sabato 7 marzo 2015

SI PREANNUNCIA UN’ALTRA TASSOPOLI?

di Giuseppe Marazini
07.03.2015

Direttore ed orchestra sono sempre gli stessi, lo spartito musicale pure: per Legnano ci sarà un’altra stagione di tasse? 

L’avevano detto in molti che dietro alla magnanimità del governo Renzi nel concedere il bonus da 80 euro c’era il trucco. Ora i nodi vengono al pettine: la copertura finanziaria di questa “grandeur” che doveva innescare la “crescita” dell’economia italiana, ma che non lo ha fatto, dev’essere pagata con altri pesanti tagli ai bilanci comunali. Per Legnano potrebbe trattarsi di un salasso pesantissimo. 

Il quadro generale mette anche in evidenza l’estrema debolezza contrattuale dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), che non riesce a contrastare efficacemente le manovre vessatorie del governo. Inoltre, i Comuni delle città metropolitane corrono anche il rischio di vedersi accollare spese inerenti al funzionamento delle stesse, a causa dei bilanci in rosso ereditati dallo scioglimento delle Provincie. E questo sta avvenendo in un Paese, l’Italia, in cui stime 2014 su dati di Banca d’Italia e Istat valutano il volume di imposte non versate pari a 100-120 miliardi di euro. 

 Che fare? 
 Il gruppo consiliare Sinistra Legnanese a metà novembre dell’anno scorso ha depositato un’istanza popolare, sottoscritta da cento cittadini, per chiedere all’amministrazione comunale di graduare le tasse con “una fiscalità rispettosa dei criteri di progressione contributiva e che riflettano la situazione economico sociale delle famiglie, con la riduzione del carico fiscale sui cittadini mediante l’introduzione della detrazione per figli a carico e della detrazione in base al reddito del contribuente”. Ora è giunto il momento di dare una risposta a questa istanza e la sede più idonea per cominciare a capire quali sono le linee guida dell’amministrazione in materia, è la commissione bilancio. La si convochi con urgenza.  


Il Sole 24 ORE – 24 febbraio 2015 
Città metropolitane da rilanciare

Siamo arrivati con un formidabile ritardo, rispetto agli altri Paesi avanzati, a riconoscere che il volto dell’Italia nel mondo sono le Città, o meglio, ad ammettere che le istituzioni di governo delle Città necessitano di assetti, poteri, regole, risorse e strumenti adeguati alla complessità dei problemi. Ciò vuol dire: sistemi urbani avanzati, snodi intelligenti che mettano in rete porti e aeroporti, attrattori di competitività, poli di ricerca, reti di mobilità a basso impatto ambientale, hub culturali, politiche integrate su sociale, pianificazione urbanistica, e poi semplificazione, unificazione di servizi e tariffe e così via. Il 1° gennaio sono state istituite formalmente otto Città metropolitane. Il legislatore ha optato per un modello, proposto ed elaborato dall’Anci, che nonostante le mediazioni parlamentari contiene un'impronta decisamente innovatrice: centralità dei Comuni e di chi li amministra con l'obiettivo di dar vita a un ente leggero, di coordinamento e supporto ai Comuni dell'area, con forte semplificazione istituzionale. Gli stessi amministratori dei Comuni siedono negli organi di governo, lo stesso sindaco del capoluogo è sindaco metropolitano. Sarebbe logica conseguenza continuare su questa strada, replicando un modello di concentrazione istituzionale anche riordinando le Province in alcuni casi, come le Regioni. 

Ora è essenziale che ciò che è scritto nella Costituzione e nelle leggi si traduca in atti concreti in tempi rapidi: è necessario che tutte le Istituzioni memorizzino l'esistenza delle Città metropolitane e comprendano che sono qualcosa di diverso dalle Province. 

