PAN Europe, insieme ai suoi membri affiliati, sta creando
una rete congiunta di città libere dai pesticidi in tutta Europa. La
Rete delle Città Libere dai Pesticidi prevede un'Europa in cui l'uso di
pesticidi sia ridotto al minimo e sostituito con alternative sostenibili,
tutelando in questo modo la salute dei cittadini e dell'ambiente e garantendo
una migliore qualità di vita. L'obiettivoprincipale è riunire
una massa critica di città impegnate ad eliminare l'uso degli antiparassitari e
fornire una piattaforma europea all’interno della quale condividere esperienze,
pratiche e conoscenze, ricevendo un supporto reciproco.
La rete mira, inoltre, ad aumentare la consapevolezza
politica a tutti i livelli. L'adesione alle Città Libere dai Pesticidi richiede
un impegno politico, vale a dire firmare il Protocollo in modo che i
risultati conseguiti possano essere utilizzati anche per sostenere ulteriori
adesioni a livello nazionale ed europeo. Il "Protocollo" è un impegno
per le città che stanno lavorando per bandire i pesticidi dal loro territorio,
o che sono già senza pesticidi e vogliono fare di più (ad esempio vietando i
pesticidi anche nelle aree agricole, o supportando l'agricoltura biologica,
etc.).
I comuni italiani ad oggi in rete sono: Acquaviva delle Fonti,
Alghero, Aradeo, Barge, Bastida Pancarana, Belluno, Biccari, Bolzano, Casalduni,
Cassano delle Murge, Copertino, Fallo, Forni di Sotto, Galatone, Guardia
Sanframondi, Limana, Limatola, Lozzolo, Mals, Matino, Melpignano, Miglierina, Montesegale,
Morozzo, Nociglia, Occhiobello, Ozalj, Pratola Peligna, Ragusa, Robilante, Roseto
Capo Spulico, Salve, San Cassiano, Sorradile, Varese, Volvera.
Sabato
26 maggio 2018 alle ore 15.00 presso la Biblioteca Civica di Castellanza (VA)
in Piazza Castegnate 2/bis, verrà proiettato a cura del Centro per la Salute
“Giulio A. Maccacaro” Onlus, il docu-film sul disastro di Manfredonia e
presentato dall’autore, il libro “La fabbrica della felicità”.
Il docufilm “Pesticidi, siamo
alla frutta” di Andrea Tomasi e Leonardo Fabbri si affida al parere di medici
ed esperti per indagare gli effetti dell'agricoltura intensiva. Von Valentino Liberto 25.04.2018
Salto.bz: Andrea Tomasi,
dopo "La farfalla avvelenata" e "Veleni in paradiso", torna
con una nuova docu-inchiesta. Di cosa tratterà? Andrea Tomasi: Il
documentario racconta del problema dei pesticidi in agricoltura e nel commercio
in Italia, con il baricentro spostato in direzione Trentino-Alto Adige. Si
parla con esperti, oncologi, pediatri, nutrizionisti, contadini bio e non bio,
e si affronta la questione a livello nazionale. Ci siamo affidati a numeri
certi, ovvero i dati forniti dall'Ispra, attraverso schede nelle quali si
illustrano le quantità di pesticidi più usati – perché sono tantissime le
tipologie – mostrando regione per regione le vendite in tonnellate. Per dare un
po' l'immagine a livello “plastico” di qual è la situazione in Italia.
E qual è la situazione nel
nostro paese – e nella nostra regione in particolare? Per quanto riguarda il Trentino,
un contadino biologico (da noi intervistato) assieme al “Comitato per il
diritto alla salute” della Val di Non ha raccolto dei campioni poi sottoposti
alle analisi del laboratorio di Firenze. Ebbene, sono state trovate tracce di
pesticidi nello sterco dell'orso – animale con cui conviviamo e che
evidentemente convive con i nostri mali – e nel favo di cera d'un alveare. Cosa
abbastanza preoccupante, perché il pesticida passa direttamente nel miele che
consumiamo.
