giovedì 20 maggio 2010

Addio ad un grande artista ed eroico partigiano combattente

Scritto da Il Tirreno Massa Carrara
Sabato 08 Maggio 2010
M.B.


Scultore internazionale, medaglia d’argento al valore civile Camera ardente in Comune.
Nori: credevo fosse eterno

CARRARA. Artista geniale, eroe della Resistenza (medaglia d’argento al valor militare), scrittore, intellettuale e polemista: Carrara piange la scomparsa di un grandissimo concittadino, straordinario con lo scalpello ma anche - da partigiano - con il tritolo. Nardo Dunchi, 96 anni compiuti il 22 febbraio, ha chiuso intorno alle 18 ieri una vita intensa. Un cittadino illustre e che ha dato fama alla sua città - la sua imponente scultura alla rotatoria di Turigliano è ormai un simbolo - e da stamani Carrara gli dedicherà una camera ardente, dalle 12 nella sala consiliare, dove tutti potranno rendergli omaggio.

ENRICO NORI: CREDEVO FOSSE ETERNO. Enrico Nori, per anni speech-writer degli Agnelli, candidato a sindaco nel 94, conosceva bene Dunchi: «Credevo che fosse eterno, come le forze della natura. In meravigliose, sperdute stagioni, mi ha insegnato il signifcato della vita», commenta. Il pensiero va ai primi Anni 60, quando a Fiumaretta Enrico Nori viveva in simbiosi con Nardo Dunchi, incontrando Vittorio Sereni, Franco Fortini e tutto il mondo intellettuale che in quegli anni indimenticabili ruotava attorno a Bocca di Magra. «E pescavamo, eravamo contenti, e pensavamo di essere immortali - aggiunge Nori - Poi purtroppo io feci l’errore di andare a lavorare...». E ancora: «Nardo è stato un personaggio straordinario, il suo capolavoro è stata la vita. Che vita... E poi aveva un senso della natura davvero incredibile».

UFFICIALE, PARTIGIANO, ARTISTA. Proprio di recente, il 27 marzo, in occasione della bella mostra sul salvataggio di Abu Simbel (insieme a Carlo “Pipa” Andrei, Dunchi fu fra gli ideatori del metodo poi usato per salvare i templi), era stata pubblicata una monografia sull’artista, in parallelo a una rassegna retrospettiva (alla cui inaugurazione aveva presenziato) con alcune sculture in marmo, le sue “Armonie di ombre e di luci”, e altre in legno. Ma realizzò anche gioielli. Proprio da quel libro estrapoliamo alcune note biografiche.Nardo Dunchi, nato a Carrara il 22 febbraio del 1914, si diplomò all’Accademia di Belle Arti di Carrara nel 1936 nella sezione scultura con Arturo Dazzi; poi, come ufficiale negli Alpini nel 1939 fu di stanza ad Aosta, Bassano e successivamente a Cuneo.Dopo l’8 settembre, crea la prima banda partigiana di Boves divenendone il responsabile. Partigiano al fianco di Ferruccio Parri, Piero Calamandrei e Giorgio Bocca ben presto si mette in luce per le sue gesta eroiche. Torna in Toscana sotto l’organizzazione “Otto” che faceva da anello di congiunzione tra gli Alleati ed i Partigiani; dispersa la “Otto” a causa degli arresti, fa la spola fra gli Appennini e le Apuane al fianco di Carlo Andrei “Pipa”. Nel 1957, sulla guerra di Liberazione, Nardo Dunchi pubblica il bellissimo, struggente libro autobiografico “Memorie partigiane”, edito a Firenze dalla “Nuova Italia “.

Ma intanto, finita la guerra si dedica all’arte ed in particolare alla scultura. Allievo e ammiratore di Arturo Martini, scolpisce sia il marmo che il legno. Le sua prima personale è a Carrara nel 1952. Ma Carrara e l’Italia gli stanno strette: dopo qualche periodo a Roma, e Milano, va a Parigi a metà Anni Cinquanta. A Montparnasse entra in contatto con i più grandi artisti: Hans Arp, Zoran Music, Yves Klein, Augustin Cardenas. E inizia ad esporre anche nella capitale francese. In questi anni fa la spola fra Parigi e la Versilia dove conosce Henry Moore e lentamente si fa breccia in lui un nuovo linguaggio, che si distacca dal figurativo. Dunchi (sono ancora passi della biografia scritta da Gabriele Costa) studia come “Obbligare la Luce” e la renderà viva, quasi pulsante. Per fare ciò arriverà a bucare la materia.Importante, la relazione e l’amicizia con l’artista Renato Birolli. Dunchi - scrive Costa - ha realizzato anche vari monumenti: ricordiamo il monumento in piazza “Caduti della Libertà” di Boves, il Monumento al Partigiano di Carrara, ed il Monumento ai Caduti di Massa Marittima. Diverse sue opere sono in spazi pubblici, alcune delle quali in Germania, in Austria, e in Francia. A Legnano ha arredato un vero e proprio parco cimitero; e sempre a Legnano c’è un suo grandioso Cristo in acciaio.

QUANDO IMBRATTÒ LA SUA STATUA. Attivo - e polemico - fino all’ultimo, nel novembre di sei anni fa Nardo Dunchi fu protagonista di un gesto clamoroso. Insisteva che fosse cambiata collocazione alla sua grandiosa scultura alla rotatoria dell’Esselunga. Alla fine, con una bomboletta spray, di vernice nera, sporcò il marmo della sua scultura: risultato, una denuncia per deturpazione e imbrattamento del proprio monumento.
In un episodio, la sintesi di un carattere sicuramente passionale. Un uomo che fu d’azione, capace di far saltare in aria centrali elettriche e ponti, come quello di Vernante, portando da solo il tritolo «sotto le ascelle - raccontò qualche anno fa - perché il freddo non deteriorasse i candelotti. Assaltammo ponti e centrali elettriche, svaligiammo caseifici, perché “i ninin” - aggiunse - avevano fame e i nazisti stavano per portare via un treno di derrate alimentari. Mi hanno dato la medaglia d’argento. Bene, dissi: quella d’oro viene data soltanto ai morti».Nardo Dunchi era l’ultimo vivente di otto fratelli: quattro anni fa morì Emilio, 96enne come lui. Stamani a Pisa arriva suo figlio Emanuel Forrest, ingegnere, che vive a Parigi.

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