giovedì 30 dicembre 2010

"LA NUOVA RESISTENZA OPERAIA"

FIOM – CGIL
Federazione Impiegati Operai Metallurgici nazionale
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Documento finale
Comitato Centrale 29 dicembre 2010

Il Comitato Centrale della Fiom considera la scelta compiuta dalla Fiat alle Carrozzerie di Mirafiori un atto antisindacale, antidemocratico ed autoritario senza precedenti nella storia delle relazioni sindacali nel nostro Paese dal dopoguerra, in contrasto con i princìpi ed i valori della nostra Carta Costituzionale.

L'obiettivo strategico della Fiat è chiaro: provare a cancellare in modo definitivo il sistema dei diritti individuali e collettivi nel lavoro, conquistati nel tempo con le lotte dalle lavoratrici e dai lavoratori del nostro Paese, tramite una libera ed autonoma azione di contrattazione collettiva ed affermare che questa è l'unica condizione per poter investire in Italia.

I contenuti dell'intesa imposta dall'Azienda alle Carrozzerie di Mirafiori saranno estesi anche a Pomigliano rendendo evidente le volontà e la radicalità del gruppo Fiat:

* Le Newco servono per cancellare il Contratto nazionale, per azzerare i diritti nel lavoro sanciti da accordi pregressi, per permettere alla Fiat stessa di uscire dal sistema di rappresentanza confindustriale.
*I sindacati vengono trasformati in soggetti aziendalistici e corporativi senza più alcun diritto a contrattare, che esistono solo se firmano e sostengono le ragioni e le posizioni dell'impresa. Chi non firma l'intesa non ha diritto di esistere e gli vengono negate tutte le agibilità sindacali, dai permessi sindacali al diritto di assemblea, alla trattenuta sindacale.
* Le lavoratrici e i lavoratori non hanno più il diritto ad eleggere propri delegati sindacali, perché ci saranno solo rappresentanti nominati in maniera paritetica dalle Organizzazioni sindacali aderenti al Regolamento imposto dalla Fiat.
* Si peggiorano le condizioni di lavoro, di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro, riducendo le pause sulle linee di montaggio, assumendo la nuova metrica del lavoro Ergouas quale metodo indiscutibile e immodificabile, aumentando gli orari di lavoro e lo straordinario obbligatorio, derogando dalle leggi e dal Ccnl, aumentando le saturazioni dei tempi di lavoro e lo sfruttamento.
*Si riduce nei fatti il salario reale, cancellando la contrattazione aziendale sul salario, come avvenuto nel 2010 tagliando il Premio di risultato.
* Si introducono sanzioni e penalizzazioni che permettono all'azienda di non retribuire i primi giorni di malattia e di impedire il diritto di sciopero fino alla licenziabilità del dipendente.

È paradossale che la Fiat vincoli gli investimenti all'esito di un referendum da lei promosso, in cui si ricattano sul piano occupazionale le lavoratrici e i lavoratori, chiedendo loro di uscire dal Ccnl, dalle leggi e dai princìpi e dai valori della Costituzione e di cancellarne le libertà sindacali.

Il Comitato Centrale della Fiom-Cgil conferma, come già deciso sull'intesa separata della Fiat a Pomigliano, la scelta di considerare inaccettabile e non firmabile il testo proposto dalla Fiat per le Carrozzerie di Mirafiori, giudica illegittimo sottoporre a referendum diritti indisponibili alla negoziazione tra le parti, a partire dalla libera scelta della propria rappresentanza sindacale con il voto, e considera un grave errore della Fim e della Uilm cedere al ricatto della Fiat, perché così si rinuncia a svolgere un ruolo contrattuale e si rischia di rompere con la storia e la natura confederale e solidale del sindacalismo italiano.

Se poi, nello stesso giorno, succede che il Governo fa approvare la riforma Gelmini, taglia i fondi per l'informazione e la cultura e sostiene le scelte della Fiat, è evidente che siamo in presenza di un attacco ai diritti, al lavoro ed alla democrazia che deve preoccupare tutte le forze che hanno a cuore la difesa della nostra Costituzione.

Per queste ragioni il Comitato Centrale della Fiom-Cgil decide di:

* Proclamare 8 ore di sciopero generale dei metalmeccanici con l'effettuazione di presidi e manifestazioni regionali per la giornata di venerdì 28 gennaio 2011, rivolgendosi anche a tutte le persone, le associazioni e i movimenti che hanno partecipato il 16 ottobre alla grande manifestazione di Roma.
* Lanciare in tutti i luoghi di lavoro e nel Paese una raccolta di firme contro gli accordi di Mirafiori e Pomigliano, per un Contratto nazionale senza deroghe, per la libertà sindacale, per un lavoro stabile e con diritti ed a sostegno della Fiom e della lotta dei metalmeccanici.
* Organizzare in tutte le città momenti pubblici e permanenti di presidio, discussione ed informazione per il lavoro, il contratto, la democrazia e le libertà sindacali.

Inoltre il Comitato Centrale della Fiom dà mandato alla Segreteria nazionale di effettuare:

* Incontri con le forze politiche.
* Un'iniziativa aperta della Consulta giuridica.
* Organizzare in rapporto con le Fiom di Torino e di Napoli le iniziative più utili per dare continuità al proprio ruolo di rappresentanza e tutela degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori del Gruppo Fiat.
*Un'estensione dell'azione contrattuale e giuridica per difendere il Ccnl del 2008 e le libertà sindacali, come deciso dai precedenti Comitati Centrali.

Il Comitato Centrale della Fiom esprime il proprio totale sostegno e la propria profonda solidarietà alle Rsu, ai delegati, ai militanti, agli iscritti della Fiom di Mirafiori e Pomigliano che per primi sono impegnati in questa difficile e durissima vertenza e si rivolge a tutte le lavoratrici e i lavoratori metalmeccanici affinché con la loro mobilitazione ed azione collettiva si difendano le libertà sindacali, la dignità del lavoro e la democrazia nei luoghi di lavoro e nel Paese.

Approvato con 102 favorevoli e 29 astensioni


Ivan Della Mea "Viva la FIAT" - 1979

"LA VECCHIA FILOSOFIAT"

"Conosco le fabbriche meglio di loro"
Fassino risponde alle critiche Fiom.

di GOFFREDO DE MARCHIS - La Repubblica 30/12/2010


L'esponente Pd, candidato sindaco a Torino, replica all'accusa di non conoscere il disagio degli operai: "Un errore non firmare, ora basta arroccarsi, ci vuole il governo della flessibilità"

ROMA - Alla battutaccia di Maurizio Landini risponde con fastidio: "Conosco le fabbriche metalmeccaniche da molto più tempo di lui. E non solo quelle". Poi conferma: "Voterei a favore dell'accordo di Mirafiori". L'ex segretario dei Ds Piero Fassino, candidato alle primarie per il sindaco di Torino, dice che la Fiom ha "un atteggiamento votato alla sconfitta". E ricorda l'epoca in cui era il delegato del Pci per le fabbriche torinesi: "In quegli anni ho imparato una lezione che Landini sembra ignorare. Come si diceva in sindacalese, di fronte ai problemi veri non si fugge, bisogna sporcarsi le mani".

Perché sì all'accordo?
"Perché dal punto di vista produttivo ha un valore innegabile. Consente un investimento che garantisce la certezza dell'occupazione a 15 mila lavoratori tra Fiat e indotto. Rilancia Mirafiori che era vicina al collasso. Attiva la produzione di modelli di alta gamma. È un'operazione nel segno dell'espansione".

Con grandi sacrifici per gli operai.
"È vero. Ai lavoratori sono richieste condizioni onerose. Compensate però dalla sicurezza del lavoro. In America i sindacati della Chrysler hanno sottoscritto un accordo che prevede per i neoassunti la riduzione del salario da 28 a 14 dollari l'ora e 5 anni di non conflittualità".

Ma qui siamo in Italia.
"Magari. Qui siamo nel mondo globalizzato. In Germania i sindacati di molte aziende stanno ricontrattando le condizioni salariali per tenerne conto. Ecco perché rifiutare l'accordo mi sembra un grave errore. Peraltro avrebbe conseguenze solo sui lavoratori. La Fiat invece ne uscirebbe indenne limitandosi a trasferire la produzione negli Usa. Ma c'è un punto nell'intesa che non condivido".

Quale?
"Marchionne vuole l'esigibilità del contratto e ha ragione. Ma l'obiettivo può essere conseguito con un'intesa interconfederale o aziendale che stabilisca che gli accordi vengono sottoposti a referendum il cui esito è vincolante per tutti i lavoratori e tutte le sigle. In questo modo l'azienda è garantita nel rispetto del contratto, ma nessun sindacato è negato nella sua funzione di rappresentanza".

Lei direbbe sì nell'interesse dei lavoratori. Significa che la Fiom non sta difendendo quegli interessi?
"Non mi permetto di fare una tale affermazione. Ma vedo che la Fiom si è arroccata. È molto velleitario alzarsi dal tavolo e non firmare. Così il sindacato non difende i lavoratori anzi li espone a un rischio maggiore. La tutela delle rigidità non funziona più, oggi ci vuole il governo delle flessibilità. La Fiom dice: 10 anni fa abbiamo sottoscritto degli accordi e non si toccano. Ma 10 anni fa non c'erano la Cina, l'India, il Brasile".

