Scritto da red.
Mercoledì 29 Settembre 2010 06:14
Marinello: "Balairatt? Una porcata. Quella dei ratti è una campagna che distorce la realtà. Si gioca con il fuoco"
IL COMUNICATO DI MICHELE MARINELLO
Qualcuno in Ticino l’ha fatta fuori dal vaso
“Ci sono tre topi. Anzi, tre ratti. Il primo si chiama Fabrizio, vive a Verbania, ma fa il piastrellista in Ticino. Il secondo si chiama Bogdan. È rumeno. Non ha né un domicilio, né un lavoro. Il terzo si chiama Giulio. E come Tremonti è un avvocato italiano. Non è l’inizio di una barzelletta. E i tre animali sono i protagonisti della curiosa campagna lanciata oggi in Ticino”. Così si legge in un articolo apparso oggi su “Ticino online” raggiungibile attraverso un apposito link dal sito http://www.balairatt.ch/.
Un fatto che ha generato la reazione indignata del Vice Presidente del gruppo regionale della Lega Nord Michele Marinello che ha commentato le notizie che rimbalzano da questa mattina dal Canton Ticino senza mezzi termini: “La campagna di denigrazione dei frontalieri italiani che lavorano nel Canton Ticino, definiti sostanzialmente “ratti” è una porcata che va denunciata con forza”.
“Ci sono in atto due distorsioni inaccettabili – ha spiegato Marinello -: la prima, da oltre confine, è identificare nei lavoratori italiani che da decenni sono perfettamente integrati in terra elvetica un male della Svizzera da combattere. La seconda, tutta nostrana, è quella di accomunare questo tipo di iniziativa alla battaglia che la Lega Nord porta avanti da anni contro il fenomeno dell’immigrazione clandestina”.
Da settimane è, tra l’altro, esploso in Svizzera un acceso dibattito sul ristorno all’Italia e alle sue comunità di confine di una parte delle tasse che i frontalieri regolarmente pagano: i parametri sanciti da accordi bilaterali vengono infatti messi in discussione da autorevoli personaggi elvetici in quanto ritenuti troppo vantaggiosi per gli italiani. Questa “querelle” si aggiunge a tutti i problemi sorti dopo l’emanazione del cosiddetto “scudo fiscale” che ha visto, tra le altre cose, una vera e propria azione di boicottaggio svizzero nei confronti dei partner italiani dei progetti comunitari transfrontalieri Interreg.
“Qualcuno sta giocando con il fuoco – ha aggiunto Marinello -: invocare la derattizzazione delle migliaia di lavoratori frontalieri che da anni stanno contribuendo alla ricchezza e allo sviluppo della vicina Svizzera è qualcosa di aberrante. Ai topi italiani, se continua questa solfa, potrebbero non piacere più il formaggio, il cioccolato, gli orologi e tutto quanto la Svizzera esporta in Italia”.
“Chi cerca, poi, di fare un parallelo fra l’azione politica della Lega Nord e questa vaccata – ha concluso Marinello – è squallido, politicamente scorretto e a corto di idee e programmi concreti”.
VERBANIANEWS Mercoledì 29 settembre 2010
mercoledì 29 settembre 2010
domenica 26 settembre 2010
Esiste ancora una politica umana?
di Giuseppe Marazzini
26.09.2010
A Legnano quando l'amministrazione deve affrontare questioni di una certa rilevanza sociale, in assenza di progettualità e proposte, indossa i guantoni da boxeur.
E' la politica dei "pugni": "pugno di ferro" contro i senzatetto e i disperati della città; "pugno duro" contro chi non paga i buoni mensa; "pugni sul tavolo" per far capire chi ha lo scettro del potere. Ho la sensazione che la sala giunta sia stata trasformata, da luogo in cui si deve amministrare con giudizio e comprensione, in una palestra di pugilato.
Questa interrogazione verrà discussa nel Consiglio Comunale che si terrà il giorno 28.09.2010 con inizio alle ore 20.30
Alla cortese attenzione
- Presidente del Consiglio
- Assessore alla Istruzione
Comune di Legnano
INTERROGAZIONE
Oggetto: refezione scolastica.
L’interrogante:
Preso atto che la stampa locale ha dato notizia che l’emergenza “buoni pasto” è rientrata o quasi; che dalle mille famiglie morose il numero si è ridotto a poche unità;
che i cosiddetti “pugni sul tavolo” hanno raggiunto lo scopo di recuperare buona parte degli arretrati;
Verificato che nel periodo degli anni scolastici 2006/2007, 2007/2008, 2009/2010, nonostante il debito delle famiglie lievitava dai 14mila euro ai 76mila fino ad arrivare a 127mila euro, non risultano azioni intraprese dall’Amministrazione atte a contenere il debito, fatte salve le usuali comunicazioni alle famiglie morose;
Verificato inoltre che prima di negare la refezione scolastica ai bambini di famiglie morose l’Amministrazione non è intervenuta secondo altre modalità, ad esempio tenendo un incontro informativo con i genitori (vedi modello terzo binario);
Considerato infine che l’Amministrazione, pur obbligata al recupero del credito, nel mettere in atto l’intervento amministrativo è entrata nei meriti dell’azione educativa della scuola;
Obbligare le scuole a mettere i “bambini morosi” in luogo appartato, e quasi a digiuno, è stata una azione fortemente punitiva e diseducativa per tutti, per gli aventi diritto e non.
