02.10.2012
Come finiscono i partiti
di Furio Colombo
In questa tribù, quando sentono venire la fine, i
partiti si uccidono da soli. Lo fanno in modo complicato e grottesco
con modalità che non lasciano scampo neppure per un decoroso ricordo. Si salvano
a volte, e saltano nella presunta “nuova epoca” persone singole con
l’espediente di aggrapparsi a una istituzione che, si suppone, dura più a
lungo. Le procedure di distruzione sono strane e non prive di senso dello
spettacolo, come farsi trovare nell’atto di impossessarsi di grandi somme di fondi
pubblici esattamente nel momento in cui si sa che tutti stanno
guardando. Ognuna delle due parti ha i suoi colpi esclusivi, in modo da essere
malvisto nel proprio ambito naturale. Per esempio, il Pd fa sapere che considera
sbagliato partecipare a una manifestazione in difesa del lavoro, perché si
tratta di iniziative non adatte a un partito di governo. In tal modo si
allontana da ogni effettiva possibilità di governo per un partito che dovrebbe
cercare nel lavoro gran parte dei voti.
Per esempio, il Pdl
vuole tornare a non si sa quali origini, coltivando l’idea dell’ex
Forza Italia di espellere l’ex An, e il proposito
dell’ex An di prendere le distanze da ciò che fu e che resta di Forza Italia.
Quanto alla Lega Nord per l’indipendenza della Padania, quel
partito, dopo avere sottratto risorse pubbliche praticamente sotto gli occhi di
tutti, ha espulso se stessa (ovvero il fondatore) e si è dichiarata “nuova”,
cioè inesistente. Quanto al centro, dove molti promettenti leader si erano
fatti trovare, anche abbandonando buone postazioni altrove, pronti ad assumere
la guida di un mega partito di centro (o del Paese), non si è presentato
nessuno. A tutto ciò, già abbastanza disorientante per cittadini di
normale equilibrio psichico, si aggiungono due tipi di feste, di gusto e
livello molto diverso, ma entrambe inspiegabili. Una è la serie di “Toga
parties” (uso il nome che gli studenti peggiori delle università
americane usano per le loro feste peggiori) lanciata da persone, gruppi e
partiti di destra, evidentemente per celebrare vantaggi e guadagni, con un
curioso esibizionismo di ciò che ai tempi di Mani Pulite si
tentava di fare in segreto. Il carattere speciale di queste feste, con
odalische, maiali e gladiatori, non sta nell’estremo cattivo gusto di quegli
eventi, costumi, linguaggi e circostanze. Piuttosto, nell’esibizione e nel
carattere pubblico di eventi ovviamente poco graditi e poco apprezzati
dall’opinione pubblica, destra inclusa. In una curiosa simmetria troviamo le
cosiddette elezioni primarie del Partito democratico. Non l’iniziativa, ma le
modalità. Un primo carattere destinato a disorientare, irritare e allontanare
gli elettori consiste nella confusione di regole, di tempi, di persone, con la
forte impressione che ciascuno partecipi con motivi diversi e sempre
personali .
Io non confonderei l’innegabile successo del tour di
Renzi inteso come spettacolo dall’evento che riguarda il Partito
democratico. Infatti, lo spettacolo ha successo, ma il Partito democratico
perde prestigio, credibilità e punti nelle intenzioni di voto. Infatti Renzi
dimostra che in quella casa (il Pd) non comanda nessuno, che ci scorrazzi
dentro quando vuoi e come vuoi, che spingi via facilmente chi ci è seduto
dentro (o almeno lo spintoni senza pagare i danni). Dimostri che, con un po’ di
energia, invadenza e vitalità te ne puoi impossessare. Ma di che cosa? Della
cosa non c’era definizione da chi era già seduto in casa. E non c’è alcun
tentativo di descrizione (prima ancora che di definizione) dell’oggetto conteso
mentre qualcuno lo sta conquistando. In realtà Renzi vuole un partito, non quel
partito, ha bisogno di uno spazio per parcheggiare, non per abitare. La casa
d’altri non gli interessa e tutti i suoi spettacoli parlano d’altro. Parla
d’altro anche la disinvoltura con cui Renzi sta partecipando a primarie che non
ci sono, seguendo regole che si è dato da solo.
E viene accolto dagli aggrediti con deboli sorrisi e deboli
dinieghi che ci segnalano che lo spazio partitico (ormai un ex spazio
partitico) si può occupare in modo facile e lieto. Interessante il progetto con
cui gestire il nuovo dominio. È di rottamazione. Ma non, come ci viene detto,
di poche persone attempate o troppo radicate nei ruoli. Infatti Renzi ha avuto
la lucidità e il coraggio di capire e far capire che intende buttare all’aria
la casa e togliere, finalmente, l’ultima tappezzeria della sinistra, qualunque
cosa essa sia nelle varie storie e significati. I “ragazzi” vengono, col
naturale impeto dell’età, a svuotare la casa dei vecchi mobili perché,
essi sanno, col Muro di Berlino è crollato ben altro che i regimi
dell’Est. È crollata anche la più mite socialdemocrazia, il più
moderato mutuo soccorso. Renzi guida le sue truppe a occupare gli spazi vecchi
di un nuovo gioco. Tutto il gioco si gioca a destra, e questa non è una accusa
a Renzi di essere un infiltrato di destra. Invece interpreta con la
consapevolezza dei tempi un nuovo ruolo,un ruolo che si svolge solo in
questo nuovo grande contenitore di una destra mondiale che ha i suoi buoni e i
suoi cattivi, i suoi estremismi e le sue moderazioni.
Racconta Concita De Gregorio su Repubblica (26 settembre):
“Finalmente uno che non parla il linguaggio della Fiom”. Diciamo che nessuno lo
parlava da un pezzo (salvo, a volte, Fassina) dentro il Pd. Ma qui il progetto
è chiaro, rottamare. Muoiono i partiti, viva i partiti. Un
cosa sappiamo: è tutta destra. Eppure questa non è un’accusa politica. È
una constatazione. Controprova: “Se il Pd volesse davvero scongiurare un Monti
bis dovrebbe paradossalmente fare proprio il programma di Monti,
proporsi esso stesso come il bis. E infatti c’è un’ala consistente di quel
partito che lo chiede. Nel Pd si fanno invece le primarie. Ma dietro la gara
tra Bersani e Renzi si intravede il convitato di pietra. È su
Mario Monti e sulla sua eredità che il Pd è chiamato a decidere” (Antonio
Polito Corriere della Sera 29 settembre). Ovvero, l’alternativa è di non
esistere.
Il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2012
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