venerdì 22 novembre 2013

Presentazione del libro "Il silenzio degli operai" di Massimo Daviddi

Giuseppe Marazzini
22.11.2013

Mercoledì 27 novembre 2013 alle ore 21.00
presso la sala ACP (sopra il Ristorante la Meridiana), Balerna (TI)
La presentazione del libro
Il silenzio degli operai, edizioni ‘La vita felice, Milano, 2012 ‘
di Massimo Daviddi
Con Massimo Daviddi e Fabiano Alborghetti – poeta e scrittore
La poesia, è (in)utile?
Sono stato invitato dall’Associazione Cultura Popolare di Balerna, (ACP) a dire qualcosa sul mio ultimo testo, Il silenzio degli operai. Mi soffermo allora, su qualche aspetto della scrittura poetica. Nel contesto attuale, dove molto è misurato dal grado di competitività e dal ritorno immediato - se faccio qualcosa, devo averne utilità tangibile, un profitto - la poesia rappresenta quanto di più inutile esista, ancor più della filosofia e della storia. Ma questa inutilità è preziosa perché incoraggia a guardare il mondo con occhi diversi, a pensare che esistano relazioni aperte all’incontro e al dialogo, alla possibilità di essere e non solo ricavare, ottenere, (di avere, direbbe Erich Fromm). Dunque, l’utilità della poesia sta proprio nei suoi fondamenti, accompagnare uomini e donne intorno alla navigazione terrena tenendo insieme le cose, cercando connessioni, punti di contatto tra noi, la natura, il cosmo. Ancora;chi scrive senza guardarsi come poeta ‘apriori ‘,sa che l’animus della scrittura è dato da una sensibile aderenza alla realtà, alle cose che ci circondano: la casa, l’albero in giardino, una panchina che amiamo e che, magari, da un giorno all’altro non troviamo più. Si avvicinano temi complessi,partendo dalla nostra geografia umana, ascoltando i racconti che arrivano dal vicino, osservando il paesaggio: avendo compassione verso chi è posto di fronte a prove difficili, a volte estreme, sapendo stare con, senza altri fini e scopi. Il linguaggio poetico decostruisce per ricostruire, non fa sconti, è calato nella realtà per intercettare quanto nella distrazione del vivere è, diciamolo con Fernando Pessoa, ‘una sola moltitudine’, nominando fatti, cose, persone, da vie laterali, discoste e improvvise.
Massimo Daviddi












Che significato possiamo o dobbiamo attribuire a questo titolo Silenzio degli operai?
Il silenzio degli operai vuol dire in qualche modo soffermarsi sulla parte del testo che maggiormente alimenta un mio modo di sentire la vita, coniugandola al presente. Sono cresciuto in un cortile di Milano, circonvallazione anni ’60, un tempo unico, caotico, ricco di umanità e anche di piccole violenze, di stenti e generosità. Osservavo molto, dal mio balcone al settimo piano; ricordo le macchine in fila, dopo la partita a San Siro e lo stadio, dove andavo da piccolo per vedere l’Inter, con mio padre. Rivedo le tute bluastre degli operai che andavano nelle fabbriche con biciclette, vespe, lambrette; i muratori, poco prima di lavorare nel cantiere, al bar per un bicchiere di marsala, d’inverno. Gli inseguimenti tra un cortile e l’altro, i bambini veneti, siciliani; la lingua viva, popolare, un’arena di accenti, detti, null’altro che il pallone, i giochi come nascondino e bandiera, le urla delle madri per il rientro. Questo non esiste più; non esiste là, dov’era, e allo stesso tempo non esisto io, dov’ero: sono straniero in questa Milano che amo sempre, ma la reinvento o semplicemente scorro nelle vie, fermandomi nei pochi locali dove mi sento a casa. Oggi – ed è la coniugazione al tempo che viviamo – la società nega l’esistenza degli operai o quando ne parla, sono sempre visti come sopravvissuti in un mondo che non sa cosa farne. Fino alla tragedia della Thyssen, che ricordo nell’ultimo testo della sezione.

da "Il silenzio degli operai" di Massimo Daviddi

Esistenza degli oggetti

Non esiste disparità tra gli oggetti,
sono primariamente spazio
dentro una porzione di luce nella casa,
diventano l’indicatore molteplice dei colori
la loro persistenza gravita sul nulla,
così quando si cucina o si studia,
così quando decifrare il tempo
sa di rimpiattino, nulla di serio,
tutto di incompiuto.
Dov’era ad esempio la luce
dentro il semicerchio?
Come finiva in fondo alla piastrella?

certe volte sembra che 
le cose vogliano bene alle cose.  
Tiziano Rossi

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