27.02.2017
ALER, CHE PENA!
ALER è
un ente da chiudere e il patrimonio edilizio di cui dovrebbe avere cura deve
essere trasferito ai Comuni a costo zero. Anche le risorse economiche, che la
Regione Lombardia ha destinato e continua a destinare a questo Ente
fallimentare, devono essere trasferite pro quota ai Comuni.
A
Legnano abbiamo visto di tutto e di più e, per non dilungarmi, mi limiterò a
raccontare solo gli episodi più recenti.
La
rigenerazione dei palazzi Aler di via dei Salici nel quartiere Mazzafame,
mediante un progetto chiamato "Contratto di Quartiere" finanziato da
Governo-Regione per circa 20 milioni di euro, si è rivelata un disastro. Gli
interventi di manutenzione straordinaria sui vari stabili (ascensori, infissi,
citofoni, tetto, porte, ecc.) non sono stati eseguiti a regola d'arte, forse
anche perché tra la data di inizio lavori e la fine degli stessi, diverse
imprese hanno abbandonato il campo … Questo però non giustifica l'inerzia di
Aler e di chi doveva controllare Aler (la Regione? Il Comune? Altri?).
Esemplare
la vicenda del teleriscaldamento, una innovazione tecnologica che, nei palazzi
di via dei Salici, doveva migliorare la climatizzazione degli ambienti e
provocare un sensibile risparmio economico. I lavori si svolsero nel seguente
modo: Aler disinstallò tutte le caldaie individuali a gas metano (160); Amga
predispose la rete del teleriscaldamento fino ai piedi degli stabili e Aler
installò le colonne montanti per la distribuzione dell'acqua calda.
All'attivazione dell'impianto però si riscontrarono i primi problemi tecnici, che
causarono fin dall'inizio forti disagi agli inquilini. La climatizzazione
risultò squilibrata, troppo caldo in cucina e freddo nelle altre camere e nel
bagno. Si tentò di correre ai ripari, ma il peggio doveva ancora arrivare …
All'arrivo delle prime bollette emesse da Amga, i condomini scoprirono che i
costi per il riscaldamento e l’acqua calda risultavano più del doppio, rispetto
ai costi con il precedente sistema autonomo a metano. L'arrivo delle bollette
"pazze" fece emergere che nel sistema vi era una grande dispersione
di calore. Di chi la responsabilità?
Per
accertare cause e responsabilità delle fortissime dispersioni di calore (in
alcuni casi superiori al 50%), Aler, Comune ed Amga, di comune accordo, affidarono
a tecnici del Politecnico di Milano il compito di peritare quanto stava
succedendo. Nel 2014 arrivò il responso, con il quale si certificava che la
coibentazione delle colonne montanti di distribuzione dell'acqua calda
installate da Aler, non era stata eseguita con i criteri tecnici adeguati:
eppure il sistema aveva passato il collaudo!
Ormai
da più di sei anni i condomini stanno cercando di ottenere quello che spetta
loro di diritto, anche con azioni legali: un impianto che funzioni a dovere,
costi parametrati al consumo reale e risarcimento dei danni per i disagi
subiti. Siamo a marzo 2017 ed Aler, dopo diversi incontri con il Comune e la
Regione, non ha ancora eseguito i lavori di adeguamento delle colonne per
ridurre al minimo la dispersione di calore. Il teleriscaldamento doveva essere
il fiore all'occhiello del "Contratto di Quartiere", invece si è
rivelato un super disastro.
L'altra
vicenda invece riguarda gli stabili di via Carlo Porta. Lo stato attuale è il
seguente: lo stabile al numero civico 144 è in attesa di essere completamente
rifatto (sono anni che i lavori continuano ad essere rimandati). Forse i lavori
inizieranno quest'anno in autunno e, nel frattempo, tutti gli accessi sono stati
murati per impedire la presenza di abusivi. Gli inquilini del civico 144, in buona
parte, sono stati trasferiti al civico 122, altro stabile Aler, pure questo in
condizioni manutentive scandalose. E' nota la vicenda scoppiata a novembre del
2015 in cui gli inquilini, dopo numerosi ed infruttuosi tentativi di
relazionarsi con i responsabili di Aler, esposero al sindaco di Legnano le
condizioni semi fatiscenti dello stabile. Alloggi con vistose e insane presenze
di muffe, infiltrazioni d’acqua imponenti sulle pareti perimetrali dello
stabile, cantine insalubri e fatiscenti, rete fognaria precaria, ecc.
