lunedì 27 febbraio 2017

SINDACO 2017 – CAPITOLO 4: OVVERO ALLA RICERCA DI POLITICI CAPACI DI FAR ELEVARE LEGNANO DA “BORGO” PROVINCIALE A CITTÀ A VOCAZIONE EUROPEA.

di Giuseppe Marazzini
27.02.2017

ALER, CHE PENA!

ALER è un ente da chiudere e il patrimonio edilizio di cui dovrebbe avere cura deve essere trasferito ai Comuni a costo zero. Anche le risorse economiche, che la Regione Lombardia ha destinato e continua a destinare a questo Ente fallimentare, devono essere trasferite pro quota ai Comuni.

A Legnano abbiamo visto di tutto e di più e, per non dilungarmi, mi limiterò a raccontare solo gli episodi più recenti.

La rigenerazione dei palazzi Aler di via dei Salici nel quartiere Mazzafame, mediante un progetto chiamato "Contratto di Quartiere" finanziato da Governo-Regione per circa 20 milioni di euro, si è rivelata un disastro. Gli interventi di manutenzione straordinaria sui vari stabili (ascensori, infissi, citofoni, tetto, porte, ecc.) non sono stati eseguiti a regola d'arte, forse anche perché tra la data di inizio lavori e la fine degli stessi, diverse imprese hanno abbandonato il campo … Questo però non giustifica l'inerzia di Aler e di chi doveva controllare Aler (la Regione? Il Comune? Altri?).

Esemplare la vicenda del teleriscaldamento, una innovazione tecnologica che, nei palazzi di via dei Salici, doveva migliorare la climatizzazione degli ambienti e provocare un sensibile risparmio economico. I lavori si svolsero nel seguente modo: Aler disinstallò tutte le caldaie individuali a gas metano (160); Amga predispose la rete del teleriscaldamento fino ai piedi degli stabili e Aler installò le colonne montanti per la distribuzione dell'acqua calda. All'attivazione dell'impianto però si riscontrarono i primi problemi tecnici, che causarono fin dall'inizio forti disagi agli inquilini. La climatizzazione risultò squilibrata, troppo caldo in cucina e freddo nelle altre camere e nel bagno. Si tentò di correre ai ripari, ma il peggio doveva ancora arrivare … All'arrivo delle prime bollette emesse da Amga, i condomini scoprirono che i costi per il riscaldamento e l’acqua calda risultavano più del doppio, rispetto ai costi con il precedente sistema autonomo a metano. L'arrivo delle bollette "pazze" fece emergere che nel sistema vi era una grande dispersione di calore. Di chi la responsabilità?

Per accertare cause e responsabilità delle fortissime dispersioni di calore (in alcuni casi superiori al 50%), Aler, Comune ed Amga, di comune accordo, affidarono a tecnici del Politecnico di Milano il compito di peritare quanto stava succedendo. Nel 2014 arrivò il responso, con il quale si certificava che la coibentazione delle colonne montanti di distribuzione dell'acqua calda installate da Aler, non era stata eseguita con i criteri tecnici adeguati: eppure il sistema aveva passato il collaudo!

Ormai da più di sei anni i condomini stanno cercando di ottenere quello che spetta loro di diritto, anche con azioni legali: un impianto che funzioni a dovere, costi parametrati al consumo reale e risarcimento dei danni per i disagi subiti. Siamo a marzo 2017 ed Aler, dopo diversi incontri con il Comune e la Regione, non ha ancora eseguito i lavori di adeguamento delle colonne per ridurre al minimo la dispersione di calore. Il teleriscaldamento doveva essere il fiore all'occhiello del "Contratto di Quartiere", invece si è rivelato un super disastro.

L'altra vicenda invece riguarda gli stabili di via Carlo Porta. Lo stato attuale è il seguente: lo stabile al numero civico 144 è in attesa di essere completamente rifatto (sono anni che i lavori continuano ad essere rimandati). Forse i lavori inizieranno quest'anno in autunno e, nel frattempo, tutti gli accessi sono stati murati per impedire la presenza di abusivi. Gli inquilini del civico 144, in buona parte, sono stati trasferiti al civico 122, altro stabile Aler, pure questo in condizioni manutentive scandalose. E' nota la vicenda scoppiata a novembre del 2015 in cui gli inquilini, dopo numerosi ed infruttuosi tentativi di relazionarsi con i responsabili di Aler, esposero al sindaco di Legnano le condizioni semi fatiscenti dello stabile. Alloggi con vistose e insane presenze di muffe, infiltrazioni d’acqua imponenti sulle pareti perimetrali dello stabile, cantine insalubri e fatiscenti, rete fognaria precaria, ecc.