E non è detto che l’Amministrazione sia andata anche oltre ciò che è lecito in ambito di autonomia scolastica; diciamo pure che è stata una entrata a gamba tesa in campo altrui.
Per fortuna ci hanno pensato i Dirigenti scolastici e gli Insegnanti ad organizzare azioni mirate per ridurre ai minimi termini l’impatto psicologico sui bambini colpiti dall’irragionevole provvedimento. Azioni che tutti dovrebbero apprezzare.
Per i motivi sopra esposti si chiede alla Amministrazione di sapere:
1. perché non è intervenuta in tempo prima che la situazione precipitasse;
2. se, di concerto con le rappresentanze sociali e le autorità scolastiche, sono state ricercate modalità di intervento non penalizzanti per i bambini;
3. il numero delle famiglie che ha accumulato un debito da 5 euro a 500, da 501 a 1000, da 1001 a 1500, da 1501 a 2000, da 2001 a 2500, da 2501 a 3000, da 3001 a 3500, oltre;
4. quante famiglie hanno rinunciato al servizio e quante hanno chiesto la rateizzazione del debito e a fronte di quali penalità;
5. quali le misure adottate o che intende adottare affinché situazioni così incresciose e deplorevoli non abbiano a ripresentarsi o a ripetersi.
Sinistra ed Ecologisti Legnanesi
Giuseppe Marazzini
Legnano, 22.9.2010
26.09.2010
A Legnano quando l'amministrazione deve affrontare questioni di una certa rilevanza sociale, in assenza di progettualità e proposte, indossa i guantoni da boxeur.
E' la politica dei "pugni": "pugno di ferro" contro i senzatetto e i disperati della città; "pugno duro" contro chi non paga i buoni mensa; "pugni sul tavolo" per far capire chi ha lo scettro del potere. Ho la sensazione che la sala giunta sia stata trasformata, da luogo in cui si deve amministrare con giudizio e comprensione, in una palestra di pugilato.
Questa interrogazione verrà discussa nel Consiglio Comunale che si terrà il giorno 28.09.2010 con inizio alle ore 20.30
Alla cortese attenzione
- Presidente del Consiglio
- Assessore alla Istruzione
Comune di Legnano
INTERROGAZIONE
Oggetto: refezione scolastica.
L’interrogante:
Preso atto che la stampa locale ha dato notizia che l’emergenza “buoni pasto” è rientrata o quasi; che dalle mille famiglie morose il numero si è ridotto a poche unità;
che i cosiddetti “pugni sul tavolo” hanno raggiunto lo scopo di recuperare buona parte degli arretrati;
Verificato che nel periodo degli anni scolastici 2006/2007, 2007/2008, 2009/2010, nonostante il debito delle famiglie lievitava dai 14mila euro ai 76mila fino ad arrivare a 127mila euro, non risultano azioni intraprese dall’Amministrazione atte a contenere il debito, fatte salve le usuali comunicazioni alle famiglie morose;
Verificato inoltre che prima di negare la refezione scolastica ai bambini di famiglie morose l’Amministrazione non è intervenuta secondo altre modalità, ad esempio tenendo un incontro informativo con i genitori (vedi modello terzo binario);
Considerato infine che l’Amministrazione, pur obbligata al recupero del credito, nel mettere in atto l’intervento amministrativo è entrata nei meriti dell’azione educativa della scuola;
Obbligare le scuole a mettere i “bambini morosi” in luogo appartato, e quasi a digiuno, è stata una azione fortemente punitiva e diseducativa per tutti, per gli aventi diritto e non.
E non è detto che l’Amministrazione sia andata anche oltre ciò che è lecito in ambito di autonomia scolastica; diciamo pure che è stata una entrata a gamba tesa in campo altrui.
Per fortuna ci hanno pensato i Dirigenti scolastici e gli Insegnanti ad organizzare azioni mirate per ridurre ai minimi termini l’impatto psicologico sui bambini colpiti dall’irragionevole provvedimento. Azioni che tutti dovrebbero apprezzare.
Per i motivi sopra esposti si chiede alla Amministrazione di sapere:
1. perché non è intervenuta in tempo prima che la situazione precipitasse;
2. se, di concerto con le rappresentanze sociali e le autorità scolastiche, sono state ricercate modalità di intervento non penalizzanti per i bambini;
3. il numero delle famiglie che ha accumulato un debito da 5 euro a 500, da 501 a 1000, da 1001 a 1500, da 1501 a 2000, da 2001 a 2500, da 2501 a 3000, da 3001 a 3500, oltre;
4. quante famiglie hanno rinunciato al servizio e quante hanno chiesto la rateizzazione del debito e a fronte di quali penalità;
5. quali le misure adottate o che intende adottare affinché situazioni così incresciose e deplorevoli non abbiano a ripresentarsi o a ripetersi.
