La Repubblica - Bologna 24.02.2012
Il lupo salvato con la respirazione bocca a bocca
Un video del Centro tutela e ricerca fauna esotica e Selvatica Monte Adone(Bologna) racconta lo straordinario salvataggio di Navarre, un lupo recuperato il 9 gennaio scorso in un fiume. Quasi congelato, denutrito, con paresi agli arti e 35 pallini nel corpo. Rianimato, con massaggio cardiaco e respirazione 'bocca a bocca' e poi operato, il lupo si sta lentamente riprendendo nell'ospedale del centro.
“Non sempre i cattivi delle favole, poi lo sono nella realtà”
domenica 26 febbraio 2012
“I partiti devono rinnovarsi altrimenti non c’è democrazia”
di Goffredo De Marchis - La Repubblica 25 febbraio 2012
Il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, firma, a nome di tutta l’associazione Libertà e Giustizia, il primo manifesto del dopo-Berlusconi. Un modo per celebrare i dieci anni di vita di L&g e “per progettare l’avvenire”.
Nel suo documento, professore, lei sembra non accodarsi alla Monti-mania. Perché? “Perché l’atteggiamento acritico è in ogni caso, Monti e non Monti, non consono alla democrazia che è un regime per definizione critico, dove tutti pensano con la propria testa ed è escluso il culto della personalità. Tempo fa in un librettino, trattando del processo di Gesù – uno scandalo della democrazia – si è contrapposta la democrazia dogmatica e la democrazia populista alla democrazia critica. Quest’ultima è la versione liberale della democrazia. Quindi, con tutto il rispetto per le fatiche del governo tecnico e con la speranza che si ripone nell’operazione Monti, la rinuncia alla politica, alla lunga, mi pare un pericolo”.
Siamo alla democrazia sospesa? “Il governo tecnico di Mario Monti è probabilmente il meglio che il tempo presente ci può offrire. Ma occorre riportare in onore la politica. Certo, i partiti attuali offrono un pessimo spettacolo. L’esecutivo deve fronteggiare altri interlocutori: lobby, associazioni, sindacati. Le forze politiche sono ridotte al mugugno o al mugolio. La ripresa della democrazia e della politica però ha bisogno di partiti rinnovati. Sono l’unico strumento che conosciamo per unificare la società e tenerla insieme”.
Sbaglia allora chi a destra e a sinistra invoca Monti a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni del 2013?“Assistiamo a due fenomeni contemporaneamente. Da una parte al tentativo di impadronirsi del fenomeno Monti; dall’altra al desiderio di nascondere dietro ai tecnici la propria impotenza politica. Ma questo è un problema. In generale, siamo di fronte ad eventi che devono farci riflettere. Le istituzioni europee, mesi fa, hanno imposto alla Grecia di non fare un referendum e ora sembra che vogliano imporre a quel paese di non votare ad aprile. In Italia sento ipotesi di rinvio delle elezioni amministrative. E nessuno osa dire che a qualcuno piacerebbe rinviare pure le politiche del 2013. Siamo tutti impazziti?”.
Vede per noi un rischio Grecia non solo economico ma anche democratico?
“Non vedo, ma temo. Consideriamo che l’articolo 11 della Costituzione, su cui si basa la nostra adesione alla Ue, consente rinunce alla nostra sovranità solo in condizioni di parità con gli altri Stati e solo a favore di istituzioni sovranazionali che operino per la giustizia tra le nazioni, non per favorire le operazioni di investitori – spesso speculatori – che operano sui mercati finanziari. Limitazioni della sovranità sì ma non a occhi chiusi. L’arduo doppio compito del governo è salvarci dalla bancarotta e salvare la sovranità nazionale. Per questa seconda parte la tecnica non basta: occorre la politica”.
Perché LeG non vuole che questo Parlamento faccia le riforme costituzionali? La riduzione del numero dei parlamentari come si realizza? “
Prima si deve andare a votare, poi si mette mano alle riforme istituzionali con un Parlamento nuovo. Quella per la riduzione del numero dei parlamentari è una battaglia giusta ma tutto sommato marginale. Come si diceva una volta? I problemi sono ben altri. Aggiungo: la revisione della Costituzione, quando è autoriforma della politica, risulta molto difficile. Un antico testo anonimo firmato “il vecchio oligarca” – “La costituzione degli ateniesi” – sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi. È come il barone di Munchausen che cade nelle sabbie mobili e vuole tirarsi fuori aggrappandosi ai codini della parrucca. Tragicamente quel testo dice che alla fine la democrazia può solo essere abbattuta. Ho ritegno a dirlo. Allora diciamo così: la sfida della nostra classe politica è dimostrare che il vecchio oligarca aveva torto”.
E il Porcellum con quale formula va spazzato via? “Esistono tante idee di giustizia elettorale, come la chiamo io. È giusto il proporzionale, lo è il sistema uninominale dove si elegge il migliore, lo è anche il maggioritario che premia il più forte per permettergli di governare. Sono tutti sistemi che hanno una logica chiara. L’elettore sa come viene usato il suo voto. L’unica cosa che i partiti non dovrebbero fare sono i pasticci cioè mescolare sistemi eterogenei solo per soddisfare il loro interesse”.
Voi proponete di sottoporre comunque a referendum eventuali riforme istituzionali. Anche se il Parlamento le approva con la maggioranza di due terzi. Ma è contro la Costituzione. “La nostra richiesta nasce in un contesto di democrazia rappresentativa debole e delegittimata. All’assemblea costituente si disse: se c’è una maggioranza tanto ampia non c’è bisogno di interpellare i cittadini. Ma la premessa qual era? Che quei partiti rappresentassero davvero il popolo italiano. Oggi viviamo una crisi della rappresentanza. Quel presupposto è diventato fragile. Sarebbe buona cosa avere comunque un voto popolare. Che o tolga di mezzo la riforma o la legittimi in maniera solenne”.
Come se la caverà Libertà e giustizia senza Berlusconi? “Possiamo riempire due armadi con l’attività svolta in dieci anni. L’armadio di Berlusconi resta aperto per quel che si dice essere il “berlusconismo”, qualcosa di più pervasivo del suo fondatore. Ci sono decine di leggi ad personam che andrebbero riviste. E non solo: la condanna della Corte di Strasburgo per la politica anti-immigrati non dice niente? Il secondo armadio è il futuro della politica. Ci dicono: cosa proponete oltre a manifestare esigenze e bisogni? Ma, diciamo noi, la risposta tocca alla classe dirigente proporre, è lì per questo. Noi manifestiamo esigenze. Una proposta che ci pare fondamentale, però l’abbiamo: la politica si apra alla società civile. Che non è il salotto buono, ma sono cittadini di ogni età, ceto sociale, professione che dedicano tempo, competenza, denaro ad attività d’interesse pubblico per pura dedizione al bene comune. Abbiamo bisogno di altre facce, d’altre energie, d’altri carismi. Soprattutto, di parole nuove. Non vede che quelle di oggi sono solo ripetizioni?”
La Repubblica 25 febbraio 2012 - “I partiti devono rinnovarsi altrimenti non c’è democrazia”
Il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, firma, a nome di tutta l’associazione Libertà e Giustizia, il primo manifesto del dopo-Berlusconi. Un modo per celebrare i dieci anni di vita di L&g e “per progettare l’avvenire”.