Si può paragonare il no della Fiom di oggi alla posizione del Pci sulla scala mobile?
"Anche allora prevalse una linea puramente difensiva. Successivamente lo riconobbero dirigenti come Trentin e Chiaromonte. Una strategia di conservazione davanti a mutamenti radicali alla fine si rivela la più debole e la più inefficace".

Le fabbriche sono cambiate. Com'è cambiato lei rispetto al ragazzo che andava ai cancelli di Mirafiori negli anni '80?
"Ho cercato di fare tesoro di quell'esperienza. Ho avuto maestri del calibro di Emilio Pugno e Aventino Pace. Ho imparato che quando sei davanti a problemi oggettivi, con una radice sostanziale, l'ultima delle cose utili è negarli. Ci si sporca le mani e non si ha paura di farlo. In quegli anni ne abbiamo inventate di soluzioni innovative. Il 6 per 6 nel settore tessile quando arrivava la competizione cinese,l'organizzazione del lavoro nel settore gomma su due settimane con 12 giorni lavorati e 3 di riposo. Siamo stati dentro il cambiamento perché quello non devi mai fare è metterti fuori. Pace insegnava a noi giovani una grande verità: "Guardate che se ai problemi la soluzione non la date voi, la darà il padrone senza di voi"".

Marchionne non parla molto di qualità eppure solo 3 auto su 10 in Italia vengono dal gruppo Fiat. Non sarà mica colpa degli operai e della produttività?
"L'osservazione è giusta. Ed è giusto incalzare il progetto di Fabbrica Italia. Abbiamo una quantificazione di massima dell'investimento: 20 miliardi. Ma oggi sappiamo come saranno spesi, per Pomigliano e Torino, solo un miliardo e mezzo. Sarebbe utile conoscere in quale direzione andranno gli altri 18. Ma dobbiamo incalzare anche il governo che è stato completamente assente, che non si pone il problema di una politica industriale".

Lo sciopero del 28 gennaio proclamato dalla Fiom è una follia?
"Non spetta ai partiti pronunciarsi sugli scioperi. Ma a Landini chiedo: al di là della denuncia come si propone di incidere su quello che succede negli stabilimenti Fiat? Se denuncia e basta rischia di esaurire il suo ruolo in una testimonianza. Sarà pure nobile sul piano etico. Ma sul piano pratico la sua efficacia qual è?".


La ballata della FIAT di A. Bandelli - 1971

giovedì 23 dicembre 2010

BUONE FESTE

Un augurio di cuore a tutta la cittadinanza
dal gruppo Consiliare Sinistra Legnanese
Giuseppe Marazzini




Piva piva ...

mercoledì 22 dicembre 2010

Il bosco dei Ronchi sbancato per 20 metri di profondità: l'esposto presentato al Sindaco. Cosa dice la stampa

di Giuseppe Marazzzini
21.12.2010


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sabato 18 dicembre 2010

Il bosco dei Ronchi sbancato per 20 metri di profondità. Perché questo scempio?

di Giuseppe Marazzini
18.12.2010


Il bosco dei Ronchi è un’area di notevole pregio riconosciuta anche nel recente documento di piano nell’ambito del PGT.
I proprietari dell’area hanno deciso di giocare la carta del tanto peggio, tanto meglio?
Se si doveva potare le piante per evitare problemi con le unità abitative confinanti, si poteva intervenire diversamente, non facendo questo disastro disboscando in modo così brutale.
Come Consigliere comunale sottoporrò al Sindaco mediante esposto l’episodio, chiedendo innanzitutto come sia potuto accadere tutto ciò.
Non se ne sapeva proprio niente?



Alcune fotografie del brutale disboscamento
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Senza alberi, non li senti ...

domenica 12 dicembre 2010

MAI DIMENTICARE LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

Editoriale

12 dicembre 1969 - Milano: un forte boato rompe quella strana ubriacatura invernale. Giunge dalla Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana.
















Il 1969 è l'anno degli scioperi, dei cortei di operai e studenti in tutto il Paese. Le rivendicazioni del salario garantito e di un lavoro per tutti degli operai si mischiano al diritto allo studio chiesto da milioni di giovani delle scuole medie superiori e delle università. E' l'anno delle bombe. Dal 3 gennaio al 12 dicembre se ne conteranno 145, una ogni tre giorni. Per 96 la responsabilità accertata è dell'estrema destra. Si è appena insediato il secondo governo a guida Mariano Rumor. Il suo vice è Paolo Emilio Taviani. Ministro degli Esteri Aldo Moro,agli Interni Franco Restivo. Un monocolore Dc. Capo del Sid è l'ammiraglio Eugenio Henke. Al vertice della polizia c'è Angelo Vicari. Presidente della Repubblica è Giuseppe Saragat detto "Tavernello". Il Pci è il più forte partito comunista occidentale. La Cgil è il sindacato meglio organizzato. Ti ricordi uomo il 1969? La tv era in bianco e nero. Uno strano bussolotto di metallo con un vetro verde e concavo davanti.

Non c'era il telecomando, solo l'interruttore. Si vedeva un solo canale, il primo. Quando si vedeva......... Perché non era mica come oggi, con l'antenna centralizzata, con i padelloni per ricevere i satelliti. A casa mia l'antenna era vicina all'apparecchio. E ognuno faceva come gli pareva. Uno si alzava e muoveva l'antenna, le righe orizzontali sparivano. Poi qualcun altro si alzava, passava accanto al filo e le righe tornavano, più grandi di prima. Si poteva andare avanti per ore. Una lotta. Certe volte la valvola si scaldava e l'immagine si ingrandiva, poi si stringeva, e ancora si ingrandiva. Ci voleva tanta pazienza. E c'erano le manopole del contrasto e del volume, quelle di plastica, quelle che a furia di girarle ti restavano in mano e non si vedeva, né sentiva più niente. Una lotta impari. Per farli funzionare quegli strani aggeggi bisognava essere dei veri esperti. Roba da scuola Radioelettra Torino.

Di pomeriggio, alle 17,30, si vedeva La tv dei ragazzi. I rulli dei tamburi introducevano una marcetta che scandiva una sfilata di bambini stilizzati che si tenevano per mano, come a comporre uno straordinario girotondo. C'era Angelo Lombardi, "L'amico degli animali". Parlava con cani, gatti, leoni, serpenti. Aveva la faccia da buono. E Paolo Poli raccontava fiabe per bambini. Poi c'erano I viaggi di Gulliver. La sigla iniziava così: ".......voglio girare tutte le strade del mondo ..." Come si può scordare Giovanna la nonna del corsaro nero? "Nonnetta sprint, più forte di un bicchiere di gin". Lei che viveva bizzarre avventure nei mari del Sud insieme al suo maggiordomo Battista e all'irresistibile mozzo Nicolino, con quei fondali finti, fatti di cartapesta. Poi c'erano i telefilm. Ivanhoe, cavaliere senza macchia e senza paura che si batteva contro gli uomini di Giovanni Senza Terra e lo Sceriffo di Nottingham, aspettando il ritorno di re Riccardo Cuor di Leone. Thierry La Fronde giustiziere francese ai tempi della guerra dei cento anni. Come Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri. I Compagni di Baal, fantomatica setta che agiva nella malavita francese.

E chi può dimenticare le commedie musicali? Il Quartetto Cetra di Non cantare spara? Eh...? E gli sceneggiati? Tino Buazzelli era Nero Wolf, Gino Cervi Il commissario Maigret, Ubaldo Lay il mitico Tenente Sheridan. E i quiz? Lo sport preferito degli italiani. Chissà chi lo sa di Febo Conti. Non si vinceva niente. Ogni sabato pomeriggio si sfidavano due classi delle medie inferiori. Mi ricordo quella che veniva da Valmadrera. C'erano sempre loro. "Squillino le trombe, entrino le squadre", gridava Febo Conti. Ad un certo punto, mia madre mi guardava e diceva: "Dopo Carosello..... a letto" Ma come fai a perderti certe cose... "A letto ......che domani si va a scuola" Avveniva tutte le sere, tranne il sabato e la domenica, quando alle 20,30 andava in onda La freccia nera. "La freccia nera fischiando si scaglia e la sporca canaglia il saluto ti dà". E il calcio, eh..? C'era la gara per chi conosceva a memoria le formazioni. Quella del Milan era come una antica filastrocca... Cudicini, Anquilletti, Schnellinger, Rosato, Malatrasi, Trapattoni, Hamrin, Lodetti, Sormani, Rivera, Prati. Poi c'era quella dell'Inter: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso.

Nel 1969, lo stipendio di un operaio specializzato era di 110mila lire al mese. L'affitto medio di un appartamento a Milano e Roma ammontava a 35 mila lire al mese. La Fiat 500 lusso costava 525 mila lire. Una tazza di caffè al bar costava 50 lire. Un litro di benzina 75 lire. Il 27 del mese era un miraggio. 12 dicembre 1969, mancano tredici giorni a Natale. È quasi sera ma Milano è illuminata a giorno. I grandi magazzini sono sfavillanti. Le compere e gli acquisti. Le luminarie addobbano il centro che sembra un carnevale. Migliaia di persone stipate in pochi metri tra corso Vittorio Emanuele, piazza Duomo e piazza San Babila vanno su e giù, osservano le vetrine. Ci sono gli zampognari e i venditori di caldarroste.

