giovedì 15 gennaio 2015

IL CAFFÈ DELLA DISCORDIA - Ah, che bellu ccafè!

di Giuseppe Marazzini
15.01.2015


La “congrega dei cappellini bianchi” ha iniziato una nuova crociata moralista: salvare il dipendente pubblico da uno dei sette vizi capitali, il peccato di gola. Il caffè è uno stimolante quindi c’è addirittura la possibilità che l’impiegato non si addormenti mai e che la sua capacità lavorativa aumenti così tanto da superare la presunta intensità lavorativa dei politici al comando. Ma non siamo così cattivi da far fare brutta figura ai comandanti: da domani si faccia una pausa camomilla!

Le lavoratrici e lavoratori del Comune di Legnano, con una petizione (347 firme), chiedono che il bar dopolavoro presente nel Comune stesso non venga chiuso. Richiesta che mi trova d’accordissimo. Mi auguro e spero che alla loro petizione si associno anche i Sindacati, i consiglieri comunali ed altri frequentatori, perché i locali che rientrano nelle attività ricreative e sociali dei dipendenti sono oggetto di trattativa sindacale interna. Il CRAL, come è noto a tutti, non è assimilabile a qualsiasi altra associazione. E’ mio auspicio inoltre che i Sindacati e la RSU non capitolino davanti alla proposta di gestione delle macchinette distributrici.

Alla petizione ha risposto con una comunicazione scritta, anche a nome della Giunta, l’assessore Luminari il quale con un mini trattato di gestione aziendale cerca di convincere e di convincerci che la chiusura del locale bar, oltre a generiche questioni di principio, sia dovuto ad un canone di affitto modesto. Ma se così fosse, il canone di affitto non si può ricontrattare? Certo è che, se la vera ragione della chiusura del bar è da farsi risalire solo a qualche abuso nella pausa caffè allora la reazione della Giunta è abbondantemente sopra le righe. Perché non sanzionare chi ne ha abusato?

La Giunta farebbe bene ad uscire dall’ambiguità. Non si capisce perché un giorno riconosce ai dipendenti capacità e sufficiente responsabilità da gestire l’attività di uffici, ognuno per sua natura delicato e complesso, e poi quella stessa capacità venga disconosciuta fino al punto da ritenere il dipendente pubblico incapace di autoregolamentarsi e capire quanto possa assentarsi per un caffè.

La Giunta torni sui suoi passi e al buon senso perché, nell’eliminare una consuetudine consentita anche dalla legge scambiandola per un privilegio, si rischia di mettere in cattiva luce il dipendente pubblico verso i cittadini e ciò non andrà certo a favore di una buona amministrazione.

Fabrizio De Andrè - Don Raffaè

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