Nel suo documento, professore, lei sembra non accodarsi alla Monti-mania. Perché? “Perché l’atteggiamento acritico è in ogni caso, Monti e non Monti, non consono alla democrazia che è un regime per definizione critico, dove tutti pensano con la propria testa ed è escluso il culto della personalità. Tempo fa in un librettino, trattando del processo di Gesù – uno scandalo della democrazia – si è contrapposta la democrazia dogmatica e la democrazia populista alla democrazia critica. Quest’ultima è la versione liberale della democrazia. Quindi, con tutto il rispetto per le fatiche del governo tecnico e con la speranza che si ripone nell’operazione Monti, la rinuncia alla politica, alla lunga, mi pare un pericolo”.
Siamo alla democrazia sospesa? “Il governo tecnico di Mario Monti è probabilmente il meglio che il tempo presente ci può offrire. Ma occorre riportare in onore la politica. Certo, i partiti attuali offrono un pessimo spettacolo. L’esecutivo deve fronteggiare altri interlocutori: lobby, associazioni, sindacati. Le forze politiche sono ridotte al mugugno o al mugolio. La ripresa della democrazia e della politica però ha bisogno di partiti rinnovati. Sono l’unico strumento che conosciamo per unificare la società e tenerla insieme”.
Sbaglia allora chi a destra e a sinistra invoca Monti a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni del 2013?“Assistiamo a due fenomeni contemporaneamente. Da una parte al tentativo di impadronirsi del fenomeno Monti; dall’altra al desiderio di nascondere dietro ai tecnici la propria impotenza politica. Ma questo è un problema. In generale, siamo di fronte ad eventi che devono farci riflettere. Le istituzioni europee, mesi fa, hanno imposto alla Grecia di non fare un referendum e ora sembra che vogliano imporre a quel paese di non votare ad aprile. In Italia sento ipotesi di rinvio delle elezioni amministrative. E nessuno osa dire che a qualcuno piacerebbe rinviare pure le politiche del 2013. Siamo tutti impazziti?”.
Vede per noi un rischio Grecia non solo economico ma anche democratico?
“Non vedo, ma temo. Consideriamo che l’articolo 11 della Costituzione, su cui si basa la nostra adesione alla Ue, consente rinunce alla nostra sovranità solo in condizioni di parità con gli altri Stati e solo a favore di istituzioni sovranazionali che operino per la giustizia tra le nazioni, non per favorire le operazioni di investitori – spesso speculatori – che operano sui mercati finanziari. Limitazioni della sovranità sì ma non a occhi chiusi. L’arduo doppio compito del governo è salvarci dalla bancarotta e salvare la sovranità nazionale. Per questa seconda parte la tecnica non basta: occorre la politica”.
Perché LeG non vuole che questo Parlamento faccia le riforme costituzionali? La riduzione del numero dei parlamentari come si realizza? “
Prima si deve andare a votare, poi si mette mano alle riforme istituzionali con un Parlamento nuovo. Quella per la riduzione del numero dei parlamentari è una battaglia giusta ma tutto sommato marginale. Come si diceva una volta? I problemi sono ben altri. Aggiungo: la revisione della Costituzione, quando è autoriforma della politica, risulta molto difficile. Un antico testo anonimo firmato “il vecchio oligarca” – “La costituzione degli ateniesi” – sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi. È come il barone di Munchausen che cade nelle sabbie mobili e vuole tirarsi fuori aggrappandosi ai codini della parrucca. Tragicamente quel testo dice che alla fine la democrazia può solo essere abbattuta. Ho ritegno a dirlo. Allora diciamo così: la sfida della nostra classe politica è dimostrare che il vecchio oligarca aveva torto”.
E il Porcellum con quale formula va spazzato via? “Esistono tante idee di giustizia elettorale, come la chiamo io. È giusto il proporzionale, lo è il sistema uninominale dove si elegge il migliore, lo è anche il maggioritario che premia il più forte per permettergli di governare. Sono tutti sistemi che hanno una logica chiara. L’elettore sa come viene usato il suo voto. L’unica cosa che i partiti non dovrebbero fare sono i pasticci cioè mescolare sistemi eterogenei solo per soddisfare il loro interesse”.
Voi proponete di sottoporre comunque a referendum eventuali riforme istituzionali. Anche se il Parlamento le approva con la maggioranza di due terzi. Ma è contro la Costituzione. “La nostra richiesta nasce in un contesto di democrazia rappresentativa debole e delegittimata. All’assemblea costituente si disse: se c’è una maggioranza tanto ampia non c’è bisogno di interpellare i cittadini. Ma la premessa qual era? Che quei partiti rappresentassero davvero il popolo italiano. Oggi viviamo una crisi della rappresentanza. Quel presupposto è diventato fragile. Sarebbe buona cosa avere comunque un voto popolare. Che o tolga di mezzo la riforma o la legittimi in maniera solenne”.
Come se la caverà Libertà e giustizia senza Berlusconi? “Possiamo riempire due armadi con l’attività svolta in dieci anni. L’armadio di Berlusconi resta aperto per quel che si dice essere il “berlusconismo”, qualcosa di più pervasivo del suo fondatore. Ci sono decine di leggi ad personam che andrebbero riviste. E non solo: la condanna della Corte di Strasburgo per la politica anti-immigrati non dice niente? Il secondo armadio è il futuro della politica. Ci dicono: cosa proponete oltre a manifestare esigenze e bisogni? Ma, diciamo noi, la risposta tocca alla classe dirigente proporre, è lì per questo. Noi manifestiamo esigenze. Una proposta che ci pare fondamentale, però l’abbiamo: la politica si apra alla società civile. Che non è il salotto buono, ma sono cittadini di ogni età, ceto sociale, professione che dedicano tempo, competenza, denaro ad attività d’interesse pubblico per pura dedizione al bene comune. Abbiamo bisogno di altre facce, d’altre energie, d’altri carismi. Soprattutto, di parole nuove. Non vede che quelle di oggi sono solo ripetizioni?”
La Repubblica 25 febbraio 2012 - “I partiti devono rinnovarsi altrimenti non c’è democrazia”
sabato 25 febbraio 2012
Chiarezza con gli elettori
di Giuseppe Marazzini
25.02.2012
A due mesi dalle elezioni amministrative l’Italia dei Valori ha deciso di stare con Centinaio. “Siamo stati sempre con lui”, si sono affrettati a dichiarare i capi del partito locale. I sostenitori di Centinaio plaudono e parlano di alleanze strategiche per sconfiggere il centro destra. Cosa c’è di nuovo sotto il cielo di Legnano? Nulla. Solo la conferma che la scelta di Centinaio è stata fatta dalle segreterie dei partiti. L’avevo già previsto con largo anticipo quando, nella mia dichiarazione di autocandidatura, aprile 2011, scrivevo ““….penso sia un errore politico presentare un candidato frutto della cosiddetta “ingegneria politica delle segreterie”, perché la sinistra e il centro sinistra, per affermarsi, hanno bisogno di recuperare il grosso consenso popolare perso negli ultimi decenni…”” e lo stesso messaggio lo inviai ai segretari delle forze che sostengono oggi Centinaio. In una lettera scritta a maggio dell’anno scorso, chiedevo loro un confronto, confronto che non c’è mai stato, ma che è stato piuttosto negato senza dare spiegazioni.
A questo punto, però, è giunto il momento di essere chiari e onesti con le elettrici e gli elettori legnanesi:
- primo: la scelta di Centinaio è frutto di accordi politici che riguardano la spartizione del potere in caso di una sua vittoria;
- secondo: Centinaio è un uomo di centro ed è stato scelto anche perché un po’ allergico alla sinistra.
La storia politica insegna che gli accordi di spartizione del potere, negoziati fra le segreterie dei partiti, favoriscono l’immobilismo e la disaffezione dei cittadini verso il voto e le istituzioni.
