05.05.2015
Nel consiglio comunale di
martedì 28 aprile 2015 è stato votato all’unanimità l’ordine del giorno
"Lotta alla povertà e diritto alla vita" e "Adesione
all'iniziativa Dichiariamo illegale la Povertà” presentato dal Gruppo
consiliare Sinistra Legnanese:
Ordine del giorno
"Lotta alla povertà e diritto alla vita" e
"Adesione all'iniziativa Dichiariamo illegale la Povertà”
"Lotta alla povertà e diritto alla vita" e
"Adesione all'iniziativa Dichiariamo illegale la Povertà”
Il Consiglio Comunale di
Legnano,
Premesso
che:
L’Italia
vive una condizione di impoverimento materiale e culturale insostenibile e
inaccettabile.
I dati ISTAT ci dicono che sono ormai 8 milioni e 173mila i
cittadini e le cittadine che vivono una condizione di povertà relativa e 3
milioni e 415 mila quelli in povertà assoluta. Parliamo di quasi un italiano su
cinque costretto a vivere in una condizione in cui la dignità umana viene
calpestata ...
… DELIBERA
di aderire e sostenere,
con tutti i mezzi a sua disposizione, l'Iniziativa Internazionale
"Dichiariamo Illegale la Povertà", di contribuire così alla lotta
contro le cause strutturali della produzione della povertà inerenti ad una
società ingiusta, inuguale e predatrice, e di approvarne i 12 principi
costitutivi.
1. Nessuno nasce povero, né sceglie di essere povero.
2. Poveri si diventa. La povertà è una costruzione sociale.
3 Non è solo — né principalmente — la società povera che "produce" povertà.
4. L'esclusione produce l'impoverimento.
5. In quanto strutturale, l'impoverimento è collettivo.
6. L'impoverimento è figlio di una società che non crede nei diritti alla vita e alla cittadinanza per tutti, né nella responsabilità politica collettiva per garantire tali diritti a tutti gli abitanti della Terra.
7. I processi d'impoverimento avvengono in società ingiuste.
8. La lotta contro la povertà (l'impoverimento) è anzitutto la lotta contro la ricchezza inuguale, ingiusta e predatrice (l'arricchimento).
9. Il "pianeta degli impoveriti" è diventato sempre più popoloso a seguito dell'erosione e della mercificazione dei beni comuni, perpetrata a partire dagli anni '70.
10. Le politiche di riduzione e di eliminazione della povertà perseguite negli ultimi 40 anni sono fallite perché hanno combattuto i sintomi (misure curative) e non le cause (misure risolutive).
11. La povertà è oggi una delle forme più avanzate di schiavitù, perché basata su un "furto di umanità e di futuro".
12. Per liberare la società dall'impoverimento bisogna mettere "fuorilegge" le leggi, le istituzioni e le pratiche sociali collettive che generano ed alimentano i processi d'impoverimento.
di procedere entro sei mesi dalla presente Delibera a inserire un apposito articolo al riguardo nello Statuto comunale, per difendere e tutelare il diritto alla vita di tutti i cittadini del Comune.
Sinistra Legnanese
G. Marazzini
Legnano, 26.1.2015
1. Nessuno nasce povero, né sceglie di essere povero.
2. Poveri si diventa. La povertà è una costruzione sociale.
3 Non è solo — né principalmente — la società povera che "produce" povertà.
4. L'esclusione produce l'impoverimento.
5. In quanto strutturale, l'impoverimento è collettivo.
6. L'impoverimento è figlio di una società che non crede nei diritti alla vita e alla cittadinanza per tutti, né nella responsabilità politica collettiva per garantire tali diritti a tutti gli abitanti della Terra.
7. I processi d'impoverimento avvengono in società ingiuste.
8. La lotta contro la povertà (l'impoverimento) è anzitutto la lotta contro la ricchezza inuguale, ingiusta e predatrice (l'arricchimento).
9. Il "pianeta degli impoveriti" è diventato sempre più popoloso a seguito dell'erosione e della mercificazione dei beni comuni, perpetrata a partire dagli anni '70.
10. Le politiche di riduzione e di eliminazione della povertà perseguite negli ultimi 40 anni sono fallite perché hanno combattuto i sintomi (misure curative) e non le cause (misure risolutive).
