Pubblico
giornale – 6 ottobre 2012
di
Marina Boscaino
Chi sono, nella scuola, i “portatori d’interesse”, totem
linguistico di modernità? Studenti, insegnanti, famiglie, collettività.
Ebbene, come possono i membri dell’attuale maggioranza di governo (Pd compreso)
pensare che la proposta di legge 953, che di fatto abroga i decreti delegati
del ’74, a favore di nuovi organi, possa essere trattata dalla VII Commissione
Cultura in sede legislativa? Cioè, sottratta alla discussione in Aula e
sottoposta alla procedura delle norme prive di speciale rilevanza di ordine
generale o che rivestono particolare urgenza? È l’autogoverno della scuola
“pura questione tecnica”? Non può essere. Tanto più che il testo proviene (come
l’attuale Assessore all’Istruzione della Regione di Formigoni e Minetti,
Valentina Aprea, rivendica continuamente) dall’ex ddl Aprea,
emendato della chiamata diretta degli insegnanti. Un ddl che il Pd osteggiò con
veemenza ai tempi dell’Onda, nel 2008, quando il problema era far fuori il
prima possibile Berlusconi e i suoi. Ora tutto è cambiato, tranne l’impianto di
quella proposta, che la Santa Alleanza Pd-Pdl ha imbalsamato in un
contenuto blindato (gli aggiustamenti fatti dopo audizioni e
emendamenti sono mero restyling), con ritocchi che non ne depotenziano i
pericoli.
Perché la democrazia nel governo della scuola è
comunque in discussione. Proprio quella che – a pochi giorni da quando
la Commissione Cultura della Camera licenzierà il testo e lo invierà alla
stessa Commissione del Senato, per l’approvazione definitiva – l’on. Coscia ha
evocato: «Abbiamo sconfitto la linea aziendalista che avrebbe voluto il
centrodestra e affermato la linea del Pd per la scuola democratica, partecipata
e aperta». Tutt’altro. I vigenti decreti delegati concretizzano una
condizione di «equiordinazione» tra organi della scuola: il suo governo
democratico, infatti, implica una partecipazione strutturata per linee
orizzontali ed è in conflitto con ogni visione gerarchizzata e gerarchizzante,
incompatibile anche con la libertà di insegnamento. Consiglio di Istituto e
Collegio Docenti hanno compiti e prerogative molto estesi: l’uno funzioni di
indirizzo politico-amministrativo (obiettivi e programmi da attuare e verifica
della ri- spondenza dei risultati di attività ammini- strativa e gestione agli
indirizzi impartiti); l’altro competenza esclusiva per aspetti
pedagogici e didattici.
Tale configurazione e tutte le competenze dei due organi
hanno bilanciato anche il maggior potere conferito ai presidi nel passaggio
alla dirigenza scolastica. La pdl 953 li sostituisce con Consiglio
dell’Autonomia e Consiglio dei Docenti, con prerogative limitate. Il Consiglio
dell’Autonomia elaborerà uno “Statuto autonomo”, diverso da scuola a scuola,
relativo alla gestione dell’istituto, all’organizzazione degli organi interni e
al rapporto tra le componenti che ne fanno parte.
Tali materie sono oggi regolate da leggi dello Stato, che
hanno garantito opportunità e criteri identici sul territorio nazionale.
L’adozione di statuti autonomi marcherà, viceversa, differenze anche sensibili
tra scuola e scuola, minando principi che so- vrintendono all’unitarietà del
sistema scolastico nazionale: pericolosa deroga alla tutela da parte
dello Stato dell’esercizio del diritto allo studio e all’apprendimento
da parte di tutti gli studenti; nonché a quello, costituzionalmente sancito,
della libertà di insegnamento. Le scuole, insomma, possono persino darsi regole statutarie.
Ma tale autonomia comporterà la dismissione da parte dello Stato della propria
funzione istituzionale, l’istruzione uguale per tutti: scuole di serie
A e serie B, gestite con lungimiranza e rispetto o assediate
dall’arbitrio, sponsorizzate o abbandonate a se stesse.
Cosa sarà del principio di uguaglianza previsto
dalla Costituzione?
L’organizzazione delle singole scuole assume poi una forte
caratterizzazione aziendale, con partecipazione al Consiglio dell’Autonomia di
esterni (che – soprattutto se erogatori di fondi – possono condizionare, in
particolari zone, situazioni, contesti, la gestione e mettere in discussione
principi di democrazia) e il rafforzamento – a fronte dell’indebolimento degli
organi scolastici – del potere del dirigente.
L’art. 8, poi, subordina le scuole-aziende autonome
(affrancate dallo Stato), a indirizzi e controlli valutativi ministeriali : l’Invalsi
dipende direttamente dal Ministero, caso raro in Europa. Non è poi
previsto un organismo, che – sul modello del Consiglio Superiore della
Magistratura – garantirebbe reale autonomia e indipendenza delle scuole,
tartassate e condizionate dal ministro di turno e sottoposte a tanti
cambiamenti quanti sono stati i governi. Il previsto Consiglio delle Autonomie
è invece – come l’attuale Cnpi – privo di potere reale e subalterno al
ministro, che lo presiede.
Il pdl 953 è inemendabile. Dispiace condurre una
battaglia nei confronti di un partito – il Pd – che dovrebbe accogliere la
migliore tradizione della democrazia scolastica. Prende posizione il
sindacato. «La Flc Cgil chiede alle forze politiche e al Parlamento di
aprire un reale confronto sulla riforma degli organi collegiali con le scuole,
le forze sociali, gli studenti e le istituzioni locali – ha detto Mimmo
Pantaleo, segretario generale Flc Cgil – Non si può approvare una legge
fondamentale per garantire la partecipazione democratica e il funzionamento
degli organi di governo dell’autonomia scolasti- ca, nel chiuso delle stanze
delle commissioni parlamentari. ll 12 ottobre faremo lo sciopero e staremo nelle
piazze per rivendicare maggiore democrazia e una netta opposizione a qualsiasi
disegno di privatizzazione della scuola pubblica. Per queste ragioni la riforma
degli organi collegiali deve essere ulteriormente migliorata con un largo
consenso».
Pubblico giornale – 6 ottobre 2012 - In silenzio sta passando la privatizzazione dell’istruzione
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