Sinistra ed Ecologisti Legnanesi
Giuseppe Marazzini
Legnano, 22.9.2010
venerdì 17 settembre 2010
Primo cittadino e giunta in un “cul de sac”
di Giuseppe Marazzini
17.09.2010
Le casse del comune piangono e i conti non tornano.
Il primo cittadino si è dovuto recare in quel di Mazzafame, non per parlare del contratto di quartiere o per annunciare l’apertura del tanto agognato negozio alimentare, ma per fare la “questua”.
La campagna di riscossione “dei diritti di superficie in diritti di proprietà” non va: i potenziali acquirenti sono gente del popolo e quei quattro soldi che ancora si ritrovano in tasca se li tengono ben stretti e poi, perché deve pagare sempre il povero “pantalone”? Che la crisi la paghi anche chi evade le tasse (basta scovarli), o le elude, o chi vende le case con parcelle in nero.
Dove si è realizzata la più grossa speculazione edilizia della storia cittadina le cose non vanno bene.
Il grande centro Cantoni per ora è un flop.
Doveva essere, secondo la propaganda politica di Cozzi e Vitali, il nuovo centro della città invece è un luogo senza appeal, freddo ed impersonale, nonostante qualche esperto si sia lasciato andare a paragonarlo alla Potsdamer Platz di Berlino.
I commercianti della galleria sono disperati, gli affari sono scarsi e le spese di gestione sono consistenti, quindi hanno pensato bene di bussare alla porta del Sindaco per chiedergli: ci dai una mano?
Il Sindaco un po’ scocciato fa sapere che lui amministra i soldi pubblici e non può farsi carico di problemi dei privati; come dire “… ci avete creduto nel nuovo centro cittadino?…Ora sono fatti vostri!”.
Forse è il caso che questi commercianti cambino interlocutore.
Errori lì ne sono stati fatti tanti ed il principale è stato quello di non aver coinvolto la città nel suo insieme nelle scelte di riqualificazione del centro cittadino. Si è voluto fare il passo più lungo della gamba e in questo i commercianti hanno le loro responsabilità.
Dopo la partenza, quasi da marcia trionfale, del PGT non si parla più. La data di presentazione della bozza continua a slittare in avanti.
Risulta che siano sorte, nella elaborazione dei PGT, diatribe di carattere legale che coinvolgono alcuni comuni della Lombardia con ricorsi al TAR ed al Consiglio di Stato. Il comune di Legnano per evitare di incorrere in eventuali penalizzazioni sta aspettando i giudizi definitivi di questi organi amministrativi.
Nell’attesa, però, nessuno può proibire che si possa aprire una discussione anche di carattere informale sullo stato dei lavori, anzi, si potrebbe sfruttare questa attesa per correggere delle imprecisioni o per esaminare proposte integrative.
Ho la sensazione che questo silenzio non lasci presagire nulla di buono. Non vorrei che, con qualche gioco di prestigio, sia già stata definita la zona industriale (600 mila metri quadrati ai margini del parco alto milanese). Se così fosse, comincino col dire chi sono i proprietari delle aree interessate: solo così sarà possibile valutare se i nostri amministratori sono stati dei bravi prestigiatori.
In tempi di vacche magre non è sempre facile prendere delle decisioni, lo ammetto, ma tra fare il teatro o la biblioteca, due realizzazioni per così dire “nobili”, io avrei iniziato con la biblioteca.
Vitali ha scelto il teatro, dice che è stata una scelta quasi obbligata data l’offerta dello stabile in concordato d’uso gratuito da parte di un privato cittadino, comunque una scelta socialmente di classe, che costerà quattro milioni di euro e che accontenterà l’èlite altolocata legnanese, una piccola minoranza cittadina.
La nuova biblioteca (costo preventivato sei milioni di euro), necessaria per migliaia di studenti e cittadini di vario ceto sociale, per ora non verrà fatta, scontentando la parte maggioritaria della città.
Un vero peccato, perché Legnano ha urgente bisogno di un luogo ben congegnato ed attrezzato per diffondere la conoscenza e il sapere, per il confronto delle esperienze culturali, scientifiche e tecniche, per discutere del domani dei nostri giovani e, perché no, anche per ricercare vie di uscita da una condizione di vita sempre più precaria.
Una risorsa fondamentale per la città.
Il colpevole del misfatto è già stato individuato: è il patto di stabilità, mentre le scelte politiche di chi comanda non sono mai errate.
Ricordo la presentazione a palazzo Malinverni dell’esito del concorso di progettazione vinto dallo Studio Lombardi di Brescia: era il 27 giugno 2008, un bel progetto, grande enfasi politica, ma, di fatto, poca concretezza.
Il Sindaco abbia il coraggio di mettere alla prova il suo elettorato e di sfidare anche chi non l’ha votato, lanci una campagna di azionariato popolare per raccogliere almeno un terzo della somma necessaria a realizzare la nuova biblioteca comunale.
È un modo anche per capire se Legnano è ancora nel cuore dei suoi cittadini.
17.09.2010
Le casse del comune piangono e i conti non tornano.
Il primo cittadino si è dovuto recare in quel di Mazzafame, non per parlare del contratto di quartiere o per annunciare l’apertura del tanto agognato negozio alimentare, ma per fare la “questua”.