Tutti noi italiani ci sentiamo felici, immortali, allegri, innocenti. A un tratto un forte e dirompente boato rompe quella strana ubriacatura invernale. Giunge dalla Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana. Sette chilogrammi d'esplosivo vengono compressi in una cassetta metallica, poi inseriti dentro una valigetta nera, tipo ventiquattro ore. E' collocata proprio al centro del salone dove gli agricoltori contrattano i loro affari. La gelignite è attivata da un timer. 12 dicembre 1969, piazza Fontana, il giorno dell'innocenza perduta. Diciassette morti, ottantotto feriti. Diciassette morti, più il ferroviere anarchico Pino Pinelli volato dal quarto piano della Questura di Milano. Diciassette morti, più Pinelli, fanno diciotto. Alle 16.37 siamo già vecchi. Strage di Piazza Fontana. Anni di inchieste, depistaggi da parte degli uomini degli apparati dello Stato, processi. Come è andata a finire?

30 giugno 2001, Corte d'Assise di Milano. I militanti del gruppo neofascista Ordine Nuovo, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Giancarlo Rognoni, condannati all'ergastolo. Tre anni a Stefano Tringali, per favoreggiamento nei confronti di Zorzi. Non luogo a procedere per il collaboratore di giustizia Carlo Digilio.
12 marzo 2004. La Corte d'Assise di Appello di Milano assolve Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi per insufficienza di prove, Giancarlo Rognoni per non aver commesso il fatto, e riduce da tre anni a uno la pena per Stefano Tringali con la sospensione condizionale e la non menzione della condanna.
3 maggio 2005, il processo si chiude in Cassazione con la conferma delle assoluzioni degli imputati e l'obbligo, da parte dei parenti delle vittime, del pagamento delle spese processuali. Oltre l'inganno, la beffa. I giudici compiono un vero capolavoro. Ma resta una verità storica anche dalle sentenze di assoluzione. Le responsabilità di Franco Freda e Giovanni Ventura, ritenuti anche dalla Corte di Cassazione tra gli esecutori della strage di piazza Fontana, anche se non più giudicabili dopo l'assoluzione definitiva nel gennaio del 1987.



Voglioscendere.it - Quel pomeriggio a Piazza Fontana - di Daniele Biacchessi 07.12.2010

lunedì 6 dicembre 2010

GLI AFFARI D'ORO DELLA 'NDRANGHETA LOMBARDA

Usura e racket per strappare negozi e imprese, questo il metodo usato dagli uomini della cosca. E con loro la complicità di funzionari di istituti di credito. Nelle indagini si citano istituti di credito di Legnano e Lonate Pozzolo.

Il potere della 'ndrangheta in Lombardia e nel mondo.

La mappe della presenza mafiosa a Milano e provincia e in Lombardia nel 2009. La grafica è elaborata dalla redazione di MilanoCronaca sulla base degli ultimi rapporti dello Sco, dei carabinieri dei Ros e della guardia di Finanza. Cliccare sulle mappe per ingrandire. Avanzamento delle slides manuale



La presenza delle famiglie calabresi nei cinque continenti. Una mappa elaborata da MilanoMafia.com sulla base del rapporto 2010 realizzato dai carabinieri di Reggio Calabria. Cliccare sulle pagine testo e sulla mappa per ingrandire. Avanzamento delle slides manuale


Lettera-invito di don Luigi Ciotti.

Cliccare sul testo per ingrandire.


Modena City Ramblers - I Cento Passi

giovedì 25 novembre 2010

LEGNANO DECOLLA ... MA DOVE ATTERRERA’? n. 2

di Giuseppe Marazzini
25.11.2010


Continuiamo, con un altro contributo, la discussione sul PGT presentato dall’Amministrazione Comunale di Legnano. Ricordo che la documentazione è disponibile sul sito del Comune di Legnano.
Tracciare un profilo storico-urbansitico degli ultimi 50 anni della città di Legnano non è per niente facile. Il passaggio da “paesone industriale” degli anni 50’ e 60’ a città “moderna” degli anni 70’ con i primi palazzoni e i primi centri commerciali, è avvenuto senza seguire un modello urbanistico armonico e per di più senza pensare al futuro.
I politici di allora agivano con una delega molto forte, e gli abitanti di Legnano, gente operosa e dedita quasi esclusivamente al proprio lavoro, lasciò fare e così l’urbanistica divenne una faccenda in mano a poche persone. Si costruiva senza badare troppo all’estetica o all’eleganza degli edifici, si costruiva e basta.
Le prime trasformazioni delle aree industriali in aree residenziali intensive cominciarono già nei primi anni 60’. Il centro città avrebbe cambiato volto nel volgere di quindici anni.

La corsa al mattone, iniziata in modo disordinato e distorto, distorsioni in parte da imputare anche all’assenza di regole centrali ben definite, ha contribuito ad incentivare la corrente speculativa dei proprietari delle aree destinate alle residenze abitative con la conseguenza di far aumentare anche i costi finali delle opere.
Oltre alla scarsa sensibilità per la qualità degli edifici non ci si fece scrupolo nel distruggere buona parte delle strutture industriali che in qualche modo avrebbero fatto o facevano già parte del patrimonio archeologico-industriale della città.

Era tanta la foga del “costruire distruggendo” che nessuno pensò di recuperare opere di importanza internazionale come ad esempio la ex colonia elioterapica progettata dagli architetti Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers (il famoso studio B.B.P.R.).
Ne questa foga poteva essere giustificata dal fatto che c’erano anche delle situazioni urgenti da risolvere: il risanamento di case degradate, la necessità di nuove case per gli immigrati provenienti dal sud Italia, una viabilità più razionale e servizi più efficienti (scuole, giardini pubblici, strade).

Il modello urbanistico adottato a Legnano è diventato nel corso degli anni sempre più legato agli interessi dei privati, se negli anni 60’ gli interessi particolari da salvaguardare erano identificati in tre soggetti -gli industriali, i commercianti e i piccoli proprietari- negli anni più recenti gli interessi particolari in gioco si sono notevolmente ampliati -società finanziarie, catene immobiliari, multinazionali del commercio, i grandi proprietari del suolo e tutto il corollario di faccendieri che girano attorno a queste entità- la città, quindi, è stata condizionata a periodiche e repentine trasformazioni e questo modo di procedere è stato in parte codificato con l’approvazione del PRG comunale nel 2003.

Che il modello urbanistico legnanese abbia avuto più attenzione per gli interessi privati che per quelli pubblici, più per il centro città che per la periferia, è evidente.
Il centro città viene premiato dal “grattacielo” anche se circondato dalle fabbriche, come a marcare lo sbocco futuro delle aree circostanti.
Il vuoto lasciato dall’abbattimento della ex De Angeli Frua viene riempito da massicci edifici residenziali e commerciali.
Nel frattempo , siamo all’inizio degli anni 70’, si gettano le basi per la costruzione di agglomerati urbani in aree periferiche della città, nascono così i rioni Canazza e Mazzafame luoghi per “confinare” i meridionali immigrati in città. Rioni che tutt’ora lottano per evitare di essere considerati dei ghetti o al meglio cintura dormitorio della città.

La trasformazione delle aree industriali dismesse in aree residenziali diventa, nel corso degli ultimi 30 anni, il terreno di battaglia di tutte le Giunte legnanesi.
Gli interessi in gioco legate alle aree in trasformazione sono forti, talmente forti, che fa capolino la corruzione.
Così scoppiano le tangentopoli: una nel 1995 con arresti di politici ed imprenditori per fatti inerenti alla trasformazione dell’ex stabilimento Cantoni ed accaduti alla fine degli anni 80’ e l’altra nel 2005, sempre con l’arresto di politici ed imprenditori, per fatti inerenti al piano regolatore comunale del 2003.

Nell’ultimo periodo l’urbanistica legnanese ha assunto un andamento confusionale e l’apice di questa confusione la si è raggiunta con la costruzione del nuovo ospedale, costruito consumando altro territorio naturale e in un luogo senza infrastrutture stradali e servizi adeguati adatti allo scopo.

Uscire dallo stato confusionale significa sottoporsi ad una terapia di riappropriazione delle proprie funzioni di controllo pubblico della gestione del territorio e mettere al centro della propria politica una progettazione urbanistica sostenibile e democratica.
L’assunto di questa politica è quello di salvaguardare il territorio non urbanizzato e valorizzarlo come risorsa culturale, restaurare e utilizzare quello già urbanizzato e ridurre i costi della prima casa, azioni che non possono che incidere positivamente sulla qualità della vita che la città offre ai suoi residenti.

Per meglio cogliere la massiccia densità abitativa nella nostra città ci facciamo aiutare da una serie di fotografie, già a suo tempo pubblicate, gentilmente concesse dal quotidiano “la Prealpina”, che riguardano l’espansione urbanistica avvenuta fra il 1960 e il 2000.
Le mappe, invece, oltre a segnalare la forte espansione urbanistica nel rione S. Paolo e nell’Oltresaronnese, evidenziano le aree in cui la bozza di PGT prevede trasformazioni.


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L'avanzamento delle slides è manuale.



