di Francesco Merlo
La Repubblica 17.01.2012
Da 17 anni governa la Lombardia mettendo d´accordo Dio e mammona. E adesso che gli arrestano il fido Ponzoni, anche lui all´estero “per lavoro” come Lavitola, di nuovo Roberto Formigoni è in guai imbarazzanti, da pio vanesio. Secondo l´ennesimo imprenditore lombardo “pentito”, che Formigoni dice di non conoscere nemmeno, il governatore, che dai suoi fedelissimi è chiamato senza ironia “il celeste”, è stato l´utilizzatore finale di tangenti che non sono più i soldi della vecchia politica e neppure i tesoretti infilati nel pouff di Lady Poggiolini o gettati nel gabinetto di De Lorenzo ma barche di lusso, alberghi a 5 stelle, aperitivi, accappatoi a bordo piscina, una fuffa vip a conforto della sua nuova identità di diva cattolica e pazzerella.
Di sicuro in 17 anni di potere Roberto Formigoni da Lecco, cresciuto in Comunione Liberazione, da casto e puro è diventato esibizionista devoto e fedele sfacciato. E da 17 anni galleggia su una schiuma di faccendieri, appalti, società corruttrici, ville abusive, buchi di bilancio, false fatturazioni, finanziamenti illeciti, reati contro il patrimonio, bancarotte fraudolente…: un´orgia affaristica dentro la sua Regione Lombardia dove fanno capolino anche la ‘ndrangheta e la criminalità organizzata.
Ai tempi della Dc Formigoni definiva De Mita «un traffichino senza Dio» e contendeva a Buttiglione la palma del pensatore cattolico: «Rocco è professore di filosofia ma è laureato in Legge. Il filosofo qui sono io, laureato alla Cattolica e summa cum laude». Oggi invece, in camicie a fiori dal gusto eccentrico e cravatte sgargianti, si definisce «presidente pop» ed è alla ricerca di un Andy Warhol che lo dipinga.
Da giovane sbandierava, in nome di Cristo, un voto di castità che è poi passato per amorazzi e paparazzi, baci e liti con una bruna focosa, atteggiamenti immortalati dal fotografo di Novella 2000: la débauche scandalistica come contrappasso alla paralisi sessuale. Ma poi si è spinto più avanti, e ora è diventato il re dell´ammiccamento, del sottinteso, il signore dell´irrisolto, ospitato in tutte le barche degli scandali, quella di Mazarino de Pedro, l´amico di Saddam, e quell´altra di Piero Daccò, lo spericolato cassiere di don Verzè nonché suocero del suo assessore alla Cultura, Buscemi. E siamo arrivati alle barche di oggi, quelle che Formigoni nega e smentisce.
Ma c´erano le barche alle sue spalle quando, l´estate scorsa, scelse Porto Santo Stefano per farsi intervistare dal Tg3 sulla necessità per l´Italia di diventare austera. Una predica sulla nuova povertà da uno dei posti più sgargianti della goduria italiana: successe il finimondo e ancora una volta fu un gioco di rimando, perché le barche non sono mai sue, come per esempio quelle di D´Alema, ma lui, berlusconiano suo malgrado, ne è l´utilizzatore finale.
La Lombardia di Formigoni è la stessa di Penati, che è a piede libero pur essendo stato il cuore di una gigantesca macchina d´affari a partire dal caso classico dell´area dismessa della Falck che gli avrebbe fruttato 4 miliardi di lire (era il 2000). Ed è lombardo quell´Abelli, uomo di fiducia di Formigoni e Bondi, detto “il faraone” per il jet privato e la Porsche 911. C´è poi il sindaco di Buccinasco, Loris Cereda, che faceva brum brum sulle Ferrari “in prestito”.
La regione italiana, che il luogo comune identifica come la culla della modernità e dell´efficienza sempre più si rivela come la Padania gretta delle tangenti, ma anche di quella estetica micragnosa, da ‘tinello marrone´ direbbe Paolo Conte: le barche a sbafo e i soldi dentro le custodie dei dvd distribuite nei municipi dall´architetto Ugliola (a Milano Milko Pennisi, che stava nella giunta Moratti, li nascondeva invece dentro i pacchetti di sigarette).
In 17 anni di potere, non su Milano dove non lo hanno mai lasciato signoreggiare ma sulla provincia di bocca buona, Formigoni si è esibito sul trapezio degli scandali senza mai precipitare. Ora è aggrappato alla fune di Ponzoni, senza rete. Ma il catalogo è nutrito. Andando a casaccio ricordo qui l´inceneritore, Prosperini, un altro suo assessore, il razzista che diceva «i clandestini salgano sul cammello e tornino a casa loro» ed è stato arrestato perché si era beccato tangenti prima per 230mila euro e poi per 10mila… E ancora i rapporti strettissimi con don Verzé, la sponsorizzazione della Minetti, Oil for Food e la raccolta di firme false nel listino elettorale scoperta e denunziata dai radicali, e poi gli arresti di Franco Nicoli Cristiani e del dirigente dell´Arpa, Giuseppe Rotondaro, con il primo che dice al telefono «il Formigoni sa tutto». Ad ogni arresto e ad ogni scandalo Formigoni parla di «comportamenti individuali» ma sempre gli monta addosso questa schiuma che lo sporca ma non lo unge. È un altro unto, non dal Signore ma dalle procure.
E la Lombardia, la sua Lombardia, al di la delle responsabilità penali di Formigoni, sempre più somiglia maledettamente alla Sicilia, alla Calabria, alla Camapania, al sud delle clientele e delle parrocchie. E infatti anche in Lombardia la voce di bilancio più ghiotta e più sporcata e più formigoniana è la sanità. E sempre più Formigoni si atteggia a diva, ma una diva che ha invertito il destino: invece di aspettare i capelli bianchi per vagheggiare il convento Formigoni l´ha frequentato da giovane scoprendo solo da anziano la vita dissipata che Gloria Swanson invece ripudiò. Puro da ragazzo e pazzerella da vecchio. Si è lasciato alle spalle le occhialute compagne di ‘Gs´, la gioventù studentesca di don Giussani, e si è fatto vamp attempato, una Wanda Osiris che invece di scendere le scale, le sale. E finisce non tra le braccia dei boys ma sulla barca di Ponzoni il governatore della Lombardia dei noleggi a sbafo, il credente appariscente dell´Italia dell´arraffo.
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