La campagna di riscossione “dei diritti di superficie in diritti di proprietà” non va: i potenziali acquirenti sono gente del popolo e quei quattro soldi che ancora si ritrovano in tasca se li tengono ben stretti e poi, perché deve pagare sempre il povero “pantalone”? Che la crisi la paghi anche chi evade le tasse (basta scovarli), o le elude, o chi vende le case con parcelle in nero.
Dove si è realizzata la più grossa speculazione edilizia della storia cittadina le cose non vanno bene.
Il grande centro Cantoni per ora è un flop.
Doveva essere, secondo la propaganda politica di Cozzi e Vitali, il nuovo centro della città invece è un luogo senza appeal, freddo ed impersonale, nonostante qualche esperto si sia lasciato andare a paragonarlo alla Potsdamer Platz di Berlino.
I commercianti della galleria sono disperati, gli affari sono scarsi e le spese di gestione sono consistenti, quindi hanno pensato bene di bussare alla porta del Sindaco per chiedergli: ci dai una mano?
Il Sindaco un po’ scocciato fa sapere che lui amministra i soldi pubblici e non può farsi carico di problemi dei privati; come dire “… ci avete creduto nel nuovo centro cittadino?…Ora sono fatti vostri!”.
Forse è il caso che questi commercianti cambino interlocutore.
Errori lì ne sono stati fatti tanti ed il principale è stato quello di non aver coinvolto la città nel suo insieme nelle scelte di riqualificazione del centro cittadino. Si è voluto fare il passo più lungo della gamba e in questo i commercianti hanno le loro responsabilità.
Dopo la partenza, quasi da marcia trionfale, del PGT non si parla più. La data di presentazione della bozza continua a slittare in avanti.
Risulta che siano sorte, nella elaborazione dei PGT, diatribe di carattere legale che coinvolgono alcuni comuni della Lombardia con ricorsi al TAR ed al Consiglio di Stato. Il comune di Legnano per evitare di incorrere in eventuali penalizzazioni sta aspettando i giudizi definitivi di questi organi amministrativi.
Nell’attesa, però, nessuno può proibire che si possa aprire una discussione anche di carattere informale sullo stato dei lavori, anzi, si potrebbe sfruttare questa attesa per correggere delle imprecisioni o per esaminare proposte integrative.
Ho la sensazione che questo silenzio non lasci presagire nulla di buono. Non vorrei che, con qualche gioco di prestigio, sia già stata definita la zona industriale (600 mila metri quadrati ai margini del parco alto milanese). Se così fosse, comincino col dire chi sono i proprietari delle aree interessate: solo così sarà possibile valutare se i nostri amministratori sono stati dei bravi prestigiatori.
In tempi di vacche magre non è sempre facile prendere delle decisioni, lo ammetto, ma tra fare il teatro o la biblioteca, due realizzazioni per così dire “nobili”, io avrei iniziato con la biblioteca.
Vitali ha scelto il teatro, dice che è stata una scelta quasi obbligata data l’offerta dello stabile in concordato d’uso gratuito da parte di un privato cittadino, comunque una scelta socialmente di classe, che costerà quattro milioni di euro e che accontenterà l’èlite altolocata legnanese, una piccola minoranza cittadina.
La nuova biblioteca (costo preventivato sei milioni di euro), necessaria per migliaia di studenti e cittadini di vario ceto sociale, per ora non verrà fatta, scontentando la parte maggioritaria della città.
Un vero peccato, perché Legnano ha urgente bisogno di un luogo ben congegnato ed attrezzato per diffondere la conoscenza e il sapere, per il confronto delle esperienze culturali, scientifiche e tecniche, per discutere del domani dei nostri giovani e, perché no, anche per ricercare vie di uscita da una condizione di vita sempre più precaria.
Una risorsa fondamentale per la città.
Il colpevole del misfatto è già stato individuato: è il patto di stabilità, mentre le scelte politiche di chi comanda non sono mai errate.
Ricordo la presentazione a palazzo Malinverni dell’esito del concorso di progettazione vinto dallo Studio Lombardi di Brescia: era il 27 giugno 2008, un bel progetto, grande enfasi politica, ma, di fatto, poca concretezza.
Il Sindaco abbia il coraggio di mettere alla prova il suo elettorato e di sfidare anche chi non l’ha votato, lanci una campagna di azionariato popolare per raccogliere almeno un terzo della somma necessaria a realizzare la nuova biblioteca comunale.
È un modo anche per capire se Legnano è ancora nel cuore dei suoi cittadini.