Le Orme - Cemento armato - album "Collage" 1971

venerdì 19 novembre 2010

La mia amica Adriana

Si è spenta ieri notte Adriana Zarri, teologa, mistica, donna inflessibilmente libera e solitaria.
Stava male da tempo, da quando una caduta pareva avere spezzato d'un colpo l'energia che la spingeva dalla cascina piemontese dove abitava, il suo orto, i suoi animaletti e le sue rose, in giro per l'Italia, saltando sulla sua vecchia macchina o su un treno, a partecipare alle battaglie civili, e custode d'una lettura corretta delle scritture che le permetteva, anzi le comandava, di essere anche cittadina.

Si batteva conversando, riunendo altri nella preghiera, scrivendo.
Sino alla fine, già assai malandata, ha continuato a scrivere per noi, come per Rocca, o per Concilium o Il regno: alternando gli interventi o le rubriche, per noi le agili Parabole, ai saggi e ai romanzi. Tutti in verità parabole, l'ultima è del 2008 Vita e morte senza miracoli di Celestino VI, favola moderna su un papa che non fu - come lei aveva sperato fosse in Ratzinger, dagli esordi assieme a Hans Kung nel Vaticano II - e che si inverava in un colto parroco di campagna deciso a servirsi della indiscutibile autorità, e non perché credesse alla propria infallibilità, ma perché liberava la chiesa di Roma dai suoi ori materiali e dai suoi orpelli devozionali.

Nel romanzo non li definisce «idolàtrici», ma che fosse un'«idolatria» lo pensava e diceva. E vi ha fatto perfino uno dei suoi convegni.
Adriana è stata fra i molti credenti cui il Concilio Vaticano II aveva aperto il cuore alla speranza. Sono molti, e a tutti i livelli, dal fedele a certi parroci a qualche vescovo e fin cardinale, che non si mettono fuori della chiesa, ma ai margini e in mezzo alla gente. La chiesa preferisce ignorarli, e benché siano di sinistra, la sinistra ne fa come la chiesa, ben poco conto: quando Berlinguer, dopo Togliatti, pensò a un'alleanza con i cattolici, la cercò nella Democrazia cristiana, cioè in chi più lontana da questi cristiani di base non poteva essere.

Adriana della Dc, come peraltro del Pci, non fece mai parte, né è mai stata di quelli che si potevano incontrare ai meeting di Comunione e Liberazione, che definì, in un celebre libretto, «i guardiani del sabato». In gioventù era stata tentata di entrare in un ordine, ma vi aveva rinunciato per mantenere liberi i suoi pensieri e la sua parola: «Se non prendo gli ordini, mi diceva, loro più che scomunicarmi non possono, e scomunicare un laico non usa più». Loro, cioè il Vaticano, la curia. Così preferì vivere da laica come una monaca, anzi - amava dirsi – da eremita, del suo orto e dei suoi conigli, lavorando come poteva senza rinunciare alla solitudine, e con l'aiuto dei suoi amici - ne aveva molti, amici che in lei cercavano e da lei avevano la parola, gli incontri di riflessione estivi nella pace della campagna, o la preghiera nella veglia pasquale di cui aveva ritradotto le parole con Fabrizio Frasnedi.

Un giorno le dicevo che del cristianesimo mi interessava la disciplina interiore, protestò con veemenza: disciplina era un termine che non tollerava. Né esteriore né interiore. E' stata di quelli che più hanno attaccato la svolta impressa alla chiesa da Karol Woityla, Giovanni Paolo II.
Non ne apprezzava affatto la derivazione dalla chiesa polacca, non trovò accettabile che stringesse la mano a Pinochet (non lo perdonò neanche a madre Teresa), trovò indegno che cacciasse da sé con un gesto della mano il teologo della liberazione Boff che gli si era gettato ai piedi. Mi aspettavo che la sua scrittura, sempre corretta anche nei passaggi più severi, prendesse come obiettivo anche Ratzinger, ma su Ratzinger ha quasi taciuto. Stava già male, le era rimasto caro il Ratzinger degli inizi, le piaceva la leggenda romana del suo amore per i gatti, e certo la sua predilezione per il rituale latino.

Predilezione condivisa: Adriana la trasgressiva pregava e cantava con una bella voce limpida, il rituale di oggi, trovava giusto che il sacerdote dicesse messa senza dare la schiena ai fedeli, ma non avrebbe rinunciato al gregoriano.
Di quel che conosco in questi ultimi anni su di lei da vicino non so altro. Gli amici perfetti di Ivrea l'hanno accompagnata sino alle fine. Era ormai così fragile che si è come addormentata.
In letizia, spero, perché aveva molto amato la bellezza del mondo, i giorni, le stagioni, le creature, il cielo. La sua era una mistica della vita e sono certa che così - agile, alta, ostinata, attiva, i capelli tirati indietro dal bel viso acuto, vestita sempre con qualche colore perché amava che di colore fosse adorno l'universo - vorrebbe essere ricordata.

Fonte : Rossana Rossanda - il manifesto
Venerdì 19 Novembre 2010 08:21 -

lunedì 15 novembre 2010

Care compagne e cari compagni è il momento di discutere seriamente, se no addio alla sinistra.

La situazione politica è massimamente confusa, e pericolosa. La crisi di Berlusconi ormai è evidente e questa - a parere mio - è la ragione vera del distacco di Fini. Ma - nella situazione data - il declino di Berlusconi non sarà breve e soprattutto sarà pericoloso, perché per non mollare e rischiare anche la galera o quasi, le tenterà tutte. E poi, lo schieramento cosiddetto alternativo, quello di Casini, Fini, Rutelli etc., mi pare anch'esso orientato a destra.

Il rischio di una politica berlusconiana senza Berlusconi non è da poco. E tutto questo con la prospettiva di una Finanziaria, che annuncia tagli e confusione, tale che anche il Presidente della Repubblica si è sentito obbligato a intervenire con non lievi critiche. Bene, anzi male. Ma in tutto questo che fa la sinistra? Il Pd ancora non lo capisco, a pensare male sembra disposto a stare con Fini e Casini e slittare anche lui a destra. Restano le formazioni della sinistra antagonista: SEL e Federazione, che sopravvivono come separati in casa. Vogliono dire qualcosa che non sia assimilabile all'ordinaria propaganda?

Ragionando su queste cose ho trovato molto utile l'articolo di Alberto Burgio («Sinistra plurale contro il moderatismo») pubblicato sul manifesto di mercoledì 10 novembre. Se riusciremo a liberarci di Berlusconi, rebus sic stantibus la prospettiva è di un berlusconismo senza Berlusconi e privati anche della possibilità (in verità poco utile) di far chiasso sui suoi bunga-bunga. Sinistra plurale, scrive Burgio, dove «plurale» significa qualcosa di molto diverso dall'attuale frammentazione litigiosa.

In queste mie schematiche e discutibili (magari se ne discutesse) considerazioni metterei da parte per il momento la questione, pesante, del Pd. Bisognerebbe che noi del manifesto discutessimo con il buon e prudente Bersani. Qui vorrei discutere delle cosiddette «sinistre alternative», che sono anch'esse - e forse con meno ragione della sinistra considerata nel suo complesso - due: Sinistra Ecologia e Libertà e la Federazione della Sinistra. Due forze tutte e due deboli; di sinistra, ma divise.

Ora, e credo di essere d'accordo con Alberto Burgio (che di una di queste forze è parte), non chiedo l'unificazione, ma che facciano un passo avanti verso una «sinistra plurale». Ciascuna di queste forze mantenga e rafforzi la propria autonomia, ma si metta in contatto con l'altra: comunichi, discuta, proponga la costruzione di un'agenda politica condivisa e si impegni non solo a parole nel portarla avanti.

Insomma si sforzino entrambe di passare da uno stato di divisione, anche concorrenziale, a una condizione di operosa e unitaria pluralità.
Fatta questa premessa, credo si debba tener conto che Sinistra e Libertà (soprattutto grazie a Vendola) è la forza che ha oggi più appeal.
Allora non sarebbe affatto disdicevole che la Federazione chiedesse a Sinistra e Libertà di incontrarsi per tentare di passare dalla divisione alla pluralità.

È utile che Sinistra e Libertà, anche con le primarie, metta in difficoltà il Pd, ma sarebbe assai più utile che le due forze della sinistra alternativa si incontrassero per vedere se (ovviamente salva la rispettiva autonomia) si possa fare qualcosa insieme, al plurale.
Noi del manifesto saremmo molto felici di un'intesa in questo senso, o almeno dell'avvio di una discussione tra noi e sulle colonne di questo giornale.

Fonte : Valentino Parlato - Il Manifesto
Sabato 13 Novembre 2010 09:30

lunedì 8 novembre 2010

Truffati dallo Stato che ora li vuole espellere

Scontri e arresti a Brescia dove questa mattina la polizia è intervenuta con forza sgomberando il presidio di sostegno ai sei lavoratori immigrati asserragliati in cima a una gru per protestare contro la sanatoria truffa. Giorgio Cremaschi: "Una vergogna legislativa a cui corrisponde una vergogna di polizia. Quello che sta avvenendo in questi giorni a Brescia è indegno dell'Europa civile".

