Giuseppe Marazzini
22.01.2015
La Repubblica Milano pag.5 –
mercoledì 21 gennaio 2015
Il futuro della città
Vittorio Gregotti. L'analisi disincantata del grande architetto: i mali
di Milano e gli ostacoli incontrati dal sindaco, a partire dal problema più
grosso, quello politico
"A Pisapia consiglio di non ricandidarsi troppo difficile il
rapporto con il Pd"
RODOLFO SALA
«Sono amico di Pisapia, se
dovessi dargli un consiglio gli direi di non ricandidarsi». Il consiglio di
Vittorio Gregotti non è di quelli da prendere sottogamba. Parte da un'analisi
disincantata dei mali di Milano, dalle difficoltà che in questi quattro anni la
giunta guidata dal sindaco arancione ha dovuto affrontare, dalla «pesantissima
eredità» lasciata da Letizia Moratti. E va a parare in una sola direzione: «Per
Giuliano ora il problema è il Pd, un partito in cui lui non si è mai
riconosciuto e che non è più quello che lo ha sostenuto nella campagna
elettorale del 2011».
Il sindaco e il partito che alle Europee ha sfiorato il 45 per cento in
città sono diventati incompatibili?
«Diciamo che i rapporti si sono
fatti via via sempre più difficili, bisogna tenere conto di che cos'era il Pd
tre anni fa e che cos'è adesso».
Allora non c'era Renzi...
«Già. Da quando Renzi è diventato
segretario, e ancora di più da quando è premier, il Pd è scivolato a destra. E
questo è un grosso problema per chi guida una coalizione con dentro anche la
sinistra».
Dipendono da questo i dubbi di Pisapia sulla ricandidatura?
«Molto. C'è anche da dire che
Giuliano non è una persona aggressiva, e quando uno fa il sindaco aggressivo un
po' deve esserlo. In ogni caso io sto dalla sua parte».
Per questo gli suggerisce il passo indietro?
«Sì. La situazione a Milano è
molto deteriorata, non potrà cambiare in tempi rapidi».
Meglio abbandonare la nave prima che affondi?
«Pisapia sta aspettando di vedere come andranno le cose
quando comincerà l'Expo, credo stia maturando l'idea che sia inutile andare
avanti. Io considero un errore drammatico aver voluto che l'Esposizione del
2015 si facesse a Milano».
E perché?
«L'operazione ha impegnato troppo la città in termini di
progetti e di soldi. Le poche risorse che ci sono vanno tutte li, e io resto
convinto che in un quadro di forte crisi economica l'Expo sia una cosa
superata».
Aveva ragione Tremonti, l'Expo era meglio non farla?
«A me è bastato constatare che tutte le ultime edizioni
di Expo sono state un fallimento. L'idea di una grande Esposizione universale è
vecchia, oggi sono in crisi perfino quelle vecchie, più tradizionali. Comunque
ormai siamo in ballo e si balla, non possiamo certo tornare indietro. Ma mi
sembra giusto sottolineare che per il governo di Milano l'Expo ha costituito un
elemento di grande difficoltà».
E Pisapia, lei dice, in qualche modo ha dovuto subirlo...
«Sì, anche se i problemi non vengono
solo da lì».
E cioè?
«Prendiamo l'urbanistica. Questa
giunta si è limitata a fare un rammendo del vecchio piano regolatore,
rinunciando a misure più radicali che potevano essere prese solo se fosse stato
adottato un nuovo piano. Questo è stato un elemento di oggettiva debolezza».
E poi?
«Un'altra complicazione arriva
dalla Città metropolitana. È molto difficile pensare a soluzioni che riguardano
i nuovi confini di Milano. Ci sono ostacoli forse insormontabili, e non so
quanto Pisapia veda con favore la prospettiva di guidare la costituenda Città
metropolitana».
Ma il bilancio di questi quattro anni di giunta Pisapia secondo lei è
positivo?
«Se il confronto è con il disastro combinato da quelli
che c'erano prima sì, senza dubbio. La Moratti ha caricato la città di problemi
senza risolverne uno. Ha perso troppo tempo dopo che Milano aveva vinto la candidatura
per l'Expo, per anni lei e Formigoni sono andati avanti a litigare...Ma il mio
forse è un giudizio non completamente obiettivo: ripeto, sono amico di Pisapia,
e la situazione è molto difficile».
Con Maroni il sindaco non ha litigato così ferocemente...
«È vero. Ma per lui la Regione a
guida leghista ha comunque costituito un grosso problema: andare d'accordo con
quelli è dura».
Qualcosa di buono fatto dalla giunta?
«Ha retto abbastanza bene sul
fronte dei servizi sociali, continuamente minacciati dai tagli del governo. Non
posso dire la stessa cosa della cultura, un tema che non mi sembra sia stato al
centro del suo interesse».
Pensa alla Scala?
«Sicuramente, il passaggio alla
seconda gestione del più importante ente lirico è stato molto complesso. Ci
sono problemi di finanziamenti anche per il Piccolo, ma in questo caso davvero
non so fino a che punto il Comune può intervenire».
Ma c'è qualcosa — un provvedimento, una decisione — per cui Pisapia
verrà ricordato?
«Questo mi sembra un punto di
debolezza. Forse dipende anche dal fatto che il sindaco ha un temperamento
troppo prudente, è troppo poco incline alla pubblicità».
E se Pisapia dovesse accettare il suo consiglio, lei vede qualcuno in
grado di tenere insieme, al posto suo, la coalizione che governa Milano da
quattro anni?
«È molto difficile dirlo».
Lei non ha davvero in mente nessuno?
«Se non ci fosse più Giuliano il
Pd farebbe da sé, rinuncerebbe ad allearsi con la sinistra. Dubito che questo
sia un bene».
Nessun commento:
Posta un commento