15.01.2015
La
“congrega dei cappellini bianchi” ha iniziato una nuova crociata moralista:
salvare il dipendente pubblico da uno dei sette vizi capitali, il peccato di
gola. Il caffè è uno stimolante quindi c’è addirittura la possibilità che
l’impiegato non si addormenti mai e che la sua capacità lavorativa aumenti così
tanto da superare la presunta intensità lavorativa dei politici al comando. Ma
non siamo così cattivi da far fare brutta figura ai comandanti: da domani si
faccia una pausa camomilla!
Le lavoratrici e lavoratori del Comune
di Legnano, con una petizione (347 firme), chiedono che il bar dopolavoro
presente nel Comune stesso non venga chiuso. Richiesta che mi trova
d’accordissimo. Mi auguro e spero che alla loro petizione si associno anche i
Sindacati, i consiglieri comunali ed altri frequentatori, perché i locali che
rientrano nelle attività ricreative e sociali dei dipendenti sono oggetto di
trattativa sindacale interna. Il CRAL, come è noto a tutti, non è assimilabile
a qualsiasi altra associazione. E’ mio auspicio inoltre che i Sindacati e la
RSU non capitolino davanti alla proposta di gestione delle macchinette
distributrici.
Alla petizione ha risposto con una
comunicazione scritta, anche a nome della Giunta, l’assessore Luminari il quale
con un mini trattato di gestione aziendale cerca di convincere e di convincerci
che la chiusura del locale bar, oltre a generiche questioni di principio, sia dovuto
ad un canone di affitto modesto. Ma se così fosse, il canone di affitto non si
può ricontrattare? Certo è che, se la vera ragione della chiusura del bar è da
farsi risalire solo a qualche abuso nella pausa caffè allora la reazione della
Giunta è abbondantemente sopra le righe. Perché non sanzionare chi ne ha abusato?
La Giunta farebbe bene ad uscire dall’ambiguità.
Non si capisce perché un giorno riconosce ai dipendenti capacità e sufficiente
responsabilità da gestire l’attività di uffici, ognuno per sua natura delicato
e complesso, e poi quella stessa capacità venga disconosciuta fino al punto da
ritenere il dipendente pubblico incapace di autoregolamentarsi e capire quanto
possa assentarsi per un caffè.
La Giunta torni sui suoi passi e al
buon senso perché, nell’eliminare una consuetudine consentita anche dalla legge
scambiandola per un privilegio, si rischia di mettere in cattiva luce il
dipendente pubblico verso i cittadini e ciò non andrà certo a favore di una
buona amministrazione.
Fabrizio De Andrè - Don Raffaè
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