Con
ordinanza sindacale del dicembre 2015 si ordinò ad Aler di intervenire per
ripristinare le condizioni igienico - sanitarie previste dalla legge. Qualcosa
si mosse, alcuni interventi vennero eseguiti per contenere al meglio l’alto
stato di degrado dello stabile. Ma per tornare ad una condizione di normalità ed
abitabilità, di cose da fare ne mancano ancora tante e purtroppo non si sa ancora
ad oggi, quando verranno fatte e se verranno fatte.
Arcipelago Milano – Settimanale Milanese di Politica e Cultura
N. 05 - ANNO IX - 8 febbraio 2017
ALER IN DISSESTO: LA SCOPERTA
DELL’ACQUA CALDA
Tutti sapevano ma la strumentalizzazione prevale su tutto
di Luca Beltrami Gadola
Il problema di Aler rispunta
periodicamente, in particolare quando ci si avvicini a una scadenza elettorale
e questa coincidenza non è casuale: per ogni forza politica sono due le ragioni
per considerare la “casa” un terreno fertile: è una questione che tocca tutti i
cittadini, è il modo più semplice per catturare consenso. Voglio affrontare con
più respiro la questione casa/ edilizia sociale e mondo della politica andando
oltre i limiti di un solo editoriale.
Partiamo dal dopoguerra. Il
problema come lo intendiamo noi oggi è vecchio almeno quanto l’Unità d’Italia.
Il Governo con la legge 28 febbraio 1949, n.43 prese un provvedimento chiamato
Piano Fanfani dal nome del suo più acceso sostenitore e la Democrazia Cristina
di allora sposò un’equazione: proprietario di casa uguale cittadino moderato.
Da allora tutti i partiti si diedero a una politica della casa attenta al
proprio elettorato anche se non tutti in versione moderatista. Non la farò
lunga ma per capirne meglio l’importanza, anche ideologica, ricorderò ai più
giovani, che non ne videro i fasti, le “cooperative rosse”, le “cooperative
bianche” e persino le “cooperative verdi” con riferimento al Partito Repubblicano:
tutte cooperative edilizie. Di queste vicende parleremo ancora.
In questo scenario un ruolo di
spicco lo ebbero gli IACP (Istituti Autonomi Case Popolari). Per lungo tempo
furono il braccio secolare dell’intervento pubblico: Stato, INA Casa, Gescal. A
partire dal 1977 con l’entrata in vigore del DPR 616 gli IACP furono
soppressi e trasformati in Ater (Aziende territoriali per l’edilizia
residenziale) e fu trasferito loro ovviamente anche il patrimonio edilizio
relativo: nasce nel 1996 dunque anche Aler Milano (Azienda Lombarda per
l’Edilizia Residenziale). Se l’edilizia sociale era comunque stata sino ad
allora terreno di raccolta del consenso elettorale e di lotta politica a
livello nazionale, la sua gestione regionale e dunque locale accentuò questo
carattere e ne ho una concreta testimonianza.
Ma veniamo ad Aler Milano. Ne
sono stato consigliere di amministrazione su designazione del Comune di Milano
per 21 mesi, dall’ottobre del 2011 al giugno del 20013: per mia fortuna troppo
poco per portare la responsabilità degli addebiti che da sempre e anche ora si
fanno alla gestione ma anche troppo poco per rimediare, come avrei voluto se
fosse stato possibile, ai guasti. Non sono l’avvocato d’ufficio ma nemmeno un
ingenuo detrattore. Prima di passare alla cronaca va fatta una premessa.
Chiunque parli di Aler deve sapere che Aler è una società immobiliare a
capitale interamente pubblico (Regione Lombardia), con intento sociale,
dedicata alla gestione e amministrazione del proprio patrimonio ma che ha svolto,
attività di property menagement: lo ha fatto per conto del Comune di
Milano fino a quando questo ruolo è stato affidato a MM nel dicembre 2014. La
transizione della gestione del patrimonio di edilizia sociale dal Comune ad
Aler, dopo la catastrofica parentesi della Romeo Gestioni S.p.A.
(sindaco Moratti), e poi da Aler a MM, l’ho in parte vissuta e va raccontata.