giovedì 16 settembre 2010
30-9-2010 Comunicato stampa RETE SAT in Alto Tavoliere (Fg)
Comunicato stampa
Amministrazioni locali, imprese del nord e imprenditori locali, interessati solo al profitto facile, continuano a manipolare l’opinione pubblica facendo leva sulla creazione di occupazione per piazzare nell’intera provincia di Foggia, con un tasso di disoccupazione elevatissimo, mastodontici “ecomostri”: centrale a turbogas a San Severo (costruita), inceneritore a Cerignola (in costruzione), cementificio-clinkerificio ad Apricena (la cui Valutazione d’Impatto Ambientale ha appena ottenuto il parere favorevole da parte della provincia di Foggia). E dove non si parla di impianti arrivano le discariche di rifiuti speciali: a Lucera (tra Lucera e San Severo) e ad Apricena (tra Apricena e Poggio Imperiale). Per non parlare delle distese di impianti fotovoltaici ed eolici che da alcuni anni divorano la terra e la spogliano dei frutti che per secoli hanno contribuito a caratterizzare la tipicità, la cultura e la salubrità di questa terra. Nell’anno in cui l’Unesco proclama la dieta mediterranea, i prodotti di Capitanata, “patrimonio dell’umanita’”, invece di creare la filiera agricola e chiuderla creando realmente un numero ingente di posti di lavoro senza dover svendere i prodotti o distruggere e regalare morte in cambio di un piatto di pasta, la soluzione per loro (che chiamano progresso ciò che uccide ma che gli riempie le tasche) è l’inceneritore, il cementificio, la centrale a turbogas, la discarica.
A loro non importa se siamo in una terra ad alto rischio di desertificazione e il loro impianto richiede un ingente quantitativo di acqua. A loro non importa di inquinare, distruggere e provocare malattie. A loro non importa di potenziare la differenziata. Così ci guadagna solo il cittadino in termini di salute, qualità della vita e posti di lavoro difficili da pilotare. A loro importa: il profitto, far carriera politica con il voto in cambio della promessa di qualche posto di lavoro. L’iter è sempre quello: arrivano imprese dal nord che hanno tentato di costruire lì ma che sono state cacciate dalle popolazioni residenti, lì dove il lavoro non manca. Dicono di portare il progresso e l’occupazione (nella centrale a turbogas di San Severo si parlava di centinaia di posti lavoro inizialmente, ne occuperà al massimo 20). Di fronte: amministratori compiacenti attenti alla prossima tornata elettorale e magari a fare business. Gli stessi amministratori che durante le elezioni parlavano di “sviluppo sostenibile”, di “sanità”. Intorno: il popolo che ha fame.
La risposta a questi attacchi è innanzitutto la SOLIDARIETA’ ATTIVA ITINERANTE tra cittadini, associazioni, partiti, sindacati, comitati di diversi paesi che rispondono creando una rete, che si incontrano per approfondire e definire azioni comuni, per trovare soluzioni alternative, per manifestare. Nasce per questo motivo il comitato RETE SAT (Salute Ambiente Territorio). L’obiettivo fondamentale è quello di salvaguardare il territorio di Capitanata: la sua acqua, la sua economia agricola, la sua salute, i suoi giovani da quei soggetti che non amano questa terra e i suoi abitanti.
Il comitato Rete SAT è costituito da: Medicina Democratica di San Severo, Partito di Rifondazione Comunista circolo “E. Berlinguer” e dai Giovani Comunisti di San Severo, dall’associazione “Legambiente” di San Severo, partito dei Comunisti Italiani di Apricena, partito di Rifondazione Comunista di Apricena, il sindacato RDB-USB di San Severo, Comitato Acqua Bene Comune di San Paolo di Civitate, Laboratorio Politico Autogestito 55 di Lucera, Comitato Antidiscarica di Lucera e da singoli cittadini. Il comitato è aperto a tutti quelle organizzazioni e cittadini dell’intera provincia di Foggia che hanno voglia di impegnarsi attivamente.
Il comitato RETE SAT inizia muovendosi tra i territori di Apricena, Lucera e Poggio Imperiale. Un enorme cementificio ad Apricena e ben due grandi discariche di rifiuti speciali una a Poggio imperiale e un’altra a Lucera.
Il cementificio di Apricena occuperà un’ area di quaranta ettari e brucerà carbon fossile e pet coke (sono combustibili più inquinanti) per la produzione di clinker, premiscelati e cemento. Il pet-coke è l'ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell'oro nero tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio". Per la sua composizione - comprendente oltre ad IPA (in particolare benzopirene), ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio - va movimentato con cura per evitare di sollevare polveri che verrebbero inalate con gravi rischi per la salute. Il trattamento infatti (carico, scarico e deposito) del Pet-coke deve seguire le regole dettate dal decreto del Ministero della Sanità (28-4-1997) concernente il trasporto di sostanze pericolose. Il cementificio brucerà 124 tonnellate al giorno di pet-coke, per un totale di 41.000 tonnellate all’anno e una pala eolica da 30 MW aiuterà a spingere i fumi delle tre ciminiere (la più alta è di 91 m) nei paesi circostanti. In Italia fino a qualche anno fa era vietato utilizzare il pet-coke come combustibile alternativo, ma il Governo in carica nel 2002 con la la legge 82 del 6 maggio ha trasformato il pet-coke, molto nocivo secondo alcuni studi epidemiologici, in vero e proprio combustibile. Tutto ciò in contrasto con la normativa europea sul riutilizzo dei sottoprodotti di lavorazione delle raffinerie.
Domenica mattina nel centro di Apricena il comitato RETE SAT inizierà con l’informare i cittadini e lunedì 4 ottobre organizzerà un’assemblea pubblica.