11. La povertà è oggi una delle forme più avanzate di schiavitù, perché basata su un "furto di umanità e di futuro".
12. Per liberare la società dall'impoverimento bisogna mettere "fuorilegge" le leggi, le istituzioni e le pratiche sociali collettive che generano ed alimentano i processi d'impoverimento.
di procedere entro sei mesi dalla presente Delibera a inserire un apposito articolo al riguardo nello Statuto comunale, per difendere e tutelare il diritto alla vita di tutti i cittadini del Comune.
Sinistra Legnanese
G. Marazzini
Legnano, 26.1.2015
Il Fatto Quotidiano – Domenica 3 maggio 2015
Crisi, in Europa è tornata la fame. Milioni in fila alle mense per gli indigenti
di Chiara Carbone
A Milano, Roma e Napoli
associazioni e onlus servono ormai oltre 2 milioni di pasti gratis ogni anno,
spesso a persone che hanno un lavoro ma non guadagnano abbastanza. In 22 Paesi
3,5 milioni di persone ricevono aiuti alimentari dai programmi di assistenza
della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. E secondo la European federation of
food banks nel 2013 sono state quasi 6 milioni le persone aiutate. Tra i Paesi
più in difficoltà Spagna e Grecia, ma anche la Germania ha visto raddoppiare
gli utenti delle banche alimentari
“Una
volta a una delle nostre porte ha bussato un ricercatore universitario.
Oltre che un pasto, ci ha chiesto anche un computer per continuare
a lavorare su un progetto”. L’episodio raccontato da Giancamillo
Trani, vicedirettore (laico) della Caritas diocesana di Napoli, è
l’istantanea da cui si può partire per raccontare come e
quanto lavorano le mense per gli indigenti in Italia e
in Europa. Storie e provenienze profondamente diverse, legate tutte, però,
da un sottile filo rosso: l’inizio della crisi economica. Dal 2008, infatti, le
file fuori dagli enti di assistenza si sono fatte sempre più
lunghe e il cibo è diventato un parametro importante nella valutazione del
nuovo disagio economico nel Vecchio continente.
Ridurre
la povertà e la fame è uno dei temi dell’Expo, ma i numeri
del problema sono impietosi. L’Istat in un rapporto del 2014 segnala, in
Italia, oltre 6 milioni di persone in una situazione di povertà assoluta oltre
4 milioni delle quali vivono sotto la soglia della povertà alimentare, cioè la
condizione di chi può permettersi solo una spesa alimentare povera
per quantità e qualità. Un dato in crescita: nel 2007, infatti, la quota di chi
era considerato “povero a livello alimentare” si fermava a 3
milioni. Mentre in Europa l’Eurostat ha calcolato che nel 2013
quasi il 25 per cento della popolazione Ue, equivalente a 122,6 milioni di
persone, era a rischio povertà ed esclusione sociale. Il 9,6 per
cento della popolazione europea, secondo gli ultimi dati dell’istituto, è
in condizioni di deprivazione. E tra i parametri considerati ci sono anche
l’impossibilità di riuscire a fare un pasto con carne, pesce,
pollo o equivalenti vegetariani almeno una volta ogni due giorni.
Così,
sempre più spesso sono gli enti di assistenza a entrare in gioco per sopperire
alla necessità di cibo degli italiani poveri. E non solo attraverso la
distribuzione di cibo nelle mense. Secondo alcuni dati rielaborati dalla Coldiretti,
nel 2012 le persone che hanno beneficiato dei servizi mensa sono state oltre
300mila, mentre quasi 3,8 milioni hanno usufruito dei pacchi alimentari
distribuiti dagli enti di assistenza. Su tutto il territorio nazionale sono
oltre 15mila le strutture caritative in attività.
Tra
chi chiede aiuto anche giovani che lavorano ma guadagnano troppo poco – E se, negli anni, l’aumento della
richiesta è stato costante, quello che è cambiato è l’identikit di chi
chiede aiuto. “Dobbiamo uscire dallo stereotipo in base al quale
il frequentante tipo è un anziano senza fissa dimora“,
sottolinea Giancarlo Rovati, professore di sociologia all’università
Cattolica di Milano. “In realtà a servirsi delle mense e di altri servizi sono
adulti anche di età molto giovane, in età da lavoro. Molti fanno
parte di quella categoria dei cosiddetti working poor, cioè i lavoratori
poveri, quelli che hanno un lavoro saltuario o una retribuzione
insufficiente. C’è da sottolineare il fatto che per il bisogno alimentare è più
facile trovare aiuti: così chi chiede un pasto alle mense per indigenti è anche
chi ha una propria abitazione, un lavoro e una famiglia e attraverso l’aiuto
alimentare può destinare le proprie scarse risorse ad altro”.