Qualcuno vicino a Centinaio mi ha detto: “caro mio, è la politica,…non si fa né più e né meno quello che fanno gli altri”. Ho risposto “questa è solo politica vecchia da evitare con cura”, e agli elettori di questa area dico che farebbero bene a non ascoltare il canto delle sirene delle loro segreterie.
Dal mese di maggio del 2011 ad oggi ho incontrato gruppi di cittadini legnanesi su questioni specifiche, - dall’interramento del terzo binario alla salvaguardia della chiesetta della Ponzella. Durante questi incontri ho riscontrato che i legnanesi vogliono il cambiamento e che sono stanchi della vecchia politica fatta sopra alla loro testa.
Centinaio, e me ne dispiace, non sarà in grado di cambiare questo modo di fare politica perché è prigioniero di partiti che non hanno intenzione di rigenerarsi, che vogliono conservare le loro oligarchie e che sono inclini all’auto assoluzione, in particolare quando si tratta di questione morale.
Le primarie potevano essere un’occasione di coinvolgimento e partecipazione di ampi strati del ceto popolare e Centinaio avrebbe potuto anche vincerle, ma, per non correre rischi, il PD ed Insieme per Legnano le hanno evitate tutte, sia quelle di coalizione che quelle al loro interno. Dirò di più, penso che le primarie siano state sacrificate per avere le mani libere in caso di ballottaggio. Mi auguro, comunque, che nel caso si verificasse il ballottaggio non sorgano pregiudizi atti ad ostacolare convergenze: da parte mia non ce ne saranno.
Il vero cambiamento sta arrivando con la mia autocandidatura, che ribadisco, si colloca nell’area di un centro-sinistra sul modello che si è costituito a Milano, area sostenuta dalla sinistra politica, dalla sinistra sociale e da associazioni di base. Sono convinto che, al momento del voto, le elettrici e gli elettori sapranno distinguere fra chi è vicino ai problemi della gente e chi, invece, dovrà dedicarsi a contenere l’appetito delle segreterie.
25.02.2012
A due mesi dalle elezioni amministrative l’Italia dei Valori ha deciso di stare con Centinaio. “Siamo stati sempre con lui”, si sono affrettati a dichiarare i capi del partito locale. I sostenitori di Centinaio plaudono e parlano di alleanze strategiche per sconfiggere il centro destra. Cosa c’è di nuovo sotto il cielo di Legnano? Nulla. Solo la conferma che la scelta di Centinaio è stata fatta dalle segreterie dei partiti. L’avevo già previsto con largo anticipo quando, nella mia dichiarazione di autocandidatura, aprile 2011, scrivevo ““….penso sia un errore politico presentare un candidato frutto della cosiddetta “ingegneria politica delle segreterie”, perché la sinistra e il centro sinistra, per affermarsi, hanno bisogno di recuperare il grosso consenso popolare perso negli ultimi decenni…”” e lo stesso messaggio lo inviai ai segretari delle forze che sostengono oggi Centinaio. In una lettera scritta a maggio dell’anno scorso, chiedevo loro un confronto, confronto che non c’è mai stato, ma che è stato piuttosto negato senza dare spiegazioni.
A questo punto, però, è giunto il momento di essere chiari e onesti con le elettrici e gli elettori legnanesi:
- primo: la scelta di Centinaio è frutto di accordi politici che riguardano la spartizione del potere in caso di una sua vittoria;
- secondo: Centinaio è un uomo di centro ed è stato scelto anche perché un po’ allergico alla sinistra.
La storia politica insegna che gli accordi di spartizione del potere, negoziati fra le segreterie dei partiti, favoriscono l’immobilismo e la disaffezione dei cittadini verso il voto e le istituzioni.
Qualcuno vicino a Centinaio mi ha detto: “caro mio, è la politica,…non si fa né più e né meno quello che fanno gli altri”. Ho risposto “questa è solo politica vecchia da evitare con cura”, e agli elettori di questa area dico che farebbero bene a non ascoltare il canto delle sirene delle loro segreterie.
Dal mese di maggio del 2011 ad oggi ho incontrato gruppi di cittadini legnanesi su questioni specifiche, - dall’interramento del terzo binario alla salvaguardia della chiesetta della Ponzella. Durante questi incontri ho riscontrato che i legnanesi vogliono il cambiamento e che sono stanchi della vecchia politica fatta sopra alla loro testa.
Centinaio, e me ne dispiace, non sarà in grado di cambiare questo modo di fare politica perché è prigioniero di partiti che non hanno intenzione di rigenerarsi, che vogliono conservare le loro oligarchie e che sono inclini all’auto assoluzione, in particolare quando si tratta di questione morale.
Le primarie potevano essere un’occasione di coinvolgimento e partecipazione di ampi strati del ceto popolare e Centinaio avrebbe potuto anche vincerle, ma, per non correre rischi, il PD ed Insieme per Legnano le hanno evitate tutte, sia quelle di coalizione che quelle al loro interno. Dirò di più, penso che le primarie siano state sacrificate per avere le mani libere in caso di ballottaggio. Mi auguro, comunque, che nel caso si verificasse il ballottaggio non sorgano pregiudizi atti ad ostacolare convergenze: da parte mia non ce ne saranno.
Il vero cambiamento sta arrivando con la mia autocandidatura, che ribadisco, si colloca nell’area di un centro-sinistra sul modello che si è costituito a Milano, area sostenuta dalla sinistra politica, dalla sinistra sociale e da associazioni di base. Sono convinto che, al momento del voto, le elettrici e gli elettori sapranno distinguere fra chi è vicino ai problemi della gente e chi, invece, dovrà dedicarsi a contenere l’appetito delle segreterie.
venerdì 24 febbraio 2012
L'IKEA A CERRO MAGGIORE PUO' ESSERE FERMATA
Gabriele Guccione
(da La Voce del Popolo, 28 agosto e 2 ottobre 2011)
La provincia di Torino blocca il nuovo insediamento commerciale sui terreni liberi di La Loggia. Il presidente Saitta: «Non possiamo permetterci di occupare altro terreno libero»
Il nuovo centro commerciale Ikea a La Loggia non si farà: non alle condizione della multinazionale svedese, che chiedeva di stabilirsi su un terreno agricolo di 16 ettari. Il parere negativo, vincolante, all’insediamento Ikea – e quindi alla modifica della destinazione d’uso dei terreni, da agricola a commerciale – è stato deliberato dalla Provincia di Torino il 22 luglio scorso. La decisione era stata preannunciata da tempo, da quando l’amministrazione provinciale aveva fatto notare, alcuni mesi fa, che il progetto della nuova Ikea di La Loggia non rispettava le disposizioni del nuovo Piano territoriale di coordinamento (Ptc), che stabilisce la completa tutela dei suoli agricoli. Ma il provvedimento non ha mancato di suscitare una lunga e accesa polemica tra i favorevoli all’operazione (Ikea, proprietari dei terreni e comune di La Loggia) e i contrari (associazioni di commercianti, agricoltori, ambientalisti).
Il presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta ha difeso a spada tratta la scelta. «La Provincia è favorevole a Ikea, ma non sui terreni agricoli – ha detto – A poca distanza da quei terreni ci sono aree industriali dismesse o destinate al commercio dove Ikea potrebbe benissimo collocarsi. Non possiamo permetterci di occupare altro terreno libero».