Amministrazioni locali, imprese del nord e imprenditori locali, interessati solo al profitto facile, continuano a manipolare l’opinione pubblica facendo leva sulla creazione di occupazione per piazzare nell’intera provincia di Foggia, con un tasso di disoccupazione elevatissimo, mastodontici “ecomostri”: centrale a turbogas a San Severo (costruita), inceneritore a Cerignola (in costruzione), cementificio-clinkerificio ad Apricena (la cui Valutazione d’Impatto Ambientale ha appena ottenuto il parere favorevole da parte della provincia di Foggia). E dove non si parla di impianti arrivano le discariche di rifiuti speciali: a Lucera (tra Lucera e San Severo) e ad Apricena (tra Apricena e Poggio Imperiale). Per non parlare delle distese di impianti fotovoltaici ed eolici che da alcuni anni divorano la terra e la spogliano dei frutti che per secoli hanno contribuito a caratterizzare la tipicità, la cultura e la salubrità di questa terra. Nell’anno in cui l’Unesco proclama la dieta mediterranea, i prodotti di Capitanata, “patrimonio dell’umanita’”, invece di creare la filiera agricola e chiuderla creando realmente un numero ingente di posti di lavoro senza dover svendere i prodotti o distruggere e regalare morte in cambio di un piatto di pasta, la soluzione per loro (che chiamano progresso ciò che uccide ma che gli riempie le tasche) è l’inceneritore, il cementificio, la centrale a turbogas, la discarica.
A loro non importa se siamo in una terra ad alto rischio di desertificazione e il loro impianto richiede un ingente quantitativo di acqua. A loro non importa di inquinare, distruggere e provocare malattie. A loro non importa di potenziare la differenziata. Così ci guadagna solo il cittadino in termini di salute, qualità della vita e posti di lavoro difficili da pilotare. A loro importa: il profitto, far carriera politica con il voto in cambio della promessa di qualche posto di lavoro. L’iter è sempre quello: arrivano imprese dal nord che hanno tentato di costruire lì ma che sono state cacciate dalle popolazioni residenti, lì dove il lavoro non manca. Dicono di portare il progresso e l’occupazione (nella centrale a turbogas di San Severo si parlava di centinaia di posti lavoro inizialmente, ne occuperà al massimo 20). Di fronte: amministratori compiacenti attenti alla prossima tornata elettorale e magari a fare business. Gli stessi amministratori che durante le elezioni parlavano di “sviluppo sostenibile”, di “sanità”. Intorno: il popolo che ha fame.
La risposta a questi attacchi è innanzitutto la SOLIDARIETA’ ATTIVA ITINERANTE tra cittadini, associazioni, partiti, sindacati, comitati di diversi paesi che rispondono creando una rete, che si incontrano per approfondire e definire azioni comuni, per trovare soluzioni alternative, per manifestare. Nasce per questo motivo il comitato RETE SAT (Salute Ambiente Territorio). L’obiettivo fondamentale è quello di salvaguardare il territorio di Capitanata: la sua acqua, la sua economia agricola, la sua salute, i suoi giovani da quei soggetti che non amano questa terra e i suoi abitanti.
Il comitato Rete SAT è costituito da: Medicina Democratica di San Severo, Partito di Rifondazione Comunista circolo “E. Berlinguer” e dai Giovani Comunisti di San Severo, dall’associazione “Legambiente” di San Severo, partito dei Comunisti Italiani di Apricena, partito di Rifondazione Comunista di Apricena, il sindacato RDB-USB di San Severo, Comitato Acqua Bene Comune di San Paolo di Civitate, Laboratorio Politico Autogestito 55 di Lucera, Comitato Antidiscarica di Lucera e da singoli cittadini. Il comitato è aperto a tutti quelle organizzazioni e cittadini dell’intera provincia di Foggia che hanno voglia di impegnarsi attivamente.
Il comitato RETE SAT inizia muovendosi tra i territori di Apricena, Lucera e Poggio Imperiale. Un enorme cementificio ad Apricena e ben due grandi discariche di rifiuti speciali una a Poggio imperiale e un’altra a Lucera.
Il cementificio di Apricena occuperà un’ area di quaranta ettari e brucerà carbon fossile e pet coke (sono combustibili più inquinanti) per la produzione di clinker, premiscelati e cemento. Il pet-coke è l'ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell'oro nero tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio". Per la sua composizione - comprendente oltre ad IPA (in particolare benzopirene), ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio - va movimentato con cura per evitare di sollevare polveri che verrebbero inalate con gravi rischi per la salute. Il trattamento infatti (carico, scarico e deposito) del Pet-coke deve seguire le regole dettate dal decreto del Ministero della Sanità (28-4-1997) concernente il trasporto di sostanze pericolose. Il cementificio brucerà 124 tonnellate al giorno di pet-coke, per un totale di 41.000 tonnellate all’anno e una pala eolica da 30 MW aiuterà a spingere i fumi delle tre ciminiere (la più alta è di 91 m) nei paesi circostanti. In Italia fino a qualche anno fa era vietato utilizzare il pet-coke come combustibile alternativo, ma il Governo in carica nel 2002 con la la legge 82 del 6 maggio ha trasformato il pet-coke, molto nocivo secondo alcuni studi epidemiologici, in vero e proprio combustibile. Tutto ciò in contrasto con la normativa europea sul riutilizzo dei sottoprodotti di lavorazione delle raffinerie.
