perché di lavoro si tratta. Un’attività
centripeta, indispensabile.
Giuliano Pisapia ci ha dato una
stagione di ritrovata passione politica, dopo di lui Giuseppe Sala ci dia la
stagione dei saperi.
Luca Beltrami Gadola
(1) Gavin Schmidt –
Perché la specializzazione non ha portato alla balcanizzazione della scienza?
In Scienza Next Generation – il Saggiatore 2009 pp. 232