La decisione di Saitta nasce da considerazioni politiche precise, cui si ispira il nuovo Ptc provinciale: negli ultimi 15 anni in provincia di Torino sono stati consumanti 7.500 ettari di suolo fertile (una superficie di territorio grande quanto il capoluogo); d’ora in avanti i suoli liberi saranno tutelati. Non si tratta insomma – come qualche osservatore ha polemicamente affermato – di un’autorizzazione negata a causa di lungaggini burocratiche o procedurali che «impediscono lo sviluppo». E poi, anche se la Provincia avesse avvallato il cambio di destinazione delle aree, il nuovo insediamento Ikea sarebbe stato bloccato dalla Regione, la quale ha recentemente approvato una nuova legge sul commercio che blocca le autorizzazioni per i grandi centri commerciali.
Ikea ha criticato la decisione della Provincia portando la vicenda sulle pagine dei maggiori quotidiani nazionali. «Quella di La Loggia – ha dichiarato la multinazionale svedese-olandese – rappresentava l’unica localizzazione possibile per il secondo punto vendita in Piemonte, con investimento di 70 milioni di euro e una ricaduta occupazionale di 250 posti». L’azienda ha pure annunciato di voler presentare ricorso al Tribunale amministrativo contro il parere espresso della Provincia. Ma l’«ostinazione di Ikea» per i terreni di La Loggia, ha ribattuto il presidente Saitta, «è facilmente comprensibile se si pensa che l’area agricola prescelta, grazie al cambio di destinazione d’uso, avrebbe acquistato un valore di almeno 20 milioni di euro. Ikea avrebbe realizzato immediatamente una plusvalenza enorme: in questo modo sono tutti capaci di fare gli imprenditori».
La bocciatura del progetto non è andata giù neanche all’amministrazione comunale loggese, allettata dalle ricadute occupazionali e dalla «compensazioni» offerte da Ikea: 7,3 milioni di euro tra oneri di urbanizzazione e opere pubbliche (strade di accesso, svincoli, ecc); una buona opportunità per le casse del Comune di La Loggia. Di tutt’altro avviso si è dimostrata la Coldiretti, che ha «apprezzato il parere negativo espresso dalla Giunta provinciale». «Finalmente – ha commentato il presidente di Coldiretti Torino, Riccardo Chiabrando – si ha il coraggio di fermare l’indiscriminata cementificazione dei suoli agricoli. Non è possibile continuare a costruire quando il 40% dei capannoni industriali edificati nell’ultimo decennio è vuoto o inutilizzato». Considerazioni condivise anche da Legambiente e Pro Natura. E dalle associazioni dei commercianti: «Se ci sono delle regole, vanno rispettate anche se si tratta di una multinazionale», ha rimarcato Maria Luisa Coppa, presidente dell’Ascom-Confcommercio di Torino.
IKEA TORNA A BUSSARE
Intanto, nelle ultime settimane Ikea è tornata a bussare alle porte di Torino. L’ipotesi di un secondo centro commerciale nel torinese, che farà il paio con quello di Collegno, rappresenta un affare troppo appetibile da poter archiviare con un nulla di fatto, dopo l’altolà incassato dall’amministrazione provinciale sui terreni di La Loggia (tutelati perché agricoli). Fatti i dovuti conti, al contrario di quanto minacciato ad agosto con toni da ultimatum («se la Provincia non approva il progetto ce ne andiamo»), la multinazionale svedese è tornata sui suoi passi a testa bassa e sta cercando, insieme alla Regione, una collocazione alternativa, sempre a sud del capoluogo. La scelta questa volta non ricadrebbe più su terreni agricoli (come avvenne per Collegno e come si prospettava per La Loggia), ma su un’area industriale dismessa. Per Ikea significherebbe rinunciare al sostanzioso guadagno prodotto dal cambio di destinazione delle aree, che passando da agricole a commerciali, aumenterebbero di almeno 10 volte il loro valore. Ma evidentemente il gioco vale la candela, a prescindere dalle operazioni immobiliari. Le ipotesi al vaglio della multinazionale sono due: l’ex Viberti di Nichelino (dismessa solo in parte: vi lavorano ancora 100 operai) e l’area industriale di Vadò, piccola capitale dei centri commerciali a ridosso della tangenziale tra Moncalieri e Trofarello.
(da La Voce del Popolo, 28 agosto e 2 ottobre 2011)
La provincia di Torino blocca il nuovo insediamento commerciale sui terreni liberi di La Loggia. Il presidente Saitta: «Non possiamo permetterci di occupare altro terreno libero»
Il nuovo centro commerciale Ikea a La Loggia non si farà: non alle condizione della multinazionale svedese, che chiedeva di stabilirsi su un terreno agricolo di 16 ettari. Il parere negativo, vincolante, all’insediamento Ikea – e quindi alla modifica della destinazione d’uso dei terreni, da agricola a commerciale – è stato deliberato dalla Provincia di Torino il 22 luglio scorso. La decisione era stata preannunciata da tempo, da quando l’amministrazione provinciale aveva fatto notare, alcuni mesi fa, che il progetto della nuova Ikea di La Loggia non rispettava le disposizioni del nuovo Piano territoriale di coordinamento (Ptc), che stabilisce la completa tutela dei suoli agricoli. Ma il provvedimento non ha mancato di suscitare una lunga e accesa polemica tra i favorevoli all’operazione (Ikea, proprietari dei terreni e comune di La Loggia) e i contrari (associazioni di commercianti, agricoltori, ambientalisti).
Il presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta ha difeso a spada tratta la scelta. «La Provincia è favorevole a Ikea, ma non sui terreni agricoli – ha detto – A poca distanza da quei terreni ci sono aree industriali dismesse o destinate al commercio dove Ikea potrebbe benissimo collocarsi. Non possiamo permetterci di occupare altro terreno libero».
La decisione di Saitta nasce da considerazioni politiche precise, cui si ispira il nuovo Ptc provinciale: negli ultimi 15 anni in provincia di Torino sono stati consumanti 7.500 ettari di suolo fertile (una superficie di territorio grande quanto il capoluogo); d’ora in avanti i suoli liberi saranno tutelati. Non si tratta insomma – come qualche osservatore ha polemicamente affermato – di un’autorizzazione negata a causa di lungaggini burocratiche o procedurali che «impediscono lo sviluppo». E poi, anche se la Provincia avesse avvallato il cambio di destinazione delle aree, il nuovo insediamento Ikea sarebbe stato bloccato dalla Regione, la quale ha recentemente approvato una nuova legge sul commercio che blocca le autorizzazioni per i grandi centri commerciali.
Ikea ha criticato la decisione della Provincia portando la vicenda sulle pagine dei maggiori quotidiani nazionali. «Quella di La Loggia – ha dichiarato la multinazionale svedese-olandese – rappresentava l’unica localizzazione possibile per il secondo punto vendita in Piemonte, con investimento di 70 milioni di euro e una ricaduta occupazionale di 250 posti». L’azienda ha pure annunciato di voler presentare ricorso al Tribunale amministrativo contro il parere espresso della Provincia. Ma l’«ostinazione di Ikea» per i terreni di La Loggia, ha ribattuto il presidente Saitta, «è facilmente comprensibile se si pensa che l’area agricola prescelta, grazie al cambio di destinazione d’uso, avrebbe acquistato un valore di almeno 20 milioni di euro. Ikea avrebbe realizzato immediatamente una plusvalenza enorme: in questo modo sono tutti capaci di fare gli imprenditori».