Con effetti sulla salute... L'oncologa Patrizia Gentilini
racconta di analisi fatte in Germania e in Italia su un campione di 14 donne in
gravidanze: nel 100% dei casi analizzati sono state trovate tracce di
fitofarmaci nelle urine. Il campione non è statisticamente rilevante: i medici
dell'ambiente hanno fatto analisi “in proprio” - ciò che però le istituzioni
non fanno. Fitofarmaci si trovano pure nei ghiacciai, ad alta quota: a tal
proposito abbiamo il contributo importante del meteorologo Luca Mercalli, che
interviene sulla questione dei cambiamenti climatici. Parliamo inoltre delle
analisi eseguite in val di Non promosse dalla nutrizionista Renata Alleva su
una trentina di abitanti – donne uomini e bambini – riguardo gli effetti sul
DNA della presenza di pesticidi, nonché analizzando la polvere presente nelle
abitazioni.
Velia Lalli, Luca Mercalli, Marco
Paolini Nel docufilm compaiono
altri nomi “autorevoli”. Siamo molto contenti perché c'è
stata la partecipazione di molte persone che lavorano sul territorio e mettono
a disposizione le proprie competenze, capacità e il proprio tempo. Velia Lalli,
regina della stand up comedy, volto noto di Comedy Central di Sky
e di Sbandati su Raidue, racconta con il suo senso dell'umorismo molto
graffiante e senza filtri il mondo del commercio biologico: sostiene quello che
tanti cittadini dicono, ovvero che il biologico costi troppo, ma al contempo lo
difende – mostrando le contraddizioni dell'agricoltura intensiva. Abbiamo
inoltre un intervento di Marco Paolini, un grande onore per noi.
Se manteniamo il focus
sulla nostra regione, sul banco degli imputati siede la coltura intensiva dei
meleti. In Sudtirolo, il “caso Malles” ha dato una spallata all'agricoltura
convenzionale, ma prevalgono ancora le resistenze nella transizione da un
modello all'altro. Passando dalla val Venosta alla valle di Non, qual è
l'atteggiamento dei trentini nel dibattito sul biologico? Chiaramente è un mondo variegato,
sia quello degli agricoltori che quello dei consumatori. Ognuno di noi è
responsabile: ogni volta che si va al supermercato, scegliendo una cosa dai un
voto con il portafoglio e incidi nel tuo piccolo sul mercato. Se chiedi
non-biologico, il mercato ti dà quello, se chiedi biologico ti darà l'altro. La
sensibilità per quanto riguarda i cittadini sta aumentando, noi stiamo
ricevendo molti riscontri. La prima proiezione, lo scorso 17 aprile a Trento, è
andata molto bene, con oltre 200 persone in sala e una trentina rimaste fuori.
Ho l'impressione che inizi a crescere la sensibilità anche da parte degli
agricoltori, i quali si rendono conto come il sistema, così com'è costruito
adesso, non si sa quanto possa reggere in termini di sostenibilità. Non tutti i
contadini sono uguali e nessuno vuole prendersela con loro: vengo da una
famiglia di contadini e so di cosa sto parlando. E nessuno di noi se la prende nemmeno
con gli abitanti della val di Non.
Il giornalista trentino Andrea
Tomasi, co-autore del docufilm È aumentata anche la
percezione sociale del pericolo? Tutti sanno che i pesticidi non
fanno bene: basti pensare alla mamma che quando vede un atomizzatore in
funzione la prima cosa che fa è prendere il bambino, portarlo dentro e chiudere
le finestre. Il buon senso ci porta a fare questo. Ma una cosa è avere buon
senso, un'altra è sentirselo dire numeri alla mano da medici ed esperti che ci
chiedono di fare qualcosa. Nessuno dice che il biologico sia la perfezione, ma
di sicuro non abbiamo molte altre scelte.
Avete ricevuto donazioni
per la realizzazione del docufim? Non siamo sponsorizzati da
nessuno, la nostra forza è la nostra libertà. Tutto è autofinanziato, anzi,
tecnicamente siamo in perdita. Abbiamo lavorato con le nostre sole forze, nei
ritagli di tempo, anche di notte. Sono occorsi due anni di lavoro. Ringrazio in
particolare Leonardo Fabbri: lui dice che io sono il frontman e lui il
batterista, ma senza batterista il docufilm non sarebbe rock. Rispetto al
documentario “molto locale” precedente, Veleni in paradiso – dove si
parla del traffico di rifiuti tossici provenienti da mezza Italia con capolinea
in Trentino e solo un parte era dedicata ai veleni dell'agricoltura intensiva –
questo è un qualcosa di più. Racconta uno spaccato del nostro paese.
