30.04.2018
Art. 35 dello “sbloccaitalia”,
una “mossa del cavallo” lo porta alla Corte Europea
Medicina Democratica - 27 aprile 2018
Medicina Democratica - 27 aprile 2018
Come molti sanno l’art. 35 del
decreto “Sbloccaitalia” (ora L. 164/2014) apriva porte e finestre a nuovi
impianti di incenerimento nelle zone “carenti” (centro e sud) e alla “libera”
circolazione dei rifiuti urbani e assimilati nelle zone con sovracapacità
impiantistica (parte del Nord), il tutto precisato e dettagliato nel successivo
DPCM 10.08.2016. Il ricorso presentato da Verdi Ambienti e Società, VAS, Movimento Legge Rifiuti
Zero per l’Economia Circolare, con la ordinanza del TAR del Lazio n. 4574/2018
pubblicata il 24.04.2018 ha ottenuto un risultato positivo : spostare la
questione alla Corte Europea per verificare la congruità del DPCM (e di
riflesso dello sbloccaitalia – da qui la “mossa del cavallo”) alle direttive europee sui rifiuti e sulla
Valutazione Ambientale Strategica. I principali punti controversi sono
costituiti da:
1. non coerenza del decreto sbloccaitalia che introduce una “rete nazionale di inceneritori” (qualificandoli altresì come impianti strategici e quindi da difendere con ogni mezzo, esercito incluso come fu ad Acerra) in luogo della richiesta contenuta nella direttiva 2008/98 di creare “una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica”, quindi solo ed esclusivamente inceneritori (a suo tempo nella conversione in legge venne infilato nel decreto anche un riferimento ad impianti di compostaggio ma era la classica “foglia di fico”). Questa carenza fa emergere quella della mancata considerazione della “gerarchia dei rifiuti” prevista dalle direttive EU puntando solo ed esclusivamente al penultimo (prevenzione; preparazione per il riutilizzo; riciclaggio; recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; smaltimento). Per la verità su questo aspetto dovremmo stendere un velo sulla stessa direttiva 2008/89 che ha “sdoganato” proprio il recupero di energia nobilitando quello che è sempre stato (e di fatto è) null’altro che smaltimento di rifiuti mediante incenerimento, sfortunatamente per il governo italiano, nel frattempo, la Commissione Europea si è in parte emendata degli errori del passato : con la comunicazione 2017/34 del 26.01.2017 (“il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare”) ha rimesso in discussione sia i regimi fiscali e incentivanti che sostengono l’incenerimento nonché “introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti”.
2. il DPCM non è stato sottoposto a Valutazione di Impatto Strategico ministeriale né era possibile sottoporre le previsioni di nuovi impianti contenute nello stesso (per una capacità aggiuntiva complessiva di oltre 1.800.000 t/a di incenerimento) a livello regionale. E da qui si arriva alla mancata attuazione del principio di precauzione e l’indifferenza degli impatti ambientali connessi (almeno!) ai nuovi impianti previsti (dando peraltro per scontato che la singola Valutazione di impatto ambientale fosse positiva in virtù della investitura ministeriale contenuta nello stesso DPCM).
Per lasciare la parola alla ordinanza, in attesa delle future decisioni, riportiamo il link al testo della ordinanza:https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=SN3VWPRYG2NUBSLL5SSERELSBE&q
Marco Caldiroli
1. non coerenza del decreto sbloccaitalia che introduce una “rete nazionale di inceneritori” (qualificandoli altresì come impianti strategici e quindi da difendere con ogni mezzo, esercito incluso come fu ad Acerra) in luogo della richiesta contenuta nella direttiva 2008/98 di creare “una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica”, quindi solo ed esclusivamente inceneritori (a suo tempo nella conversione in legge venne infilato nel decreto anche un riferimento ad impianti di compostaggio ma era la classica “foglia di fico”). Questa carenza fa emergere quella della mancata considerazione della “gerarchia dei rifiuti” prevista dalle direttive EU puntando solo ed esclusivamente al penultimo (prevenzione; preparazione per il riutilizzo; riciclaggio; recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; smaltimento). Per la verità su questo aspetto dovremmo stendere un velo sulla stessa direttiva 2008/89 che ha “sdoganato” proprio il recupero di energia nobilitando quello che è sempre stato (e di fatto è) null’altro che smaltimento di rifiuti mediante incenerimento, sfortunatamente per il governo italiano, nel frattempo, la Commissione Europea si è in parte emendata degli errori del passato : con la comunicazione 2017/34 del 26.01.2017 (“il ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare”) ha rimesso in discussione sia i regimi fiscali e incentivanti che sostengono l’incenerimento nonché “introdurre una moratoria sui nuovi impianti e smantellare quelli più vecchi e meno efficienti”.
2. il DPCM non è stato sottoposto a Valutazione di Impatto Strategico ministeriale né era possibile sottoporre le previsioni di nuovi impianti contenute nello stesso (per una capacità aggiuntiva complessiva di oltre 1.800.000 t/a di incenerimento) a livello regionale. E da qui si arriva alla mancata attuazione del principio di precauzione e l’indifferenza degli impatti ambientali connessi (almeno!) ai nuovi impianti previsti (dando peraltro per scontato che la singola Valutazione di impatto ambientale fosse positiva in virtù della investitura ministeriale contenuta nello stesso DPCM).
Per lasciare la parola alla ordinanza, in attesa delle future decisioni, riportiamo il link al testo della ordinanza:https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=SN3VWPRYG2NUBSLL5SSERELSBE&q
Marco Caldiroli