La bocciatura del progetto non è andata giù neanche all’amministrazione comunale loggese, allettata dalle ricadute occupazionali e dalla «compensazioni» offerte da Ikea: 7,3 milioni di euro tra oneri di urbanizzazione e opere pubbliche (strade di accesso, svincoli, ecc); una buona opportunità per le casse del Comune di La Loggia. Di tutt’altro avviso si è dimostrata la Coldiretti, che ha «apprezzato il parere negativo espresso dalla Giunta provinciale». «Finalmente – ha commentato il presidente di Coldiretti Torino, Riccardo Chiabrando – si ha il coraggio di fermare l’indiscriminata cementificazione dei suoli agricoli. Non è possibile continuare a costruire quando il 40% dei capannoni industriali edificati nell’ultimo decennio è vuoto o inutilizzato». Considerazioni condivise anche da Legambiente e Pro Natura. E dalle associazioni dei commercianti: «Se ci sono delle regole, vanno rispettate anche se si tratta di una multinazionale», ha rimarcato Maria Luisa Coppa, presidente dell’Ascom-Confcommercio di Torino.
IKEA TORNA A BUSSARE
Intanto, nelle ultime settimane Ikea è tornata a bussare alle porte di Torino. L’ipotesi di un secondo centro commerciale nel torinese, che farà il paio con quello di Collegno, rappresenta un affare troppo appetibile da poter archiviare con un nulla di fatto, dopo l’altolà incassato dall’amministrazione provinciale sui terreni di La Loggia (tutelati perché agricoli). Fatti i dovuti conti, al contrario di quanto minacciato ad agosto con toni da ultimatum («se la Provincia non approva il progetto ce ne andiamo»), la multinazionale svedese è tornata sui suoi passi a testa bassa e sta cercando, insieme alla Regione, una collocazione alternativa, sempre a sud del capoluogo. La scelta questa volta non ricadrebbe più su terreni agricoli (come avvenne per Collegno e come si prospettava per La Loggia), ma su un’area industriale dismessa. Per Ikea significherebbe rinunciare al sostanzioso guadagno prodotto dal cambio di destinazione delle aree, che passando da agricole a commerciali, aumenterebbero di almeno 10 volte il loro valore. Ma evidentemente il gioco vale la candela, a prescindere dalle operazioni immobiliari. Le ipotesi al vaglio della multinazionale sono due: l’ex Viberti di Nichelino (dismessa solo in parte: vi lavorano ancora 100 operai) e l’area industriale di Vadò, piccola capitale dei centri commerciali a ridosso della tangenziale tra Moncalieri e Trofarello.
mercoledì 22 febbraio 2012
Incontro del Coordinamento Acqua della Lombardia
di RAL 22.02.2012
Vi informiamo che è fissato l'incontro del Coordinamento Acqua della Lombardia per
SABATO 25 FEBBRAIO dalle ore 14,00 alle ore 18,00 presso CGIL Lombardia a Sesto S.Giovanni
(entrare dal cancello carraio di viale Italia)
(per chi viene coi mezzi: MM1 linea rossa fermata Sesto Marelli, che è proprio in corrispondenza della sede CGIL)
con il seguente Ordine del Giorno:
- vertenza legge regionale: raccolta adesioni all’Appello; proposte di emendamento alla legge regionale n. 26/2003; delegazione che andrà in audizione presso VIII Commissione Consiglio Regionale; ecc.;
- situazione ATO della Lombardia: costituzione Uffici d’Ambito; affidamenti a livello di ATO; multiutility del Nord (fusione A2A, Iren, Hera; su questo argomento è fissato un apposito incontro il 26.02 a Milano);
- campagna “Obbedienza civile”;
- varie ed eventuali.
Un caro saluto, Roberto Fumagalli
e-mail: roberto@circoloambiente.org
Vi informiamo che è fissato l'incontro del Coordinamento Acqua della Lombardia per
SABATO 25 FEBBRAIO dalle ore 14,00 alle ore 18,00 presso CGIL Lombardia a Sesto S.Giovanni
(entrare dal cancello carraio di viale Italia)
(per chi viene coi mezzi: MM1 linea rossa fermata Sesto Marelli, che è proprio in corrispondenza della sede CGIL)
con il seguente Ordine del Giorno:
- vertenza legge regionale: raccolta adesioni all’Appello; proposte di emendamento alla legge regionale n. 26/2003; delegazione che andrà in audizione presso VIII Commissione Consiglio Regionale; ecc.;
- situazione ATO della Lombardia: costituzione Uffici d’Ambito; affidamenti a livello di ATO; multiutility del Nord (fusione A2A, Iren, Hera; su questo argomento è fissato un apposito incontro il 26.02 a Milano);
- campagna “Obbedienza civile”;
- varie ed eventuali.
Un caro saluto, Roberto Fumagalli
e-mail: roberto@circoloambiente.org
domenica 19 febbraio 2012
Le foto di TUTTI A CENA DA GIUSEPPE!
di RAL 19.02.2012
Cena elettorale a sostegno all’autocandidato Sindaco Giuseppe Marazzini.
Ieri sera, sabato 18 febbraio, presso il Centro Parrocchiale di Mazzafame, in via dei Pioppi 4, si è svolta con la presenza festosa di più di un centinaio di persone, la cena elettorale a sostegno dell’autocandidato Sindaco Giuseppe Marazzini. Ottima cucina, tanta allegria e tanto sostegno hanno fatto da cornice a una bella e spontanea serata che sicuramente verrà riproposta.
Cena elettorale a sostegno all’autocandidato Sindaco Giuseppe Marazzini.
Ieri sera, sabato 18 febbraio, presso il Centro Parrocchiale di Mazzafame, in via dei Pioppi 4, si è svolta con la presenza festosa di più di un centinaio di persone, la cena elettorale a sostegno dell’autocandidato Sindaco Giuseppe Marazzini. Ottima cucina, tanta allegria e tanto sostegno hanno fatto da cornice a una bella e spontanea serata che sicuramente verrà riproposta.
giovedì 16 febbraio 2012
Patto di stabilità, allarme dei Comuni «Scuole materne a rischio chiusura»
In pericolo almeno 6200 sezioni, 13 mila insegnanti e 145 mila bambini dai 3 ai 6 anni
Gli assessori all'Istruzione delle principali città italiane incontrano il ministro Profumo: «Cambiare il Patto»
FIRENZE - «Signor ministro, se non cambia il Patto di stabilità tra governo e comuni rischiamo di chiudere le nostre scuole dell’infanzia», denunciano gli assessori all’Istruzione delle più importanti città italiane. Una chiusura che interesserebbe in futuro almeno 6200 sezioni di scuola materna, 13 mila insegnanti, 145 mila bambini dai 3 ai 6 anni.
PRIVATIZZAZIONE? - Mercoledì pomeriggio una delegazione di amministratori ha incontrato il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, chiedendo un intervento rapido e risolutore per non interrompere un servizio essenziale. Basti pensare che in alcune città, come Milano, le scuole comunali dell’infanzia sono l’85% di quelle esistenti, mentre a Bologna e a Torino superano il 60%. Il rischio sarebbe quello di privatizzare le materne con riflessi sociali e culturali devastanti o, ancora peggio, tenerle chiuse. «Il problema è che gli enti locali non hanno più risorse finanziarie – spiega Rosa Maria Di Giorgi (Pd), assessore all’Educazione del Comune di Firenze -. Servirebbero 350 milioni annui e le casse municipali non riescono più a far fronte alla richiesta di supplenti in alcuni casi decisivi per garantire l’attività scolastica. Cosa invece assicurata alle scuole statali».
«LA DEROGA NON BASTA» - Durante l’incontro, gli amministratori hanno proposto al ministro Profumo di statalizzare le scuole e di sostituire il personale comunale che va in pensione con personale insegnante statale. «Un progetto a lunga scadenza che il ministro si è impegnato ad approfondire», spiega l’assessore alle Politiche Educative del Comune di Torino, Maria Grazia Pellerino. Un emendamento al decreto Milleproroghe, approvato mercoledì ha concesso una deroga per alcuni mesi per poter assumere supplenti necessari alle sostituzioni. «Ma non basta e con esso non si risolve il problema. A giugno la grave emergenza si ripresenterà in tutta la sua forza», denuncia l’assessore Pellerino.