Domenica mattina nel centro di Apricena il comitato RETE SAT inizierà con l’informare i cittadini e lunedì 4 ottobre organizzerà un’assemblea pubblica.
mercoledì 15 settembre 2010
L'EX REPUBBLICA ITALIANA
di Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
mercoledì 15 settembre 2010
Potete dire che Bossi è volgare, sgradevole, infido. Ma non potete dire che sia stupido. È entrato in politica con una sua banda di persone altrettanto incolte e sgarbate e ha buttato lì una scommessa: “Vuoi vedere che a questi qui riusciamo a far ingoiare anche la secessione?”. Certo era tutta gente di scommesse perdute (chi voleva essere medico, chi imprenditore, tutti un buco nell’acqua) . Ma questa volta scommettevano contro la classe politica, la borghesia italiana e quel che restava della sinistra. Il piano era ben congegnato: primo, usare i soldi di Berlusconi. Missione compiuta. Secondo: usare, da padroni assoluti, ogni posizione (sindaco, presidente di Regione) conquistata per scambio di voti (di nuovo offre Berlusconi). Terzo, ottenere posizioni chiave nel governo, come il ministero dell’Interno (qui è un po’ più dura, serve il ricatto, vedi la foto di Berlusconi sulla prima pagina della Padania accanto a Totò Riina con la scritta “ecco i capi della mafia”, 1999). Risultati: la flotta libica, con navi italiane e ufficiali italiani, spara su pescatori italiani.
Il sindaco Lancini di Adro si impossessa dell’edificio di una scuola pubblica italiana e lo marca, ovunque, con simboli della Lega, fin nei cessi.
Interessante la dichiarazione del ministro La Russa sulla sparatoria in mare: “Un errore. Credevano che fossero clandestini”. Interessante anche il ministro dell’Istruzione Gelmini sul furto della scuola di Adro: “Apprezziamo”. Apprezza che la Repubblica italiana sia estromessa dalla Lega. Certo, tutto questo avviene in un silenzio istituzionale che umilia, imbarazza e fa paura. La scommessa di Bossi (che prima di fare il politico non ne aveva vinta una) con l’Italia è sul punto di riuscire. Posizione del maggior partito d’opposizione italiano? Chiedere a D’Alema che, contro i Radicali e tre soli deputati del suo partito, ha dato ordine: si vota Lega. Purtroppo gli hanno ubbidito senza chiedere la ragione.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano mercoledì 15 settembre 2010
mercoledì 15 settembre 2010
Potete dire che Bossi è volgare, sgradevole, infido. Ma non potete dire che sia stupido. È entrato in politica con una sua banda di persone altrettanto incolte e sgarbate e ha buttato lì una scommessa: “Vuoi vedere che a questi qui riusciamo a far ingoiare anche la secessione?”. Certo era tutta gente di scommesse perdute (chi voleva essere medico, chi imprenditore, tutti un buco nell’acqua) . Ma questa volta scommettevano contro la classe politica, la borghesia italiana e quel che restava della sinistra. Il piano era ben congegnato: primo, usare i soldi di Berlusconi. Missione compiuta. Secondo: usare, da padroni assoluti, ogni posizione (sindaco, presidente di Regione) conquistata per scambio di voti (di nuovo offre Berlusconi). Terzo, ottenere posizioni chiave nel governo, come il ministero dell’Interno (qui è un po’ più dura, serve il ricatto, vedi la foto di Berlusconi sulla prima pagina della Padania accanto a Totò Riina con la scritta “ecco i capi della mafia”, 1999). Risultati: la flotta libica, con navi italiane e ufficiali italiani, spara su pescatori italiani.
Il sindaco Lancini di Adro si impossessa dell’edificio di una scuola pubblica italiana e lo marca, ovunque, con simboli della Lega, fin nei cessi.
Interessante la dichiarazione del ministro La Russa sulla sparatoria in mare: “Un errore. Credevano che fossero clandestini”. Interessante anche il ministro dell’Istruzione Gelmini sul furto della scuola di Adro: “Apprezziamo”. Apprezza che la Repubblica italiana sia estromessa dalla Lega. Certo, tutto questo avviene in un silenzio istituzionale che umilia, imbarazza e fa paura. La scommessa di Bossi (che prima di fare il politico non ne aveva vinta una) con l’Italia è sul punto di riuscire. Posizione del maggior partito d’opposizione italiano? Chiedere a D’Alema che, contro i Radicali e tre soli deputati del suo partito, ha dato ordine: si vota Lega. Purtroppo gli hanno ubbidito senza chiedere la ragione.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano mercoledì 15 settembre 2010
mercoledì 1 settembre 2010
Via Novara, in coda al pronto soccorso che non c’e’
Il nuovo ospedale non è ancora operativo, ma già c’è chi si presenta per chiedere cure. Confusione pericolosa.
La Prealpina – mercoledì 01.09.2010
Pag.18
ll nuovo ospedale non è ancora aperto ma già c’è chi si presenta al pronto soccorso convinto di trovare lì i medici di cui ha bisogno. Sta succedendo in via Novara, per fortuna fino a ieri a rivolgersi al dipartimento emergenza che ancora non funziona sono state persone colpite da malanni di poco conto, nulla che non fosso curabile dopo aver reindirizzato il paziente alla “vecchia” via Candiani.
