11.10.2014
ArcipelagoMilano
MILANO CITTÀ METROPOLITANA: L’AVVIO DI UN PASTICCIO “RETRÒ”
7 ottobre 2014 da Luca Beltrami
Gadola
Il primo gradino, la nomina del
Consiglio metropolitano, è stato fatto e la legge Delrio è in corso di
attuazione. Parlare male di questa legge è come sparare sulla Croce Rossa,
perché il varo delle Città metropolitane, ma soprattutto il riordino delle
restanti provincie, erano uno del “must” del nostro Presidente del Consiglio,
come operazione essenzialmente di revisione e contenimento della spesa pubblica
(che nello specifico non ci sarà). Certo però che l’ufficio legislativo del
Presidenza del Consiglio non ci fa una bella figura e ci sforna una delle
solite leggi italiane meandro di rinvii e piena di contraddizioni oltre ai
difetti politici intrinseci.
Le contestazioni e i probabili
ricorsi non mancheranno, soprattutto in materia di segretezza del voto, perché
il meccanismo previsto consente agevolmente di capire chi ha votato per chi.
Personalmente non annetto una sostanziale importanza alla questione ma quando
si dice che il voto è segreto deve esserlo sul serio.
Un’osservazione più di fondo
riguarda invece il primo compito del Consiglio metropolitano: la
predisposizione di una proposta di Statuto da sottoporre alla conferenza
metropolitana che è composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni
della città metropolitana stessa.
La redazione di uno Statuto non è
cosa né semplice né facile, richiede competenze specifiche e non è un documento
“soltanto” politico.
E dunque qui entra in gioco il
criterio di scelta dei candidati alle elezioni di domenica 28 scorso e il loro
risultato. Non credo sia sfuggito a nessuno che tra tutti i criteri possibili
per la scelta di candidati quello della competenza specifica sia stato proprio
l’ultimo. Certo non si può dimenticare che questi “grandi elettori” furono
votati a loro volta con criteri del tutto diversi e dunque erano quello che
erano. Non voglio fare paragoni fuori luogo ma quando, dopo la caduta del
fascismo, i partiti scelsero i candidati da eleggere all’Assemblea costituente
che scrisse la nostra Costituzione, mandarono in assemblea un nutritissimo
drappello di giuristi e di politici di lunga lena con esperienza legislativa
alle spalle: di alcuni interventi allora in aula, del loro spessore politico e
culturale e della passione se ne parla ancora oggi a settant’anni di distanza.
La conseguenza di questo
deprecabile disposto della legge Delrio è evidente: qualcuno si darà da fare al
di fuori del consiglio metropolitano per produrre una o più bozze e i
consiglieri su quello discuteranno, privilegiando ovviamente i contenuti
“politici” e così commettendo l’errore che renderà ardua la vita alla Città
metropolitana e alla sua gestione. Ma questo vizio di origine non si ferma allo
Statuto ma scenderà per li rami quando si tratterà di redigere e discutere una
non irrilevante appendice allo Statuto: i Regolamenti dei singoli istituti e
del loro funzionamento e in questo le indicazioni della legge Delrio sono un
pessimo avvio. Qualche bozza comincia a circolare: una generica predisposta
dall’ANCI – l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani – che tra l’altro non
vede certo di buon occhio le città metropolitane e una dal gruppo che ruota
attorno a L’officina per l’ambiente, una rivista vicina alla Casa della Cultura
di Milano.
La prima delle due è un ponderoso
documento in stile burocratico legislativo italiota, la seconda è un breve
testo di pochi articoli evidentemente insufficiente ma di miglior approccio.
Lo sviluppo della vicenda non
sarà né breve né entusiasmante e temo deluderà tutti quelli che, come me,
speravano, malgrado la legge Delrio, riuscissimo a dar vita a un livello
amministrativo esemplare per la sua modernità, la sua efficienza e la capacità
di risolvere problemi. Finiremo nell’ennesimo pantano ossia una Provincia di
Milano ribattezzata ma che sarà ancora più lontana dai cittadini perché nata da
elezioni di secondo grado: un recinto ideale per nuove caste?
Luca Beltrami Gadola
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