11.04.2015
Giuseppe Serazzi (Peppino)
Nato a Novara il 25 maggio 1923,
fucilato a Ghemme (Novara) il 14 novembre 1944, operaio. "Peppino", così lo
chiamavano i suoi compagni, aveva lasciato il lavoro ed era entrato come
partigiano combattente nella 81ma Brigata Garibaldi (nota anche come
"Volante Loss"), operante nel Medio Novarese. Nell'ottobre del 1944
era stato uno dei protagonisti di un attacco al presidio fascista di Fara, che
si era concluso con la cattura di sette militi neri e il sequestro di un grosso
quantitativo di armi e munizioni. Dopo quest'impresa
"Peppino" partecipò ad altre azioni sino a che, ai primi di novembre,
fu ferito ad un ginocchio. Imprudentemente si arrischiò a raggiungere
l'ospedale di Ghemme per farsi curare, ma incappò in un posto di blocco
fascista. Arrestato e trasportato a Sizzano (Novara), il giovane fu sottoposto
ad un duro interrogatorio, ma non parlò nonostante le torture. I fascisti se ne
liberarono, fucilandolo in località Fornace del Comune di Ghemme.
Cara Franca,
appena ora posso rispondere alla tua lettera che tanto mi ha fatto
piacere, ti ringrazio tanto delle foto, ti scrivo in un momento che quei cani
nazifascisti non mi rompono la testa coi loro colpi. Come forse sai, qui stanno
facendo il più grande rastrellamento che finora non sia mai stato fatto, sono
già 5 divisioni che battono e tutte le ore ne arrivano: cannoni, autoblinde,
una cosa, cara Franca, che tira i nervi a un punto... in tre giorni sono stato
accerchiato 4 volte, noi in 110, loro un migliaio, di notte in barca abbiamo
attraversato il Lago d’Orta, da quelle parti siamo fuggiti per miracolo a Invorio,
a raccontare tutto ci vuole un libro (ora siamo rimasti in 20) ma non per
questo pieghiamo si va fino all’ultimo, di munizioni non ne abbiamo quasi più,
ma fin quando avremo un solo colpo non ci prenderanno.
Qui siamo vicino a Ghemme ma stanotte dobbiamo pure andarcene di qui,
dobbiamo attraversare la Sesia, e tutti i ponti sono controllati, stanotte si
lavora di baionetta contro le sentinelle fasciste. Ora che siamo agli estremi
penso molto alla morte, non mi fa paura, solo desidererei se ciò dovesse
accadere, una pallottola in fronte che non mi faccia soffrir tanto e dirti ancora
una volta che ti voglio tanto bene, e che tu [ti] ricordi qualche volta di me,
perché io penso sempre a te, la tua lettera la porto sempre con me e tutti i
giorni la leggo. In sette giorni si e no 3 pasti a base di cavoli raccolti nei
prati e un po’ di pane dato dai contadini che si incontrano, (lavarsi) ci pensa
il cielo per la nostra pulizia, (letto i boschi) 3 mesi che non mi cambio, i
panni stanno in piedi da soli, i pidocchi poi non ne parliamo.
Non ho vergogna a dire queste cose, è la verità, siamo partigiani e
tutto ciò non ci spaventa, ma se avrò la fortuna di ritornare a casa qualcuno
me la pagherà, voglio vedere come hanno il cuore questi fascisti, sono belve
contro gli innocenti fucilano, rubano, e quando li prendi loro piangono, sono
agnelli questi cani. Scusa un po’ se ti racconto tutto questo è per scaricarmi
un po’ il cuore. Cara Franca, ti prego di voler salutare tutti gli amici e i
vicini di casa e digli che la paura i partigiani non sanno cosa sia, i nostri caduti
sappiamo vendicarli combattendo e non incendiando e massacrando paesi e che
forse presto verremo a Novara che si prepari per l’entrata un bel risotto e una
caldaia per far bollire i pidocchi, non riusciranno mai a liquidarci tutti Franca
spero se ritorno un premio da te, sì me lo merito (un bacio lungo lungo che
duri se possibile tutta la vita) penso sempre a te e lo so che son matto ma io
ti voglio bene ma non come amica.
Mi vien voglia di piangere, non so, la nostalgia di tornare a casa a
vederti ma tutto ciò è impossibile, tralascio di scrivere perché quei cani
incominciano la solita musica e perché dobbiamo di nuovo partire.
Arrivederci Franca saluti a Giuliana mamma ed amici ti auguro che sia
sempre felice e un bacio da chi sempre ti vuol bene
Giuseppe
Viva l’Italia Libera
Saluti al Cupolone che di qua lo vedo
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