Da
nord a sud Italia unita nel solco del bisogno – In un ideale viaggio da nord a sud,
facendo tappa per tre delle più grandi città italiane, ciò che unisce
profondamente la Penisola è la bandiera del bisogno alimentare. Milano,
oltre che essere quest’anno sede dell’Expo, è da sempre considerata una città
ricca, simbolo di un’Italia benestante. Nell’anno in cui il cibo è sotto i
riflettori, però, l’altra faccia è quella di un territorio dove sempre più
persone hanno bisogno di aiuto. L’Opera San Francesco, ente gestito dai
frati cappuccini e mensa più grande del capoluogo lombardo, nel 2014 ha
sfornato oltre 869mila pasti caldi. Marina Nava di Osf spiega:
“Ci sono giorni in cui superiamo le 3mila utenze. Dal 2008 sono aumentati
anche gli italiani, che adesso rappresentano il 12 per cento dei nostri utenti
e sono la seconda nazionalità presente, dopo i rumeni”. Qui tutti
ricevono lo stesso pasto, “ma con le dovute cautele: si cerca per esempio di
evitare la carne di maiale, che potrebbe mettere in difficoltà le
persone di religione islamica”. E anche se qui i minori,
accompagnati dagli adulti, possono entrare, non si vedono molte famiglie in
fila: “A volte ci sono madri rom con i figli, ma in genere si tratta di persone
singole”. Ma l’attività dell’ente non si ferma solo alla distribuzione di
cibo. Come sempre più spesso accade, le organizzazioni devono sopperire a varie
carenze dello stato sociale: “Chi si rivolge al nostro istituto – prosegue
Nava – ha anche la possibilità di fare una doccia una volta a settimana e
di usufruire di un cambio di abito una volta al mese, oltre che di
un ambulatorio medico, in caso di necessità per coloro che sono al di
fuori del Sistema sanitario nazionale”.
A
Napoli in coda anche promotori finanziari e avvocati – Seicento chilometri più a sud, a
Roma, lo scenario non cambia: anche la mensa di via Dandolo, gestita
dalla comunità di Sant’Egidio, ha visto aumentare le richieste. Nel 2014
si sono registrate 2.807 nuove iscrizioni e in 417 casi si trattava di
italiani. I dati del Comune parlano di 627.890 utenti annui per quanto
riguarda le mense sociali e 86.070 pasti a domicilio. Anche a Napoli,
la composizione sociale di chi frequenta le mense per indigenti è mutata con
gli anni: “Una volta era più facile tratteggiare i confini del
disagio”, racconta Trani della Caritas diocesana di Napoli, che nella
città partenopea coordina 10 mense, per una media di 1.500 pasti erogati al
giorno. “Oggi c’è una diversa frequentazione: se prima si trattava
principalmente di persone senza fissa dimora, o migranti, nell’ultimo biennio
abbiamo notato un aumento degli anziani e delle nuove categorie sociali come i
padri separati o le vittime del gioco d’azzardo. Tra l’altro cominciano
ad affacciarsi anche membri di quelle che erano le cosiddette categorie benestanti,
come promotori finanziari e qualche avvocato”.
Oltre
alle mense anche pacchi alimentari a domicilio - C’è poi un intervento che va oltre
quello delle mense: la Croce Rossa Italiana, ad esempio, nel 2014 ha
fornito sostegno a oltre 1,5 milioni di contatti. Una fetta abbondante
degli aiuti materiali ha riguardato la distribuzione di alimenti, attività
svolta in modo capillare su tutto il territorio italiano dai vari comitati
locali dislocati nel Paese. Molto, però, fa anche la lotta allo spreco di cibo.
Delle 15mila strutture caritative in attività, la maggior parte di ispirazione
religiosa, quasi 9mila sono convenzionate con la Rete Banco Alimentare,
che si occupa di recuperare alimenti ancora integri e non scaduti
che però sarebbero destinati alla distruzione perché non più
commercializzabili, e di redistribuirli. “Ogni giorno questi alimenti
vengono dati gratuitamente a circa 8.669 strutture caritative che danno
sostegno a 1.910.000 poveri in Italia”, fanno sapere dall’ente. “C’è da
registrare, poi, un aumento dei servizi paralleli – spiega Walter Nanni,
responsabile dell’ufficio studi della Caritas nazionale –. C’è un significativo
trend in crescita di chi fa richiesta di beni primari, ma allo stesso tempo
anche di coloro che preferiscono non mettersi in coda alle mense, così si sono
intensificati gli aiuti domiciliari e le consegne dei pacchi
alimentari”. Non solo: la Croce Rossa distribuisce anche medicinali e materiale
scolastico e paga le utenze per chi non può permetterselo. E le ong,
a partire da Medici senza frontiere , sono sempre più attive
nell’offrire assistenza sanitaria gratuita negli ambiti non coperti dal
Servizio sanitario nazionale.
