30.11.2016
Sanità, Calenda al convegno di Unipol tira la volata a welfare privato:
“Definiamo di cosa lo Stato continuerà a occuparsi”.
Il ministro dello Sviluppo:
"Il governo mira a favorire l’integrazione pubblico-privato". Ancora
più esplicito Salvatore Rossi, dg di Bankitalia e presidente dell'authority di
vigilanza Ivass: "C'è un grande mercato per le compagnie
assicurative". Stefano Patriarca, consigliere economico della presidenza
del Consiglio, si è concentrato invece sulle pensioni: "Il privato
intervenga dove il pubblico non arriva". Musica per le orecchie dell'ad
del gruppo Carlo Cimbri
Il Fatto Quotidiano – 29 novembre
2016
Per “razionalizzare il Servizio
sanitario nazionale” occorre “definire quello di cui il pubblico può
continuare a occuparsi e quello che può essere demandato al privato,
senza deludere le aspettative dei cittadini”. Quanto alla previdenza,
“l’azione del governo mira a favorire l’integrazione pubblico-privato”.
C’è perfetta unità di vedute tra il ministro dello Sviluppo, uno
dei consiglieri economici di punta del governo Renzi e i vertici
del secondo gruppo assicurativo italiano. E al coro si è
unito anche il rappresentante della vigilanza sulle assicurazioni.
Cornice del quadretto il convegno White Economy: innovazione e crescita.
Energie pubbliche e private per i nuovi modelli di welfare, organizzato
a Roma da Unipol. Che, a fronte del continuo calo dei ricavi da Rc
auto (il settore “va nella direzione di una perdita tecnica“,
ha ammesso il numero uno Carlo Cimbri), sta puntando molto sulle
polizze sanitarie. Come dimostra anche la scelta di sponsorizzare il Giubileo
straordinario (e offrire prodotti ad hoc ai pellegrini).
“La vera differenza tra servizi
non è tra pubblico e privato, ma fra prestazioni a pagamento o gratuite“,
ha tirato la volata il titolare dello Sviluppo economico Carlo Calenda,
sul palco al fianco di Cimbri, amministratore delegato di Unipol, per
il dibattito conclusivo. “Non è detto che il privato sia sempre più efficiente,
ma questo discorso va sviluppato se vogliamo razionalizzare il nostro Servizio
sanitario nazionale, definendo”, appunto, “quello di cui il pubblico può
continuare a occuparsi e quello che può essere demandato al privato, senza
deludere le aspettative dei cittadini sul patto sociale universale che
prevede gran parte delle prestazioni sanitarie gratis“. Del resto durante
la crisi “la spesa pubblica per la salute si è fermata”, ha avvertito il
presidente dell’Istat Giorgio Alleva, mentre “la spesa delle famiglie è
continuata a crescere”. E la speranza degli operatori del settore è che quella
spesa sia sempre più “intermediata” da fondi e assicurazioni. Speranza
condivisa dal responsabile del dicastero che si occupa di politica
industriale, che ha sottolineato: “Il welfare e i servizi di welfare erogati
dai privati sono un grandissimo generatore di crescita“.
Musica per le orecchie di Cimbri,
che dopo avere ricordato come il settore della ‘white economy’ (la filiera
delle attività, sia pubbliche sia private, di assistenza, cura e previdenza)
valga “il 20% del pil” e occupi “il 16% della forza lavoro,
numeri che ne testimoniano l’importanza”, ha auspicato che lo Stato avvii in
questo campo “una gestione e una programmazione di medio-lungo periodo:
è necessario passare da una gestione spot ad una programmazione vera”. E
anche “riorganizzare a livello pubblico” il settore dell’assistenza domiciliare
perché “molte patologie, coi nuovi strumenti tecnologici e la telemedicina,
possono essere curate a domicilio“. Del resto le polizze di Unisalute
prevedono, appunto, anche l’invio di personale sanitario a casa. Sia per gli over
65 sia per chi affronta la riabilitazione dopo un infortunio.
Stefano Patriarca,
consigliere economico della presidenza del Consiglio, ha dato manforte a
Calenda concentrandosi però sul tema pensioni: “La previdenza integrativa,
in un Paese nel quale c’è il 33% di aliquota contributiva più un altro
7% di fatto obbligatorio, ha ben poco spazio, ma l’azione del governo
mira a favorire l’integrazione pubblico-privato”. Privato che “non deve fare il
doppione del pubblico, ma intervenire dove il pubblico non
arriva, e in questa direzione vanno le misure come l’Ape (anticipo
pensionistico, ndr) intraprese da questo governo”. Si noti che l’Ape, in
pratica un prestito bancario con annessa polizza assicurativa
obbligatoria grazie al quale i 63enni potranno lasciare il lavoro prima di
quanto previsto dalla legge Fornero, finirà per costare a chi lo
richiede fino al 20% della pensione netta.
Sulla stessa linea dei
rappresentanti dell’esecutivo, ma ancora più esplicito, Salvatore Rossi,
direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass,
l’Istituto di vigilanza sul settore assicurativo: “È indubbio che il
tema sanità si intreccia, in Italia, col dato demografico, e il ‘long
term care‘ è la questione fondamentale: è qui che c’è un grande mercato
per le compagnie assicurative”, ha dichiarato il responsabile della tutela
dei consumatori nel rapporto con le compagnie. Per poi aggiungere che “il
settore pubblico potrebbe favorire questo mercato con incentivi
fiscali, e non tutti devono necessariamente pesare sul bilancio
dello Stato, perché alcuni possono migliorare il complessivo rapporto
costo-efficienza“. Quanto alle pensioni, “i lavoratori ancora non sono
consapevoli che la previdenza pubblica non svolge più quel ruolo che svolgeva
in passato e non lo svolgerà più”, perché “il tasso di sostituzione
atteso tra salario e pensione che un tempo era la magica cifra dell’80% e oggi
è il 50″, e “quindi devono integrare” con i fondi pensione privati.
Ma “questa integrazione privata però ancora non decolla, stenta“.
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