Questo significa risolvere problemi urgenti e assumere decisioni a regime. Occorre: attenuare o eliminare le sanzioni sulle Città metropolitane per lo sforamento del Patto da parte delle ex Province; differenziare molto il taglio fra province e Città per le più ampie funzioni fondamentali attribuite a queste ultime; ripartire in modo differenziato gli obiettivi di Patto per spingere il ruolo di “investitore pubblico” delle Città; stanziare un fondo nazionale per interventi di sviluppo in settori su cui lo stesso Governo punta (edilizia scolastica, trasporti, infrastrutture...); attuare un finanziamento stabile, già previsto dalla legge, per settori strategici come i diritti portuali e aeroportuali. Senza questi interventi, la Città metropolitana di Milano avrebbe uno squilibrio di 113 milioni, Torino di 80 milioni, Bologna di circa 30, Firenze di 40, a cui si aggiungerebbe la sanzione del Patto. Poco aggiunge la futura mobilità del personale, in quanto ci vorrà del tempo e intanto i dipendenti vanno pagati. Preoccupa molto, poi, l’idea che il personale da spostare sia individuato dalla Regione e non da chi governa la Città. Su questo si rischia di partire male: tanto più che una rassegna delle proposte di legge regionali (proposta sul Sole 24 Ore di ieri) fa emergere che le Città metropolitane sono ignorate, e non c’è il trasferimento di competenze e risorse che la legge imporrebbe.

Segretario Generale Anci 


Il Sole 24 ORE –  4 marzo 2015
Tagli a doppia via per i Comuni
di Gianni Trovati

MILANO - Oltre alla distribuzione dei tagli Comune per Comune assestati per quest'anno dal decreto sul bonus Irpef, il ministero dell'Interno ha diffuso anche i dati sulle riduzioni di fondi per effetto della spending review targata Monti, quella del Dl 95/2012, che ha effetti anche per il 2015. La doppia pubblicazione, dovuta a un inciampo informatico, rappresenta però una buona occasione per chiarire i meccanismi dei tagli, dal momento che molte amministrazioni locali finiscono per essere disorientate dalla pioggia di misure che si sovrappongono e intrecciano i propri effetti.

I sacrifici 2015, cioè i 563,4 milioni chiesti ai Comuni per finanziare un pezzo degli 80 euro come previsto dall'articolo 47 del Dl 66/2014, sono definitivi, nascono dai criteri concordati fra Governo e sindaci nella Conferenza Stato-Città del 22 gennaio scorso e sono allegati a un decreto firmato dal ministro dell'Interno. In pratica, i parametri di calcolo replicano quelli utilizzati l'anno scorso, con l'unica eccezione del «bonus» per i Comuni toscani colpiti dal sisma del 2013, per cui assegnano a ogni ente un taglio superiore del 50% rispetto a quello dell'anno scorso. La tabella allegata al decreto mette a confronto il taglio 2014 con quello di quest'anno: per Roma si tratta di 50,8 milioni, per Milano di 19,9, a Torino vengono chiesti 10,8 milioni e così via.

Gli effetti 2015 della spending review di Monti, invece, non sono definitivi, perché il comma 380 della legge di stabilità per il 2013 (legge 228/2012) prevede la possibilità di modificare la distribuzione dei tagli tenendo conto anche degli effetti che si determinano dall'incrocio con il Fondo di solidarietà comunale. Nonostante questo, le cifre offrono un'indicazione abbastanza chiara, che però necessita di una spiegazione. La spending chiedeva ai Comuni delle Regioni a Statuto ordinario e di Sicilia e Sardegna 2,5 miliardi l'anno scorso, e 2,6 a partire dal 2016. La tabella riporta per ogni Comune la cifra complessiva, per un totale di 2,6 miliardi, ma per capire gli effetti sul proprio bilancio non bisogna ovviamente calcolare una riduzione di 2,6 miliardi rispetto all'anno scorso. In pratica, il taglio di ogni Comune è calcolato rispetto alle cifre al lordo di quanto accaduto negli anni scorsi: in altre parole, è come se il Governo chiedesse 2,6 miliardi dopo averne restituiti 2,5, quindi con una differenza effettiva di soli 100 milioni. Nascono da qui le maxi-cifre riportate nella tabella, come i 261 milioni di Roma, i 150 di Milano, i 53 di Napoli e i 52 di Torino.

In ogni caso, il quadro della finanza locale 2015 stenta a stabilizzarsi, anche perché sui tavoli di confronto pesa ancora la mancata traduzione in norma della riforma del Patto di stabilità e il nodo dei 625 del Fondo Tasi. Questi temi saranno al centro questa mattina del comitato direttivo dell'Anci (alle 11.30), che discuterà anche di piccoli Comuni, riforma della PA e di Catasto. Su quest'ultimo punto, ieri il presidente dell'Anci Piero Fassino ha chiesto un incontro al viceministro dell'Economia Luigi Casero per chiarire la divisione dei compiti fra amministrazione finanziaria e Comuni sugli aggiornamenti delle banche dati catastali, partendo dalle pratiche edilizie come previsto dallo sblocca-Italia.

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