L’Europa
non sta meglio – Questa situazione
accomuna l’Italia a tanti Paesi europei. Già nel 2013 un rapporto della
Croce Rossa ha lanciato l’allarme sul fatto che sempre più persone chiedono
sussidi alimentari. “In 22 Paesi dell’area – si legge – sono 3,5 milioni
le persone che ricevono aiuti alimentari dai programmi di assistenza della
Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Questa cifra rappresenta un incremento del
75 per cento rispetto ai 2 milioni e mezzo del 2009 in 17 Paesi”. Tra i Paesi
più in difficoltà, il rapporto segnala la Spagna, “dove sono 1,2 milioni
le persone che hanno ricevuto aiuti alimentari nel 2012, più del doppio
rispetto al 2009” e dove la comunità di Sant’Egidio, a causa della grande
richiesta, è stata costretta ad aprire una mensa. Qui opera anche l’Ordine
dei cavalieri di Malta, che nelle città di Madrid e Siviglia hanno
servito quasi 200mila pasti. Sempre Sant’Egidio ha potuto calcolare anche un
aumento del 10 per cento nella mensa che gestisce ad Anversa, di cittadini
belgi. A Parigi sempre l’Ordine di Malta, distribuisce circa 30mila pasti
caldi ogni anno e, anche qui l’ente va oltre la distribuzione dei pasti, e
accoglie anche bisognosi e senza tetto a bordo delle chiatte ancorate lungo la
Senna (in media sono 16mila i pernottamenti annui) e vengono offerti anche
percorsi per agevolare il reinserimento nel mondo del lavoro. Sempre l’Ordine
di Malta in Lituania nel 2014 ha servito serviti 85mila pasti caldi e in
Bulgaria 450 pasti giornalieri. Ci sono poi i numeri della Lettonia, dove
da parte della Croce Rossa sono state assistite 140mila persone, le 94mila
famiglie in Romania e i 30 milioni di pasti erogati nel 2012 dalla Società
nazionale Francese.
Drammatica
la situazione greca, dove un recente rapporto della Caritas parla di un 55
per cento di famiglie impoverite che ha dichiarato di “non essere in grado
di coprire le spese per il cibo necessario alla propria famiglia”. Con il
conseguente aumento delle file per chiedere un pasto caldo. Ma anche i Paesi
capofila del welfare europeo stanno vivendo qualche problema. È il caso della
Gran Bretagna, dove “il crescente bisogno di cibo” ha obbligato la Croce Rossa
locale, per la prima volta dalla seconda Guerra Mondiale, a scendere di nuovo
in campo nella distribuzione alimentare. O quello della Germania, maestra
di politiche di austerità in Europa, che nel 2014 ha visto raddoppiare a
1,5 milioni il numero di cittadini che si sfamano attraverso le banche
alimentari. Ci sono poi i numeri della Lettonia, dove sono state assistite
140mila persone, le 94mila famiglie aiutate in Romania e i 30 milioni di pasti
erogati nel 2012 dalla Croce Rossa francese.
I
nuovi fondi europei per gli indigenti
– Anche i dati 2013 della European federation of food banks rivelano
un incremento nell’attività rispetto agli anni precedenti: sono state quasi 6
milioni le persone aiutate, in partnership con 31mila associazioni, per un
totale di 804 milioni di pasti distribuiti e 402 milioni di tonnellate di cibo
erogato. “In generale sono aumentati il bisogno, la richiesta e di
conseguenza anche l’erogazione. Anche le organizzazioni di aiuto,
però”, sottolinea Rovati, “hanno dovuto fare i conti con la crisi”. Una
spirale negativa causata anche dal ritardo a livello comunitario
nell’approvazione dei regolamenti sui nuovi fondi. All’inizio del 2014, però,
il Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead) ha sostituito il
precedente programma europeo Pead: si tratta di fondi europei che sostengono
gli interventi promossi dai Paesi Ue per fornire agli indigenti assistenza
materiale, tra cui, appunto, i generi alimentari. E’ grazie a questi soldi,
oltre che con le donazioni e l’attività di fundraising, che la maggior parte
degli enti svolge le proprie attività.
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