Ma gli inconvenienti hanno messo in allarme la direzione dell’azienda Ospedale Civile che consapevole del rischio che il trasloco dal vecchio al nuovo ospedale generi qualche confusione si è affrettata a diramare una nota per spiegare, come stanno le cose. “Chi avesse bisogno di cure in ospedale - spiega quindi la portavoce del direttore generale Carla Dotti -, continui a fare riferimento al vecchio Civile di via Candiani. Non vada personalmente, con il proprio mezzo, al nuovo ospedale. Il pronto soccorso di riferimento, in caso di necessità, rimane quello del Civile”. “Nessuno - continua la nota – cerchi il pronto soccorso al nuovo ospedale”. Perchè è vero che il trasloco è già iniziato, ma per il momento in via Novara ci sono solo arredi, documenti e personale impegnato a capire tutti i segreti della nuova struttura.
Fino a nuova comunicazione, medici e servizi resteranno nel vecchio.
“Quando sarà attivato il pronto soccorso nel nuovo ospedale – continua Dotti - si provvederà a darne informazione dettagliata. Tutti coloro che hanno prenotato una visita in Ospedale verranno contattati personalmente e informati se la prestazione sarà eseguita nel vecchio o nel nuovo ospedale”. In base al riferimento lasciato al centro unico di prenotazione chi ha bisogno di una visita o di un esame potrà essere contattato al cellulare tramite sms oppure sul telefono di casa di rete fissa.
Nel frattempo chiunque per qualsiasi motivo dovesse avere bisogno dei servizi dell’ospedale deve continuare a rivolgersi nella vecchia sede di via Candiani (ingresso diurno da via Canazza). Precisazione che ai più potrebbe apparire scontata, ma che in verità è necessario ribadire per sgomberare il campo da equivoci che potrebbero avere gravi conseguenze. Perchè se è vero che gli operatori del servizio di emergenza “118” sanno che fino a nuova comunicazione dovranno continuare a fare riferimento al vecchio pronto soccorso, chi decide di andare in ospedale con le sue gambe deve sapere che in via Novara non troverà nessuno disposto a curarlo. Semplicemente per il fatto che fino a quando non sarà chiuso il vecchio pronto soccorso, il nuovo non potrà funzionare.
Luigi Crespi
La Prealpina – mercoledì 01.09.2010
Pag.18
ll nuovo ospedale non è ancora aperto ma già c’è chi si presenta al pronto soccorso convinto di trovare lì i medici di cui ha bisogno. Sta succedendo in via Novara, per fortuna fino a ieri a rivolgersi al dipartimento emergenza che ancora non funziona sono state persone colpite da malanni di poco conto, nulla che non fosso curabile dopo aver reindirizzato il paziente alla “vecchia” via Candiani.
Ma gli inconvenienti hanno messo in allarme la direzione dell’azienda Ospedale Civile che consapevole del rischio che il trasloco dal vecchio al nuovo ospedale generi qualche confusione si è affrettata a diramare una nota per spiegare, come stanno le cose. “Chi avesse bisogno di cure in ospedale - spiega quindi la portavoce del direttore generale Carla Dotti -, continui a fare riferimento al vecchio Civile di via Candiani. Non vada personalmente, con il proprio mezzo, al nuovo ospedale. Il pronto soccorso di riferimento, in caso di necessità, rimane quello del Civile”. “Nessuno - continua la nota – cerchi il pronto soccorso al nuovo ospedale”. Perchè è vero che il trasloco è già iniziato, ma per il momento in via Novara ci sono solo arredi, documenti e personale impegnato a capire tutti i segreti della nuova struttura.
Fino a nuova comunicazione, medici e servizi resteranno nel vecchio.
“Quando sarà attivato il pronto soccorso nel nuovo ospedale – continua Dotti - si provvederà a darne informazione dettagliata. Tutti coloro che hanno prenotato una visita in Ospedale verranno contattati personalmente e informati se la prestazione sarà eseguita nel vecchio o nel nuovo ospedale”. In base al riferimento lasciato al centro unico di prenotazione chi ha bisogno di una visita o di un esame potrà essere contattato al cellulare tramite sms oppure sul telefono di casa di rete fissa.
Nel frattempo chiunque per qualsiasi motivo dovesse avere bisogno dei servizi dell’ospedale deve continuare a rivolgersi nella vecchia sede di via Candiani (ingresso diurno da via Canazza). Precisazione che ai più potrebbe apparire scontata, ma che in verità è necessario ribadire per sgomberare il campo da equivoci che potrebbero avere gravi conseguenze. Perchè se è vero che gli operatori del servizio di emergenza “118” sanno che fino a nuova comunicazione dovranno continuare a fare riferimento al vecchio pronto soccorso, chi decide di andare in ospedale con le sue gambe deve sapere che in via Novara non troverà nessuno disposto a curarlo. Semplicemente per il fatto che fino a quando non sarà chiuso il vecchio pronto soccorso, il nuovo non potrà funzionare.
Luigi Crespi
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