Audio MP3 - Ascolta il commento di Giorgio Cremaschi

(8 novembre 2010)

Repubblica.it/MicroMega - Brescia, sgomberato il presidio a sostegno degli immigrati sulla gru. Cremaschi: “Prove tecniche di Ku Klux Klan” (AUDIO)

lunedì 1 novembre 2010

LEGNANO DECOLLA ... MA DOVE ATTERRERA’?

di Giuseppe Marazzini
01.11.2010


Sarà… ma quello presentato in Consiglio Comunale la sera del 28 ottobre non mi è parso un Piano del Governo del Territorio (PGT) ma piuttosto una descrizione di ipotesi del futuro assetto territoriale e la conferma che tutto è ancora agganciato al piano regolatore del 2003, che, stando alle fasi iniziali di preparazione del PGT, doveva essere messo in soffitta.
Tre ore di esposizione senza dire concretamente, con dettagli più precisi, come Legnano verrà trasformata nell’immediato futuro e senza dare indicazioni, anche di massima, su quanti abitanti è calibrato questo PGT – particolare di non poco conto.

A conferma di quanto sopra, nella stesura degli obiettivi ci sono troppe cose che fanno pensare che questo PGT sia solo una coperta che va a coprire scelte fatte in precedenza e ciò si nota nella mancanza di novità, sia di metodo che di sostanza. Ad esempio:

1. non si prevede la creazione di una anagrafe degli edifici sfitti e invenduti;
2. non c’è nessun accenno all’edilizia sociale;
3. non c’è nessun accenno ai requisiti minimi di convivenza urbanistica;
4. non c’è nessun accenno ad un piano di manutenzione della città pubblica esistente;
5. non sono state definite le regole di gestione dei diritti edificatori (volumetrici) e perché, per forza di cose, tutte le superfici debbano avere questi diritti.

Ulteriore aggravante, non si ferma il consumo di suolo naturale – suolo adibito a campi, prati e/o alberato – la cui superficie è pari a quasi 900 mila metri quadrati, più della metà dei quali sono destinati ad area industriale.
Non guasta ricordare che Legnano si è già mangiata quasi il 70% del suolo a disposizione e la scelta di continuare sulla stessa strada non mi pare una grande strategia urbanistica. Anzi, i tecnici adibiti alla preparazione del PGT, che hanno riscontrato che il 70% dei 900 mila metri quadrati di suolo vergine destinati all’urbanizzazione sono stati ereditati dal PRG del 2003 (aree rimaste ferme), dovevano proporre un cambio di rotta… ma capisco che non è facile sottrarsi ai condizionamenti politici.

Cosa si farà sull’area destinata a zona industriale non è dato sapere.
Ci sarà un polo industriale? Ci saranno capannoni adibiti a deposito?
Sarebbe opportuno, oltre che un dovere, far sapere alla città se ci sono già delle proposte in merito.
In quasi 500 mila metri quadrati di superficie ci stanno abbondantemente due stabilimenti come quelli della Franco Tosi.

La discussione è aperta. Nelle prossime settimane si tornerà sull’argomento, approfondendo altre questioni inerenti al PGT. Nel frattempo i lettori possono accedere alla documentazione sul sito del comune di Legnano.

mercoledì 20 ottobre 2010

"da Popolo della Libertà alla libertà di dare botte al Popolo"

Cagliari 19/10/2010 manifestazione dei pastori sardi presi a manganellate dalla Polizia di Stato





"La voce dei pastori sardi non può essere messa a tacere con le manganellate, lo Stato deve essere forte con i prepotenti e comprensivo con i deboli. Solidali con i pastori sardi."

Giuseppe Marazzini - 20.10.2010

sabato 16 ottobre 2010

“QUATTRO A ZERO PER I FINIANI” Vitali ora che farà?

di Giuseppe Marazzini
16.10.2010


Uno dei pilastri portanti della maggioranza è ridotto male, il PdL, con la costituzione del nuovo gruppo finiano, perde 4 consiglieri scendendo a quota 9, che sommati con quelli della Lega Nord e 1 del gruppo misto fanno 14, due in più dell’insieme dei consiglieri della minoranza.

I 4 consiglieri del nuovo gruppo finiano, pur giurando
fedeltà al programma di Vitali, hanno dichiarato la loro piena autonomia di giudizio. Nel lessico politico Vitali è la classica “anatra zoppa”, ha perso la sua maggioranza e d’ora in poi il suo percorso politico sarà sempre più in salita. Vitali è un sindaco aristocratico, è un sindaco poco amato anche da coloro che dovrebbero essere i suoi più fedeli sostenitori, è un sindaco che non è stato in grado di svolgere un ruolo politico trainante nel centro destra anche perché si è fatto incatenare dai guardiani della Lega, è un sindaco, e di esempi ne posso citare diversi, che deve ancora dimostrare di essere il sindaco di tutta la città.

La politica del “pugno di ferro” e dei “pugni sul tavolo” evidentemente comincia a perdere ‘appeal’ e in vista della prossima scadenza elettorale è bene cominciare a prendere le distanze da certe scelte.

Vitali non darà le dimissioni e cercherà di ricompattare la sua maggioranza cercando di fare a meno dei finiani. Come? Cercando sostegno esterno, pescando in qualche gruppo consiliare della minoranza: gli bastano 2 consiglieri per arrivare a quota 16 su 30, dunque non è tutto finito. Altre novità potrebbero accadere nei prossimi giorni.

Qualunque cosa succeda, è certo che l’immagine del centro destra legnanese ne esce politicamente molto compromessa. Mi auguro che l’opposizione nel suo insieme sappia cogliere questa occasione per programmare azioni unitarie mirate a spiegare alla città il fallimento politico della giunta Vitali.

lunedì 11 ottobre 2010

“LA MISSIONE CONTINUA”

di Giuseppe Marazzini
11.10.2010


Altri quattro soldati italiani uccisi in Afghanistan, chi li ha mandati dice: “LA MISSIONE CONTINUA”










È il messaggio che uomini della destra e uomini (ancora?) di sinistra hanno subito lanciato all’opinione pubblica, ma ormai nessuno sa più dire che ci facciamo laggiù.
In Afghanistan è il caos, non credo che gli eserciti occupanti abbiano il polso della situazione, credo, al contrario, che gli unici che ci stanno capendo qualcosa sono le associazioni di volontariato che da anni operano sul territorio. Secondo me loro hanno l’esatta cognizione di cosa sta succedendo.
Emergency è forse la più importante associazione di volontariato che opera in Afghanistan e penso che le loro argomentazioni non siano assolutamente da trascurare.
Prendo spunto da una recente intervista rilasciata a “il Fatto Quotidiano” dalla Presidente di Emergency, Cecilia Strada, la quale evidenzia: “Se l’obiettivo è realizzare una vera democrazia, con un Parlamento ed enti locali efficienti, rimarremmo in Afghanistan mille anni. Pensare di portare le nostre strutture politiche in un Paese in cui, al di fuori delle grandi città come Kabul o Herat, le decisioni vengono prese nei consigli tribali degli anziani, è assurdo. Se siamo lì per combattere il terrorismo, allora è evidente che stiamo fallendo”.

Ai giovani caduti sacrificati da governanti felloni, e ai giovani che si accingono a partire per “missioni di pace” armati, dedico questa poesia di Bob Dylan:

Padroni della guerra

Venite padroni della guerra
voi che costruite i grossi cannoni
voi che costruite gli aeroplani di morte
voi che costruite tutte le bombe
voi che vi nascondete dietro i muri
voi che vi nascondete dietro le scrivanie
voglio solo che sappiate
che posso vedere attraverso le vostre maschere

voi che non avete mai fatto nulla
se non costruire per distruggere
voi giocate con il mio mondo
come se fosse il vostro piccolo giocattolo
voi mettete un fucile nella mia mano
e vi nascondete dai miei occhi
e vi voltate e correte lontano
quando volano le pallottole

come giuda dei tempi antichi
voi mentite e ingannate
una guerra mondiale può essere vinta
voi volete che io creda
ma io attraverso i vostri cervelli
come vedo attraverso l’acqua
che scorre giù nella fogna

voi caricate le armi
che altri dovranno sparare
e poi vi sedete e guardate
mentre il conto dei morti sale
voi vi nascondete nei vostri palazzi
mentre il sangue dei giovani
scorre dai loro corpi
e viene sepolto dal fango

avete causato la peggior paura
che mai possa spargersi
paura di portare figli
in questo mondo
poiché minacciate il mio bambino
non nato e senza nome
voi non valete il sangue
che scorre nelle vostre vene

che cosa sono io
per parlare quando non è il mio turno
direte che sono giovane
direte che non so abbastanza
ma c’è una cosa che so
anche se sono più giovane di voi
che perfino Gesù non perdonerebbe
quello che fate
voglio farvi una domanda
il vostro denaro vale così tanto
vi comprerà il perdono
pensate che potrebbe
io penso che scoprirete
quando la morte esigerà il pedaggio
che tutti i soldi che avete accumulato
non serviranno a ricomprarvi l’anima

e spero che moriate
e che la vostra morte venga presto
seguirò la vostra bara
un pallido pomeriggio
e guarderò mentre vi calano
giù nella fossa
e starò sulla vostra tomba
finché non sarò sicuro che siete morti


(da poeti contro la guerra “da Omero a Bob Dylan suppl. Avvenimenti 1991)

domenica 10 ottobre 2010

Movibus, profondo rosso

MAGENTA / In difficoltà la società di trasporti pubblici
Un milione perso nel 2008, il bilancio 2009 sarà peggiore. «Urgono risorse»


15/3/2010 - Il trasporto pubblico dovrebbe avere forza di attrazione tale da convincere gli automobilisti a preferirlo rispetto al proprio mezzo. Migliorerebbe il traffico, l’aria probabilmente sarebbe più pulita, ci sarebbe meno inquinamento acustico e ne guadagnerebbero anche i portafogli perché i costi della mobilità personale sarebbero inferiori. Ma la realtà è ben diversa. I treni sono oggetto quotidiano di critica da parte degli utenti per ritardi, sporcizie, inefficienze, mancata manutenzione, insufficienza di carrozze. Ma anche il trasporto su gomma ha i suoi guai: tra gli altri, quelli di una sana gestione economica che diversamente lo condannerebbe alla chiusura del servizio.

