13.02.2016
PISAPIA? TRA PARENTESI
di Luca Beltrami Gadola
Arcipelago Milano – 9 febbraio
2016
L’ultima passerella della
compagnia di giro “Primarie a Milano” al Teatro Elfo Puccini domenica notte mi
ha ricordato un famoso Re Lear del Piccolo Teatro, primi anni ’70, se ricordo
bene: indimenticabile regia di Strehler. Shakespeare non si era risparmiato
nulla in fatto di eredità, tradimenti, ambiguità. Dopo essersi detti di tutto e
di più in scena, gli attori vennero al proscenio sorridenti a chiedere il
meritato applauso. Ci fu. Così anche all’Elfo Puccini.
Con quell’applauso si è chiusa
dunque la parentesi della Giunta Pisapia. Un vero “tra parentesi” che prima ci
ha fatto sperare, poi sospirare, poi rassegnare: una sorta di primavera araba
alla milanese. Ora il passato ritorna e presenta il conto: scegliere tra un ex
manager di Gabriele Albertini e un ex manager di Letizia Moratti. Chi sperava
che i cinque anni del mandato di Pisapia a Milano fossero sufficienti per far
crescere una nuova classe dirigente politica e civile si è sbagliato, meglio,
ci siamo sbagliati: Milano, città dell’innovazione, della ricerca, della
modernità è politicamente torpida, anchilosata, priva di coraggio. La
consapevolezza che la giunta uscente non avesse realizzato che una piccola
parte del programma elettorale di Pisapia, realtà inoppugnabile, unita al
visibile sfaldarsi del disegno originario frantumato dai dissidi interni e
dalle reciproche rivalse, ha consolidato la scelta romana di un candidato per
Milano, fatta a Roma col solo obbiettivo di vincere, qui salvificamente accolta
da una platea attratta da un successo passeggero.
L’opzione “manager” mi ha sempre
lasciato perplesso. Vorrei proprio che chi la sostiene rispondesse a una mia
domanda: se il 6 maggio 2013, quando l’allora Presidente del Consiglio Enrico
Letta lo nominò commissario unico delegato del Governo per l’Expo, avessimo
saputo che Sala sarebbe stato destinato a diventare sindaco di Milano, come
avrebbe reagito la città? So già la risposta: domanda oziosa e ininfluente. Ha
dato buona prova di sé e dunque ci sta bene, ora.
Manager, certo. Ha portato al
successo il prodotto della sua società, Expo 2015 spa, un prodotto non certo
innovativo – ha numerosi precedenti anche di successo -, alla cui ideazione non
ha potuto collaborare se non per gli aspetti realizzativi finali. Non vi è
stata nemmeno innovazione di processo, perché l’innovazione di processo – i
poteri del commissario – non è innovazione ripetibile, certo per un sindaco. E’
stato un manager abile e affidabile di una azienda monoprodotto per tipo e
quantità. Bravo. E come sindaco?
Molti dei suoi sostenitori che
vengono dal mondo delle aziende queste cose le sanno ma, acriticamente, hanno
operato un transfert che lascia perplessi e conferma il torpore politico della
classe dirigente milanese.
Brutalmente possiamo dire che si
ricomincia da dove ha finito Letizia Moratti, alla quale dobbiamo Expo, Piazza
Gae Aulenti, la linea 4 della MM, CityLife. Non è scandaloso certo che una
amministrazione prosegua quello che era già iniziato ma la mancanza di
qualsiasi tentativo di attenuazione degli aspetti più stridenti di quelle
operazioni, o le modeste varianti per il PGT, danno da pensare per il futuro.
Di realmente nuovo poco c’è stato, maggior attenzione al sociale e
all’imprenditoria giovanile ma di sicuro l’atmosfera. La squadra sarà sempre quella anche se l’atmosfera
si è disciolta?
Tempo fa scrivevo che Giuliano
Pisapia aveva liberato Milano e le aveva fatto riscoprire la possibilità di
fare: sembra che una parte dei milanesi non sappia usare bene la riconquistata
libertà. Comunque acqua passata.
Di pessimismo però non si campa
e, come ci ricorda sempre il premier Renzi, il gufismo non deve dilagare e noi
non lo lasciamo dilagare; da qui alle amministrative forse c’è qualcosa ancora
da fare: non si riuscirà a raddrizzare le gambe al cane ma almeno mettergli un
guinzaglio sì.
Luca Beltrami Gadola
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