Con ordinanza sindacale del dicembre 2015 si ordinò ad Aler di intervenire per ripristinare le condizioni igienico - sanitarie previste dalla legge. Qualcosa si mosse, alcuni interventi vennero eseguiti per contenere al meglio l’alto stato di degrado dello stabile. Ma per tornare ad una condizione di normalità ed abitabilità, di cose da fare ne mancano ancora tante e purtroppo non si sa ancora ad oggi, quando verranno fatte e se verranno fatte.



Arcipelago Milano – Settimanale Milanese di Politica e Cultura
N. 05 - ANNO IX - 8 febbraio 2017

ALER IN DISSESTO: LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA
Tutti sapevano ma la strumentalizzazione prevale su tutto
di Luca Beltrami Gadola

Il problema di Aler rispunta periodicamente, in particolare quando ci si avvicini a una scadenza elettorale e questa coincidenza non è casuale: per ogni forza politica sono due le ragioni per considerare la “casa” un terreno fertile: è una questione che tocca tutti i cittadini, è il modo più semplice per catturare consenso. Voglio affrontare con più respiro la questione casa/ edilizia sociale e mondo della politica andando oltre i limiti di un solo editoriale.

Partiamo dal dopoguerra. Il problema come lo intendiamo noi oggi è vecchio almeno quanto l’Unità d’Italia. Il Governo con la legge 28 febbraio 1949, n.43 prese un provvedimento chiamato Piano Fanfani dal nome del suo più acceso sostenitore e la Democrazia Cristina di allora sposò un’equazione: proprietario di casa uguale cittadino moderato. Da allora tutti i partiti si diedero a una politica della casa attenta al proprio elettorato anche se non tutti in versione moderatista. Non la farò lunga ma per capirne meglio l’importanza, anche ideologica, ricorderò ai più giovani, che non ne videro i fasti, le “cooperative rosse”, le “cooperative bianche” e persino le “cooperative verdi” con riferimento al Partito Repubblicano: tutte cooperative edilizie. Di queste vicende parleremo ancora.

In questo scenario un ruolo di spicco lo ebbero gli IACP (Istituti Autonomi Case Popolari). Per lungo tempo furono il braccio secolare dell’intervento pubblico: Stato, INA Casa, Gescal. A partire dal 1977 con l’entrata in vigore del DPR 616 gli IACP furono soppressi e trasformati in Ater (Aziende territoriali per l’edilizia residenziale) e fu trasferito loro ovviamente anche il patrimonio edilizio relativo: nasce nel 1996 dunque anche Aler Milano (Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale). Se l’edilizia sociale era comunque stata sino ad allora terreno di raccolta del consenso elettorale e di lotta politica a livello nazionale, la sua gestione regionale e dunque locale accentuò questo carattere e ne ho una concreta testimonianza.

Ma veniamo ad Aler Milano. Ne sono stato consigliere di amministrazione su designazione del Comune di Milano per 21 mesi, dall’ottobre del 2011 al giugno del 20013: per mia fortuna troppo poco per portare la responsabilità degli addebiti che da sempre e anche ora si fanno alla gestione ma anche troppo poco per rimediare, come avrei voluto se fosse stato possibile, ai guasti. Non sono l’avvocato d’ufficio ma nemmeno un ingenuo detrattore. Prima di passare alla cronaca va fatta una premessa. Chiunque parli di Aler deve sapere che Aler è una società immobiliare a capitale interamente pubblico (Regione Lombardia), con intento sociale, dedicata alla gestione e amministrazione del proprio patrimonio ma che ha svolto, attività di property menagement: lo ha fatto per conto del Comune di Milano fino a quando questo ruolo è stato affidato a MM nel dicembre 2014. La transizione della gestione del patrimonio di edilizia sociale dal Comune ad Aler, dopo la catastrofica parentesi della Romeo Gestioni S.p.A. (sindaco Moratti), e poi da Aler a MM, l’ho in parte vissuta e va raccontata. Lo farò.