Marco Gasperetti
Corriere della Sera 15/02/2012
Gli assessori all'Istruzione delle principali città italiane incontrano il ministro Profumo: «Cambiare il Patto»
FIRENZE - «Signor ministro, se non cambia il Patto di stabilità tra governo e comuni rischiamo di chiudere le nostre scuole dell’infanzia», denunciano gli assessori all’Istruzione delle più importanti città italiane. Una chiusura che interesserebbe in futuro almeno 6200 sezioni di scuola materna, 13 mila insegnanti, 145 mila bambini dai 3 ai 6 anni.
PRIVATIZZAZIONE? - Mercoledì pomeriggio una delegazione di amministratori ha incontrato il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, chiedendo un intervento rapido e risolutore per non interrompere un servizio essenziale. Basti pensare che in alcune città, come Milano, le scuole comunali dell’infanzia sono l’85% di quelle esistenti, mentre a Bologna e a Torino superano il 60%. Il rischio sarebbe quello di privatizzare le materne con riflessi sociali e culturali devastanti o, ancora peggio, tenerle chiuse. «Il problema è che gli enti locali non hanno più risorse finanziarie – spiega Rosa Maria Di Giorgi (Pd), assessore all’Educazione del Comune di Firenze -. Servirebbero 350 milioni annui e le casse municipali non riescono più a far fronte alla richiesta di supplenti in alcuni casi decisivi per garantire l’attività scolastica. Cosa invece assicurata alle scuole statali».
«LA DEROGA NON BASTA» - Durante l’incontro, gli amministratori hanno proposto al ministro Profumo di statalizzare le scuole e di sostituire il personale comunale che va in pensione con personale insegnante statale. «Un progetto a lunga scadenza che il ministro si è impegnato ad approfondire», spiega l’assessore alle Politiche Educative del Comune di Torino, Maria Grazia Pellerino. Un emendamento al decreto Milleproroghe, approvato mercoledì ha concesso una deroga per alcuni mesi per poter assumere supplenti necessari alle sostituzioni. «Ma non basta e con esso non si risolve il problema. A giugno la grave emergenza si ripresenterà in tutta la sua forza», denuncia l’assessore Pellerino.
Marco Gasperetti
Corriere della Sera 15/02/2012
OH BELLA!!, LEGNANO COME NAPOLI ...
“Dimenticati” 8 scontrini su 10
Legnano la percentuale di evasione fiscale è dell'80%. Nuove strategie contro i furbi.
Peggio ha fatto solo Corsico dove 31 controlli hanno permesso di stanare 31 commercianti che non battevano scontrino fiscale. Legnano viene subito dopo, e con numeri decisamente più importanti. Dal primo di gennaio a giovedì scorso, i militari del Nucleo operativo delle Fiamme Gialle hanno mandato a segno 532 controlli, registrando un totale di 422 scontrini non emessi. Il che tradotto in percentuale significa che circa l’80% dei commercianti fa il furbo.
La Prealpina – Legnano 14/02/2012
Controlli a tappeto della finanza nelle storiche aree mercatali
Napoli, blitz modello Cortina. Irregolarità nell'82% dei negozi.
Gli esercizi commerciali controllati sono 386 esercizi e nei confronti di 317 sono state riscontrate irregolarità. È emerso che quattro esercizi commerciali su cinque, ovvero l'82% non adempiono agli obblighi fiscali previsti dalle legge.
Il Corriere del Mezzogiorno 15/02/2012
PAGARE LE TASSE SCOCCIA, MA E’ DOVEROSO E INDISPENSABILE
Qualunquemente - Ricevuta fiscale
Legnano la percentuale di evasione fiscale è dell'80%. Nuove strategie contro i furbi.
Peggio ha fatto solo Corsico dove 31 controlli hanno permesso di stanare 31 commercianti che non battevano scontrino fiscale. Legnano viene subito dopo, e con numeri decisamente più importanti. Dal primo di gennaio a giovedì scorso, i militari del Nucleo operativo delle Fiamme Gialle hanno mandato a segno 532 controlli, registrando un totale di 422 scontrini non emessi. Il che tradotto in percentuale significa che circa l’80% dei commercianti fa il furbo.
La Prealpina – Legnano 14/02/2012
Controlli a tappeto della finanza nelle storiche aree mercatali
Napoli, blitz modello Cortina. Irregolarità nell'82% dei negozi.
Gli esercizi commerciali controllati sono 386 esercizi e nei confronti di 317 sono state riscontrate irregolarità. È emerso che quattro esercizi commerciali su cinque, ovvero l'82% non adempiono agli obblighi fiscali previsti dalle legge.
Il Corriere del Mezzogiorno 15/02/2012
PAGARE LE TASSE SCOCCIA, MA E’ DOVEROSO E INDISPENSABILE
Qualunquemente - Ricevuta fiscale
9 febbraio 2012 - IL PARCO AGRICOLO LEGNANO OVEST, non si tratta solo di un parco ...
Interventi di:
Giuseppe Marazzini, Prof. Giorgio Ferraresi, Claudio Buzzoni
Primo video
Secondo video
Giuseppe Marazzini, Prof. Giorgio Ferraresi, Claudio Buzzoni
Primo video
Created by MARILENA BA on Vimeo.
Secondo video
Created by MARILENA BA on Vimeo.
sabato 11 febbraio 2012
PORAJMOS
di Giuseppe Marazzini
11.02.2012
Da giorni, sulla stampa e sui siti on-line in particolare, si continua a parlare della presenza dei Rom a Legnano. Il merito, o il demerito, di aver sollevato la questione va imputato al candidato sindaco del “Movimento 5 stelle”, che, forse invidioso del “successo” mediatico di Campiglio, ha voluto attirare l’attenzione su di sé con un argomento su cui tanti legnanesi sono molto sensibili. Al di là della forma espressiva con la quale ha marchiato i Rom (capita a tutti, a volte, di non rendersi conto della gravità delle proprie azioni), a mio parere, il suo modo di porre la questione rischia di complicare ulteriormente le relazioni fra queste persone e i cittadini legnanesi: proposte lanciate a pioggia, con tutto il rispetto per chi le fa, rischiano di finire nel tritacarne del populismo e di inasprire il “conflitto” sociale. Sarebbe sbagliato, secondo me, affrontare tale questione senza conoscere la storia dell’immigrazione cosìddetta “clandestina” a Legnano, una storia triste, verso la quale la città ha almeno un debito morale.
Cosa fare, o almeno, come iniziare un confronto sereno e fuori da ogni pregiudizio nei confronti dei Rom (non perché sono più onesti o educati di noi, ma per la semplice ragione che anche loro hanno diritto di cittadinanza, diritto sancito dalla carta dei diritti dell’uomo)? Per queste persone non c’è progetto di inserimento sociale che possa stare in piedi se non sarà sostenuto da una forte intesa fra le amministrazioni locali del circondario, di Legnano e comuni limitrofi, intesa che deve essere condivisa in modo veramente trasversale, anche dalla maggioranza delle forze politiche, a prescindere dalla loro visione ideale, così che si possa avere anche un vasto consenso da parte della popolazione. Al progetto, infatti, non può mancare il sostegno del volontariato sociale, che è, anzi, fondamentale.