A meno che qualcuno non intervenga a ripianare il deficit. Ne sa qualcosa Movibus, società costituita il 15 maggio 2008 con il 52% del capitale portato da Stie, che appunto perché maggioritario ha il diritto di avere l’amministratore delegato; il 26 è di Atm; il 22 è di Atinom. L’organico è composto da 250 persone: una quarantina gli amministrativi, 210 circa gli autisti, altrettanti i mezzi in dotazione. Movibus è nata in seguito all’aggiudicazione di una gara provinciale per coprire i tragitti Magenta-Milano, Castano Primo-Milano e Legnano/Parabiago-Milano.

In un anno percorre la bellezza di 7.500.000 km. Il bilancio dei primi sette mesi di attività del 2008 ha dovuto registrare un milione di euro di perdite, assorbite dal capitale proprio forte di ben 8.200.000 euro. Quello a consuntivo del 2009 sarà sottoposto ai soci tra aprile e maggio. «Ma fin d’ora, nonostante non ci siano ancora le cifre definitive, si può già presumere che sia peggiorato in modo significativo rispetto al 2008». L’affermazione virgolettata è di Marco Repossi. Il commercialista abbiatense è presidente di Atinom dal 31 agosto 2009, cioè dalla morte del suo predecessore Sergio Guarnieri, ma è anche componente del consiglio di amministrazione di Movibus.

«La società - ragiona ad alta voce - riflette la situazione di criticità del servizio di trasporto pubblico in tutta la provincia di Milano, dove altre aziende non presentano conti brillanti. E’ una crisi seria perchè strutturale e non, dunque, legata a qualche fatto contingente. Talmente grave che oggi come oggi nemmeno un mago dotato di poteri sovrannaturali riuscirebbe a risolverla». Chi si aspettava che il socio di maggioranza, azienda privata che ha come obiettivo l’efficienza, riuscisse a trarre fuori dalle secche la nuova società è rimasto deluso dei risultati. Forse non per incapacità gestionale ma perché la partita che si sta giocando è difficilissima. Sul come si è arrivati a questa situazione, Repossi ha qualcosa da dire.

«Siamo andati a fare una gara a costi attuali ma con offerte risalenti al 2002. Costi che sono del tutto saltati, in molti casi sono raddoppiati mentre le risorse sono rimaste quelle preventivate allora. In 8 anni il mondo è cambiato: per esempio, il traffico ingrossa le sue file del 10% all’anno. Più auto in strada significano per noi due cose: una velocità commerciale rallentata, e dunque un aumento dei tempi di percorrenza, ed un maggior consumo di gasolio per fare gli stessi kilometri». Queste non sono le sole denunce. Ce n’è un’altra non meno importante: «E’ cresciuto il numero di coloro che non pagano il biglietto». Esiste, dunque un problema di controlli «che l’azienda sta tentando di mettere in atto seriamente».

Così come è già stato approvato dal cda un piano riorganizzativo industriale che a breve sarà sottoposto ai soci. «Ma - conclude Repossi - anche se dovesse andare in porto, risolverebbe un terzo dei problemi, perché i più grossi restano la riforma strutturale e le risorse». Insomma: Provincia se ci sei batti un colpo, datti da fare se no rischi di essere obbligata ad assistere ad un funerale. Il che è soprattutto indice di un fallimento.

Alessandro Ortolina

Ordine e Libertà on line – domenica 10 ottobre 2010

Le ultime notizie che giungono dal mondo sindacale non fanno che confermare lo stato di precarietà di Movibus.
Il deficit si è notevolmente ingigantito, da 3 milioni si è passati a circa 6-7 milioni di euro.
Il 60% degli utenti non paga il biglietto.
La società sta pensando, nel piano di riorganizzazione, di ridurre il numero degli autisti, almeno 15.
Esiste la possiilità concreta che Movibus restituisca alla Provincia le concessioni delle linee in carico.


Giuseppe Marazzini
10.10.2010

martedì 5 ottobre 2010

…..“LA LEGALITA’ NON E’ SOLO REPRESSIONE”……

di Giuseppe Marazzini
05.10.2010


Nelle ultime settimane si sono verificati due fatti che lanciano un segnale ben preciso nei confronti di quegli amministratori locali che pensano che la convivenza civile la si possa ottenere col pugno di ferro. Nella prima decade di settembre il Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) della Lombardia ha accolto il ricorso contro l’ordinanza n. 34 emanata dal sindaco di Nerviano, ricorso promosso dal comitato del ‘No Ordinanza’. L’iniziativa, inoltre, è stata sostenuta dal collettivo ‘Oltre il Ponte’, dallo sportello ‘San Precario’ e dal centro sociale ‘La Fornace’ di Rho.
Cosa dice la sentenza: [….] il provvedimento non evidenzia adeguatamente quali siano i gravi pericoli che minacciano l’incolumità e la sicurezza urbana (non si comprende, invero, in che senso l’assembramento di gruppi di persone, l’uso di apparecchi musicali ad alto volume, il posteggio selvaggio di biciclette, l’abbandono di rifiuti all’interno di parchi pubblici, siano fatti di per sé idonei a favorire l’insorgere di episodi criminali quali addirittura lo spaccio di stupefacenti e fenomeni di violenza). […] il contenuto estremamente generico ed impreciso delle prescrizioni impartite (a titolo esemplificativo: divieto di “di bivaccare o accamparsi abusivamente nelle aree verdi”, divieto di “assembramento di persone tale da costituire motivi di intralcio alla quiete pubblica”, divieto di “ogni tipo di gioco con l’utilizzo di palloni” all’interno di aree verdi, divieto di “comportamenti in genere che determinano un utilizzo improprio delle aree pubbliche o di uso pubblico”) è suscettibile di arrecare una legittima restrizione delle libertà costituzionali.

Alcune considerazioni sul caso.
In primo luogo, l’esito del ricorso rappresenta un precedente significativo: a questo punto il sindaco Vitali, se vuole evitare la figuraccia che ha fatto il suo collega di Nerviano, ritiri le ordinanze “coprifuoco” emanate per Legnano.

In secondo luogo, la sentenza misura, se ce ne fosse stato ancora bisogno, l’abissale ignoranza giuridica che i nostri amministratori locali hanno in materia di libertà individuali e quanto bisogno c’è di ristudiare la Costituzione Italiana.

In terzo luogo, che un comune di sinistra emetta ordinanze fotocopia di un comune di destra la dice lunga sulla cultura amministrativa che la sinistra ha perso nel corso degli anni. Se per gestire situazioni sociali di una certa complessità si usano strumenti esclusivamente repressivi, vuol dire che quella amministrazione ha perso lo spirito di amministrare con giudizio e comprensione.

Nei primi giorni di ottobre, in occasione del centocinquantenario dei vigili di Milano, il cardinale Tettamanzi si è rivolto a loro con queste parole:“Ma una sanzione, anche quando doverosa, da sola non basta a costruire un buon cittadino. Nessuna regola e nessun verbale potranno vincere da soli la mancanza di rispetto verso il prossimo, le trasgressioni, le forme di violenza sui più deboli”. Serve anche altro: “Siate coloro che educano gli stranieri all’inserimento nella nostra società”, con una “attenzione privilegiata verso i più deboli, gi anziani, i bambini”. E “con stile” aggiunge il cardinale: “se all’incrocio di ogni strada ci fosse un vigile sorridente tutta la nostra Milano ne sarebbe certamente contagiata”. (dal Corriere della Sera del 4.10.2010)

È una riflessione che giro al sindaco di Legnano e al comandante della polizia locale cittadina.

mercoledì 29 settembre 2010

"Chi di razzismo colpisce di razzismo perisce"

Scritto da red.
Mercoledì 29 Settembre 2010 06:14


Marinello: "Balairatt? Una porcata. Quella dei ratti è una campagna che distorce la realtà. Si gioca con il fuoco"

IL COMUNICATO DI MICHELE MARINELLO
Qualcuno in Ticino l’ha fatta fuori dal vaso



“Ci sono tre topi. Anzi, tre ratti. Il primo si chiama Fabrizio, vive a Verbania, ma fa il piastrellista in Ticino. Il secondo si chiama Bogdan. È rumeno. Non ha né un domicilio, né un lavoro. Il terzo si chiama Giulio. E come Tremonti è un avvocato italiano. Non è l’inizio di una barzelletta. E i tre animali sono i protagonisti della curiosa campagna lanciata oggi in Ticino”. Così si legge in un articolo apparso oggi su “Ticino online” raggiungibile attraverso un apposito link dal sito http://www.balairatt.ch/.

