29.10.2014
La Stampa – lunedì 27/10/2014
Il posto fisso è un miraggio, giovani sempre più precari
Ogni cento contratti solo 15 sono a tempo indeterminato e quasi il 70%
sono interinali o di formazione. Camerieri e braccianti le occupazioni più
diffuse tra i ragazzi
PAOLO BARONI - ROMA
Già oggi ogni 100 nuovi contratti
di lavoro che vengono attivati appena 15,2 sono a tempo indeterminato, in
pratica uno su sei. Tutto il resto è precario, flessibile, a termine. Dunque,
di posti fissi come si intendevano un tempo se ne contano davvero pochi e
Matteo Renzi, dopo Monti nel 2011 e D’Alema addirittura nel 1999, ha buon gioco
alla Leopolda a proclamare a sua volta la fine del posto fisso e a cercare di
correre ai ripari col «Jobs act». Il grosso dei nuovi contratti, ben il 69,7%
nel secondo trimestre del 2014 secondo i dati raccolti dal ministero del
Lavoro, è rappresentato dalla sommatoria di contratti di formazione, contratti
di inserimento, interinali, intermittenti e contratti di agenzia. Poi c’è un
6,2% di contratti a termine, un 5,8% di contratti di apprendistato ed infine un
3,1% di contratti di collaborazione. Su 2.651.648 nuovi rapporti di lavoro,
dunque, solo 403.036 (227mila maschi e 176mila femmine) sono a tempo
indeterminato. Ne consegue un turnover fortissimo che, sempre nel II trimestre
2014, arriva a sommare ben 2.430.187 cessazioni: 355mila sono frutto di
richieste del lavoratore, 249mila sono invece promosse dall’azienda. Restano 1 milione
e 639 mila contratti che terminano per semplice scadenza naturale del rapporto
di lavoro.
La cosa curiosa è che di queste
2,43 milioni di cessazioni ben 403mila riguardano contratti che durano appena 1
giorno, 170mila tra due e 3 giorni ed altri 380 mila non arrivano al mese pieno
di lavoro. Solo 381mila contratti durano più di un anno. Se si analizza la
serie storica che va dal primo trimestre 2011 al secondo trimestre 2014 si vede
che in tre anni e mezzo lo stock dei contratti cessati ha toccato l’iperbolica
quota di 34 milioni e 824 mila interessando 12 milioni e 147 mila lavoratori,
che in media hanno pertanto «subito» 2,87 cessazioni a testa. Che tradotto in
concreto significa un cambio di contratto, e quindi magari pure di azienda, di
mansione, di stipendio e inquadramento ogni 14 mesi e mezzo. Con picchi di 11
mesi e 12 giorni in Puglia e di 11 mesi e 27 giorni nel Lazio.
Tutti a termine
Camerieri e braccianti agricoli
si contendono la palma delle professioni più gettonate rappresentando
rispettivamente la prima occupazione per la manodopera femminile e la seconda
per quella maschile, la prima occupazione per gli uomini e la seconda per le
donne. Su 179.815 braccianti maschi assunti nel secondo trimestre 2014 ben 178.689
avevano un contratto a tempo determinato e appena 988 uno a tempo indeterminato
(126.376 i contratti relativi alle donne, con anche qui appena 6347 contratti a
tempo indeterminato). Su 127 mila camerieri maschi quelli assunti a tempo
indeterminato sono stati invece 5.534, più o meno come per le donne (143.559
nuovi contratti e 6347 contratto a tempo indeterminato). Se si passa a
tipologie di lavoro meno soggette a stagionalità il discorso non cambia più di
tanto. Tra le donne su 78mila commesse assunte ce ne sono ben 52mila a tempo
determinato, 5.700 in apprendistato, 6.680 con contratti precari e solo 12.100
assunte a tempo indeterminato. Idem per i maschi: se si guardano le qualifiche
di manovale e muratore, ad esempio, si scopre che meno della metà dei nuovi
rapporti di lavoro attivati per queste posizioni è stabile: 22.175 su 50.174
nel primo caso e 11.190 su 24.717 nel secondo.
Il 46% dei giovani in cerca
In realtà, secondo un’indagine
Coldiretti/Ixé, meno della metà dei giovani italiani (46%) ambisce ad avere un
posto fisso contro il 53% dell’anno passato. Quasi un giovane su tre (31%)
vuole lavorare autonomamente. Ben il 51% sarebbe pronto anche ad espatriare per
trovare un lavoro, mentre il 64% è disponibile a cambiare città. Segno che, almeno
sulla carta, la flessibilità poi non spaventa nemmeno tanto.
A rischio il 56% dei lavori
Qualche esperto sostiene che il
posto fisso nei fatti non è esistito mai. Perché in seguito innovazioni,
cambiamenti delle abitudini e globalizzazione è inevitabile che i vecchi lavori
muoiano di continuo e i nuovi lavori nascano. Di qui al 2022, secondo
l’indagine «Career Cast», scompariranno taglialegna e tornitori assieme a
giornalisti, tipografi, hostess, agenti di viaggio, postini e letturisti dei
contatori. Apocalittica, in questo senso, una stima della London School of
economics secondo cui in Italia ben il 56% dei lavori di oggi rischia di
sparire entro vent’anni. Roba da fare gli scongiuri.
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