venerdì 23 luglio 2010

APPELLO: Riaprire le indagini sull'omicidio di Giuseppe Valarioti da parte della 'ndrangheta

Istituto "U. Arcuri"
per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia contemporanea
in provincia di Reggio Calabria
23.07.2010


Trent’anni fa, nella notte tra il 10 e l’11 giugno del 1980, la 'ndrangheta di Rosarno uccideva Giuseppe Valarioti, professore di lettere con la passione per l’archeologia, storico, intellettuale organico, segretario del Pci e consigliere comunale di Rosarno che non si è mai sottratto alle responsabilità dell'impegno antimafia, neanche dopo le minacce.
Seguirono indagini approssimative e depistaggi, poi il processo ad alcuni boss della 'ndrangheta accusati di essere i mandanti e assolti per insufficienza di prove senza che fosse mai celebrato, caso unico in Italia - un processo d'appello per l'omicidio.
La vicenda giudiziaria, nella quale si inserirono le dichiarazioni di un pentito, è durata un decennio, ma presenta ancora oggi elementi inquietanti che vanno dai depistaggi alle indagini approssimative, dalle coraggiose testimonianze alle ritrattazioni repentine, da pentiti non creduti a sviluppi giudiziari rilevanti per alcuni protagonisti di quelle vicende, a recenti dichiarazioni di ex magistrati che hanno seguito il processo.
Le inchieste non hanno portato alla verità e tutto è stato archiviato lasciando l’omicidio impunito, mentre "stranamente", come spesso accade in Italia, i faldoni delle indagini "si smarriscono".
Peppe aveva trent'anni, aveva partecipato alle lotte per il lavoro, s’era opposto ai loschi affari della criminalità, alla speculazione edilizia, aveva difeso il patrimonio culturale, storico e ambientale della Calabria.
"La storia di Giuseppe Valarioti - scrive Pierluigi Bersani su L'Unità - merita più che un semplice ricordo, merita una riflessione. È una storia emblematica perché dimostra come un altro Sud non solo è possibile ma un altro Sud c’è sempre stato".
Riaprire le indagini sull'omicidio per ricostruire la verità e la memoria della legalità e individuare i responsabili del primo delitto politico della 'ndrangheta è un dovere per tutti.

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