Un fatto che ha generato la reazione indignata del Vice Presidente del gruppo regionale della Lega Nord Michele Marinello che ha commentato le notizie che rimbalzano da questa mattina dal Canton Ticino senza mezzi termini: “La campagna di denigrazione dei frontalieri italiani che lavorano nel Canton Ticino, definiti sostanzialmente “ratti” è una porcata che va denunciata con forza”.

“Ci sono in atto due distorsioni inaccettabili – ha spiegato Marinello -: la prima, da oltre confine, è identificare nei lavoratori italiani che da decenni sono perfettamente integrati in terra elvetica un male della Svizzera da combattere. La seconda, tutta nostrana, è quella di accomunare questo tipo di iniziativa alla battaglia che la Lega Nord porta avanti da anni contro il fenomeno dell’immigrazione clandestina”.

Da settimane è, tra l’altro, esploso in Svizzera un acceso dibattito sul ristorno all’Italia e alle sue comunità di confine di una parte delle tasse che i frontalieri regolarmente pagano: i parametri sanciti da accordi bilaterali vengono infatti messi in discussione da autorevoli personaggi elvetici in quanto ritenuti troppo vantaggiosi per gli italiani. Questa “querelle” si aggiunge a tutti i problemi sorti dopo l’emanazione del cosiddetto “scudo fiscale” che ha visto, tra le altre cose, una vera e propria azione di boicottaggio svizzero nei confronti dei partner italiani dei progetti comunitari transfrontalieri Interreg.

“Qualcuno sta giocando con il fuoco – ha aggiunto Marinello -: invocare la derattizzazione delle migliaia di lavoratori frontalieri che da anni stanno contribuendo alla ricchezza e allo sviluppo della vicina Svizzera è qualcosa di aberrante. Ai topi italiani, se continua questa solfa, potrebbero non piacere più il formaggio, il cioccolato, gli orologi e tutto quanto la Svizzera esporta in Italia”.

“Chi cerca, poi, di fare un parallelo fra l’azione politica della Lega Nord e questa vaccata – ha concluso Marinello – è squallido, politicamente scorretto e a corto di idee e programmi concreti”.

VERBANIANEWS Mercoledì 29 settembre 2010

domenica 26 settembre 2010

Esiste ancora una politica umana?

di Giuseppe Marazzini
26.09.2010


A Legnano quando l'amministrazione deve affrontare questioni di una certa rilevanza sociale, in assenza di progettualità e proposte, indossa i guantoni da boxeur.
E' la politica dei "pugni": "pugno di ferro" contro i senzatetto e i disperati della città; "pugno duro" contro chi non paga i buoni mensa; "pugni sul tavolo" per far capire chi ha lo scettro del potere. Ho la sensazione che la sala giunta sia stata trasformata, da luogo in cui si deve amministrare con giudizio e comprensione, in una palestra di pugilato.


Questa interrogazione verrà discussa nel Consiglio Comunale che si terrà il giorno 28.09.2010 con inizio alle ore 20.30


Alla cortese attenzione
- Presidente del Consiglio
- Assessore alla Istruzione
Comune di Legnano

INTERROGAZIONE

Oggetto: refezione scolastica.

L’interrogante:

Preso atto che la stampa locale ha dato notizia che l’emergenza “buoni pasto” è rientrata o quasi; che dalle mille famiglie morose il numero si è ridotto a poche unità;
che i cosiddetti “pugni sul tavolo” hanno raggiunto lo scopo di recuperare buona parte degli arretrati;

Verificato che nel periodo degli anni scolastici 2006/2007, 2007/2008, 2009/2010, nonostante il debito delle famiglie lievitava dai 14mila euro ai 76mila fino ad arrivare a 127mila euro, non risultano azioni intraprese dall’Amministrazione atte a contenere il debito, fatte salve le usuali comunicazioni alle famiglie morose;

Verificato inoltre che prima di negare la refezione scolastica ai bambini di famiglie morose l’Amministrazione non è intervenuta secondo altre modalità, ad esempio tenendo un incontro informativo con i genitori (vedi modello terzo binario);

Considerato infine che l’Amministrazione, pur obbligata al recupero del credito, nel mettere in atto l’intervento amministrativo è entrata nei meriti dell’azione educativa della scuola;

Obbligare le scuole a mettere i “bambini morosi” in luogo appartato, e quasi a digiuno, è stata una azione fortemente punitiva e diseducativa per tutti, per gli aventi diritto e non.

E non è detto che l’Amministrazione sia andata anche oltre ciò che è lecito in ambito di autonomia scolastica; diciamo pure che è stata una entrata a gamba tesa in campo altrui.

Per fortuna ci hanno pensato i Dirigenti scolastici e gli Insegnanti ad organizzare azioni mirate per ridurre ai minimi termini l’impatto psicologico sui bambini colpiti dall’irragionevole provvedimento. Azioni che tutti dovrebbero apprezzare.

Per i motivi sopra esposti si chiede alla Amministrazione di sapere:
1. perché non è intervenuta in tempo prima che la situazione precipitasse;
2. se, di concerto con le rappresentanze sociali e le autorità scolastiche, sono state ricercate modalità di intervento non penalizzanti per i bambini;
3. il numero delle famiglie che ha accumulato un debito da 5 euro a 500, da 501 a 1000, da 1001 a 1500, da 1501 a 2000, da 2001 a 2500, da 2501 a 3000, da 3001 a 3500, oltre;
4. quante famiglie hanno rinunciato al servizio e quante hanno chiesto la rateizzazione del debito e a fronte di quali penalità;
5. quali le misure adottate o che intende adottare affinché situazioni così incresciose e deplorevoli non abbiano a ripresentarsi o a ripetersi.


Sinistra ed Ecologisti Legnanesi
Giuseppe Marazzini

Legnano, 22.9.2010

venerdì 17 settembre 2010

Primo cittadino e giunta in un “cul de sac”

di Giuseppe Marazzini
17.09.2010


Le casse del comune piangono e i conti non tornano.
Il primo cittadino si è dovuto recare in quel di Mazzafame, non per parlare del contratto di quartiere o per annunciare l’apertura del tanto agognato negozio alimentare, ma per fare la “questua”.
La campagna di riscossione “dei diritti di superficie in diritti di proprietà” non va: i potenziali acquirenti sono gente del popolo e quei quattro soldi che ancora si ritrovano in tasca se li tengono ben stretti e poi, perché deve pagare sempre il povero “pantalone”? Che la crisi la paghi anche chi evade le tasse (basta scovarli), o le elude, o chi vende le case con parcelle in nero.

Dove si è realizzata la più grossa speculazione edilizia della storia cittadina le cose non vanno bene.
Il grande centro Cantoni per ora è un flop.
Doveva essere, secondo la propaganda politica di Cozzi e Vitali, il nuovo centro della città invece è un luogo senza appeal, freddo ed impersonale, nonostante qualche esperto si sia lasciato andare a paragonarlo alla Potsdamer Platz di Berlino.
I commercianti della galleria sono disperati, gli affari sono scarsi e le spese di gestione sono consistenti, quindi hanno pensato bene di bussare alla porta del Sindaco per chiedergli: ci dai una mano?
Il Sindaco un po’ scocciato fa sapere che lui amministra i soldi pubblici e non può farsi carico di problemi dei privati; come dire “… ci avete creduto nel nuovo centro cittadino?…Ora sono fatti vostri!”.
Forse è il caso che questi commercianti cambino interlocutore.
Errori lì ne sono stati fatti tanti ed il principale è stato quello di non aver coinvolto la città nel suo insieme nelle scelte di riqualificazione del centro cittadino. Si è voluto fare il passo più lungo della gamba e in questo i commercianti hanno le loro responsabilità.

Dopo la partenza, quasi da marcia trionfale, del PGT non si parla più. La data di presentazione della bozza continua a slittare in avanti.
Risulta che siano sorte, nella elaborazione dei PGT, diatribe di carattere legale che coinvolgono alcuni comuni della Lombardia con ricorsi al TAR ed al Consiglio di Stato. Il comune di Legnano per evitare di incorrere in eventuali penalizzazioni sta aspettando i giudizi definitivi di questi organi amministrativi.
Nell’attesa, però, nessuno può proibire che si possa aprire una discussione anche di carattere informale sullo stato dei lavori, anzi, si potrebbe sfruttare questa attesa per correggere delle imprecisioni o per esaminare proposte integrative.
Ho la sensazione che questo silenzio non lasci presagire nulla di buono. Non vorrei che, con qualche gioco di prestigio, sia già stata definita la zona industriale (600 mila metri quadrati ai margini del parco alto milanese). Se così fosse, comincino col dire chi sono i proprietari delle aree interessate: solo così sarà possibile valutare se i nostri amministratori sono stati dei bravi prestigiatori.