Lo farò.
Ancora una considerazione
fondamentale. Aler gestisce un patrimonio immobiliare che nel territorio
dell’ex provincia di Milano, ora Città Metropolitana, accoglie una popolazione
di circa 350.000 persone, più di Bergamo e Brescia messe insieme. Nella sola
Milano sono circa 120.000 e che sommati agli inquilini del Comune fanno circa
200.000. Dunque non bazzecole. Vale la pena parlarne con rispetto e serietà. Questo
è l’interrogativo al quale si deve rispondere: il dissesto di Aler è
sostanzialmente attribuibile a un’incapacità gestionale o a condizioni
oggettive di impossibilità a far quadrare i conti?
Ovviamente la gestione – da
riorganizzare almeno in parte – ha il suo peso ma basta guardare il documento
cui fanno riferimento oggi tutte le critiche – la due diligence affidata alla
società BDO da Regione Lombardia – , per capire che col livello di morosità
passato – e presente (vedi articolo Corriere della sera ediz. Milanese
di domenica 5/2/2017) - nemmeno un asso della finanza creativa e della gestione
oculata sarebbe riuscito a tenere in piedi la baracca. Chiunque avrebbe capito
che anche solo la manutenzione ordinaria, quella straordinaria e l’ammortamento
non sarebbero stati coperti dal gettito dei canoni di locazione fissati per
legge, pur tenendo magari conto di un tasso di morosità ragionevole: comunque
anche solo per sentito dire tutti da anni lo sapevano. Ma la politica era interessata
ad altro. La cronaca milanese parla da sola.
Il basso livello dei canoni, non
sufficienti a una gestione normale era cosa dunque nota, eppure senza che
nessuno obbiettasse il Presidente Comitato di Quartiere 22 Marzo chiede
all’assessore Regionale Domenico Zambetti di abbattere i canoni locativi del
20%, i canoni per spese del 15%, il 10% sulle spese di riscaldamento e ridurre
del 50% gli arretrati del conguaglio spese. Di questa stessa attività
“calmieratrice” si vantò la capogruppo del Pd Carmela Rozza nel maggio 2012
quando l’assessore regionale Zambetti sollecitò Lucia Castellano, assessore alla casa del
Comune di Milano, a disapplicare una norma che imponeva il ricalcolo dei canoni
ancora in vigore a seguito delle norme sull’equo canone, ricalcolo sfavorevole
per gli inquilini in questo caso non riconducibili alla categoria dei meno
abbienti. L’applicazione della legge fu sospesa e Carmela Rozza ebbe modo di
comunicarla personalmente
per conto del Pd agli inquilini.
Di questo fatto, che aggravava la
situazione debitoria, mi lamentai per iscritto anche col sindaco senza
particolare riscontro, sollecitando contemporaneamente un incontro tra lui e i
vertici di Aler, richiesta fatta per mio tramite in quanto consigliere da lui
designato, per poter illustrare l’insostenibile situazione del patrimonio di
edilizia residenziale. L’incontro non vi fu ma la gestione delle case
popolari del Comune alla fine passò ad MM senza che la crisi di Aler vedesse
una soluzione.
Nel frattempo maturava sempre di
più la convinzione che Aler dovesse vendere parti consistenti del patrimonio
per far fronte ai suoi debiti ma soprattutto per mantenere a un ragionevole
livello l’abitabilità dei suoi quartieri.
Che questa fosse una missione
impossibile me ne resi conto subito e all’uscita di un’audizione pubblica, il
cui argomento era la vicenda dell’assessore Zambetti accusato e poi condannato
per voto di scambio in collusione con la mafia per aver favorito un’assunzione
in Aler, dichiarai ai giornalisti che nel breve volgere di qualche anno Aler
avrebbe venduto il penultimo appartamento per mantenere l’ultimo e che questo
era il vero problema. Fui accusato di seminare il panico. Il dissesto di Aler
era noto a tutti ma prevalevano nell’affrontarlo interessi elettorali. Ancora
oggi?
Fin qui è solo cronaca e mi fermo
ma molto altro va detto sul problema di Aler e in generale sul destino
dell’edilizia sociale perché tanti sono gli errori commessi in passato da non
ripetere in futuro. Alla prossima. (continua)
Luca Beltrami Gadola