Ancora una considerazione fondamentale. Aler gestisce un patrimonio immobiliare che nel territorio dell’ex provincia di Milano, ora Città Metropolitana, accoglie una popolazione di circa 350.000 persone, più di Bergamo e Brescia messe insieme. Nella sola Milano sono circa 120.000 e che sommati agli inquilini del Comune fanno circa 200.000. Dunque non bazzecole. Vale la pena parlarne con rispetto e serietà. Questo è l’interrogativo al quale si deve rispondere: il dissesto di Aler è sostanzialmente attribuibile a un’incapacità gestionale o a condizioni oggettive di impossibilità a far quadrare i conti?

Ovviamente la gestione – da riorganizzare almeno in parte – ha il suo peso ma basta guardare il documento cui fanno riferimento oggi tutte le critiche – la due diligence affidata alla società BDO da Regione Lombardia – , per capire che col livello di morosità passato – e presente (vedi articolo Corriere della sera ediz. Milanese di domenica 5/2/2017) - nemmeno un asso della finanza creativa e della gestione oculata sarebbe riuscito a tenere in piedi la baracca. Chiunque avrebbe capito che anche solo la manutenzione ordinaria, quella straordinaria e l’ammortamento non sarebbero stati coperti dal gettito dei canoni di locazione fissati per legge, pur tenendo magari conto di un tasso di morosità ragionevole: comunque anche solo per sentito dire tutti da anni lo sapevano. Ma la politica era interessata ad altro. La cronaca milanese parla da sola.

Il basso livello dei canoni, non sufficienti a una gestione normale era cosa dunque nota, eppure senza che nessuno obbiettasse il Presidente Comitato di Quartiere 22 Marzo chiede all’assessore Regionale Domenico Zambetti di abbattere i canoni locativi del 20%, i canoni per spese del 15%, il 10% sulle spese di riscaldamento e ridurre del 50% gli arretrati del conguaglio spese. Di questa stessa attività “calmieratrice” si vantò la capogruppo del Pd Carmela Rozza nel maggio 2012 quando l’assessore regionale Zambetti sollecitò  Lucia Castellano, assessore alla casa del Comune di Milano, a disapplicare una norma che imponeva il ricalcolo dei canoni ancora in vigore a seguito delle norme sull’equo canone, ricalcolo sfavorevole per gli inquilini in questo caso non riconducibili alla categoria dei meno abbienti. L’applicazione della legge fu sospesa e Carmela Rozza ebbe modo di comunicarla personalmente
per conto del Pd agli inquilini.

Di questo fatto, che aggravava la situazione debitoria, mi lamentai per iscritto anche col sindaco senza particolare riscontro, sollecitando contemporaneamente un incontro tra lui e i vertici di Aler, richiesta fatta per mio tramite in quanto consigliere da lui designato, per poter illustrare l’insostenibile situazione del patrimonio di edilizia residenziale. L’incontro non vi fu ma la gestione  delle case popolari del Comune alla fine passò ad MM senza che la crisi di Aler vedesse una soluzione.

Nel frattempo maturava sempre di più la convinzione che Aler dovesse vendere parti consistenti del patrimonio per far fronte ai suoi debiti ma soprattutto per mantenere a un ragionevole livello l’abitabilità dei suoi quartieri.
Che questa fosse una missione impossibile me ne resi conto subito e all’uscita di un’audizione pubblica, il cui argomento era la vicenda dell’assessore Zambetti accusato e poi condannato per voto di scambio in collusione con la mafia per aver favorito un’assunzione in Aler, dichiarai ai giornalisti che nel breve volgere di qualche anno Aler avrebbe venduto il penultimo appartamento per mantenere l’ultimo e che questo era il vero problema. Fui accusato di seminare il panico. Il dissesto di Aler era noto a tutti ma prevalevano nell’affrontarlo interessi elettorali. Ancora oggi?

Fin qui è solo cronaca e mi fermo ma molto altro va detto sul problema di Aler e in generale sul destino dell’edilizia sociale perché tanti sono gli errori commessi in passato da non ripetere in futuro. Alla prossima. (continua)

Luca Beltrami Gadola



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