In tempi di vacche magre non è sempre facile prendere delle decisioni, lo ammetto, ma tra fare il teatro o la biblioteca, due realizzazioni per così dire “nobili”, io avrei iniziato con la biblioteca.
Vitali ha scelto il teatro, dice che è stata una scelta quasi obbligata data l’offerta dello stabile in concordato d’uso gratuito da parte di un privato cittadino, comunque una scelta socialmente di classe, che costerà quattro milioni di euro e che accontenterà l’èlite altolocata legnanese, una piccola minoranza cittadina.
La nuova biblioteca (costo preventivato sei milioni di euro), necessaria per migliaia di studenti e cittadini di vario ceto sociale, per ora non verrà fatta, scontentando la parte maggioritaria della città.
Un vero peccato, perché Legnano ha urgente bisogno di un luogo ben congegnato ed attrezzato per diffondere la conoscenza e il sapere, per il confronto delle esperienze culturali, scientifiche e tecniche, per discutere del domani dei nostri giovani e, perché no, anche per ricercare vie di uscita da una condizione di vita sempre più precaria.
Una risorsa fondamentale per la città.

Il colpevole del misfatto è già stato individuato: è il patto di stabilità, mentre le scelte politiche di chi comanda non sono mai errate.
Ricordo la presentazione a palazzo Malinverni dell’esito del concorso di progettazione vinto dallo Studio Lombardi di Brescia: era il 27 giugno 2008, un bel progetto, grande enfasi politica, ma, di fatto, poca concretezza.
Il Sindaco abbia il coraggio di mettere alla prova il suo elettorato e di sfidare anche chi non l’ha votato, lanci una campagna di azionariato popolare per raccogliere almeno un terzo della somma necessaria a realizzare la nuova biblioteca comunale.
È un modo anche per capire se Legnano è ancora nel cuore dei suoi cittadini.

giovedì 16 settembre 2010

30-9-2010 Comunicato stampa RETE SAT in Alto Tavoliere (Fg)

Comunicato stampa

Amministrazioni locali, imprese del nord e imprenditori locali, interessati solo al profitto facile, continuano a manipolare l’opinione pubblica facendo leva sulla creazione di occupazione per piazzare nell’intera provincia di Foggia, con un tasso di disoccupazione elevatissimo, mastodontici “ecomostri”: centrale a turbogas a San Severo (costruita), inceneritore a Cerignola (in costruzione), cementificio-clinkerificio ad Apricena (la cui Valutazione d’Impatto Ambientale ha appena ottenuto il parere favorevole da parte della provincia di Foggia). E dove non si parla di impianti arrivano le discariche di rifiuti speciali: a Lucera (tra Lucera e San Severo) e ad Apricena (tra Apricena e Poggio Imperiale). Per non parlare delle distese di impianti fotovoltaici ed eolici che da alcuni anni divorano la terra e la spogliano dei frutti che per secoli hanno contribuito a caratterizzare la tipicità, la cultura e la salubrità di questa terra. Nell’anno in cui l’Unesco proclama la dieta mediterranea, i prodotti di Capitanata, “patrimonio dell’umanita’”, invece di creare la filiera agricola e chiuderla creando realmente un numero ingente di posti di lavoro senza dover svendere i prodotti o distruggere e regalare morte in cambio di un piatto di pasta, la soluzione per loro (che chiamano progresso ciò che uccide ma che gli riempie le tasche) è l’inceneritore, il cementificio, la centrale a turbogas, la discarica.

A loro non importa se siamo in una terra ad alto rischio di desertificazione e il loro impianto richiede un ingente quantitativo di acqua. A loro non importa di inquinare, distruggere e provocare malattie. A loro non importa di potenziare la differenziata. Così ci guadagna solo il cittadino in termini di salute, qualità della vita e posti di lavoro difficili da pilotare. A loro importa: il profitto, far carriera politica con il voto in cambio della promessa di qualche posto di lavoro. L’iter è sempre quello: arrivano imprese dal nord che hanno tentato di costruire lì ma che sono state cacciate dalle popolazioni residenti, lì dove il lavoro non manca. Dicono di portare il progresso e l’occupazione (nella centrale a turbogas di San Severo si parlava di centinaia di posti lavoro inizialmente, ne occuperà al massimo 20). Di fronte: amministratori compiacenti attenti alla prossima tornata elettorale e magari a fare business. Gli stessi amministratori che durante le elezioni parlavano di “sviluppo sostenibile”, di “sanità”. Intorno: il popolo che ha fame.

La risposta a questi attacchi è innanzitutto la SOLIDARIETA’ ATTIVA ITINERANTE tra cittadini, associazioni, partiti, sindacati, comitati di diversi paesi che rispondono creando una rete, che si incontrano per approfondire e definire azioni comuni, per trovare soluzioni alternative, per manifestare. Nasce per questo motivo il comitato RETE SAT (Salute Ambiente Territorio). L’obiettivo fondamentale è quello di salvaguardare il territorio di Capitanata: la sua acqua, la sua economia agricola, la sua salute, i suoi giovani da quei soggetti che non amano questa terra e i suoi abitanti.

Il comitato Rete SAT è costituito da: Medicina Democratica di San Severo, Partito di Rifondazione Comunista circolo “E. Berlinguer” e dai Giovani Comunisti di San Severo, dall’associazione “Legambiente” di San Severo, partito dei Comunisti Italiani di Apricena, partito di Rifondazione Comunista di Apricena, il sindacato RDB-USB di San Severo, Comitato Acqua Bene Comune di San Paolo di Civitate, Laboratorio Politico Autogestito 55 di Lucera, Comitato Antidiscarica di Lucera e da singoli cittadini. Il comitato è aperto a tutti quelle organizzazioni e cittadini dell’intera provincia di Foggia che hanno voglia di impegnarsi attivamente.

Il comitato RETE SAT inizia muovendosi tra i territori di Apricena, Lucera e Poggio Imperiale. Un enorme cementificio ad Apricena e ben due grandi discariche di rifiuti speciali una a Poggio imperiale e un’altra a Lucera.

Il cementificio di Apricena occuperà un’ area di quaranta ettari e brucerà carbon fossile e pet coke (sono combustibili più inquinanti) per la produzione di clinker, premiscelati e cemento. Il pet-coke è l'ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell'oro nero tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio". Per la sua composizione - comprendente oltre ad IPA (in particolare benzopirene), ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio - va movimentato con cura per evitare di sollevare polveri che verrebbero inalate con gravi rischi per la salute. Il trattamento infatti (carico, scarico e deposito) del Pet-coke deve seguire le regole dettate dal decreto del Ministero della Sanità (28-4-1997) concernente il trasporto di sostanze pericolose. Il cementificio brucerà 124 tonnellate al giorno di pet-coke, per un totale di 41.000 tonnellate all’anno e una pala eolica da 30 MW aiuterà a spingere i fumi delle tre ciminiere (la più alta è di 91 m) nei paesi circostanti. In Italia fino a qualche anno fa era vietato utilizzare il pet-coke come combustibile alternativo, ma il Governo in carica nel 2002 con la la legge 82 del 6 maggio ha trasformato il pet-coke, molto nocivo secondo alcuni studi epidemiologici, in vero e proprio combustibile. Tutto ciò in contrasto con la normativa europea sul riutilizzo dei sottoprodotti di lavorazione delle raffinerie.

Domenica mattina nel centro di Apricena il comitato RETE SAT inizierà con l’informare i cittadini e lunedì 4 ottobre organizzerà un’assemblea pubblica.

mercoledì 15 settembre 2010

L'EX REPUBBLICA ITALIANA

di Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
mercoledì 15 settembre 2010


Potete dire che Bossi è volgare, sgradevole, infido. Ma non potete dire che sia stupido. È entrato in politica con una sua banda di persone altrettanto incolte e sgarbate e ha buttato lì una scommessa: “Vuoi vedere che a questi qui riusciamo a far ingoiare anche la secessione?”. Certo era tutta gente di scommesse perdute (chi voleva essere medico, chi imprenditore, tutti un buco nell’acqua) . Ma questa volta scommettevano contro la classe politica, la borghesia italiana e quel che restava della sinistra. Il piano era ben congegnato: primo, usare i soldi di Berlusconi. Missione compiuta. Secondo: usare, da padroni assoluti, ogni posizione (sindaco, presidente di Regione) conquistata per scambio di voti (di nuovo offre Berlusconi). Terzo, ottenere posizioni chiave nel governo, come il ministero dell’Interno (qui è un po’ più dura, serve il ricatto, vedi la foto di Berlusconi sulla prima pagina della Padania accanto a Totò Riina con la scritta “ecco i capi della mafia”, 1999). Risultati: la flotta libica, con navi italiane e ufficiali italiani, spara su pescatori italiani.

Il sindaco Lancini di Adro si impossessa dell’edificio di una scuola pubblica italiana e lo marca, ovunque, con simboli della Lega, fin nei cessi.

Interessante la dichiarazione del ministro La Russa sulla sparatoria in mare: “Un errore. Credevano che fossero clandestini”. Interessante anche il ministro dell’Istruzione Gelmini sul furto della scuola di Adro: “Apprezziamo”. Apprezza che la Repubblica italiana sia estromessa dalla Lega. Certo, tutto questo avviene in un silenzio istituzionale che umilia, imbarazza e fa paura. La scommessa di Bossi (che prima di fare il politico non ne aveva vinta una) con l’Italia è sul punto di riuscire. Posizione del maggior partito d’opposizione italiano? Chiedere a D’Alema che, contro i Radicali e tre soli deputati del suo partito, ha dato ordine: si vota Lega. Purtroppo gli hanno ubbidito senza chiedere la ragione.

Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano mercoledì 15 settembre 2010