05.03.2014
eddyburg.it
l'alba del renzismo
Renzi, giro di boa per il Pd
di Rossana Rossanda 26 Febbraio
2014
Ancora qualche riflessione sulle
squallide briciole quotidiane dei pensieri e delle azioni del leader di ciò che
rimane del PCI e della DC. Gnocco o burattino? Se burattino, di chi? Solo del
Caimano? Dubito. Sbilanciamoci.info, 25 febbraio 2014
Affermare – come ha fatto Matteo Renzi nell'introduzione alla nuova
edizione di "Destra e sinistra" di Norberto Bobbio – che il Pd non
intende più collocarsi a sinistra conclude l'ultimo giro di boa del partito
democratico. Simbolico, ma fa impressione che questo arrivi proprio quando in
Italia si superano i 4 milioni di senza lavoro
Si conclude, con il nuovo governo e la sua carta di identità allegata
su Repubblica da Matteo Renzi, l’ultimo giro di boa simbolico del Pd.
Simbolico, perché nelle scelte concrete era già consumato da un pezzo, ma dare
il vero nome ai fatti non è cosa da poco (non è passatempo da giorni festivi,
come verseggia Eliot a proposito del nome da dare al proprio gatto). Che il Pd
precisi come la sua immagine non debba più essere a sinistra, o di sinistra,
riconoscendo come sola discriminante culturale e sociale “il nuovo e il
vecchio” non è una gran novità, il concetto ci svolazza attorno da un bel
pezzo, ma affermare che il Pd non intende più collocarsi a sinistra resta uno
scatto simbolico rilevante. Non solo infatti, come taluni vagheggiavano, non è
più in grado di compiere scelte di sinistra, poniamo, da Monti, ma neppure mira
più a farle e a questo scopo ha scelto come proprio leader “Matteo” per
chiarirlo una volta per tutte. Non in parlamento – nessuno, a cominciare da
Giorgio Napolitano ha tempo da perdere – ma su un giornale amico e a governo
varato.
Lo fa prendendosi qualche licenza culturale, come citare Norberto
Bobbio contro Bobbio esempio di chi, se aveva ragione in passato, non l’avrebbe
più oggi, quando la distinzione tra destra e sinistra non avrebbe più senso.
Pazienza, oggi ne vediamo di ben altre. Fra le innovazioni trionfanti c’è che
ciascuno riveste o spoglia dei panni che più gli aggrada il defunto scelto come
ispiratore. Più significativo è che il concetto archiviato indicava il peso
assegnato da ogni partito alla questione sociale e dichiararla superata proprio
mentre si sfiorano e forse si superano i quattro milioni di senza lavoro, fa
impressione. Forse per questo l’ex sindaco di Firenze si era scordato di
informarci su quel job act che doveva presentare entro gennaio; ma in primo
luogo non risulta che durante le consultazioni qualcuno glielo abbia ricordato,
in secondo luogo nel governo se ne occuperà la ministra Guidi, donna
imprenditrice esperta in quanto allevata dal padre confindustriale.
Sappiamo dunque che dobbiamo attenderci con il nuovo esecutivo e
dobbiamo al Pd tutto il peso, visto che né la sua presidenza né la sua
minoranza gli hanno opposto il proprio corpo, al contrario hanno sgombrato il
campo sussurrando come il melvilliano Bartleby “preferirei di no”. Della stessa
pasta la stampa, affaccendata dal sottolineare lo storico approdo delle donne a
metà del governo sottolineando il colore delle giacche e il livello dei tacchi,
cosa che dovrebbe far riflettere le leader di “Se non ora quando”. Eccola qui
l’Ora, ragazze, non si vede dove stia la differenza.
Il nuovo che avanza ha rilanciato anche Berlusconi, primo interpellato
da Renzi per incardinare tutta l’operazione. Condannato da mesi per squallidi
reati contro la cosa pubblica ad astenersi dalla politica è stato ricevuto non
già dai giudici di sorveglianza, bensì dal capo dello stato per illustrargli
quello che pensa e intende fare sul futuro del paese. Per ora appoggia Renzi,
rassicurando i suoi che non è un comunista.
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