Posso garantire che, durante la mia esperienza personale, ho incontrato amministratori distanti dal mio modo di fare politica o dai miei ideali, ma fattivamente sensibili alla tematica in discussione, così come ho trovato resistenza da parte di chi, apparentemente, dovrebbe essere più vicino al mio modo di pensare. Anche nel mondo del volontariato, quando si solleva la questione dei Rom, molti soggetti prendono le distanze, anche se ciò li fa entrare in conflitto con i dettami del loro credo religioso. Ho la sensazione che a Legnano, nel mondo della politica, del volontariato e della società civile, pochi abbiano letto “ERO STRANIERO E MI AVETE OSPITATO”, libro scritto da Padre Enzo Bianchi.
Acquaragia Drom - Valzer Roulotte
11.02.2012
Da giorni, sulla stampa e sui siti on-line in particolare, si continua a parlare della presenza dei Rom a Legnano. Il merito, o il demerito, di aver sollevato la questione va imputato al candidato sindaco del “Movimento 5 stelle”, che, forse invidioso del “successo” mediatico di Campiglio, ha voluto attirare l’attenzione su di sé con un argomento su cui tanti legnanesi sono molto sensibili. Al di là della forma espressiva con la quale ha marchiato i Rom (capita a tutti, a volte, di non rendersi conto della gravità delle proprie azioni), a mio parere, il suo modo di porre la questione rischia di complicare ulteriormente le relazioni fra queste persone e i cittadini legnanesi: proposte lanciate a pioggia, con tutto il rispetto per chi le fa, rischiano di finire nel tritacarne del populismo e di inasprire il “conflitto” sociale. Sarebbe sbagliato, secondo me, affrontare tale questione senza conoscere la storia dell’immigrazione cosìddetta “clandestina” a Legnano, una storia triste, verso la quale la città ha almeno un debito morale.
Cosa fare, o almeno, come iniziare un confronto sereno e fuori da ogni pregiudizio nei confronti dei Rom (non perché sono più onesti o educati di noi, ma per la semplice ragione che anche loro hanno diritto di cittadinanza, diritto sancito dalla carta dei diritti dell’uomo)? Per queste persone non c’è progetto di inserimento sociale che possa stare in piedi se non sarà sostenuto da una forte intesa fra le amministrazioni locali del circondario, di Legnano e comuni limitrofi, intesa che deve essere condivisa in modo veramente trasversale, anche dalla maggioranza delle forze politiche, a prescindere dalla loro visione ideale, così che si possa avere anche un vasto consenso da parte della popolazione. Al progetto, infatti, non può mancare il sostegno del volontariato sociale, che è, anzi, fondamentale.
Posso garantire che, durante la mia esperienza personale, ho incontrato amministratori distanti dal mio modo di fare politica o dai miei ideali, ma fattivamente sensibili alla tematica in discussione, così come ho trovato resistenza da parte di chi, apparentemente, dovrebbe essere più vicino al mio modo di pensare. Anche nel mondo del volontariato, quando si solleva la questione dei Rom, molti soggetti prendono le distanze, anche se ciò li fa entrare in conflitto con i dettami del loro credo religioso. Ho la sensazione che a Legnano, nel mondo della politica, del volontariato e della società civile, pochi abbiano letto “ERO STRANIERO E MI AVETE OSPITATO”, libro scritto da Padre Enzo Bianchi.
Acquaragia Drom - Valzer Roulotte
TUTTI A CENA DA GIUSEPPE!
Cena elettorale a sostegno di Giuseppe Marazzini.
L’occasione giusta per mangiare bene, passare una piacevole serata e sostenere l’autocandidato sindaco alle amministrative di Legnano 2012.
Prenotazioni entro il 15 febbraio ai numeri: 347 2712539 - 348 7031434
Non riesci a partecipare?
Puoi trovare Giuseppe Marazzini al sabato pomeriggio, dalle 15.00 alle 18.00 alla BOTTEGA DI GIUSEPPE presso la Cooperativa ”Le Strade Del Fresco” di Legnano, oppure nel web :
www.marazzinisindaco.org - bottega@marazzinisindaco.org
per ingrandire cliccare sull'immagine
L’occasione giusta per mangiare bene, passare una piacevole serata e sostenere l’autocandidato sindaco alle amministrative di Legnano 2012.
Prenotazioni entro il 15 febbraio ai numeri: 347 2712539 - 348 7031434
Non riesci a partecipare?
Puoi trovare Giuseppe Marazzini al sabato pomeriggio, dalle 15.00 alle 18.00 alla BOTTEGA DI GIUSEPPE presso la Cooperativa ”Le Strade Del Fresco” di Legnano, oppure nel web :
www.marazzinisindaco.org - bottega@marazzinisindaco.org
per ingrandire cliccare sull'immagine
sabato 4 febbraio 2012
Interrogazioni di Sinistra Legnanese che verranno discusse nel Consiglio Comunale di martedì 7 febbraio 2012
Durante il Consiglio Comunale di martedì 7 febbraio 2012, verranno discusse al 5° e 6° punto dell’OdG, due interrogazioni presentate dal Gruppo Sinistra Legnanese:
- sulla chiusura dello sportello stranieri e quello delle badanti e azzeramento del fondo per le non autosufficienze;
- inerente all’istituzione di un “Focal Point” per lo specifico esame degli elaborati tecnici.
Giuseppe Marazzini
04.02.2012
per ingrandire cliccare e usare lo zoom
- sulla chiusura dello sportello stranieri e quello delle badanti e azzeramento del fondo per le non autosufficienze;
- inerente all’istituzione di un “Focal Point” per lo specifico esame degli elaborati tecnici.
Giuseppe Marazzini
04.02.2012
Interrogazione Sinistra Legnanese Consiglio Comunale martedì 7 febbraio 2012_5° p. OdG. |
Interrogazione Sinistra Legnanese Consiglio Comunale martedì 7 febbraio 2012_6° p. OdG. |
venerdì 3 febbraio 2012
I partiti del mattone
Eddyburg.it - Eddytoriale n. 150 (25 gennaio 2012)
Data di pubblicazione: 26.01.2012
Pensavo che fosse uno scherzo quando ho letto il primo articolo del decreto sulle liberalizzazioni, inviatomi qui a Kigali (Rwanda) da un amico dall’Italia. Poi ho capito che era vero: si trattava dei provvedimenti per consentire la ripresa della “crescita” del paese. Tra questi mi ha particolarmente colpito l'abolizione, di fatto, della "pianificazione autoritaria: il colpo che non era riuscito a Maurizio Lupi e ai suoi alleati di destra e di sinistra. Il decreto Monti dispone infatti l’abrogazione delle norme «che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi».
Il significato di questa abrogazione (deregolamentazione) è chiaro. La pianificazione e programmazione degli enti pubblici elettivi (“autoritativa”) deve avere quale suo obiettivo principale, cui tutti gli altri sono subordinati, lo sviluppo delle attività economiche. Poiché (e finché) “le finalità pubbliche perseguite” (la “crescita”, l’aumento del PIL, la produzione di maggiore valore di scambio) non saranno raggiunte, ogni altro obiettivo sarà ad esso sacrificabile. La tutela dei beni culturali e del paesaggio, il benessere degli abitanti delle città e dei territori, la salute, l’equità nell’accesso ai beni comuni, quindi un’organizzazione dello spazio che consenta di soddisfare queste esigenze, tutto ciò diventerà, insieme al lavoro, variabile subordinata della “crescita”.