Se il principio di
precauzione è stato interiorizzato dalle persone, riguardo la potenziale
pericolosità degli erbicidi l'Italia aveva assunto a livello europeo una
posizione favorevole alla messa al bando del glifosato – salvo poi essere
stoppata dalle decisioni prese a Bruxelles. Dobbiamo fare i conti con
interessi di vario tipo, un braccio di ferro con chi di sicuro non ha
l'interesse per il diritto alla salute. Il principio di precauzione dice: nel
dubbio evitiamo. Sono tutti farmaci a norma di legge, nessuno ha detto che sono
fuorilegge, perciò siamo avvelenati a norma. Ma non viene calcolato l'effetto del
mix dei fitofarmaci: ogni singolo pesticida è controllato e regolato, ma non
c'è un controllo sull'intero complesso del cocktail che viene utilizzato. Tutta
la nostra società deve fare i conti con varie forme di inquinamento. So che il
traffico non fa bene, non pensiamo di vivere su Marte, ma dove possiamo – e su
questo possiamo! – dobbiamo intervenire per il bene nostro e dei nostri
bambini. Tutti gli esperti intervistati sostengono che sono loro a risentirne
di più perché maggiormente esposti.
Il sottotitolo del
documentario è “Biancaneve non è sola”. Cosa intendete dire? Come Biancaneve anche noi siamo
avvelenati, e non c'è nessuno sul cavallo bianco a salvarci, ma dobbiamo
sellarlo noi il cavallo, ferrarlo, e cavalcare per risolvere i problemi. Dobbiamo
sbrigarcela da soli, il punto è proprio questo: come cittadini non si può
delegare e basta – questo lo vediamo anche nell'impegno meritorio di vari
comitati – i cittadini dovrebbero, anzi, possono prendere coscienza di un
problema, affrontarlo in un certo modo ed essere consumatori consapevoli. Ogni
volta che andiamo in un negozio decidiamo cosa portarci in casa.
Intanto anche il tanto
vituperato orso soffre con noi ... Il comitato per il diritto alla
salute della val di Non, autofinanziandosi con sacrifici abbastanza importanti,
ha fatto delle analisi sullo sterco dell'orso, dimostrando che stiamo
contaminando anche loro. Biancaneve è in compagnia, ma la compagnia è bella
ricca, con umani e anche animali. Ci sono anche tanti nani: coloro che hanno
potere decisorio ma non decidono o fanno finta di non vedere.
Da parte dei cittadini
occorre una maggiore consapevolezza, allo stesso tempo però incontriamo
ostacoli politici a livello europeo, nazionale e locale. Oltre a ciò che
possiamo fare “noi”, quali iniziative istituzionali andrebbero intraprese più
urgentemente affinché cambino le cose? Bisogna prendere in mano tutto il
sistema e analizzarlo bene, coinvolgendo se possibile i comitati, i medici per
l'ambiente, le persone che tutti i giorni vivono a stretto contatto con gli
agricoltori che giustamente rivendicano il diritto a produrre e fare reddito –
però dall'altra parte devono convivere con le persone che hanno il diritto di
vivere in un certo modo, senza sentirsi minacciati dalle nubi degli atomizzatori.
E dovremmo sporcarci tutti un po' le mani, magari, e coltivare qualcosa. Chi mi
dice “ah, 'tanto ho risolto perché compro a chilometro zero” ma se il tuo
vicino di casa usa il napalm... il prodotto a km zero è comunque contaminato.
La strada di Malles è
percorribile pure altrove? È un bellissimo esempio. Pur con
tutti i problemi che hanno avuto – non hanno certo avuto vita facile – faccio i
miei complimenti a distanza per il loro impegno. Su molti fronti il Trentino
può prendere esempio dai cugini altoatesini. Occorre prendere coscienza
come cittadini, genitori, singoli. La sensibilità maggiore arriva da parte
delle famiglie: quando si diventa madri o padri si prende coscienza di un
problema che magari prima sottovaluti. Non voglio insegnare niente a nessuno,
anch'io facevo parte di questa categoria e ho imparato coi miei tempi. Noi con
il documentario vogliamo arrivare a tutti, anche a chi ha sottovalutato il
problema e magari al supermercato compra una mela lucida, perfetta e
gigantesca.