15.02.2015
Legnanonews ci porta a conoscenza
che il sindaco di Legnano, in settimana, riceverà ufficialmente la delega di
"Consigliere delegato al lavoro" nella Città Metropolitana. Nel fare
i complimenti al Sindaco per la nomina e gli auguri di buon lavoro, non
possiamo non evidenziare che la Città Metropolitana è in stato confusionale.
L’IBRIDA CONDIZIONE DELLA GOVERNANCE METROPOLITANA
n. 6 VII di ARCIPELAGOMILANO - 11
febbraio 2015 da Valentino Ballabio
In attesa della mitica elezione
diretta degli organi di governo metropolitani continuano a valere le
“disposizioni transitorie” (a tempo assolutamente indeterminato) dello Statuto
testé entrato in vigore. Tra le quali: ”La
Città metropolitana utilizza lo stemma, il gonfalone e il sigillo della
Provincia di Milano, sostituendo la denominazione di Provincia con quella di
Città metropolitana” (art. 69). Dunque di fatto un semplice cambio di
targhe, timbri e carta intestata, al netto dei debiti e delle residue funzioni
ereditate. Tuttavia sotto il profilo politico-istituzionale va considerato un
significativo mutamento nella “testa” della nuova entità, una vera e propria
inversione di indirizzo rispetto alla riforma degli Enti locali intervenuta nei
primi anni novanta (legge 142/90 e seguenti). Cambia il verso, ma c’è da temere
in una direzione alquanto confusa e contraddittoria rispetto a innovazioni
ancora recenti e tutto sommato ben funzionanti.
Non si tratta solo della
discutibile modalità di nomina degli organi (un Sindaco “di diritto”, un
Consiglio eletto dagli eletti, un’Assemblea dei sindaci pletorica e formale),
improvvisata al solo fine di evitare di riproporre le Province alla prova
elettorale dopo una rozza e insistita campagna volta alla loro abolizione. È la
natura stessa di tali organi che ribalta i capisaldi della ragionata riforma
precedente (a sua volta innovativa rispetto alla antiquata e autoritaria “legge
comunale – provinciale” del 1923) che possiamo così sintetizzare:
1) distinzione tra le funzioni
esecutive, affidate a Sindaco e Giunta, e quelle di indirizzo e controllo
destinate all’Assemblea consiliare;
2) separazione della figura del
Sindaco, capo dell’esecutivo e legale rappresentante, da quella del Presidente
del Consiglio;
3) incompatibilità tra Assessori,
nominati dal Sindaco e da questi revocabili, e Consiglieri direttamente eletti;
4) carattere di organo collegiale
della Giunta e superamento degli Assessorati;
5) responsabilità gestionale e
organizzativa dei dirigenti.
Ora tranne l’ultimo (la
burocrazia si è facilmente rivelata più avvertita della classe politica!) tutti
gli altri punti sono stati contraddetti dalla legge Delrio. Si è praticamente
tornati allo status quo ante in nome
della spending review e della
costosità della politica ancella dell’antipolitica. Prova ne sia l’ambigua
natura dell’attuale Consiglio metropolitano milanese che sembrerebbe rivestire
le caratteristiche di un’assemblea rappresentativa, teoricamente dotata di una
maggioranza e di una minoranza. Tuttavia alcuni Consiglieri vengono nel
contempo “delegati” per materie amministrative, senza però costituire un organo
collegiale deliberante. Infatti “il
Sindaco metropolitano riunisce periodicamente il Vice Sindaco e i Consiglieri
delegati, anche al fine di definire le proposte da presentare al Consiglio
metropolitano per l’attuazione dei programmi e per definire le priorità da
perseguire” (art. 22 comma 3): dunque compiti di tipo istruttorio dentro un
organismo ibrido e indistinto! Inoltre è il Sindaco che presiede tanto il
Consiglio che l’Assemblea.
Piuttosto che a una riforma
organica e coerente tale manovra richiama la classica “ammuina” con cui gli
ammiragli di re Franceschiello pare pensassero di impressionare la flotta
avversaria scompigliando la propria ciurma: intanto il vascello restava fermo
all’àncora! Purtroppo all’improvvisazione e strumentalità del legislatore si è
sommata la superficialità degli estensori di uno Statuto monco e debole, teso a
proiettare in un radioso ma imprecisato futuro le velleità progressive
democratiche e partecipative di un’utopica “città del sole”, badando intanto a
non intaccare la struttura esistente basata su piccole e grandi prerogative
“comunali”, a cominciare da quelle ben pesanti e ingombranti del
mega-capoluogo.
Appaiono pertanto giustificate,
in questo non entusiasmante contesto, alcune critiche di fondo: “Penso alla città metropolitana che sembra
quasi un’incombenza in più, un fastidio burocratico, invece (…) di sperimentare
una politica nuova di grande respiro sulla casa, il lavoro, il territorio. Mi
sembra che ci si aggrappi a una politica timorosa, di riduzione del danno, che
vuol dire non accettare la sfida della contemporaneità” (Stefano Boeri, La
Repubblica, 30/1/5); “È stata gestita
senza visione, senza entusiasmo, senza partecipazione, senza coraggio come se
si dovesse solo predisporre un regolamento di condominio, e non per aiutare
Milano e il suo magnifico contado, per usare una parola cara a Bonvesin da la
Riva, (…) a diventare una vera, grande e magnifica metropoli” (Marco
Vitale, La Repubblica, 16/1/15).
Valentino Ballabio
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