Domandiamoci qual è, nell’Italia di oggi, la “crescita” che trova ostacoli nella pianificazione e programmazione “autoritative”. E’ forse quella caratterizzata dall’innovazione e dalla ricerca, dal perseguimento del migliore valore d’uso del prodotto? Certamente no. L’attività economica più redditizia, quella alla quale si sono pesantemente convertite, fin dagli ani Settanta del secolo scorso, le stesse aziende capitalistiche “moderne e avanzate”, è quelle del mattone: dell’incremento e della massima valorizzazione della rendita fondiaria urbana.
Non è necessario ricordare ai frequentatori di eddyburg, e neppure alle migliaia di persone che dedicano parte del loro tempo e della loro attenzione politica ai gruppi e comitati di cittadinanza attiva, quale sia la realtà dello “sviluppo economico” che trova ostacoli in quel poco che resta (o che si teme possa restare) della pianificazione urbanistica e territoriale, specie se con “specifica considerazione dei valori paesaggistici e ambientali”.
Lo “sviluppo economico” che trova ostacoli nella buona pianificazione e programmazione “autoritative” è quello stesso a favore del quale il governo Berlusconi ha emanato i suoi condoni edilizi e il suo “piano-casa” e ha disegnato, nel salotto di Emilio Fede, il suo programma di infrastrutture e “grandi opere”. Non c’è alcuna discontinuità tra la politica berlusconiana e quella montiana a questo proposito. Del resto non poteva essere altrimenti, se pensiamo alla maggioranza sulla quale il nuovo governo si regge. Oltre agli uomini di Berlusconi essa infatti comprende quel PD che troppo spesso ha seguito, condiviso, accettato – o, quando è stato più feroce – subito le scelte di politica territorile di Berlusconi. Non è stata forse la regione Toscana la prima ad accettare la logica del “piano-casa”? e non sono decine e decine i sindaci del PD che hanno seguito la logica della deregolamentazione urbanistica, o del sovradimensionamento dei piani in omaggio allo “sviluppo”, o hanno riconosciuto negli interessi dei “finanziatori” quelli da premiare nelle scelte urbanistiche, o hanno puntato il loro successo su “grandi opere” celebrative della loro persona – prima ancora del loro governo?
Certo, il decreto Monti è pieno di ambiguità lessicali e procedurali: chi, quando e come definirà, ad esempio, il carattere ««vessatorio» di determinate procedure? Chi stabilirà, volta per volta, qual è «l’interesse pubblico», e quali regole o vincoli siano «non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche»? Qualcuno, magari, potrà essere tranquillo pensando: ma questi intellettuali, moralmente ineccepibili e ricchi di cultura e buon gusto, oltre che di buon cuore, staranno attenti a non far danno. Ma anche questi ottimisti dovrebbero tremare pensando che cosa succederà se, e quando, a Monti subentrerà un nuovo Berlusconi, che si troverà in cassaforte questo provvedimento. E di Caimani ce ne sono tanti, in giro.
Il testo del decreto Monti per la liberalizzazione, scaricabile in .pdf
( DECRETO LEGGE LIBERALIZZAZIONI - VERSIONE AGGIORNATA 24 gennaio 2012.pdf 925.24 KB )
RITA PAVONE - IL BALLO DEL MATTONE
Data di pubblicazione: 26.01.2012
Pensavo che fosse uno scherzo quando ho letto il primo articolo del decreto sulle liberalizzazioni, inviatomi qui a Kigali (Rwanda) da un amico dall’Italia. Poi ho capito che era vero: si trattava dei provvedimenti per consentire la ripresa della “crescita” del paese. Tra questi mi ha particolarmente colpito l'abolizione, di fatto, della "pianificazione autoritaria: il colpo che non era riuscito a Maurizio Lupi e ai suoi alleati di destra e di sinistra. Il decreto Monti dispone infatti l’abrogazione delle norme «che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi».
Il significato di questa abrogazione (deregolamentazione) è chiaro. La pianificazione e programmazione degli enti pubblici elettivi (“autoritativa”) deve avere quale suo obiettivo principale, cui tutti gli altri sono subordinati, lo sviluppo delle attività economiche. Poiché (e finché) “le finalità pubbliche perseguite” (la “crescita”, l’aumento del PIL, la produzione di maggiore valore di scambio) non saranno raggiunte, ogni altro obiettivo sarà ad esso sacrificabile. La tutela dei beni culturali e del paesaggio, il benessere degli abitanti delle città e dei territori, la salute, l’equità nell’accesso ai beni comuni, quindi un’organizzazione dello spazio che consenta di soddisfare queste esigenze, tutto ciò diventerà, insieme al lavoro, variabile subordinata della “crescita”.
Domandiamoci qual è, nell’Italia di oggi, la “crescita” che trova ostacoli nella pianificazione e programmazione “autoritative”. E’ forse quella caratterizzata dall’innovazione e dalla ricerca, dal perseguimento del migliore valore d’uso del prodotto? Certamente no. L’attività economica più redditizia, quella alla quale si sono pesantemente convertite, fin dagli ani Settanta del secolo scorso, le stesse aziende capitalistiche “moderne e avanzate”, è quelle del mattone: dell’incremento e della massima valorizzazione della rendita fondiaria urbana.
Non è necessario ricordare ai frequentatori di eddyburg, e neppure alle migliaia di persone che dedicano parte del loro tempo e della loro attenzione politica ai gruppi e comitati di cittadinanza attiva, quale sia la realtà dello “sviluppo economico” che trova ostacoli in quel poco che resta (o che si teme possa restare) della pianificazione urbanistica e territoriale, specie se con “specifica considerazione dei valori paesaggistici e ambientali”.
Lo “sviluppo economico” che trova ostacoli nella buona pianificazione e programmazione “autoritative” è quello stesso a favore del quale il governo Berlusconi ha emanato i suoi condoni edilizi e il suo “piano-casa” e ha disegnato, nel salotto di Emilio Fede, il suo programma di infrastrutture e “grandi opere”. Non c’è alcuna discontinuità tra la politica berlusconiana e quella montiana a questo proposito. Del resto non poteva essere altrimenti, se pensiamo alla maggioranza sulla quale il nuovo governo si regge. Oltre agli uomini di Berlusconi essa infatti comprende quel PD che troppo spesso ha seguito, condiviso, accettato – o, quando è stato più feroce – subito le scelte di politica territorile di Berlusconi. Non è stata forse la regione Toscana la prima ad accettare la logica del “piano-casa”? e non sono decine e decine i sindaci del PD che hanno seguito la logica della deregolamentazione urbanistica, o del sovradimensionamento dei piani in omaggio allo “sviluppo”, o hanno riconosciuto negli interessi dei “finanziatori” quelli da premiare nelle scelte urbanistiche, o hanno puntato il loro successo su “grandi opere” celebrative della loro persona – prima ancora del loro governo?
Certo, il decreto Monti è pieno di ambiguità lessicali e procedurali: chi, quando e come definirà, ad esempio, il carattere ««vessatorio» di determinate procedure? Chi stabilirà, volta per volta, qual è «l’interesse pubblico», e quali regole o vincoli siano «non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche»? Qualcuno, magari, potrà essere tranquillo pensando: ma questi intellettuali, moralmente ineccepibili e ricchi di cultura e buon gusto, oltre che di buon cuore, staranno attenti a non far danno. Ma anche questi ottimisti dovrebbero tremare pensando che cosa succederà se, e quando, a Monti subentrerà un nuovo Berlusconi, che si troverà in cassaforte questo provvedimento. E di Caimani ce ne sono tanti, in giro.
Il testo del decreto Monti per la liberalizzazione, scaricabile in .pdf
( DECRETO LEGGE LIBERALIZZAZIONI - VERSIONE AGGIORNATA 24 gennaio 2012.pdf 925.24 KB )
RITA PAVONE - IL BALLO DEL MATTONE
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